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Alma Ata aveva rappresentato il tentativo di Mahler di porre la riforma dei sistemi sanitari nazionali al centro delle politiche di cooperazione sanitaria per garantire agli individui l’accesso all’informazione sanitaria, ad un’abitazione salubre, a condizioni di lavoro sicure e dignitose, oltre che al controllo delle epidemie, della loro prevenzione, e alla diffusione delle pratiche igieniche.324 Tuttavia, il suo fallimento nell’arena della cooperazione sanitaria internazionale ha contribuito a far sì che anche tanto la Banca

321 E. Missoni, G. Pacileo, op. cit, p. 49. 322 Idem, p. 50.

323 Berlinguer, G., Introduzione, in E. Missoni, G. Pacileo, op. cit, p. 10. 324 Santosuosso, A., Corpo e libertà, op. cit., p. 122.

Mondiale quanto, all’interno delle Nazioni Unite, l’Unicef subentrassero all’OMS nella pianificazione delle politiche sanitarie e spesso anche nella gestione operativa dei programmi d’intervento. Mentre le modifiche strutturali in senso universalista proposte dall’OMS ad Alma Ata sono state presto messe da parte, gli interventi di assistenza

selettiva si sono diffusi con estrema rapidità e capillarità. Tra i principali interventi

selettivi vi sono state le numerose campagne d’immunizzazione attraverso la diffusione delle vaccinazioni, che l’Unicef ha realizzato in diversi paesi del mondo.

Tali campagne di immunizzazione ed inoculazione, come sottolinea Santosuosso, sono parte di un’idea di salute impositiva e pubblicista antitetica a quella secondo cui la salute si sostanzia nel diritto di scegliere e determinare liberamente i trattamenti e le cure cui sottoporsi, e quindi le condizioni della propria vita. La pratica delle vaccinazioni pone chiaramente una questione di libertà degli individui nelle scelte sulla propria salute di fronte ai poteri sanitari.325 “E’ nella logica della libertà (…) [che si deve escludere] un obbligo che altrimenti rappresenterebbe una ‘inframmettenza nelle azioni dei privati che urta naturalmente con la libertà individuale.’ (…) Le vaccinazioni diventano quasi il paradigma generale dei rapporti tra sfera individuale e interesse collettivo.” 326 Come ha affermato Giuseppe Ziino, fervente sostenitore dell’obbligatorietà di talune pratiche sanitarie, coloro che propongono tesi come quella di Santosuosso, sarebbero “fuorviati da un idolo, da una fisima, qual è il rispetto indefinito della libertà individuale…(…). Nella logica parsonsiana dell’obbligo, invece, chi non si assoggetta in tempo opportuno è un ‘pericolo permanente per la civile convivenza’ e compie un ‘misfatto contro l’esistenza e l’integrità personale dei consociati’, poiché la libertà individuale in tanto è concepibile, in quanto ‘coesiste e armonizza con la esplicazione dei diritti e delle facoltà altrui, in quanto non conturba l’andamento di quell’ordinamento complesso che è lo Stato”.327

Le pratiche di prevenzione e tutela della salute promosse dall’Unicef, riflettono proprio quest’idea di obbligatorietà, in quanto sono caratterizzate da una concezione della salute chiaramente pubblicistica, direttamente collegata con l’idea che le condizioni di sviluppo dipendano dal grado di avanzamento delle condizioni di salute. L’Unicef, sin dalla sua creazione, ha adottato una strategia nota come “approccio diretto alla

325 Idem, p. 123.

326 Idem., p. 124. 327 Ibidem.

malattia”328, secondo cui per ‘combattere’ lo stato di degrado della salute era necessario dare priorità alla diffusione dell’igiene e alla sicurezza pubblica attraverso il controllo delle malattie infettive, anche a scapito della libertà e delle scelte soggettive. Tale approccio ha costituito la base operativa dei programmi ‘selettivi’ o ‘focalizzati’, mirati alla soluzione in tempi rapidi di problematiche specifiche. Nell’ambito di tali programmi, a partire dal 1982 l’Unicef ha lanciato un’iniziativa conosciuta come Child

Survival and Development Revolution (CSDR), basata sulla scelta di quattro interventi a basso costo per la riduzione della mortalità infantile. L’acronimo inglese ‘GOBI’ rappresenta le quattro componenti di quella strategia: monitoraggio della crescita (growth monitoring), per l’identificazione precoce dei sintomi di malnutrizione; re- idratazione orale (oral rehydration), per la prevenzione della morte per disidratazione che è una delle principali conseguenze della diarrea; allattamento al seno (breast-

feeding), per ridurre fino all’eliminazione altre forme insalubri e a volte mortali di alimentazione dei neonati; e immunizzazione (imunization) attraverso la vaccinazione anti-polio, morbillo, tubercolosi, pertosse, tetano e difterite. La strategia Child Survival

and Development Revolution è in breve diventata il principale strumento per la promozione e la tutela della salute utilizzato dall’Unicef. La relativa facilità di misurazione e divulgazione dei risultati raggiunti dai programmi di re-idratazione orale e monitoraggio della crescita dei neonati ha contribuito a diffondere il loro uso, garantendo all’Unicef sempre maggiore prestigio internazionale.

L’idea che la salute delle popolazioni dipendesse dall’eliminazione di singole malattie e cause di morte, idea che emerge da questa sorta di ‘imperativo dell’igiene e della salute’ promosso dall’Unicef attraverso l’“approccio diretto alla malattia”, è stata presto criticata anche negli ambienti internazionali. Già nel 1985, durante un importante seminario dedicato alla “Good Health at Low Cost”329, organizzato in Italia, a Bellagio, dalla Rock Feller Foundation330, al quale hanno partecipato amministratori, economisti e demografi provenienti da Cina, Sri Lanka, Costa Rica e dallo Stato del Kerala, in India, è stato dimostrato che in tali realtà, a fronte di un prodotto interno lordo molto basso (e con limitate risorse destinate alla sanità) si erano ottenuti ottimi risultati in

328 Missoni, E., Pacileo, G., op. cit., p. 48.

329 Halstead, S. B., Walsh J.A., Warren K. S., (a cura di), Good health at low cost, The Rockefeller

Foundation, New York, 1985.

330 Gli Atti del Meeting di Bellagio, realizzato nell’aprile del 1985 e finanziato dalla Rockefeller

Foundation sono disponibile sul sito web: http://db.jhuccp.org/ics- wpd/exec/icswppro.dll?BU=http://db.jhuccp.org/ics-

wpd/exec/icswppro.dll&QF0=DocNo&QI0=271533&TN=Popline&AC=QBE_QUERY&MR=30%25DL =1&&RL=1&&RF=LongRecordDisplay&DF=LongRecordDisplay, ultimo accesso 30 dicembre 2008.

termini di promozione della salute della popolazione331 pur mettendo in opera azioni opposte a quelle previste dall’Unicef, e dando spazio, invece, ad alcuni elementi contenuti della Dichiarazione di Alma Ata. “I partecipanti, dopo aver esaminato i risultati presentati alla conferenza, unanimemente adottano le seguenti raccomandazioni: i quattro stati che hanno ottenuto ‘una buona salute a un basso costo’ hanno dimostrato un chiaro impegno, politico e sociale, verso un’equa distribuzione del reddito nelle loro società. Dato questo impegno, tre ulteriori fattori sembrano aver giocato un ruolo maggiore nel loro successo, come dimostrato dal marcato declino della mortalità infantile e dei bambini al di sotto dei 5 anni e da livelli di speranza di vita alla nascita vicini a quelli dei paesi sviluppati. Questi fattori costituiscono raccomandazioni per i programmi di sviluppo in altri paesi: equa distribuzione del reddito e accesso per tutti ai servizi di sanità pubblica e di assistenza sanitaria a partire dai livelli primari, rinforzati dai sistemi secondari e terziari; un sistema educativo accessibile a tutti, particolarmente di primo livello, con possibilità di passare al secondo e terzo livello; sicurezza di un’adeguata nutrizione in tutti gli strati della società”.332

Uno dei limiti del seminario di Bellagio, che pure ha rappresentato un’importante occasione di revisione critica dell’operato dell’Unicef e della Banca Mondiale in materia di cooperazione internazionale e pianificazione sanitaria, è di non aver messo in discussione l’idea di salute che tali organismi proponevano; e di non mettere in discussione i loro criteri di misurazione, monitoraggio e valutazione dei programmi e delle politiche sanitarie. Gli studiosi che si sono confrontati sulla tematica del diritto alla salute durante tale incontro, pur riconoscendo i problemi ed i limiti insiti nelle politiche e nelle proposte della Banca Mondiale e dell’Unicef, non hanno però posto al centro del dibattito il tema della libertà e dell’autodeterminazione degli individui. Le loro critiche, pur molto circostanziate, al criterio selettivo utilizzato nella pianificazione dell’assistenza sanitaria, all’approccio semplicistico della Banca e dell’Unicef, carente di analisi sistemiche e multifattoriali, sono risultate poco incisive proprio perché non sono state capaci di cogliere il problema di fondo, ossia la negazione della libertà e dell’autodeterminazione come fattori capaci di scardinare la logica funzionalista e organicista, insite in tali politiche per la salute. Le conclusioni del seminario di Bellagio,

331 Warren, K. S., The evolution of selective primary health care, in “Social Science and Medicine”, vol.

26. n. 9, pp. 891-898, 1988.

332 Halstead, S. B., Walsh, J. A., Warren, K. S., (a cura di), Conferees Summary Statement. Good Health

at Low Cost, The Rockefeller Foundation, New York, 1985, p. 136, in Warren, K.S., The evolution of

pur rilevanti dal punto di vista empirico nel dimostrare la scarsa efficacia delle proposte della Banca Mondiale, non costituiscono però un punto di svolta nella considerazione della salute come un diritto di libertà e come elemento strutturalmente indipendente dalla capacità economica e sociale degli individui. Inoltre, dal punto di vista della capacità d’influenza e socializzazione, le conclusioni del Seminario di Bellagio non hanno determinato alcuna inversione di tendenza nelle politiche e nelle pratiche della cooperazione sanitaria oramai orientate a favore degli interventi settoriali e dei programmi verticali.