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Capitolo II La Riforma del Terzo Settore in Italia

2.2. La legge delega e le novità più rilevanti

2.2.3. I corollari della riforma

La Riforma del Terzo Settore è stata attuata con l'emanazione di una serie di decreti legislativi e decreti attuativi e correttivi: i principali riferimenti normativi – oltre al d.lgs. 117/2017, ossia il Codice del Terzo Settore, oggetto di specifica trattazione – sono il d.lgs. 111/2017 sulla disciplina dell’istituto del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e il d.lgs. 112/2017 sulla revisione della disciplina in materia di impresa sociale114.

Il d.lgs. 111/2017 si propone a completamento della riforma strutturale dell’istituto del 5x1000 dell’Irpef, mediante la razionalizzazione e revisione dei criteri di accreditamento dei soggetti beneficiari e dei requisiti per l'accesso al beneficio, la semplificazione e accelerazione delle procedure per il calcolo e l'erogazione dei contributi spettanti, nonché mediante l'introduzione di obblighi di pubblicità delle risorse erogate e la revisione della disciplina sanzionatoria115. L’emanazione di detto decreto, invero, fa

114 Per completezza espositiva, fanno parte di tale corpus normativo anche il d.lgs. 40/2017

sull’istituzione del Servizio civile universale, il D.P.R. 28 luglio 2017 sull’approvazione dello statuto della Fondazione Italia Sociale.

115 https://www.camera.it/leg17/465?tema=riforma_del_terzo_settore-1, 4 agosto 2019, h.

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seguito a quanto disposto all’art. 9, comma 1, lett. c) e d), della legge- delega116.

Ai fini di trasparenza dell’utilizzo delle somme percepite dall’ETS, il successivo art. 8 prevede un obbligo di rendicontazione da trasmettere all’amministrazione erogatrice, accompagnato da una relazione illustrativa, da cui risulti in maniera chiara e dettagliata la destinazione e l'utilizzo delle somme percepite. Gli enti percettori del contributo hanno, dunque, l’obbligo di redigere il rendiconto delle somme ricevute a titolo di 5x1000, nonché della relativa relazione illustrativa; gli enti che percepiscono contributi superiori a euro 20 mila hanno, altresì, l’obbligo di trasmettere all’amministrazione anche la relativa documentazione. L’amministrazione erogatrice ha, poi, un duplice obbligo di pubblicazione: dei beneficiari e degli importi loro erogati nonché di rendiconti e relazioni trasmesse dai beneficiari del contributo. In capo ai beneficiari vige l’ulteriore obbligo di pubblicazione sul proprio sito web degli importi percepiti, del rendiconto e della relazione illustrativa, pena l’irrogazione di una sanzione pari al 25% di quanto percepito a titolo di contributo117.

116A mente dell’art. 7 del citato decreto, non è possibile utilizzare le somme percepite a titolo

di contributo per coprire le spese di pubblicità sostenute per campagne di sensibilizzazione sulla destinazione della quota del 5x1000, pena il recupero del contributo medesimo

117 Ad avviso di chi scrive, rileva l’assenza di qualsivoglia previsione normativa che obblighi,

per esempio, a destinare una somma non inferiore a “x” di quanto percepito in una determinata attività di utilità sociale o analogo “vincolo”; si tratta, invero, ad oggi di un controllo ex post sul quomodo di utilizzo dei finanziamenti e dei contributi, che sicuramente è in linea con la libera iniziativa privata ed è conforme a modelli di compliance e trasparenza. Tuttavia, sembra ancora mancare di un imprinting proattivo che possa garantire in maniera preventiva il corretto impiego dei fondi per finalità solidaristiche e di pubblica utilità.

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Rileva ulteriormente osservare che, tuttora, mancano i decreti attuativi della riforma strutturale del 5x1000 che avrebbero dovuti essere emanati entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del citato decreto, secondo quanto previsto dall’art. 4; inoltre, l’efficacia di tale disposizione è (anch’essa) subordinata all’operatività del RUNTS, secondo quanto previsto dall’art. 3, comma 2, d.lgs. 111/2017.

In considerazione di quanto sopra, in assenza del d.P.C.M. attuativo del d.lgs. 111/2017, acquisito il parere dell’ufficio legislativo del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, sembra doversi ritenere che gli obblighi di rendicontazione del contributo del 5x1000 e di pubblicazione dei rendiconti medesimi continuano ad essere disciplinati dagli artt.12 e 12-bis d.P.C.M. 23 aprile 2010, come modificato e integrato dal d.P.C.M. 7 luglio 2016118.

Le novità legislative in materia di impresa sociale119 hanno reso obbligatoria

l’assunzione dello status di impresa sociale per tutti gli enti che ne integrino i presupposti; rileva la possibilità di usufruire, a scelta del contribuente, di deduzioni o detrazioni fiscali ovvero dei – criticati – voucher; rileva, altresì, la possibilità di accedere alla raccolta di capitali di rischio mediante portali telematici analogamente a quanto previsto per le start-up innovative; infine, si noti l’armonizzazione delle agevolazioni e dei benefici fiscali riconosciuti alle diverse forme del non profit.

118 Sul punto, vedasi Nota del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali n. 2106 del 26

febbraio 2019

119 FICI A., La riforma del terzo settore e dell’impresa sociale, Editoriale Scientifica, Napoli,

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Il d.lgs. 112/2017, in attuazione dell’art. 2, comma 2, lett. c) della legge- delega, ricalca nella struttura il modello storico di riferimento, ossia il d.lgs. 155/2006 (disciplina dell’impresa sociale a norma della legge 13 giugno 2005, n. 118). A mente dell’art. 21, il decreto è entrato in vigore 19 luglio 2017, ovvero il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Rispetto alla precedente disciplina, ossia il citato d.lgs. 155/2006, viene introdotto anche uno specifico regime tributario, basato sulla detassazione degli utili o avanzi di gestione reinvestiti nelle attività d'impresa di interesse generale. In tal modo, l’impresa sociale risulta avere un trattamento omogeneo alle Onlus o alle cooperative sociali, mentre in precedenza era assoggettata ad una tassazione del tutto analoga a quella prevista per una qualsiasi attività lucrativa. Difatti, ai redditi prodotti dalle imprese sociali si applicavano le ordinarie regole di tassazione dei redditi d'impresa, senza che al perseguimento dell'interesse generale venisse collegato alcun beneficio di natura fiscale120.

La nuova disciplina, dunque, si basa sull’attenuazione del divieto di distribuzione di utili e gli obblighi di reinvestimento nelle attività di interesse generale, nonché su incentivi per favorire la capitalizzazione dell’imprenditoria sociale. In passato, aveva ricoperto un ruolo economico

120 SEPIO G. - SILVETTI F. M., Il nuovo regime fiscale dell'impresa sociale, Fisco, 2017,

34, 3240; NAPOLITANO G., Disciplina dell’impresa sociale: analisi delle nuove

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marginale mentre oggi sembra acquisire un ritrovato brio: probabilmente, si può affermare di aver riesumato un cadavere.

Sicuramente sono state ampliate le attività realizzabili, è stata prevista la detassazione degli utili reinvestiti o devoluti ad altri ETS, è stata introdotta la possibilità di remunerare i soci mediante la rivalutazione ISTAT delle quote e la distribuzione dei dividendi, nel limite dell’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di 2,5%, ed è stata regolata la detrazione/deduzione spettante agli investitori. È stato, poi, previsto il rinvio della tassazione dell’utile, ossia tutto ciò che è messo a riserva o reinvestito va in sospensione di imposta: la logica è quella per cui solo quanto viene distribuito ai soci è soggetto a tassazione. Non vige un “nondistribution

constraint principle”, ma il meccanismo si base sul concetto che si ha

agevolazione fintantoché la ricchezza prodotta permane nel circuito dell’utilità sociale. L'art. 2 d.lgs. 112/2017 contiene i criteri di individuazione delle attività considerate di interesse generale specificando che, a tal fine, si considera svolta in via principale l'attività che produce ricavi superiori al 70% del totale.

Tra le novità più rilevanti, vi è sicuramente l’esigenza di trovare una relazione, terminologica e concettuale con la definizione di Ente del Terzo Settore fornita nel d.lgs. 117/2017, cui consegue anche l’avvicinamento fra gli enti del libro I e quelli del libro V del codice civile; si noti, poi, che al

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centro della disciplina dell’impresa sociale vi sia la cooperativa sociale, regolata dalla l. 381/1991121.

A proposito delle cooperative sociali, merita una breve digressione sulla gerarchia delle fonti: l’art. 1, comma 4, d.lgs. 112/2017 prevede che le cooperative sociali e i loro consorzi, disciplinate dalla l. 381/1991, sono imprese sociali di diritto; ad esse si applica, dunque, la disciplina del d.lgs. 112/2017 in quanto compatibile. A mente del successivo comma 5, alle imprese sociali si applica il d.lgs. 112/2017, il CTS e, per gli aspetti non disciplinati, il codice civile.

Si ritiene di ricostruire la gerarchia delle fonti delle cooperative sociali in continuità con la precedente normativa, ossia, in primo luogo, prevalendo le norme specifiche in tema di cooperative sociali di cui alla l. 381/1991, come modificata da ultimo dall’art. 17 comma 1 della l. 112/2017; poi, applicandosi le norme generali dettate in tema di società cooperativa dal codice civile, nel titolo VI del Libro V (artt. 2511 ss. cod. civ.) e dalla legislazione speciale riguardante ciascun tipo di cooperativa di volta in volta interessato, in quanto compatibili; infine, si devono ritenere applicabili le norme dettate in tema di impresa sociale dal d.lgs. 112/2017122. Detta impostazione si basa

121 TASSINARI F., La gerarchia delle norme applicabili alle cooperative sociali dopo il d.lgs. 3 luglio 2017, n. 112, 12 agosto 2018; vedasi anche Nota del Ministero dello Sviluppo

Economico del 31 gennaio 2019, Oggetto: Applicazione alle cooperative sociali della

disciplina in materia di impresa sociale di cui al Decreto Legislativo 112/2017 e s.m.i. Richieste di parere da parte delle Associazioni di rappresentanza

122 TASSINARI F., La gerarchia delle norme applicabili alle cooperative sociali dopo il d.lgs. 3 luglio 2017, n. 112, 12 agosto 2018

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sull’assunto che il comma 4 e il comma 5 dell’art. 1 d.lgs. 112/2017 devono essere applicati in via alternativa e non cumulativa, sul principio della lex

specialis derogat generali.

Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutti gli enti privati, anche costituiti in forma di impresa ai sensi del libro V del codice civile, qualora esercitino in via stabile e principale un’attività di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alla loro attività, conformemente a quanto disposto dall’art. 1 d.lgs. 112/2017. Ultima riflessione sul tema riguarda la volontà legislativa di non aver inserito le Associazioni Sportive Dilettantistiche (di seguito, “ADS”) e le Società Sportive Dilettantistiche (di seguito, “SSD”) nel novero degli ETS: detti enti possono liberamente decidere se assoggettarsi alla disciplina ed ai controlli previsti dal CTS, ovvero continuare a fruire della disciplina e delle relative agevolazioni123.

Ancorché l’art. 5, comma 1, lett. t) CTS ricomprenda “l’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche” fra le attività di interesse generale, le ADS non sono annoverate fra gli ETS tipici a mente dell’art. 4,

123 Le ADS continuano, pertanto, ad essere disciplinate dalla l. 398/1991 e non perdono la

qualifica di ente non commerciale nemmeno ove le attività commerciali siano prevalenti, a mente dell’art. 149 TUIR; inoltre, conservano la possibilità – e il conseguente beneficio fiscale – di fare attività istituzionale (ad esempio corsi di avviamento o perfezionamento alla pratica di una disciplina sportiva) dietro corrispettivo ai propri soci e tesserati non considerandola come commerciale, a mente dell’art. 148, comma 3, TUIR.

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comma 1, CTS. Non vi è alcun obbligo per le ADS di iscriversi nel RUNTS (una volta operativo), diversamente da OdV e APS che sono considerati ETS di diritto e devono iscriversi al Registro al fine di non perdere le relative qualifiche.

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2.3. Questioni civilistiche di rilevanza fiscale