Capitolo II La Riforma del Terzo Settore in Italia
2.1. Stato dell’arte e inquadramento giuridico del non profit in
2.1.3. Le cooperative sociali e l’impresa sociale
Le disciplina delle cooperative sociali è contenuta dalla l. 381/1991: a mente dell’art. 1, esse hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale delle comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini, attraverso la gestione di servizi sociosanitari ed educativi, ovvero mediante lo svolgimento di attività diverse finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate84. Le cooperative sociali sono considerate delle imprese tipiche del Terzo Settore, il cui obiettivo è soddisfare bisogni che non necessariamente coincidono con quelli dei soci, bensì si estende anche ai bisogni collettivi: detto carattere è confermato, altresì, dalla riforma intervenuta con d.lgs. 6/200385. In tal senso, invero, si parla non più solo di
mutualità interna, ossia volta a creare benefici per i partecipanti, ma anche di
84 CAPECCHI M., Evoluzione del Terzo Settore e disciplina civilistica – Dagli enti non lucrativi alla “impresa sociale”, CEDAM, Padova, 2005
85 CONSORTI P., Legislazione del Terzo Settore. Le norme sul non profit, il volontariato, la cooperazione sociale e internazionale, Pisa, 2005, 43
55
mutualità esterna, ossia volta all’intera collettività. Rileva la particolarità che per le cooperative sociali non è previsto il divieto di lucro soggettivo86.
Lo scopo sociale, dunque, può anche avere carattere lucrativo, rappresentando la parte maggiormente imprenditoriale del Terzo Settore, a condizione che rispettino i requisiti strutturali e formali richiesti, nonché l’iscrizione all’apposito Registro delle cooperative sociali, istituito ai sensi dell’art. 9. Invero, le cooperative sociali che rispettino tutti i requisiti della l. 381/1991 sono decommercializzate ex lege, essendo considerate Onlus di diritto ai sensi dell’art. 10, comma 8, d.lgs. 460/1997.
Il regime tributario delle cooperative sociali è previsto dall’art. 7, a mente del quale i trasferimenti per successione o donazione in favore delle cooperative sociali godono dell’esenzione dalle rispettive imposte ai sensi dell’art. 3 TUS87; le imposte ipocatastali sono ridotte ad un quarto per contratti di
mutuo, acquisto o locazione, relativi ad immobili destinati all'esercizio dell'attività sociale; si applica l’aliquota Iva del 4%.
86 BOFFANO S., Disciplina fiscale e “finalità” degli enti del terzo settore, in ZIZZO G. (a
cura di), La fiscalità del terzo settore, Milano, Giuffrè ed., 2011, 131
87 Art. 7. Regime tributario
1. Ai trasferimenti di beni per successione o donazione a favore delle cooperative sociali si
applicano le disposizioni dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 637.
2. Le cooperative sociali godono della riduzione ad un quarto delle imposte catastali ed
ipotecarie, dovute a seguito della stipula di contratti di mutuo, di acquisto o di locazione, relativi ad immobili destinati all'esercizio dell'attività sociale.
3. Alla tabella A, parte II, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633, e successive modificazioni, è aggiunto il seguente numero: "41- bis) prestazioni di carattere socio-sanitario ed educativo rese da cooperative sociali".
56
Anche per le società cooperative è previsto un trattamento peculiare a mente dell’art. 12 l. 904/1977, in forza del quale non concorrono a formare reddito imponibile le somme destinate a riserve indivisibili, a condizione che non sia possibile distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma, sia nel corso della vita dell’ente sia al suo scioglimento88.
Un discorso a parte meritano le imprese sociali le quali rappresentano un elemento di rottura rispetto alla concezione di non profit del Terzo Settore; nell’impresa sociale ex lege il carattere commerciale è addirittura considerato un elemento costitutivo imprescindibile89. Tuttavia, all’innovazione dal punto
di vista civilistico non è seguita un’eguale condizione dal punto di vista fiscale.
Secondo la dottrina internazionale, è possibile individuare due macro- definizioni di impresa sociale90, una di matrice europea che affonda le proprie
radici nell’economia sociale e si concentra maggiormente sulle imprese di tipo cooperativo nel terzo settore e una seconda di tipo anglosassone, che si
88 L’art. 3, comma 1, l. 29/1998 ha poi previsto che detta disposizione debba intendersi nel
senso che è possibile utilizzare le riserve a copertura delle perdite, senza che ciò comporti alcuna decadenza dai benefici fiscali, a condizione che non vi sia distribuzione di utili fintantoché le riserve non siano state ricostituite.
89 RIVETTI G., Enti senza scopo di lucro – Terzo settore e impresa sociale – Profili di specialità tributaria tra attività no o for profit, Giuffrè ed., Milano, 2017, 187
90 “Social enterprises seek to serve the community’s interests (social, societal, environmental objectives) rather than profit maximization. They are often innovative in terms of the goods and services they offer, as well as the organization and production methods they use.” Broadly, one can distinguish between two sets of definitions:
(1) the European definition with its roots in the social economy framework focusing more on co-operative- type enterprises in the third sector and
(2) a second set, the Anglo-Saxon type, which focuses on social entrepreneurship as a link with market mechanisms to address social and environmental issues.
57
concentra sull'imprenditoria sociale come legame con meccanismi di mercato per affrontare questioni sociali e ambientali91.
Secondo la definizione fornita in sede Ocse, impresa sociale è “qualsiasi attività privata condotta nell'interesse pubblico, organizzata con una strategia imprenditoriale, ma il cui scopo principale non è la massimizzazione del profitto ma il raggiungimento di determinati obiettivi economici e sociali, e che ha la capacità di portare soluzioni innovative ai problemi dell'emarginazione sociale e della disoccupazione”92.
L’impresa sociale era già stata oggetto di disciplina con il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 155, in attuazione della legge-delega 13 giugno 2006, n. 118: detto intervento legislativo non può definirsi una riforma organica, in quanto introduce soltanto una nuova tipologia di ente del non profit, peraltro non intervenendo sul relativo regime fiscale dell’impresa sociale, la cui disciplina segue le regole ordinarie dell’ordinamento tributario93.
91 L’impresa sociale è una forma giuridica diffusa in Grecia, Italia, Portogallo, Spagna; in
UK sono diffuse le CICs (Community Interest Companies) che sono delle società a responsabilità limitata specificiamente disciplinate per i soggetti che intendono operare “for
the benefit of the company’s owners (shareholders)”; in Belgio esistono delle cd. Collective
interest companies (società di interesse collettivo); in Francia, poi, le Société Co-operative
d’Interêt Collectif (SCIC) sono assimilabili alle cooperative. In alcuni altri Stati membri
dell’UE, le imprese sociali non sono riconosciute e non hanno una specifica forma giuridiche o disciplina normativa. Per un approfondimento vedasi BAKKER A., The Taxation of Social
Enterprise, European Taxation, Amsterdam, 2015, vol. 55, n. 5
92 To give some examples, the OECD defines a social enterprise as “any private activity conducted in the public interest, organised with an entrepreneurial strategy, but whose main purpose is not the maximisation of profit but the attainment of certain economic and social goals, and which has the capacity for bringing innovative solutions to the problems of social exclusion and unemployment”
93 BOFFANO S., Disciplina fiscale e “finalità” degli enti del terzo settore, in ZIZZO G. (a
cura di), La fiscalità del terzo settore, Milano, Giuffrè ed., 2011, 149. L’assenza di specifici incentivi fiscali legati allo status di impresa sociale, inevitabilmente, ha ridotto le iscrizioni negli appositi registri previsti ex lege. In quest’ottica, le cooperative sociali in Italia hanno
58
Ai sensi dell’art. 1 d.lgs. 155/2006, vi si annoveravano principalmente le organizzazioni imprenditoriali di qualsiasi forma e natura giuridica, senza scopo di lucro, che svolgevano sul mercato, stabilmente e in via principale, attività economica finalizzata alla produzione e scambio di beni e servizi di utilità sociale entro settori di attività specificamente individuati dalla legge. Anche gli enti organizzati in forma societaria ai sensi del libro V del codice civile possono essere qualificati come imprese sociali.
L'art. 2 individua i settori di attività dell'impresa sociale considerati di utilità sociale, tassativamente elencati, il cui profitto viene gestito ed utilizzato come mezzo per rendere autosufficiente l'impresa stessa. I settori di attività dell’impresa sociale sono l’assistenza sociale, sanitaria, socio-sanitaria, educazione, istruzione e formazione, tutela ambientale, valorizzazione del patrimonio culturale, turismo sociale, formazione universitaria e post- universitaria, ricerca e servizi culturali, prevenzione della dispersione scolastica, servizi strumentali alle imprese sociali da parte di enti composti per il 70% da organizzazioni che esercitano impresa sociale; nonché enti che operano a favore dell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate e disabili. Tra i requisiti di legge occorre, dunque, che i ricavi complessivi dell’attività dell’impresa sociale derivino per il 70% dall’attività prevalente, svolta nei settori di utilità sociale ovvero che i lavoratori svantaggiati o
riscosso maggiore successo secondo i dati rilevati dall’ISTAT. Si rinvia all’analisi sul punto in ZAMAGNI S. (a cura di), Libro bianco sul Terzo Settore, Bologna, il Mulino, 2011, 219 e ss.
59
disabili presenti nell’azienda siano in misura non inferiore al 30% degli impiegati complessivi.
A mente del successivo art. 3, è prevista l'assenza dello scopo di lucro, da intendersi in senso soggettivo94. L’impresa sociale deve destinare gli utili o
gli avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del patrimonio; specifiche disposizioni sono dettate in relazione al divieto di distribuzione di utili, avanzi di gestione, fondi e riserve, anche in forma indiretta, in favore di amministratori, soci, lavoratori e collaboratori e la norma individua, anche per le imprese sociali, le fattispecie di distribuzione indiretta.
Diversamente dal regime Onlus, sopra analizzato, per le imprese sociali, il compenso agli amministratori è considerato distribuzione indiretta qualora sia superiore a quelli erogati dalle imprese che operano nei medesimi o analoghi settori, ma con una possibilità di deroga, ossia salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze e, in ogni caso, per un incremento massimo del 20%. Le imprese sociali sono tenute a depositare entro 30 giorni, l’atto costitutivo, lo statuto e ogni successiva modificazione, il bilancio di esercizio e anche il bilancio sociale, obbligatorio, nonché ogni altro documento previso dalla normativa95.
94 Per un approfondimento sulle proposte di riforma, vedasi Linee guida per una riforma del
Terzo Settore, Commento e contributo del Forum Nazionale Terzo Settore, 12 giugno 2014, www.forumterzosettore.it, 12
95 BRIGANTI R., La riforma del “Terzo settore” tra sussidiarietà orizzontale e impresa sociale, Notariato, 2018, 5, 515
60
2.2. La legge delega e le novità più rilevanti