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Il corpo agito e il corpo rappresentato

Nel documento Concetti e processi di categorizzazione (pagine 107-111)

Concettualizzare l’autoconsapevolezza corporea e le sue basi cognitive

3. Il corpo agito e il corpo rappresentato

La duplicità dei modi d’accesso al corpo e dell’esperienza che ne abbiamo si spiega dunque in base ai differenti cana- li cognitivi che ci consentono di rappresentarlo. Il corpo è un costrutto multimodale in cui convergono materiali in- formazionali di funzione e provenienza eterogenee. Que- sto può forse contribuire a spiegare la sovrabbondanza di tassonomie e di modelli classificatori in cui si imbatte chiunque getti anche solo uno sguardo distratto sulla lette- ratura sull’argomento (v. supra, § 2). Possiamo suddivide- re sommariamente queste informazioni in un livello base e un livello di ordine superiore: nel primo rientrano sensa- zioni somatiche e rappresentazioni somatosensoriali rela- tive alla superficie cutanea e alle parti del corpo, mentre il secondo consiste di percezioni di alto livello del corpo e degli oggetti con cui esso viene in contatto (somatoperce- zione) e di conoscenze astratte, credenze, attitudini, rap- presentazioni affettive e attribuzioni di valore estetico e sociale (Longo, Azañón, Haggard, 2010).

I meccanismi rappresentazionali sottesi all’esperienza della nostra corporeità possono essere ricondotti a due strutture integrate note sotto le diciture di schema corpo-

reo e immagine corporea. Questa terminologia si diffonde

a partire dall’introduzione della tassonomia di Head e Holmes (1912), che individua tre tipi di rappresentazioni corporee. Lo schema posturale rileva in tempo reale la po- sizione delle membra e funge da istanza di controllo per l’esecuzione dei movimenti corporei. Lo schema superfi-

ciale si incarica di localizzare gli stimoli sensoriali sulla

ce le rappresentazioni consapevoli del corpo e delle sue parti. Nello schema corporeo rientrano dunque come suoi sub-componenti i primi due membri della tripartizione. Secondo una definizione più recente (Gallagher, 2005), ispirata alla sua caratterizzazione fenomenologica come struttura globale sottesa all’apprensione del corpo in quan- to proprio e all’esercizio dell’intenzionalità motoria (Mer- leau–Ponty, 1945), lo schema corporeo consiste di un set di capacità sensori–motorie impiegate nei processi sub- personali, modulari e automatici preposti all’esecuzione e al controllo dell’azione. Sotto questo titolo sono da inclu- dere informazioni di natura tattile, propriocettiva, cineste- sica e vestibolare.

Nell’immagine corporea confluiscono viceversa tutte le rappresentazioni personali, intenzionali e consapevoli del proprio corpo non strettamente funzionali al compimento dell’azione. Queste si generano a livello riflessivo grazie all’apporto congiunto di informazioni provenienti da tutti i canali sensoriali, laddove a rivestire un ruolo preponderan- te è tuttavia la modalità visuale. Tali costrutti comprendo- no non solo percezioni on–line, ma anche rappresentazioni a lungo termine che si sedimentano in attitudini disposi- zionali, come conoscenze concettuali e semantiche, cre- denze, disposizioni affettive e valutative. Pur nella loro di- sparata provenienza e modalità, queste rappresentazioni sono accomunate dal fatto di vertere intenzionalmente sul corpo in quanto oggetto, che viene appreso come ogni al- tro nell’avvicendarsi di una successione di aspetti parziali senza dar luogo a una rappresentazione globale e olistica, a differenza di quanto avviene nello schema corporeo.

In che modo si combinano ora le rappresentazioni dello schema e dell’immagine corporea nel dar vita al senso di proprietà e di agenzia? Anzitutto è da rilevare come una distinzione netta tra schema corporeo e immagine corpo-

rea richieda una riflessione supplementare di ordine con- cettuale, dato che, come nel caso del senso di proprietà e di agenzia, essi concorrono in modo strettamente congiun- to a strutturare la nostra consapevolezza e il nostro agire. Ciò fa sì che nell’esperienza normale i loro confini siano molto più sfumati di quanto non possa apparire a prima vi- sta, soprattutto per quanto riguarda il senso di proprietà.

È un’acquisizione ormai consolidata e corroborata da numerose evidenze sperimentali, come lo studio delle pa- tologie dello schema e dell’immagine corporea (de Vi- gnemont, 2010) e gli esperimenti sull’illusione della mano di gomma cui si è accennato sopra, che il senso di proprie- tà consti di due specifiche tipologie di informazioni. La prima comprende sensazioni afferenti di natura visiva, tat- tile, cinestesica e propriocettiva che si offrono in tempo reale e fungono a livello bottom–up. Nella seconda sono da annoverare rappresentazioni cognitive off–line preesi- stenti e permanenti (di natura visiva, propriocettiva, affet- tiva ecc.) che modulano le informazioni afferenti in dire- zione top-down. Nessuna delle due componenti è suffi- ciente da sola a produrre il senso di proprietà, mentre lo è l’apporto delle differenti modalità sensoriali anche in as- senza del senso di agentività (de Vignemont, 2007; Tsaki- ris, Schütz-Bosbach, Gallagher, 2007).

Nella genesi della fenomenologia del senso di proprietà corporea rifluiscono dunque informazioni sensorie prove- nienti tanto dallo schema corporeo, quanto dall’immagine corporea. Direttamente implicati nella genesi del senso di agentività sono invece soltanto i comandi motori efferenti che precedono l’azione e traducono in movimento effetti- vo l’intenzione motoria e gli input sensoriali della copia efferente di feedback, ricalcanti le sensazioni afferenti che a livello bottom–up fungono da materiale grezzo per il senso di proprietà (Frith, Blakemore, Wolpert, 2000). Più

che con strutture rappresentazionali, qui abbiamo a che fa- re propriamente con eventi cinestesici, tattili e propriocet- tivi. La natura caratteristica dei processi cognitivi sottesi al senso di agentività trova un corrispettivo nella sua feno- menologia “sottile”, per cui il corpo non è tanto l’oggetto di una certezza tematicamente indirizzata verso un correla- to oggettuale, quanto una struttura trasparente e pre- riflessiva che retrocede sullo sfondo del corso globale d’azione a cui principalmente mira la nostra attenzione consapevole.

Alla differenza funzionale tra i meccanismi cognitivi preposti alla genesi della coscienza del sé corporeo fa dunque riscontro la fondamentale duplicità del modo in cui il nostro corpo si manifesta nella nostra esperienza or- dinaria. Da una parte troviamo il corpo come soggetto, os- sia il corpo che noi stessi “siamo” transitivamente e vi- viamo “dall’interno” che, pur fungendo di continuo alle spalle della nostra esperienza del mondo come sfondo uni- tario, si sottrae per lo più alla nostra consapevolezza diret- ta; dall’altra il corpo assimilato ad ogni altro oggetto in- tenzionale, che si manifesta alla nostra percezione solo at- traverso scorci parziali.

Il corpo soggettivo, designato in fenomenologia col termine corpo vivo o corpo proprio (Leib) (Husserl, 1952; Merleau-Ponty, 1945), è un sistema unitario e integrato di organi di percezione e di movimento che costituisce il cen- tro di irradiazione del senso di proprietà e di agenzia e si sorregge essenzialmente sulle risorse informazionali offer- te dallo schema corporeo, in particolare i comandi motori efferenti e le sensazioni tattili interne e propriocettive. In modo analogo allo schema corporeo, il corpo vivo è una struttura olistica e globale aggiornata di continuo che ac- compagna in modalità on–line ogni vissuto e ogni azione senza mai venir meno del tutto. Alla costituzione del corpo

oggetto (Körper) concorrono invece tutte le informazioni percettive multimodali (ferma restando la predominanza di quelle visive), nonché le rappresentazioni concettuali, af- fettive e valutative preesistenti in modalità off–line com- prese sotto il titolo dell’immagine corporea. Il corpo og- getto coincide dunque in via quasi esclusiva col versante del senso di proprietà corporea limitatamente alle modalità sensoriali esterocettive, dato che le capacità motorie im- plicate dal senso di agentività svolgono un ruolo margina- le, consistente nel conferire unitarietà alle rappresentazioni parziali veicolate dall’immagine corporea.

Nel documento Concetti e processi di categorizzazione (pagine 107-111)