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Corpo di studentessa, corpo di antropologa

Nel documento ANNO ACCADEMICO 2019-2020 Dipartimento di (pagine 115-118)

Capitolo 6. Imparare attraverso il corpo

6.1. Corpo di studentessa, corpo di antropologa

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Come promesso, inizierò questa riflessione sull’apprendimento attraverso i sensi e il corpo riflettendo sulla mia esperienza personale, durante la quale ho messo alla prova la mia dimensione fisica. È proprio da qui che è nata l’idea di inserire l’elemento sensoriale come parte integrante del processo di apprendimento. Il mio corpo, contenente una doppia anima, quella di studentessa e quella di antropologa, durante la lezione del Dottor Wang, si è ritrovato protagonista, suscitando in me le riflessioni che andrò a descrivere in questo paragrafo.

Ho già descritto la visita della nostra classe presso il Chinese Medicine Culture Centre,

Chinese Language International Promotion, durante la quale il Dottor Wang e i suoi studenti

ci hanno presentato le attività del centro e alcune teorie e pratiche della medicina cinese. Durante quella visita, nel pomeriggio, abbiamo sperimentato attivamente alcune terapie. Le riflessioni che qui riporto sono state scritte subito dopo l’esperienza dato che, durante le varie pratiche, non mi è stato possibile scrivere:

Il secondo piano del centro era costituito da un lungo corridoio pieno di porte che permettevano di accedere a dei piccoli ambulatori. Gli specializzandi, che ci accompagnavano, sono entrati uno in ogni stanza, invitandoci a fare lo stesso per consentirci di provare di persona tutte le tecniche della medicina cinese. Decido di mettermi in fila per il trattamento tuina, che non ho mai provato, e intanto guardo come la ragazza esegue il massaggio. Fa accomodare una studentessa su uno sgabello e coprendole il collo con un telo inizia a massaggiare con il movimento del pollice. Persiste su quella zona spiegando dove si trovano i blocchi. Mentre aspetto il mio turno, inizio a guardare nelle altre stanze e il professore mi invita ad entrare nella sua che in quel momento è libera. Appena mi siedo mi dice di appoggiare il polso su un piccolo cuscino che si trova sulla scrivania per eseguire una diagnosi tramite il polso, poi mi chiede di mostrargli la lingua. Mi dice che ho un deficit di milza e che dovrei fare sport. Dopo aver ricevuto la diagnosi, mi sposto nuovamente nella stanza del tuina, ma il mio posto era stato occupato. Allora, il ragazzo che durante la mattinata ci aveva spiegato la tecnica dell’agopuntura mi dice che non appena si fosse liberato un posto mi avrebbe fatto lui il trattamento tuina. Così, nel frattempo, decido di provare altro. In uno degli ambulatori un ragazzo inserisce un ago sul dorso della mia mano chiedendomi che sensazioni provo. Sembra perplesso quando gli dico che non sento nulla in particolare. Ho provato poi l’auricolo terapia. Una ragazza con un bastoncino di metallo ha iniziato a premere su alcuni punti dell’orecchio per chiedermi se sentissi una sensibilità particolare in alcune zone. Quando le dicevo di sì, mi spiegava a che parte del corpo corrispondeva quel punto, mentre mi metteva uno di quei cerotti con all’interno un piccolo semino che avevamo visto durante la mattinata. Il semino avrebbe generato una pressione continua sul punto dell’orecchio prescelto e avrebbe continuato la stimolazione per qualche giorno.

Nel frattempo, il posto per il tuina si è liberato. Una ragazza inizia a massaggiarmi il collo, come avevo visto fare prima, tuttavia, il ragazzo mi dice che vuole farmi vedere come pratica lui. Allora, finito il primo massaggio, mi fanno accomodare sul lettino. Mi dice che ha notato che la mia postura è scorretta solo guardandomi in viso, perché ho un sopracciglio più sollevato dell’altro. È inutile dire che mi sono sentita a disagio nello scoprire una cosa a cui non avevo mai fatto caso. Mi propone di fare una fotografia per dimostrare che ci sarà una differenza dopo il trattamento. Inizia il massaggio cercando prima i punti da trattare. Subito

117 mi tocca la schiena in un punto in cui provo dolore da tempo. Esegue alcune manovre che mi era già capitato di sperimentare durante una visita da un osteopata e da un fisioterapista. Quindi mi sento abbastanza tranquilla.

Ad un certo punto, il ragazzo chiede ad un collaboratore di tenermi fermi i piedi. Dopo alcune manovre mi giro a pancia in giù mentre lui muove le mie gambe e le mie braccia facendole scrocchiare. Ogni tanto chiede la mia collaborazione facendomi girare e respirare mentre esegue delle manovre. Tutti gli studenti sono lì a guardare la sua tecnica. Successivamente massaggia anche il viso. Dopo alcuni minuti, a me sembrati lunghissimi, il trattamento si è concluso. Mi dimentico di fare una foto per il confronto, del resto, in quel momento, faccio fatica anche a ricordarmi il mio nome, come mi fa notare il ragazzo, il quale me lo aveva chiesto durante il trattamento e io non avevo risposto. Il tempo a disposizione era finito e ho raggiunto in ritardo i miei compagni per i saluti finali, ancora un po' frastornata dai movimenti. Durante il tragitto verso casa mi sono accorta di essere più rilassata e di voler ridere senza motivo. Credo che abbia effettivamente sciolto delle tensioni, nonostante fossi molto tesa anche durante il trattamento poiché non mi trovavo a mio agio (Diario, 10 gennaio 2019).

Appena arrivai a casa mi misi a scrivere tutto quello che avevo visto e provato durante il pomeriggio. Questo spazio di tempo, trascorso fra l’esperienza e la scrittura, mi ha dato modo di riflettere sulle sensazioni provate. Mi sono resa conto che non potevo non concordare con il volantino pubblicitario che avevo preso su un tavolo del centro, il quale recitava: “The centre wants to help people to acquire an in-depth and intuitive understanding of Traditional Chinese Medicine”. L’esperienza vissuta al centro, infatti, è stata centrale nell’attività didattica poiché ha permesso agli studenti di fare esperienza pratica, la quale, secondo Pugh at al., costituisce la base del pensiero metaforico: “[…] at the root of metaphor is experience. Our experiences shape us and shape our language; they are the core of our ability to construct knowledge. Because we have seen, heard, and felt, we can imagine things we have not seen, heard, or felt” (Pugh et al,1997, pp. 13-14).

Il pomeriggio era stato molto intenso, anche perché l’uso attivo del corpo aveva riportato in primo piano il mio ruolo di studentessa, coinvolgendo anche la mia parte emotiva. La diagnosi effettuata dal professor Wang, ad esempio, mi portò a pensare a tutte le volte che mi ero sentita coinvolta in prima persona durante le diverse lezioni che ho seguito. Quando il Dottor Hooman nelle lezioni di diagnosi ci faceva l’esame della vista o auscultava il cuore, attendevo con ansia il suo responso. Quando descriveva i sintomi di qualche malattia, come ogni buono studente di medicina, pensavo che avrei potuto benissimo avere tutte le malattie elencate dal professore. La professoressa Ma, inoltre, faceva spesso tirare fuori la lingua degli studenti per un rapido esame, dispensando consigli come: bevi più acqua, non mangiare piccante. In quel momento mi ero resa conto che mettendomi in gioco forse avrei potuto scoprire cose che non avrei voluto sapere, ma allo stesso tempo, mi ricordai che tutte le

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occasioni nelle quali il mio corpo era stato oggetto di diagnosi o terapia mi erano servite per entrare in un contatto più profondo con il mio oggetto di studio. Come quella volta che il Dottor Hooman mi riempì di aghi il viso (vedi paragrafo 2.3.). Durante il trattamento tuina, sentendomi molto frastornata, cercavo dei punti di riferimento all’interno delle mie esperienze pregresse. Questa mia reazione, ovvero, comparare una terapia mai sperimentata ad un massaggio fisioterapico che invece avevo già avuto modo di ricevere, mi ha fatto pensare al sistema di pensiero su cui si basa la metafora e che ho precedentemente descritto. In un momento di disorientamento ho subito accostato una cosa che non conoscevo ad una che conoscevo per cercare di orientarmi. Come me, tutti gli studenti internazionali avevano sperimentato le varie pratiche della medicina cinese e spesso, durante i trattamenti, facevano domande e si confrontavano sulle teorie apprese nei giorni precedenti. Alla fine del pomeriggio erano entusiasti. Durante questa prima esperienza, avevamo realizzato che la comprensione e l’apprendimento della medicina cinese passano anche attraverso il corpo. La centralità dell’esperienza corporea, ci ricorda Pizza (2013), è fondamentale per tutti i professionisti del settore sanitario anche nel contesto biomedico. All’interno degli apparati istituzionali come università, cliniche e ospedali, gli studenti riflettono per prima cosa sulla loro corporeità, incorporando il sapere e formando una nuova rappresentazione del loro corpo (Pizza, 2013). Nel contesto di apprendimento nel quale mi sono ritrovata, non solo il corpo costituisce un medium attraverso il quale trasmettere conoscenza, ma anche un dispositivo per produrre conoscenza. Da questo punto di vista si può dire che attraverso il corpo avviene un processo mimetico che porta gli studenti ad appropriarsi attivamente di alcune conoscenze culturali, “ed è proprio in tali processi che si verificano la produzione, la trasmissione e la trasformazione della cultura” (Wulf, 2013, p .7). Tale processo è qui definito come apprendimento silenzioso.

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