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Pensiero olistico, correlative thinking e pensiero analitico

Nel documento ANNO ACCADEMICO 2019-2020 Dipartimento di (pagine 70-74)

Capitolo 4. Sistemi di pensiero a confronto

4.1. Pensiero olistico, correlative thinking e pensiero analitico

Nelle prime lezioni che ho frequentato alla Beijing University of Chinese Medicine mi è capitato spesso di sentire gli insegnanti chiedere quale fosse la differenza principale tra medicina cinese e medicina occidentale. Ho presto imparato che la risposta corretta era: “Chinese medicine is more olistic”. Anche il libro di testo recita “TCM theoretical system takes holism as its guiding ideology” (Ma e Liu, 2015, p. 3). La prospettiva olistica è utilizzata anche dal manuale per definire la medicina cinese:

From the macro, holistic and dynamic standpoints, TCM studies the interconnections of the human body and the interrelation of the internal and external environments to clarify the

71 basic laws of human vital activities, diseases and the principles and processes of the prevention and treatment (Ma e Liu, 2015, p. 1, corsivo mio).

Durante i nostri discorsi informali, nei quali ho chiesto spesso a quelli che vedevo come miei compagni come mai avessero scelto questo tipo di percorso, mi è capitato di sentire che si sono avvicinati alla medicina cinese poiché il suo approccio è più olistico, perché guarda l’intera persona e la sua relazione con l’ambiente e non solamente il singolo organo. Questa retorica, riferita alla medicina cinese, ma anche alle cosiddette medicine alternative o integrate, è molto diffusa in Occidente. Ed è forse la prima differenza che viene evidenziata, in questo contesto, quando ci si imbatte in un confronto tra Oriente e Occidente. Uno studio presentato da Lu et al. (2013), condotto sottoponendo dei questionari agli studenti di alcune università cinesi, conferma empiricamente che il pensiero olistico non è solo una caratteristica esclusiva della medicina cinese, ma una modalità di pensiero intrinseca alla cultura cinese. Comparando le risposte degli studenti di medicina cinese e quelli di altre università, Lu et al (2013) confermano che i ragazzi che studiano medicina cinese non hanno una particolare ed esclusiva predisposizione per il pensiero olistico, ma che esso è ampiamente diffuso tra tutti gli studenti cinesi. Lo studio conferma che gli studenti più predisposti a pensare in modo olistico riescono ad applicare il sapere della medicina cinese in modo pratico, risolvendo creativamente alcuni dei problemi più attuali in campo medico. Il pensiero olistico, che sta alla base della medicina cinese, delle sue teorie e della metodologia clinica, è proprio ciò che la caratterizza e la differenzia dalla medicina Occidentale, in quanto si discosta dal pensiero analitico tipico di quest’ultima. Scrive Gui-Juan (2013):

The essence of TCM is the thinking mode of its theory. The thinking mode of TCM theory is also the soul of the TCM clinical methodology. The way of thinking is the inner core of the cultural structure. It is the true vitality of a certain particular culture. The continuation of the culture is the continuation of the thinking mode. In Chinese culture the dominant is always the holistic thinking. […] The most fundamental difference between TCM and modern western medicine is their thinking mode difference caused by their own cultural background, is the epistemological and methodological distinction caused by the thinking mode. (Gui-Juan, 2013, p. 78).

L’idea di base del pensiero olistico è quella di vedere il mondo come un insieme di interconnessioni, nel quale ogni elemento e ogni fenomeno sono legati tra loro da una relazione dinamica e di reciproca influenza. All’origine del pensiero olistico vi sono una serie di conoscenze filosofiche che derivano principalmente dal Taoismo in quanto caratterizzato da un pensiero che vede Uomo, Cielo e Terra come entità coinvolte in uno

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stretto rapporto di interdipendenza. Negli scritti filosofici dell’antica Cina, tra cui il Dao De

Jing e l’Yijing, è descritta l’origine del mondo a partire dalla generazione dello yuanqi dal

principio unitario conosciuto come Dao.

Il processo che ha dato origine al mondo apre la strada al pensiero correlativo. Come spiegato anche nello Huainanzi, opera che illustra questo processo seguendo la teoria taoista e che influenzò il pensiero della dinastia Han (Cheng, 2000), dal qi originario si sono differenziati lo yin e lo yang e da questi Cielo e Terra, che si sono poi diversificati all’infinito nei diecimila esseri. Recita, infatti, il Dao De Jing “道生一,一生二, 二生三,三生万 物” (Andreini, 2017) ovvero, il Dao genera l’Uno, l’Uno genera il due, il due genera il tre, il tre genera le diecimila cose. Il mondo si è così generato sulla base di “una catena di opposizioni binarie a partire dall’unità del Dao e del qi originario indifferenziato” (Cheng, 2000, p. 303). Queste opposizioni binarie hanno permesso l’elaborazione di una cosmologia correlativa in cui le spiegazioni e le inferenze vengono poste all’interno di uno schema o pattern (Chen, 2000, p. 303). Il pensiero analitico, infatti, spiega i fenomeni secondo una logica di causa-effetto, mentre quello correlativo li interpreta inserendoli all’interno di una cornice di riferimento (Graham, 1989). Il pensiero correlativo permette così di sistematizzare le conoscenze all’interno di uno schema nel quale è possibile comprendere le influenze reciproche tra i fenomeni (Needham, 1991). Le conoscenze vengono così a costituirsi come un insieme di correlazioni simboliche e corrispondenze, le quali verranno poi a creare una rete di significati che permette di categorizzare il reale e di passare da una categoria all’altra procedendo per analogie. “Le affinità o analogie che è possibile discernere fra determinate categorie sono al centro della “risonanza” (ganying 感 应 , letteralmente “stimolare e rispondere alla stimolazione”) per il cui tramite, secondo la cosmologia correlativa, si spiegano tutti i fenomeni naturali”, afferma Cheng (2000, pp. 303-304). Tale risonanza è descritta nello Huainanzi come un fenomeno fisico di vibrazione, come quella tra due strumenti musicali (Cheng, 2000).

Il pensiero filosofico fondativo della medicina cinese prende come riferimento alcuni modelli di relazione e interrelazione tra elementi, come quello tra yin e yang o quello delle cinque fasi o wuxing, che, come scrive Fung (2010, p. 298), creano una visione del mondo che abbiamo definito correlative cosmology e che si riflette in un modo di pensare chiamato

correlative thinking o pensiero correlativo. Lo sviluppo di questa forma di pensiero nel

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di corrispondenze e correlazioni derivate dall’intrinseca concretezza della lingua e del pensiero cinese. Egli ha analizzato il sistema di analogie alla base delle cinque fasi, il quale fa corrispondere ciascun elemento del corpo umano ad alcuni elementi che fanno parte del mondo naturale. Anche Needham (1991) ha preso in esame il pensiero correlativo cinese dimostrandone la sua logica in quanto sistema intuitivo-associativo. In questo tipo di pensiero “conceptions are not subsumed under one another, but placed side by side in a

pattern, and things influence one another not by acts of mechanical causation, but by a kind

of ‘inductance’” (Needham, 1991, pp. 280-281). Fung (2010) ha accusato Granet di determinismo linguistico in quanto, quest’ultimo afferma che la caratteristica del pensiero cinese di essere particolare e concreto non gli permetta di raggiungere un livello di astrazione necessaria per esprimere un’idea di causalità o di avere un’idea logica del principio di non contraddizione. Per questi motivi, il pensiero cinese avrebbe come funzione principale quella poetica e figurativa piuttosto che scientifica. Secondo Fung (2010) il pensiero analogico e correlativo possono benissimo essere trasposti in pensiero analitico e logico. Nella sua visione, quelli che vengono definiti pensiero cinese e pensiero occidentale non sono incommensurabili. Il pensiero cinese non è illogico o irrazionale:

Even though thinking in correlation or association, like the Chinese thinking in the pattern with the pair of yin-yang and the model of wu-xing, may not be fully grounded on the empirical evidence of the physical world, it should not be understood as illogical (or irrational) or non-logical (or non-rational) (Fung, 2010, p. 304).

Seguendo la tesi di Hofstadter e Sander (2013), secondo i quali le analogie sono al centro di qualsiasi forma di pensiero (Remotti, 2019), si può dire che pensiero cinese e pensiero occidentale non sono incommensurabili in quanto si basano entrambe sul ragionamento analogico. Secondo gli autori, la nostra mente sarebbe obbligata a produrre nuove analogie ogni secondo, comparando ciò che è noto con ciò che è nuovo, per riuscire a sopravvivere in un mondo così complesso e imprevedibile. Possiamo immaginare che il processo mentale che sta dietro a questa azione includa la selezione e la suddivisione delle nozioni in categorie che semplifichino il processo di assimilazione. Se concepiamo queste categorie che stanno alla base del pensiero umano non come dei contenitori ben separati tra loro, ma come degli insiemi dai confini sfumati che sono invece collegati tra loro tramite analogie, come affermano Hofstadter e Sander (2013), possiamo capire come il processo analogico metaforico sia fondamentale per passare da un sistema di pensiero all’altro e quindi di comprendere. In ogni caso, come afferma Remotti (2019), categorizzazione e processo

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analogico devono rimanere ben separati in quanto hanno ruoli differenti: il primo stabilisce confini generando differenze, il secondo unisce e connette generando somiglianze. È inutile dire che entrambi sono fondamentali nel processo di trasmissione delle conoscenze preso qui in considerazione. Come vedremo tra poco, l’uso di somiglianze e differenze è utilizzato soprattutto per spiegare il rapporto tra medicina cinese e medicina occidentale.

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