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CAPITOLO 4. IL VALORE DEL CORPO

4.3 Il corpo di cui parlo

La tradizione fenomelogica ci ha condotto a considerare il corpo sotto una nuova luce: non più come schiavo della mente e quindi come oggetto del mondo, bensì come punto di vista sul mondo grazie alla sua esperienza indivisa dalla coscienza. L’identità di vita corporea e coscienziale è dunque segno specifico dell’esistenza personale la cui manifestazione si verifica originariamente attraverso la relazione. La persona è sempre situata ed esiste solo in quanto è indissolubilmente legata ad un corpo e ad una storia che vive nel mondo. Quanto si dà nel mondo è colto «nella prospettiva o nella direzione del mio sguardo o, più in generale, nella disposizione conoscitiva del mio asse

P. Ricoeur, Sé come un altro, cit., pp. 439-440

corporeo» . La prospettiva è indispensabile per avere una percezione 113

di tipo corporeo e dalla loro connessione ha origine ciò che chiamiamo propriamente con il nome di persona.

Il termine stesso «persona» raccoglie in sé una certa complessità che rimane comunque indivisa, al di la della singolarità dei significati. Secondo Melchiorre «la persona dell’uomo è detta ugualmente in ciascuna delle sue parti ed è detta, dunque, anche del corpo o d’una parte del corpo ove più palese si fa la presenza dell’uomo» . A tal 114

proposito, risulta interessante e chiarificatrice l’analisi che egli propone dell’utilizzo del termine persona in varie declinazioni linguistiche. Πρόσωπον in greco significa volto ma è utilizzato solo in relazione all’uomo, per indicarne la presenza o, talvolta, l’aspetto della sua specifica esistenza. Il senso del latino persona si rifà all’idea di maschera mantenendo però la sua origine corporea: la maschera era sì posata sul volto dell’uomo ma al tempo stesso indicava un’iniziativa da parte dello spirito. Anche nei testi classici inglesi e germanici si ritrova rispettivamente il termine person e persône riferito a sembianze o caratteristiche sia spirituali che corporee. Allo stesso modo, nei testi danteschi della nostra tradizione è facile notare la compresenza di spirito e corpo nell’utilizzo della parola persona.

Da questo breve excursus si evince che il corpo è inserito in un sistema simbolico che ci permette quotidianamente di parlarne e di riferirci ad esso con molteplici sfaccettature. È infatti opportuno affermare che la lingua rappresenta l’ordine simbolico di ogni cultura grazie al quale possiamo esprimerci verbalmente o nel pensiero. Anche il pensiero è un modo di dar voce ad una comunicazione che si realizza grazie all’identità indissolubile tra la parola e la cosa. Attraverso il linguaggio esplicitiamo l’essenza delle cose e ciò è provato dal fatto che i bambini, durante il percorso di crescita ed apprendimento, vengono a

V. Melchiorre, Corpo e Persona, Marietti, Genova 1987, p. 65

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Ivi, p. 59

conoscenza delle cose nel momento in cui le nominano o le sentono nominare. Secondo Galimberti, questa proprietà unica del linguaggio rispetto ad altri sistemi simbolici è data dal fatto che la lingua «è ciò che, abitando le cose, le esprime» . Anche Heidegger parla del 115

linguaggio come ciò che «chiama mondo e cose alla loro essenza. Questa chiamata è l’evento della differenza che porta il mondo al suo esser mondo e, e le cose al loro esser cose» . 116

L’uomo dunque parla in quanto è proiettato nel mondo ed aperto ai suoi significati; attraverso le parole esprime dei sensi ed è in questo orizzonte che anche il corpo assume un valore simbolico che non può rimanere relegato al solo significato biologico della vita corporea o a quello spirituale dell’anima. È curioso l’input dato da Galimberti circa la tradizione giudaica, la quale aveva posto al principio di tutto il Verbo, la parola incarnata. Al contrario il linguaggio occidentale ha sacrificato il corpo a favore della sola anima perdendo di vista la voce del corpo che dicendosi fa emergere i significati del mondo dando origine alla nostra storia . Il dualismo di anima e corpo ha dunque invaso anche la 117

tradizione linguistica occidentale rispecchiandosi nell’opposizione tra idea e voce, tra pensiero e dialogo. Utilizzando l’espressione di Galimberti, per recuperare la «parola del corpo» è necessario azzerare le differenze tra le due parti, considerando che nel dialogo con se stessi chi ascolta è il soggetto stesso mentre nel dialogo con gli altri chi ascolta non si identifica con il soggetto ma è a lui esterno. Esternare i propri pensieri attraverso la voce non significa uscire di sé ma è l’interiorità della voce stessa che viene a coincidere con la propria coscienza. Ancora una volta, l’elemento corporeo risulta legato a quello spirituale in un intreccio imprescindibile:

U. Galimberti, Il corpo, Feltrinelli, Milano 2013, p. 175

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M. Heidegger, “Il linguaggio” in In cammino verso il linguaggio, Mursia, Milano

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1973, p. 41

U. Galimberti, Il corpo, cit., pp. 176-178

«Nessuna coscienza è possibile senza la voce. La voce è l’essere accanto a sé nella forma dell’universalità come co-scienza. La voce è la coscienza» . 118

Grazie a queste parole di Derrida si riscopre l’importanza del corporeo per dare voce al proprio io interiore il quale vive esprimendosi. Parola e persona vanno di pari passo verso la direzione della vita la quale può essere espressa e, soprattutto, condivisa. Recuperando il potere della voce è possibile mettersi in comunicazione con gli altri oltrepassando i limiti del proprio corpo. La voce permette infatti di mantenere una distanza nella comunicazione e, contemporaneamente, di far emergere la volontà di instaurare un legame:

«La capacità di proiettarsi per mezzo della voce oltre i limiti del proprio corpo è la condizione indispensabile per scoprire l’altro, per passare dal vissuto del proprio corpo allo spazio aperto dov’è il vissuto dell’altro» . 119

La condivisione della parola e del corporeo che abita in noi è indispensabile per costruire la propria storia. Il corpo, rappresentando simbolicamente il nostro inizio e la nostra fine, acquisisce un valore inestimabile che non può essere ignorato. Noi siamo in grado di generare attraverso il corpo così pensato e valutato, pertanto nel momento in cui veniamo al mondo siamo portatori della nostra storia la cui origine non può essere ignorata. A mio avviso, il valore del corpo e ciò di cui si fa carico, deve assumere un ruolo fondamentale soprattuto nelle scelte etiche che si compiono nel momento della generazione. Non è possibile prescindere dall’importanza del corpo così intesa

J. Derrida, La voce e il fenomeno, Jaca Book, Milano 1968, p. 116

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U. Galimberti, Il corpo, cit., p. 190

perché la vita nascente non è solo un corpo ma una persona che comprende tutti i significati fin qui esplicitati.