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Il rapporto tra natura e artificio

CAPITOLO 2. LA STRUMENTALIZZAZIONE DELLA VITA UMANA

2.3 Il rapporto tra natura e artificio

In un tempo come il nostro in cui abbiamo difficoltà ad avere un confronto con la realtà e a trovare in essa un elemento di stupore, aleggia l’idea che tutto ci appartiene, persino il controllo sulla vita altrui. La nostra libertà ci appare qui e ora, non come frutto di un cammino di conoscenza verso se stessi, ma come una conquista immediata. La natura viene riplasmata, distrutta e pianificata a uso, consumo e piacere del singolo, senza considerare le implicazione che potrebbero derivare dalle nostre azioni.

Nel caso della fecondazione eterologa la tecnica certamente aiuta a ricongiungere ciò che per natura è separato; tuttavia, questa operazione

L'Osservatore Romano, 9-10 ottobre 2000, p. 6

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J. Rifkin, Il secolo biotech, Baldini e Castoldi, Milano 1988, p. 370

richiede che la natura stessa venga stimolata al fine di produrre il materiale necessario per far sì che avvenga il procedimento. L’uomo rischia dunque di essere incorporato nella sua azione in qualità di merce indispensabile per soddisfare i suoi stessi bisogni. Le banche del seme e di ovociti raccolgono i gameti umani impiegandoli come se fossero banali articoli atti allo scambio commerciale. Non è un caso che alcuni di questi centri abbiano anche un modernissimo sito di e-

commerce online che vanta il privilegio di poter usufruire di spedizioni 59

rapide e pacchetti ad hoc. A seconda della quantità di denaro messa a disposizione della banca è possibile addirittura scegliere di diventare possessori esclusivi di determinati gameti e impedire che lo stesso donatore abbia altri figli. È dunque facile notare come il diventare genitori stia diventando un processo sempre più tecnico e meccanizzato che accoglie parole innaturali, se inserite nel contesto di una nuova vita, come vendere e comprare.

Il rischio è quello che l’uomo venga usato come risorsa materiale per i suoi stessi scopi; sulla scia del pensiero heideggeriano è bene infatti ricordare che la natura comprende lo stesso essere umano che la sfrutta a suo piacimento, in base ai dettami della tecnica moderna. Quando la natura viene pensata in termini calcolabili, senza considerare la profondità del suo significato, è allora possibile sfruttarla. Secondo Martin Heidegger «il comportamento impiegante dell’uomo si manifesta anzitutto nell’apparire della moderna scienza esatta della natura. Il suo modo di rappresentazione cerca di afferrare la natura come un insieme organizzato di forze calcolabili» . L’adeguarsi del commercio sociale al 60

progresso tecnico-scientifico ha condotto al prevalere della ragione strumentale; quest’ultima non prende in considerazione le dinamiche interne alla natura che è in grado di autoregolarsi e alla quale le

<https://dk-it.cryosinternational.com> (Data di consultazione: 2 Settembre 2018)

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M. Heidegger, “La questione della tecnica” in Saggi e discorsi, Mursia, Milano

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pratiche scientifiche dovrebbero orientarsi in vista del raggiungimento dei propri obiettivi. La scienza è stata in grado di oggettivare la natura rendendo predominante un atteggiamento tecnico-sperimentale rispetto a uno di tipo contemplativo che, da solo, non avrebbe portato alla produzione di effetti rilevanti. Nello specifico, intervenire nella biologia iniziale dell’essere umano equivale a non distinguere ciò che è tecnicamente prodotto e ciò che invece cresce naturalmente. In tal senso, il saper padroneggiare la natura ha portato alla sovrapposizione e dunque alla non distinzione tra soggettivo e oggettivo. Jonas descrive questo atteggiamento come un “auto-imprigionamento” dal momento che l’uomo, dopo essersi contrapposto alla natura come il signore della tecnica, si ritrova ad essere ricompreso in essa. Nella sua prospettiva l’avvento della tecnica biologica ha avvallato la divisione tra il soggetto, rappresentato dall’uomo, e l’oggetto, ossia la natura. Solitamente la tecnica infatti era indirizzata alla manipolazione di materie inanimate che sarebbero diventate mezzi utili all’uomo; al contrario, oggi l’uomo può essere oggetto della sua tecnica che arriva ad invadere il campo della genetica. Tuttavia, se per la tecnica tradizionale è possibile correggere i propri errori anche a prodotto finito e persino commercializzato, ciò non può avvenire nell’ambito della tecnica biologica. Le azioni intraprese non sono in alcun modo revocabili, gli eventuali effetti negativi non si possono cancellare, «non si possono rimettere in cantiere persone o ridurre a rottame intere popolazioni» . 61

Sfruttando la tecnica l’uomo accresce il suo potere sulla natura; ma nel caso della biologia e di coloro che pianificano si tratta di esercitare il potere sui posteri, su quelle generazioni future che saranno oggettivate alla stregua della natura e che purtroppo saranno vittime di decisioni prese al loro posto in anticipo.

Lo scopo della tecnica è sempre stato tradizionalmente legato all’utilità per l’uomo; nel caso della tecnica biologica cosa può essere

H. Jonas,Tecnica medicina ed etica. Prassi del principio responsabilità, cit., p. 126

definito utile per l’uomo? Il rischio è quello che possano esistere uomini a servizio di altri uomini. La riduzione scientifica e l’estraniamento rispetto all’elemento umano fanno sì che i processi tecnici vengano orientati alla semplice logica del risultato, che non corrisponde più al bisogno dell’uomo di comprendere la natura. Trascendendo l’elemento umano, si acquista inoltre un’autonomia disinteressata nei confronti dell’etica e della morale, di ciò che le conseguenze potrebbero portare alla luce. L’uomo artefice e fabbricante non è più in grado di accontentarsi di soddisfare la sua sete di sapere attraverso la contemplazione e nel rispetto della sua stessa natura vulnerabile; oggi l’uomo ha bisogno di rendere artificiale persino la vita credendo che ogni fine giustifichi la liceità di tutti i mezzi. L’essere umano, rispondendo solo alla sua volontà di potere ed essendo incapace di pensare ed agire in maniera irreversibile, è giunto a modificare delle nozioni che sono al di là della scienza come quelle di vita, di nascita e di uomo, rendendole prive di contenuto e caratterizzate da confini labili. L’atteggiamento dell’uomo contemporaneo, che si sente autorizzato a creare a sua discrezione il miracolo della vita, affonda le sue radici nella modernità quando il sapere scientifico ha incorporato tutti gli altri saperi e ha permesso che l’essere diventasse materia ed energia da sfruttare. «Cartesio […] e più in generale il razionalismo con il suo atteggiamento di fronte alla realtà sembrerebbero aver definitivamente autorizzato a pensare il mondo come un possesso dell’uomo stesso, il quale ha così stabilito per sé di poter subordinare la natura alla propria soggettività» . 62

Ai giorni nostri il pericolo non viene dalla natura ma dal potere dell’uomo che si spinge oltre i suoi limiti e che, sopratutto, non è in grado di prevedere gli effetti delle sue azioni artificiali.

A. Papa, Nati per ricominciare. Vita e politica in Hannah Arendt, cit., p. 183

CAPITOLO 3