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Il Corpo Volontario Cecoslovacco

Nel documento La Legione Cecoslovacca in Italia (pagine 32-83)

Su richiesta del Consiglio Nazionale Cecoslovacco, dal gennaio 1917 i prigionieri cechi e slovacchi ad esclusione degli ufficiali iniziarono ad essere sistematicamente separati dagli altri prigionieri austro-ungarici e a essere convogliati e riuniti nel campo di concentramento di Santa Maria Capua Vetere, nel casertano, che venne parzialmente sgomberato dai prigionieri delle altre nazionalità. Essi provenivano dai numerosi campi misti sparsi nella penisola, tra i quali i maggiori erano quelli di Sulmona, Padula, Altamura, Carini, Vittoria. Le difficoltà non erano poche, considerata l’enorme costellazione di campi di prigionia sparsi per tutto il territorio nazionale e stante la problematicità per il personale italiano di distinguere adeguatamente le varie nazionalità. Oltre a ciò, di primaria importanza era quanto dichiaravano gli stessi prigionieri, i quali spesso, a seconda della propria individuale sensibilità o opinione, si dichiaravano in un modo piuttosto che in un altro. È evidente per esempio che un ceco fedele all’Impero non avrebbe avuto difficoltà a dichiararsi austriaco. Tuttavia la questione più spinosa e complessa era quella riguardante gli slovacchi. Si trattava di un contesto assai fluido quello della Slovacchia, in cui si era in presenza di slovacchi magiarizzati, slovacchi che si sentivano slovacchi e slovacchi non magiarizzati che, semplicemente, si sentivano o si identificavano come ungheresi, facendo parte la Slovacchia dell’Ungheria: e come tali questi ultimi spesso si dichiaravano, senza che ciò volesse necessariamente significare un appoggio all’Impero o all’Ungheria. In ultimo, ma non meno importante, la pressione e le minacce svolta dai prigionieri di etnia tedesca o magiara verso gli altri (in genere all’interno dei campi misti i prigionieri erano sorvegliati e gestiti da sottufficiali, anch’essi prigionieri, per lo più tedeschi o magiari), facendo specialmente leva su possibili ritorsioni sulle famiglie in patria. Tutti questi aspetti complicarono molto la questione, rendendo assai difficile distinguere con obiettività.42

42 L’internamento dei prigionieri austro-ungarici in Italia avveniva sulla base di specifiche indicazioni

dello Stato Maggiore dell’Esercito e della Commissione per i prigionieri di guerra, diretta dal generale dei Carabinieri Paolo Spingardi. Già poche settimane dopo l’entrata in guerra dell’Italia, vennero emanate le prime disposizioni circa l’opportunità di dividere i prigionieri sulla base delle nazionalità di appartenenza. La raccolta delle disposizioni relative ai prigionieri di guerra, del giugno 1916, ribadiva ai comandi d’armata che “per evitare gli attriti, esistenti tra i vari gruppi nazionali della monarchia a[ustro] u[ngarica] e che sussistono anche tra i prigionieri di guerra […] essi (ufficiali e truppa), sempre quando possibile, debbono essere ripartiti in due gruppi distinti e cioè: a) slavi (boemi, polacchi, slovacchi e croati); b) tedeschi (tirolesi, stiriani, bassa e alta Austria) e ungheresi.” In Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito (d’ora in avanti AUSSME), Fondo M7,

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Malgrado ciò, dopo qualche tempo, un cospicuo numero di prigionieri cechi e slovacchi poterono essere convogliati a Santa Maria Capua Vetere. Gli ufficiali, viceversa, rimasero in campi diversi fin quasi all’ultimo momento prima della creazione dei battaglioni di lavoro e, successivamente, della Legione. Tra i molti, ricordiamo i seguenti: Polla, Finalmarina, Sala Consilina, Casagiove, Cittaducale.

Il campo di Santa Maria Capua Vetere era composto in origine da ventidue baracche disposte su quattro file e ulteriori diciassette disposte su tre file nel lato opposto. Vi furono destinati circa 5.000 uomini, alloggiati in baracche con letti a castello. Vi era anche un ospedale. Torrette di vigilanza circondavano il campo munito di muri di cinta. Vigeva un ordine piuttosto severo: nelle baracche era vietato soggiornare, vi si poteva solo dormire. Le punizioni erano dure per i trasgressori. Era possibile lavare la propria biancheria autonomamente o affidarla alla lavanderia del campo. Obbligatorie erano la doccia, la rasatura e il taglio dei capelli. Il vitto, inizialmente dignitoso, peggiorò con il tempo. Vi era tuttavia uno spaccio, che consentiva l’acquisto di generi alimentari. La decade prevista per i prigionieri era di 15 centesimi al giorno per soldati e appuntati, 30 per i caporali e 50 per i sottufficiali. Presto il denaro venne sostituito da buoni. La posta giungeva con lentezza (da 10 giorni a 2 mesi), tempi di censura compresi. Inizialmente era possibile scrivere illimitatamente, ma poi le restrizioni austriache nei confronti dei prigionieri italiani causarono la riduzione ad una cartolina alla settimana.

In questo luogo, dove pure rimasero alcune centinaia di prigionieri delle altre nazionalità dell’Impero, ben presto, i prigionieri iniziarono ad autorganizzarsi. E ciò avvenne in costante contatto con il Československá Národní Rada (ČSNR) [Consiglio Nazionale Cecoslovacco]. Alcuni nuclei di prigionieri iniziarono in sordina una propaganda di tipo nazionale tra i commilitoni. A poco a poco tale propaganda fu in grado di raggiungere un’organizzazione abbastanza strutturata. Animatori di essa erano pochi prigionieri ideologizzati in senso nazionale e, sovente, vicini all’associazione Sokol, che coniugava educazione fisica, disciplina ferrea e ideali nazionali. Il principale animatore, nonché leader

busta 6, Intendenza generale dell’esercito, Ufficio del Capo di S.M., Raccolta delle disposizioni di carattere permanente relative ai prigionieri di guerra e ai disertori del nemico, giugno 1916, Capo VII, Trattamento dei

prigionieri, Alloggiamenti, art. 31, p.11; citato in: Salzano, Mario Giulio, “Il campo di concentramento per i

prigionieri di guerra di Fonte d’Amore e la formazione della Legione cecoslovacca (1916-1919)”, Storia e

problemi contemporanei, 71, 1, 2016, Milano, Franco Angeli, 2016, pp. 139-160.

Tale orientamento veniva tuttavia sovente disatteso per le menzionate le ragioni di ordine pratico. Solo le insistenze del ČSNR fecero in modo che a partire dal gennaio 1917 potesse avere inizio la separazione sistematica e il convogliamento dei prigionieri cecoslovacchi, sia pure con tutte le approssimazioni che vedremo.

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riconosciuto, era Jan Čapek.43 All’inizio le adesioni furono minime, complice soprattutto la stanchezza della guerra. A poco a poco i numeri cominciarono ad aumentare, fino ad aver un’impennata decisiva nel periodo immediatamente antecedente alla creazione dei battaglioni di lavoro e della Legione.

È importante mettere in evidenza alcune cose che, negli incompleti studi a disposizione sulla Legione Cecoslovacca in Italia, non vengono mai poste nella giusta rilevanza. Anzitutto, tutta la fase relativa al periodo del Československý Dobrovolnický Sbor [Corpo Volontario Cecoslovacco] non è mai stata approfondita né studiata dal punto di vista storiografico. Il materiale esistente è pressoché unicamente disponibile presso l’Archivio Storico Militare di Praga (VÚA-VHA), nei 9 faldoni del fondo Československý Dobrovolnický Sbor44 e nel faldone del fondo Komité pro zpracování historie italské legie45, ed è quasi interamente in lingua ceca. Sono queste le principali fonti primarie che verranno usate in questo capitolo e le traduzioni dei passi citati sono a cura di chi scrive. In Italia non esistono studi storici dedicati al ČDS, come non ne esistono altrove del resto. L’unico contributo, di tipo più divulgativo che storico (peraltro praticamente privo di note), è quello pubblicato in ceco nel 1927 da un ex legionario, František Bednářík46, e mai tradotto in altre lingue. Questo testo, seppur meno smaccatamente parziale di altri testi scritti sulla Legione da ex

43 Jan Čapek (1876-1918), operaio prima della guerra e membro del Sokol. Principale organizzatore

del ČDS, cadde sul Piave il 17 giugno 1918.

44 Nel primo faldone sono presenti documenti organizzativi e regolamenti del Corpo. L’elemento più

importante è tuttavia il registro con i resoconti delle riunioni del ČDS, sia del Comitato Ristretto che di quello Allargato, per l’intero periodo dell’attività del Corpo. Nel secondo faldone vi sono ordini di compagnia, documenti sui singoli, quaderni di appunti e note, elenchi dei prigionieri ricchi di dati e annotazioni. Nel terzo vi sono giuramenti ed elenchi dei volontari. Il quarto faldone è interamente dedicato alla corrispondenza, dal ČDS al ČSNR e viceversa, sia di Roma che di Parigi, e tra singoli, nonché il dettaglio dell’organizzazione e dello svolgimento della propaganda. Il quinto faldone è dedicato invece alle attività culturali, documentate in dettaglio da registri, quaderni e materiale conservato relativo alle attività stesse. Il sesto riporta gli ordini del giorno del ČDS, nell’intero arco della vita del corpo, nonché i numeri della rivista interna dei prigionieri V Boj! [In Battaglia!]. Il settimo faldone è dedicato agli aspetti finanziari del corpo, con registri contabili dettagliatissimi e documenti finanziari. L’ottavo contiene una miscellanea di documenti vari, da fotografie a lettere e a pamphlet, proclami, ecc. Nel nono ed ultimo sono raccolti numerosi esemplari di riviste italiane, riviste che arrivavano numerose ai prigionieri: si va dalle riviste militari, quali Signorsì, alla rivista socialista Vie Nuove, a riviste quali Il Secolo, Noi e il Mondo, Rivista popolare o La Lettura. Infine vi è un interessante canzoniere per il ČDS, composto da inni e canti popolari e nazionali.

45 Composto da un unico faldone, questo fondo raccoglie alcuni contributi relativi alle esperienze di ex

legionari considerati di spicco, sotto forma di risposte ad un questionario elaborato dagli ideatori del Komité pro zpracování historie italské legie [Comitato per l’elaborazione di una storia della legione italiana]. Tale comitato, fondato nel 1925, aveva l’intento di porre le basi per la redazione di una storia della Legione cecoslovacca in Italia. L’esito sarà il volume del 1927 V Boj! di Bednářík, che del comitato fu uno degli ideatori, di intento celebrativo e a metà tra lo storico e il divulgativo-memorialistico.

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legionari, possiede comunque il chiaro intento di contribuire ad una narrazione di tipo nazionale con fini celebrativi del nuovo stato indipendente. Uno studio accurato dei documenti presenti a Praga, integrati con i documenti dell’AUSSME di Roma (che pur non avendo quasi nulla del periodo del Československý Dobrovolnický Sbor, ha tuttavia una straordinaria mole di documenti del periodo successivo che contestualizzano e supportano i dati dell’archivio di Praga) avrebbe messo in evidenza, come intende mettere ora questo studio, che un diffuso clima di intimidazione, in barba alla decantata volontarietà dell’arruolamento, fosse lo standard nei confronti di quella maggioranza di prigionieri che non intendevano arruolarsi o che esitavano. È documentato come a fronte di pochi individui ideologizzati dal punto di vista nazionale, vi era una massa per lo più passiva a quel tipo di istanze, con in più una cospicua minoranza di filo-imperiali. Questa massa passiva comprendeva una gamma piuttosto ampia di sfumature, che andava da chi era semplicemente stanco di combattere, a chi non aveva una coscienza nazionale o quantomeno non l’aveva così spiccata da imbracciare le armi contro i propri commilitoni, a chi, infine, temeva ritorsioni per le proprie famiglie in patria, oltre che per la propria vita, ben sapendo che, se catturato, l’aspettava la forca. Per quanto riguarda gli slovacchi poi, la situazione era ancora più complessa: ben pochi erano gli slovacchi disposti ad arruolarsi (ed infatti ben pochi furono): la particolare situazione della Slovacchia, cui abbiamo accennato poc’anzi, può far ben comprendere come la diffusione di una coscienza nazionale strutturata fosse un fenomeno assai limitato, certamente lontano dall’esempio e dalla tradizione cechi, in virtù di un movimento debole figlio di un contesto in cui la preponderanza dell’elemento magiaro, sotto tutti i punti di vista, incluso quello culturale, era assai radicata. È pur vero che, a conti fatti, una parte che possiamo definire significativa dei prigionieri fu sinceramente persuasa dalla propaganda degli attivisti cechi, ma è altrettanto vero, e non va sottovalutato in qualsiasi analisi seria, che molti altri accettarono l’arruolamento per evidenti ragioni di mera, seppur comprensibile, opportunità (miglior trattamento rispetto allo status di prigionieri, la prospettiva di un miglior prestigio sociale) e che molti altri ancora furono realmente costretti da un clima intimidatorio che le autorità italiane non solo accettarono, ma addirittura, incentivarono. Questo naturalmente per non parlare del Consiglio Nazionale Cecoslovacco, che, per ragioni senz’altro più comprensibili, appoggiava e incentivava questo stato di cose. In tal senso la presenza di studi sulla Legione Cecoslovacca in Italia che non approfondiscono le vicende del ČDS e che sono impostati in prospettiva meramente agiografica, restituendo la fallace immagine di una schiera di

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volontari compatta ed entusiasta, folgorata sulla via di un irresistibile sentimento nazionale, lasciano con ogni evidenza il tempo che trovano.

Il Československý Dobrovolnický Sbor nacque il 15 gennaio 1917 nel campo di prigionia di Santa Maria Capua Vetere47, campo di prigionia in cui erano convogliati prigionieri austro-ungarici di tutte le nazionalità. Il 30 giugno del 1917 i prigionieri furono trasferiti nel campo di concentramento della Certosa di Padula48, il cui campo, attivo già dal 1916 come campo misto per prigionieri austro-ungarici, fu a questo punto concepito per essere destinato progressivamente al concentramento esclusivo dei prigionieri cecoslovacchi (cosa che non avvenne mai completamente, rimanendo fino alla fine alcune migliaia di prigionieri polacchi, jugoslavi e romeni). I pochi volontari di Santa Maria Capua Vetere, animati da spirito patriottico e antiasburgico, erano elementi privi di un preciso e articolato programma politico, certamente animati da istanze vagamente democratiche, ma con l’unico fine e intento di combattere in funzione della creazione del proprio stato nazionale, tentando di ottenere la possibilità di prendere le armi contro i propri ex commilitoni in divisa austro-ungarica e di favorire la diserzione dei connazionali ivi presenti. Quasi subito questo gruppo si mise in contatto con il ČSNR di Parigi e della sua sede di Roma. L’organizzazione nei primi tempi riscosse un numero limitato di adesioni49 e, soprattutto, non c’era modo che raggiungesse la miriade di campi di prigionia disseminati per l’Italia in cui ancora erano presenti moltissimi cechi e slovacchi. Fu solo dopo parecchi mesi, tra il giugno e il luglio del 1917, che venne individuato dalle autorità italiane il campo di concentramento di Padula come luogo dalle caratteristiche idonee ad accogliere

47 Per la riunione fondativa del Corpo si veda Vojenský Ústřední Archiv/Historický Archiv [Archivio

Militare Centrale/Archivio Storico Militare] (d’ora in avanti VÚA-VHA), Fondo Československý Dobrovolnický Sbor (d’ora in avanti ČDS), busta 1/10, Zápisy schůzí ČDS, v Santa Maria Capua Vetere 5. leden až 2. kvĕten [Verbali delle riunioni ČDS, Santa Maria Capua Vetere, 5 gennaio – 2 maggio 1917], volume manoscritto a

cura del ČDS, Schůze dne 15. ledna [Riunione del 15 gennaio 1917].

48 Cfr. VÚA-VHA, ČDS, busta 1/5, Kronika Československého Dobrovolnického Sboru, v Santa Maria Capua Vetere a v Padule, 1917-1918 [Cronaca del Corpo Volontario Cecoslovacco, Santa Maria Capua Vetere e Padula, 1917–1918], volume manoscritto a cura del ČDS, 30. června 1917 [30 giugno 1917].

49 A fine gennaio 1917 risultavano iscritti 206 prigionieri (fa riflettere che il 19 gennaio i volontari fossero

230 e a fine mese solo 206, con 16 fuoriusciti già il 26 gennaio). A febbraio i volontari erano 245 (con un aumento di sole 39 unità rispetto al mese precedente), mentre a marzo erano 368 (+123). Ad aprile ci sarebbe stato un primo significativo incremento, arrivando a 1.454 unità (+1086). I mesi successivi non saranno tuttavia altrettanto fortunati: maggio 1745 unità (+291), giugno 1831 (+86), luglio 1844 (+13), agosto 2326 (+482), settembre 2906 (+580). Ad ottobre vi fu un aumento più consistente, raggiungendo le 3935 unità (+1029), con una nuova flessione a novembre (4120 unità, +185) e a dicembre 1917 (4499, +379). Cfr. VÚA-VHA, ČDS, busta 3/61, Seznamy dobrovolníků [Elenchi dei volontari], Statistické výkazy ČDS, v Santa Maria Capua

Vetere a v Padule, 1917-1918 [Resoconti statistici ČDS, Santa Maria Capua e Padula, 1917-1918], quaderno

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potenzialmente tutti i prigionieri cecoslovacchi allora in Italia, rispondendo in tal senso alle istanze del ČSNR. Tale processo di convogliamento in massa si protrasse tra mille ostacoli fino alla primavera del 1918 senza poter essere comunque ultimato al 100% a causa delle note difficoltà.50 Oltre alla oggettiva difficoltà tanto nell’individuare correttamente i cechi e gli slovacchi, come abbiamo già visto, quanto nel convogliarli a partire dalla miriade di campi disseminati per la penisola, vi era un altro aspetto che ritardò di molto il completamento di tale trasferimento: la necessità di non poter rinunciare alla forza lavoro di quegli elementi che erano impiegati nei distaccamenti per i lavori di pubblica utilità: lavori agricoli, costruzione strade, ecc.51 Da questo punto di vista la situazione tardò molto a sbloccarsi, appunto almeno fino alla primavera del 1918.

Da subito il ČDS iniziò ad impostare un’attiva e battente propaganda nei confronti dei prigionieri cecoslovacchi. Anzitutto il Corpo ben presto si autoirreggimentò (e ciò a prescindere dall’inquadramento effettuato dalle autorità militari italiane e previsto per i prigionieri). I volontari del ČDS, nonostante i numeri inizialmente piuttosto contenuti, si strutturarono su 6 battaglioni (prapory) da circa 270 uomini l’uno, a loro volta composti da 3 compagnie (družiny) costituite da 3 plotoni (čety).52 Tale propaganda nei primi mesi era di fatto osteggiata dai comandi militari del campo, comprensibilmente preoccupati di disordini tra le diverse nazionalità, in particolare tra cechi da una parte e magiari e tedeschi dall’altra. Dunque il gruppo trovò nei primi mesi gravi difficoltà non solo nel fare propaganda pubblica, ma anche nel poter mettere in pratica quelle attività culturali che a tale propaganda direttamente o indirettamente facessero riferimento. Tutto ciò avveniva in una situazione particolarmente grave nel campo dal punto di vista dell’igiene, della pulizia, del vitto insufficiente e spesso avariato e della pressoché inesistente assistenza sanitaria, a fronte di diffusione di malattie contagiose quali per esempio il tifo. La situazione ovviamente andò

50 La Circolare del Ministero della Guerra del 18 luglio 1917 stabilisce il trasferimento di tutti i prigionieri

cecoslovacchi in Italia nel campo di concentramento della Certosa di Padula. Cfr. Ministero della Guerra, Commissione per i prigionieri di guerra, nota prot. 26938 del 18 luglio 1917.

51 Come chiaramente espresso dal Presidente della Commissione per i prigionieri di Guerra Spingardi

in una comunicazione a Sonnino del 24 febbraio 1918. Cfr. I Documenti Diplomatici Italiani (d’ora in avanti DDI), Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1985-in corso di pubblicazione, Quinta Serie, vol. X, doc. 6508 del 24/02/1918 di Spingardi a Sonnino, p. 245.

52 Cfr. VÚA-VHA, ČDS, busta 3/58, Seznamy dobrovolníků [Elenchi dei volontari], Československý Dobrovolnický Sbor, v Santa Maria Capua Vetere, 1917 [Corpo Volontario Cecoslovacco, Santa Maria Capua Vetere, 1917], quaderno manoscritto.

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peggiorando rispetto alle prime fasi del conflitto, man mano che i prigionieri di guerra aumentavano di numero.

In un contesto dunque molto difficile e tra pesanti contrapposizioni con tedeschi e magiari, il gruppo tuttavia faticosamente ampliava le sue fila, sia pure nei primi tempi in maniera modesta.53 Il regolamento del corpo54 prevedeva un Comitato Ristretto e un Comitato Allargato (composto dal Comitato Ristretto e dal Corpo dei Delegati, eletti tra i volontari di ogni baracca), oltre a una serie di altre istituzioni ausiliarie, tra cui i Revisori dei conti e un Consiglio d’Onore relativo alla disciplina dei volontari. Vi erano altresì singoli dipartimenti per le diverse attività: istruzione, teatro, musica. Le elezioni degli organi erano previste ogni tre mesi, e dai documenti si evince che tale cadenza sia sempre stata rispettata.55 Particolarmente solenne era poi la cerimonia di accoglimento dei volontari a cura del Comitato Ristretto: era prevista la lettura di alcune formule da parte del responsabile del corpo e del nuovo adepto.56 Le attività del ČDS furono molteplici e capillarmente organizzate e diffuse. Da subito l’organizzazione fu in grado di mettere in atto tutta una serie di attività culturali con fine diretto o indiretto di propaganda, ma anche, va detto, spesso semplicemente ricreativo. I vari dipartimenti organizzavano concerti, rappresentazioni teatrali, spettacoli di vario tipo. Si organizzavano partite di calcio, con squadre formate nel campo tra i prigionieri e che avevano i nomi e i colori di note compagini ceche (lo Slavia e lo Sparta, per esempio), si organizzavano esibizioni di opere dei prigionieri, riffe e mercatini con lavori di artigianato creati dai prigionieri. Si organizzavano

53 Eccessivamente generoso, alla luce dei dati che analizzeremo più avanti, ci appare Hanzal nel

riportare nella fase iniziale un’adesione pari al 40% dei prigionieri cecoslovacchi del campo. Cfr. Hanzal, Vojtĕch, “Boj Piavského praporu a bitva na Doss Altu” [“Il combattimento del battaglione del Piave e la battaglia di Dosso Alto”], Vojensko-historický sborník [Almanacco storico-militare], roč. I, sv. 1, 1932, p. 4.

54 La bozza originale del regolamento redatto da Jan Čapek è inserita nell’appendice documentale al

capitolo. Cfr. VÚA-VHA, ČDS, busta 1/1, Návrh organizačního řádu ČDS z jara 1917, v Santa Maria Capua

Vetere [Progetto di regolamento organizzativo del ČDS della primavera del 1917, Santa Maria Capua Vetere],

documento manoscritto.

Di seguito, sempre in appendice, il regolamento completo entrato poi in vigore. Cfr. VÚA-VHA, ČDS, busta 1/2, Organizační řád, ČDS z jara 1917, v Santa Maria Capua Vetere, 15. kvĕten 1917 [Regolamento

organizzativo del ČDS della primavera del 1917, Santa Maria Capua Vetere, 15 maggio 1917], documento

manoscritto.

55 Altro discorso potrebbe farsi sulla democrazia reale di tali elezioni: di fatto Jan Čapek venne sempre

confermato come responsabile e anche le cariche di membro del Comitato Ristretto furono quasi sempre appannaggio dei medesimi individui.

56 Cfr. VÚA-VHA, ČDS, busta 1/10, Zápisy schůzí ČDS, v Santa Maria Capua Vetere 5. leden až 2. kvĕten 1917 [Verbali delle riunioni ČDS, Santa Maria Capua Vetere, 5 gennaio – 2 maggio 1917], volume

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lotterie per finanziare il ČSNR (l’invio di denaro al ČSNR venne inaugurato da subito una volta nata l’organizzazione)57. Gli spettacoli, le mostre e le partite avevano dei biglietti di

Nel documento La Legione Cecoslovacca in Italia (pagine 32-83)

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