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Valeria Marzocco

2. Corpus infirmus e corpo neurologico L’isterismo nel dominio della psichiatria legale

Rispetto alle dissertazioni sugli “spiriti animali” che animavano le in- terpretazioni della mania isterica della medicina empirista seicentesca10, la riflessione psichiatrica dell’Ottocento ha ormai guadagnato una distanza considerevole che ne restaura il leit motiv della affezione di genere: l’isteri- smo, non più patologia convulsiva del sistema nervoso disancorata dall’ap- proccio ippocratico, torna a trovare nella dimensione della sessualizzazio- ne e del desiderio – del suo oblio, o misconoscimento – il suo canone er- meneutico. In questi termini, se resta fermo lo spettro della sintomatologia già descritta dall’esperienza dell’osservazione medica dei secoli precedenti, a mutare sono le condizioni della sua intelligenza nell’interrogazione che investe il sapere della psichiatria: l’isterica, soggetto ambiguo e sfuggente è, particolarmente con Charcot, il laboratorio vivente attraverso il quale è reso possibile il tentativo di introdurre un’analisi differenziale della follia, pure all’interno di una sintomatologia medica generale11. Non si tratta di

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9 M. Foucault, La volontà di sapere. Storia della sessualità 1, Milano, Feltrinelli, 2014, p. 92. 10 Nel corso del XVII secolo, fu Thomas Willis (Pathologie cerebri et nevrosi generis specimen. In quo agitur de morbis convulsivis et de scorbuto, Amsterdam, 1668) a confutare la teoria, risalen-

te alla tradizione ippocratica, che voleva l’isteria trovare la propria sede naturale nell’utero: su Willis, e sul superamento del paradigma ippocratico, cfr. F. Marone, Il discorso isterico, in

G. Mattioli, F. Scalzone (a cura di), Attualità dell’isteria. Malattia desueta o posizione originaria?,

Milano, FrancoAngeli, 2002, pp. 45 ss.

11 M. Foucault, Il potere psichiatrico, cit. pp. 265 ss.

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stravolgere il quadro sintomatico dell’isterismo dunque, quanto piuttosto di guadagnarne un’intelligenza razionale, a dispetto delle irregolarità che esso offre all’osservazione.

Particolarmente nell’iconografica rappresentazione della Salpêtrière, ciò costituisce un laboratorio per la sperimentazione tanto dello statuto quan- to del metodo d’indagine della psichiatria: nella retrocessione dell’isteria a patologia sessualizzata nel femminile, contraddistinta da una costan- te componente sessuale, è il corpo dell’isterica a stare al centro, secondo meccanismi di azione/reazione che si istaurano nella relazione con lo psi- chiatra, consentendo la messa in campo di strumenti innovativi, tra i quali si impone la ricerca di una eziologia che riconduce al concetto di lesione neurologica.

È questo dominio del corpo neurologico, (che instaura, particolarmen- te in Charcot, l’accostamento tra trauma e isteria), a spostare su di un altro piano il discorso isterico, nei termini di un mutamento di paradigma che si produce sulla sua epistemologia, ma anche nella rappresentazione che di essa offre il sapere psichiatrico-legale, soprattutto a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Tra il paradigma neurologico che s’impone con Charcot e l’approccio psichiatrico-legale all’isteria, l’Ottocento offre un nesso di continuità forte, per il quale uno dei principali canali di consoli- damento è rappresentato dalle vicende che irrompono a porre la questione della rilevanza della diagnosi di isterismo come fattore idoneo ad escludere o mitigare la responsabilità dell’agente.

In questo contesto, che vede la sua principale maturazione soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo, la discussione coinvolge tanto gli psichiatri quanto i giuristi all’interno di un quadro teorico di convergenze tra saperi, strettamente riconnesso al particolare mélange di conoscenze che anima la sensibilità del giurista ottocentesco. Sotto il profilo della scienza giuridica, e particolarmente di quella criminologica, il dibattito si radica all’interno di un tema che, lungo tutto l’arco del secolo, aveva avvinto la dottrina, divisa sulla capacità e delinquere della donna in ragione del suo sesso. In questa stagione, il richiamo all’istituto romanistico dell’infirmitas sexus, già nei secoli precedenti argomento speso in tema di personalità giu- ridica della donna, era stato al centro di un dibattito ampio, sul se l’ap- partenenza al genere femminile potesse essere o meno annoverato tra le cause di diminuzione o attenuazione della imputabilità12. Nonostante le opinioni talvolta fossero divergenti in punto di diritto, la naturale e organi- ca inferiorità della donna non era affatto posta in questione, costituendo

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12 Su ciò, cfr. E. Musumeci, Emozioni, crimine, giustizia. Un’indagine storico-giuridica, Milano,

FrancoAngeli, 2015.

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piuttosto un’evidenza: è così che se, ad avviso di Giovanni Carmignani, in un lavoro di inizio secolo, era in ragione delle osservazioni dei fisiologi, che non poteva negarsi una reciprocità tra «gli organi della generazione su quelli che servono all’intelletto», ragione per la quale poteva sostenersi che il sesso femminile costituisse «una giusta causa perché il delitto venga all’agente meno imputato»13, di diverso avviso, ma muovendo dal mede- simo assunto della inferiorità e subalternità della donna all’uomo, si mo- strava Francesco Carrara, secondo il quale le attitudini di senso comune ascrivibili alla donna, tra cui «volubilità» e «sensibilità maggiore» non do- vevano invece ritenersi tali da compromettere la sua personalità morale, unico parametro per valutare la capacità di rispondere sia dinanzi alla legge di dio che dinanzi a quella degli uomini14.

In questo quadro – rispetto al quale la pubblicazione sul finire del se- colo de La donna delinquente di Cesare Lombroso costituisce il momento più noto15 – l’irrompere della medicalizzazione della follia, anche nell’ap- proccio della psichiatria legale, offre un contributo fondamentale. Sotto l’egida del positivismo scientifico, il cui appello all’unità dei saperi è colto con fiducia dalla scienza giuridica ottocentesca, non solo nel caso del dirit- to penale, negli anni Sessanta dell’Ottocento, tanto “la medicina forense” quanto “la psicologia criminale” si costituiscono ormai come saperi dai quali discende un’istanza di veridicità a tal punto accreditatasi da condurre

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13 «Egli è certo dietro le osservazioni dei fisiologi, che gli organi della generazione han-

no molta influenza su quelli che servono all'intelletto. Nelle femmine la midolla spinale è più debole e delicata che non lo è nei maschi. Quindi han quelle più deboli le forze dello spirito e più fermi i mezzi di acquistare le idee fornite loro dalla natura. Ciò posto il sesso femminile è pure una giusta causa perché il delitto venga all’agente meno imputato»: G. Carmignani, Elementi del diritto criminale, Napoli, P. Androsio, 1854, p. 56.

14 Tra le obiezioni che Francesco Carrara discute nelle pagine del suo Programma, tratte

dalla dottrina a lui contemporanea: «che la donna è più volubile per natura, che ha una ec- citabilità nervosa maggiore, che è più timida, più modesta dell’uomo […] – Ma dalla sua volubilità, eccitabilità nervosa e sensitività maggiore non può trarsi buon argomento per ravvisarsi nel delitto da lei commesso una forza morale minore di quella che si ravvisi nel delitto commesso del maschio»: F. Carrara, Programma del corso di diritto criminale, 18673, Luc-

ca, Giusti, pp. 142-143.

15 Del tutto comprensibile, alla luce delle teorie lombrosiane, è come, in margine ad

una discussione che tornava su alcune controverse pagine spenceriane riguardanti i caratte- ri dell’inferiorità femminile al maschio, la considerazione della componente storica – «la inerzia forzata degli organi cui l’uomo ha costretto la donna», argomento che aveva suscita- to, in parte della dottrina giuridica ottocentesca, ipotesi riformatici (cfr. ivi, nt. 34) – sia

immediatamente ricondotta a elemento marginale: «sarebbe un errore indicare questa ca- gione come artificiale, mentre è anche essa naturale e rientra in quel fenomeno generale di quella partecipazione maggiore, in tutta la scala animale, del maschio alla lotta per la vita»: C. Lombroso, G. Ferrero, La Donna delinquente. La prostituta e la donna normale, Torino2, F.lli

Bocca, 1903, p. 178.

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ad un “assioma”, quello per cui «nessun giudice, o difensore penale, possa farne senza»16. Il nesso specifico tra donna e follia17 si produce esattamen- te all’interno di questo registro, imposto dal linguaggio della psichiatria le- gale e nel quadro di vicende processuali che sollecitano il dibattito sull’isteria nel corso della seconda metà dell’Ottocento.