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3. Correlazione struttura-funzione nella Paralisi Cerebrale

3.4 Correlazione struttura-funzione nella disfagia

Nel corso del tempo la letteratura si è sempre più arricchita di studi di tipo struttura-funzione, al fine di poter caratterizzare e addirittura predire specifici difetti nei bambini affetti da PC. Tra questi ha un certo rilievo la presenza di disfagia, indicativa di difficoltà deglutitorie, le quali si ripercuotono sull’accrescimento del paziente (malnutrizione, disidratazione) e sul suo globale stato di salute (problematiche respiratorie).

Un lavoro sull’argomento è quello di Martinez-Biarge et al.42 (2012) che è

andato ad indagare il ruolo della RM precoce con lo scopo di predire le disabilità nella comunicazione e nell’alimentazione in neonati che hanno subito un danno ipossico-ischemico alla nascita. È da sottolineare che il campione non risulta rappresentativo della PC nella sua totalità, proprio perché sono considerati solo bambini nati a termine con un unico tipo di lesione. Nonostante questo Martinez-Biarge et al., tramite un’analisi di tipo semi-quantitativo sulle immagini di RM e una stratificazione dei dati clinici relativi all’abilità comunicativa e alimentare, hanno affermato che la severità del danno a carico di gangli della base, talamo e tronco encefalico (individuata su immagini di RM) può predire con accuratezza e sensibilità la presenza e la gravità dei difetti di comunicazione e di alimentazione. Pertanto, questi dati hanno confermato e supportato un intervento abilitativo precoce sulle suddette funzioni deficitarie in questi giovani pazienti ad alto rischio di PC.

Sempre con lo scopo di poter predire possibili difetti oro-motori in bambini affetti da lesioni neurologiche precoci, è da menzionare lo studio di Sanchez et al.43 (2017). Questi, sono andati a confrontare strumenti di natura clinica e strumentale (la RM) per stabilire quale sia la metodica migliore per perseguire il loro obiettivo. Sanchez et al. hanno constatato che entrambi gli strumenti, quando effettuati in prossimità della nascita, sono predittivi di difetti oro-motori a 12 mesi di età (corretta); in particolare la concordanza risulta maggiore con le metodiche cliniche (GMs, valutazione dei riflessi). In ambito strumentale invece la presenza dei difetti oro-motori è stata correlata con la misura del diametro biparietale, indicativo della dimensione cerebrale; senza ulteriori correlazioni neuroanatomiche specifiche. Pertanto,

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come Martinez-Biarge et al., si è dimostrata la necessità di un follow up e di un intervento precoce nei neonati ad alto rischio di PC.

Un lavoro che si discosta dalle evidenze riportate dagli studi precedenti è Kashou et al.44 (2017); gli autori sono andati a valutare il ruolo della RM precoce in neonati prematuri affetti da lesioni cerebrali. I risultati dello studio hanno dimostrato la mancanza di correlazione tra outcome legato all’alimentazione e RM effettuata precocemente. I pazienti del campione sono stati suddivisi in 2 gruppi sulla base della capacità di alimentazione alla dimissione ospedaliera: un gruppo veniva alimentato tramite gastrostomia e il secondo oralmente. Dai risultati è emerso un aspetto nuovo in letteratura, cioè che i pazienti appartenenti al primo gruppo presentavano un volume cerebellare maggiore rispetto al secondo in modo statisticamente significativo, mentre quelli del secondo gruppo presentavano un volume cerebrale maggiore rispetto al primo in modo statisticamente significativo. Secondo gli autori la differenza nei due gruppi è attribuibile al diverso meccanismo di plasticità neuronale.

Un altro studio recente, Mourao et al.45 (2017), ha indagato specificamente il ruolo del corpo calloso nella disfagia di bambini affetti da PC unilaterale. A differenza dei precedenti autori, per portare avanti il loro scopo, Mourao et al. hanno utilizzato l’imaging col tensore di diffusione (DWI) in RM, così facendo sono riusciti a ricostruire i fasci che costituiscono il corpo calloso stesso, in modo da individuare con precisione i possibili siti di lesione della struttura stessa. Questo lavoro ha individuato delle correlazioni specifiche con strutture neuronatomiche, probabilmente anche grazie al sottotipo di PC presa in esame, cioè la forma unilaterale, tipicamente caratterizzata da lesioni lateralizzate. La disfagia sarebbe legata o a lesioni simultanee della porzione anteriore del corpo calloso e dell’emisfero sinistro, oppure a lesioni sottocorticali destre. Questo studio infatti andava a suddividere il campione in 2 gruppi sulla base della lateralità di lesione e la correlazione col corpo calloso è stata riscontrata solo nel gruppo di pazienti con lesioni corticali sinistre e non con lesioni sottocorticali destre. Lo studio ha perseguito il suo scopo concludendosi senza ulteriori implicazioni cliniche diversamente dagli altri studi presi in esame.

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Da questi diversi lavori si possono quindi evincere numerose correlazioni relative all’aspetto della disfagia, tenendo in considerazione la diversità dei campioni esaminati, la varietà di metodiche utilizzate e lo scopo da perseguire. Le correlazioni di tipo struttura-funzione risultano infatti diverse tra questi vari studi citati, ma un’implicazione comune importante riguarda la possibilità di avere risvolti importanti sulla pratica clinica: cioè avviare precoci percorsi di follow up così da intraprendere altrettanto precocemente interventi abilitativi.

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1. Introduzione

Con il termine di Paralisi Cerebrale (PC) si descrive un gruppo di disordini permanenti dello sviluppo della postura e del movimento di tipo non progressivo. I disordini motori della paralisi cerebrale sono spesso accompagnati da disturbi della percezione, della sensibilità, del cognitivo, della comunicazione, del comportamento, dall’epilessia, e da problemi secondari muscolo-scheletrici (Rosenbaum, 2007).

La diagnosi della PC si basa sulla clinica e sull’anamnesi del paziente7.

Nella pratica clinica, tali informazioni sono integrate da dati di neuroimaging, come ad esempio l’ecografia cerebrale, in particolare nel prematuro, e la Risonanza Magnetica cerebrale (RM). Secondo l’American Academy of Neurology6 tuttavia, la RM è raccomandata per stabilire se le anormalità cerebrali esistenti possano confermare l’eziologia del disturbo; dato confermato anche dalle Raccomandazioni per la Riabilitazione dei Bambini affetti da Paralisi Cerebrale Infantile (SIMFER e SINPIA, 2013). Dal punto di vista clinico la diagnosi di PC è oggi sempre più precoce, al fine di avviare precocissimi percorsi abilitativi7 in una finestra temporale dove la plasticità cerebrale è massima, quale la prima infanzia. In questo senso, i GMs, introdotti da Prechtl (1990, 2001), rappresentano un elemento estremamente importante e il loro contributo all’accuratezza diagnostica di PC nei primi mesi di vita è stato confermato in più studi7,46. Il loro utilizzo, in associazione alla RM, è infatti raccomandato da recenti linee guida basate sulle maggiori evidenze disponibili in letteratura scientifica per la diagnosi precoce di PC nel neonato a rischio6.

Di recente tuttavia, è emersa l’importanza non solo di stabilire la presenza di PC, ma anche di avere degli indici in grado di anticipare e possibilmente predire precocemente la severità del disturbo motorio o dei disordini ad essa associati. Anche in questo caso l’utilità ricade sulla presa in carico abilitativa del paziente, che passa attraverso la comprensione del rapporto tra struttura e funzione in seguito a lesioni cerebrali precoci. In questo senso, la descrizione della lesione cerebrale in RM rappresenta un elemento molto importante, pertanto sono state sviluppate di recente tecniche alla

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portata dei clinici per quantificare in modo riproducibile la lesione cerebrale in imaging strutturale37,38, oltre ai più noti pattern di lesione9-11.

Come noto, il disordine motorio rappresenta l’outcome compromesso per definizione nel paziente con PC, tuttavia coesistono una serie di funzioni, primariamente o secondariamente coinvolte rispetto al disordine motorio, che influenzano in modo significativo il quadro clinico e il funzionamento del paziente con PC. Tra questi disordini sono da menzionare i disturbi visivi, o altri disturbi sensoriali, e quelli della comunicazione. Un aspetto estremamente importante, fin dai primi mesi di vita, è inoltre quello dei disordini della deglutizione. Essi infatti coinvolgono la sfera internistica in rapporto a possibili complicanze, sia nutrizionali che respiratorie e metaboliche in senso lato, tali da poter addirittura compromettere la sopravvivenza del paziente con PC20,22.

La disfagia può realizzarsi per un deficit a carico di una o più fasi della deglutizione, in particolare della orale e/o faringea, anche se spesso può coinvolgere anche quella esofagea (malattia da reflusso gastro-esofageo), in particolare nel bambino molto piccolo e ipoposturale. A seguito della lesione a livello del sistema nervoso centrale, nei pazienti con PC si verifica un deficit primario che coinvolge il complesso sistema di regolazione (riflesso e non) delle abilità di deglutizione. Fattori secondari possono essere ad esempio quelli posturali o anomalie anatomiche conseguenti ad esempio ad intubazione precoce o altre problematiche di sviluppo dell’apparato, in particolare nel prematuro. La disfagia, in tutte le sue forme, si può presentare già precocemente, tanto da rendere difficoltoso persino l’allattamento; essa in genere ha la sua massima espressione nella fase dello svezzamento, andando a rallentare l’acquisizione di nuove competenze riguardo l’alimentazione. In età prescolare i sintomi più comuni di disfagia in bambini PC sono la tosse, multipli inefficaci atti deglutitori, voce gorgogliante, respiro umido e l’evocazione del riflesso faringeo23. Come già accennato, la disfagia influenza lo stato di salute e l’accrescimento del paziente aggravandone lo stato nutrizionale e di idratazione ed inoltre espone a problematiche polmonari croniche o acute, fino al rischio di soffocamento.

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Almeno in parte, la disfagia risulta direttamente dal danno cerebrale determinato dalla lesione. E’ stato osservato che in neonati che hanno subìto un danno ipossico-ischemico alla nascita sono maggiormente coinvolte strutture sottocorticali quali gangli della base, talamo e tronco encefalico42 proprio perché queste risultano essere le strutture primariamente colpite dal danno. Più in generale, in neonati affetti da lesioni neurologiche precoci di vario tipo, è stata dimostrata una correlazione tra la ridotta dimensione del diametro biparietale e la presenza e severità della disfagia43. Entrambi gli studi precedentemente citati hanno analizzato campioni costituiti da pazienti ad alto rischio di PC, fornendo importanti dati precoci per la clinica. Infine uno studio più recente ha trovato una correlazione ben specifica in un gruppo di pazienti con PC unilaterale45: è stato visto che la disfagia è legata

o ad una concomitante lesione della porzione anteriore del corpo calloso con una lesione emisferica sinistra oppure ad una lesione sottocorticale destra. Le attuali Raccomandazioni per la Riabilitazione dei Bambini Affetti da Paralisi Cerebrale Infantile (SIMFER e SINPIA, 2013) affermano che “occorre delineare un preciso profilo di funzionamento del paziente utilizzando un sistema “multiassiale” ”, composto da 9 assi: il primo è quello della “motricità”, che comprende le varie componenti della disabilità e il quarto quello della “complessità”, che riguarda le componenti associate al disturbo (funzioni sensoriali, mentali e viscerali), in cui rientrano i disturbi dell’alimentazione come la disfagia. Inoltre, esse suggeriscono un ambito di intervento terapeutico che deve essere modulato sulla base dell’età, così da rendere razionale l’evoluzione delle principali funzioni (prima fascia d’età considerata è 0-2 anni, a seguire 3-5 anni e così via). Questi aspetti sembrano pertanto in pieno accordo con le considerazioni rispetto alla necessità di un inquadramento precoce e sulla possibilità di “predire” le problematiche cliniche del paziente con PC fin dai primi mesi dello sviluppo. Nonostante questo, ad oggi in letteratura non sono disponibili scale valutative pensate e validate da poter utilizzare nei pazienti d’età compresa tra 0 e 36 mesi. Tra quelle disponibili per valutare la presenza e la severità della disfagia del bambino con PC: SOMA (Schedule of Oral Motor Assessment), DDS (Dysphagia Disorders Survey) e EDACS (Eating and Drinking Ability Classification System). Secondo recenti studi

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la scala SOMA, che si applica a partire dagli 8 mesi d’età, la cui finalità è quella di escludere o meno la diagnosi di disfagia, si è rivelata molto sensibile ma poco specifica nel rivelare questo disturbo nella sottopopolazione dei pazienti PC21. La DDS invece è ritenuta una buona scala per valutare la presenza della disfagia e il suo grado di severità, tanto che è stata usata in molti studi attuali24,25,29 ma ha il limite di poter essere applicata al di sopra dei 2 anni di età. Di più recente introduzione è la EDACS, il cui obiettivo è attribuire un livello di abilità funzionale in relazione alle funzioni “mangiare e bere” del paziente, finalizzato al grado di sicurezza e efficacia della sua modalità di alimentazione: questa infatti permette di stimare il rischio di aspirazione (“sicurezza”) e di malnutrizione (“efficienza”) secondo 5 livelli. Pur essendo stata dimostrata una forte correlazione anche con la DDS32 la scala è applicabile al di sopra dei 3 anni

di età.

Sulla base delle precedenti considerazioni, il seguente studio si è proposto di:

1) individuare una possibile correlazione tra la severità del danno indotto dalla lesione a livello cerebrale e la severità della disfagia in un gruppo di bambini affetti da PC di età inferiore a 36 mesi;

2) proporre un sistema di valutazione della disfagia validato rispetto al danno neuroanatomico, da applicare nella stessa fascia di età, per individuare categorie di rischio per questo tipo di disordine.

Pertanto, in un gruppo di pazienti con PC di età inferiore a 36 mesi la severità della lesione cerebrale in RM è stata valutata in modo sistematico applicando il sistema di scoring per pazienti con PC37 e posta in relazione ad una serie di indici clinici di severità della disfagia raccolti in modo sistematico secondo quanto dettato dalla pratica clinica e quanto suggerito in alcune scale per la disfagia applicabili nella fascia di età 0-36 mesi.

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