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2. Funzione oro-motoria e alimentazione

2.5. Patologia della deglutizione: disfagia

Definizione e valutazione clinica e strumentale

Con il termine disfagia (o disabilità deglutitoria o turba della deglutizione) ci si riferisce a “qualsiasi disagio nel deglutire (aspetto soggettivo) o a qualsiasi disfunzione deglutitoria obiettivamente rilevabile direttamente oppure indirettamente per le conseguenze” (Schindler)12. Secondo la

American Gastroenterological Association le cause più significative di disfagia possono essere distinte in iatrogene, infettive, metaboliche, miopatiche, neurologiche e strutturali, così da tenere in considerazione ogni singolo elemento che prende parte al processo deglutitorio (muscoli, controllo nervoso, singoli organi ecc.).

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Conseguenze della disfagia sono la ridotta introduzione di alimenti e liquidi, che esitano in malnutrizione e disidratazione; in particolare nell’infanzia i 2 eventi determinano un impatto negativo sull’accrescimento. Inoltre vi è il consistente rischio dell’aspirazione di materiale nelle vie aeree che può determinare il soffocamento nei casi più gravi, oppure frequenti episodi infettivi delle vie aeree (superiori e inferiori).

Per tali motivi è importante cercare di identificare precocemente questo disturbo e ciò viene effettuato tramite diversi strumenti. Innanzitutto è fondamentale una raccolta anamnestica dei dati tramite colloquio coi genitori, volta a ricercare segni indicativi di disfagia, quali ad esempio rallentamento dell’accrescimento staturo-ponderale, episodi di ripetute infezioni delle vie aeree. Poi ha un ruolo cruciale la valutazione diretta del bambino, in cui si effettua un esame obiettivo e una osservazione del pasto. L’esame è di solito condotto da un esperto in materia, il logopedista, il quale collabora con altre figure specializzate quali neuropsichiatra infantile e pediatra nell’ambito di un team multidisciplinare. Per quanto riguarda l’esame obiettivo gli aspetti da ricercare sono l’assetto morfo-funzionale del volto, la sensibilità del cavo orale e delle zone circostanti e infine il bilancio neuromotorio. L’osservazione del pasto invece va ad analizzare le capacità oro-motorie del paziente, la modalità e il tipo di alimentazione.

Segni e sintomi di disfagia comprendono tosse, soffocamento, pianto, inarcamento, evocazione del riflesso faringeo (“gag reflex”), perdita di cibo dal cavo orale, vomito, respiro gorgogliante, episodi di cianosi ecc.

La valutazione strumentale è indicata per effettuare diagnosi, pianificare la gestione e la terapia del paziente di cui si sospetta, o sia ad alto rischio, di disfagia. Gli esami strumentali utili sono la VFSS (Video-Fluoroscopic Swallowing Study) e la FEES (Fiberoptic Endoscopic Evaluation of Swallowing). La VFSS consiste in uno studio radiologico del transito del pasto baritato durante tutte le fasi della deglutizione, pertanto permette di individuare con precisione le eventuali fasi alterate. Essendo poi un esame registrato, può essere rivisto in un tempo successivo anche per effettuare confronti nel tempo. Ha però il grosso svantaggio di usare le radiazioni ionizzanti in un paziente pediatrico che sappiamo essere dannose, per lo

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stesso motivo non è ripetibile al bisogno. La FEES invece va a studiare la via digestiva e respiratoria tramite l’introduzione di un sondino dotato di fibre ottiche flessibili. È attuabile sia in condizioni di riposo che con minime quantità di bolo. È una metodica che ha il vantaggio di essere poco invasiva, ripetibile e che studia la componente motoria e sensoriale; tra gli svantaggi abbiamo la sola esplorazione della fase faringea e il trarre delle sole conclusioni sulle fasi orali e esofagea.

La disfagia nel paziente con Paralisi Cerebrale

I bambini con PC presentano spesso problemi nella capacità di alimentarsi e nella deglutizione. La natura specifica e la severità di questi problemi di natura deglutitoria può differire in base al difetto sensori-motorio, alle limitazioni grosso e fino motorie e ai deficit comunicativi e cognitivi20. In letteratura, riguardo a questi pazienti si fa più correttamente riferimento a “disfagia oro-faringea” (oropharingeal dysphagia, OPD). Per definizione si parla di OPD quando si realizza un difetto in una possibile componente della fase preparatoria orale, orale e/o faringea della deglutizione, associata a difficoltà nella capacità di mangiare, bere e controllo della saliva21. OPD può essere causata da una disfunzione oro-motoria, anomalie anatomiche, anomala maturazione neurologica, difetto della sensibilità orale, e può anche essere peggiorata da una concomitante malattia da reflusso gastroesofageo (molto frequente in questa sottopopolazione, legata a problemi di motilità esofagea)22. Nello specifico i tipi di deficit in questione sono: ridotta chiusura labiale, ridotta funzione linguale, protrusione linguale, riflesso di morso esagerato, ipersensibilità tattile, inizio ritardato della deglutizione, ridotta motilità faringea e scialorrea20.

Segni e sintomi più frequenti in età prescolare sono soprattutto tosse, multipli inefficaci atti deglutitori, voce gorgogliante, respiro umido e evocazione del riflesso faringeo23. È stato visto inoltre che la percentuale dei

sintomi cresceva all’aumentare del livello di abilità grosso motoria classificata secondo la GMFCS: è stata infatti dimostrata una forte correlazione tra la severità della disfagia e il livello di abilità grosso motoria secondo GMFCS in numerosi studi22,24,25.

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Dati recenti stimano una prevalenza di OPD vicina all’80% tra i 18 e 24 mesi d’età25 che riguarda soprattutto pazienti con la forma tetraplegica ma

anche pazienti con forme moderate di PC. Va però sottolineato che in letteratura non c’è un consenso unanime sui precisi criteri diagnostici di disfagia o OPD, pertanto i dati epidemiologici tendono a cambiare tra i diversi studi. Per lo stesso motivo, sono emerse nel corso del tempo alcune difficoltà nel tentativo di classificare e stratificare la gravità di questo aspetto clinico.

Dal punto di vista clinico sono state utilizzate diverse scale per valutare la severità di questo disturbo, più o meno specificatamente ideate per questa sottopopolazione di pazienti. In questi anni le maggiormente utilizzate sono state: la SOMA (Schedule for Oral Motor Assessment), la DDS (Dysphagia Disorder Survey) e la EDACS (Eating and Drinking Ability Classification System).

Schedule for Oral Motor Assessment

Lo strumento SOMA è stato sviluppato da Reilly26,27 al fine di valutare in modo oggettivo la funzione oro-motoria di bambini a partire dagli 8 mesi d’età in generale disfagici, quindi non solo PC, così da poter classificare la funzione oro-motoria in “normale” o “anormale”. Questa valutazione prevede la somministrazione di 5 alimenti di diversa natura e consistenza in modo separato al paziente, per poi osservare la qualità della capacità di alimentazione per ciascuno. In base a queste caratteristiche qualitative viene compilata dal terapista/clinico una tabella relativa all’alimento in esame. La tabella contiene infatti dei parametri che prevedono l’attribuzione del “sì” o “no” cui consegue poi un punteggio finale. Ogni tipo di alimento possiede poi un cut off specifico per poter classificare la funzione oro-motoria. Una systematic review28 ha confrontato diverse scale di valutazione arrivando

alla conclusione che la SOMA possedeva le più forti proprietà psicometriche (nonché affidabilità, validità, responsività) per valutare bambini con PC di giovane età, risultando soprattutto adatta in ambito di ricerca. Pochi anni più tardi un’altra review21 ha rivelato un’ottima specificità per lo strumento SOMA ma una carenza nella sensibilità (50%) riguardo la diagnosi di OPD in età prescolare.

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Alcune parti della scala SOMA sono riportate in Appendice (1 e 2).

Dysphagia Disorder Survey

La scala ordinale DDS è stata ideata da Sheppard29 e nonostante non sia stata pensata specificamente per i bambini con PC, ma più in generale per bambini ed adulti con danno neurologico, è applicabile anche a questa popolazione quando l’alimentazione risulta consolidata, cioè a partire dai 2 anni di età. Vantaggio di questa scala è quello di essere costituita da 2 diverse parti, che presentano finalità diverse: una parte è dedicata a rilevare la presenza della disfagia e l’altra a stratificarne la severità (questa è anche nota come DSS, Dysphagia Severity Scale). Attribuendo un punteggio ad ogni parametro descritto, si può poi classificare la disfagia in 5 livelli a crescente severità come definita dalla DMSS, Dysphagia Management Staging Scale. Sempre nella systematic review precedentemente citata, anche la DDS veniva presa in considerazione, rivelandosi come un ottimo strumento da sfruttare nella pratica clinica e nel guidare le decisioni cliniche. Per questo motivo la DDS è una scala molto utilizzata per diagnosticare e stratificare la disfagia nei bambini con PC.

La scala completa in versione originale della DDS è in Appendice (3 e 4).

Eating and Drinking Ability Classification System

Nonostante le qualità delle precedenti scale, una systematic review30 del 2014 ha analizzato ben 15 scale di valutazione dell’abilità di mangiare e bere dei bambini con PC, dimostrando che nessuna ha le caratteristiche di validità e affidabilità per poterle caratterizzare. Su questo scenario nasce la scala EDACS31, dalla stessa autrice della systematic review sovracitata. Questa scala permette di classificare secondo 5 livelli l’abilità funzionale del bambino con PC di mangiare e bere. Valore aggiunto di questo strumento è quello di stratificare la gravità della condizione in funzione della sicurezza ed efficienza nell’ambito del pasto. A differenza di altre scale di valutazione, i principi di base che hanno condotto al suo sviluppo sono stati proprio il rischio di soffocamento e aspirazione di materiale alimentare nelle vie aeree e il tempo impiegato per completare il pasto. Pertanto la EDACS non si limita alla descrizione qualitativa del pasto (come

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la SOMA) ma va addirittura oltre i vantaggi della DDS poiché va a stratificare la gravità della disfagia in funzione di un’ottica finalizzata. Altro aspetto aggiuntivo, che non era ancora emerso da strumenti di valutazione precedenti, è la possibilità di attribuire un indice al livello di abilità stabilito, indicativo del grado di autonomia del paziente (“totalmente dipendente”- TD, “richiede assistenza”-RA, “indipendente”-ind). La suddetta scala viene considerata adeguata per la valutazione dei bambini PC sia in età prescolare32 che in età superiore33 ma da sfruttare in modo complementare alla DDS, a causa dei diversi obiettivi attorno ai quali si sviluppano le due scale. È infine da sottolineare che questo strumento è applicabile solo a partire dai 3 anni d’età.

La descrizione originale completa della EDACS è presente in Appendice (5 e 6).

Come ultimo aspetto da considerare, va sottolineato che la valutazione del bambino affetto da PC dovrebbe essere effettuata da un team multidisciplinare, così come suggerito dalle Raccomandazioni per la Riabilitazione dei Bambini affetti da Paralisi Cerebrale Infantile (SIMFER e

SINPIA, 2013) e già dimostrato da precedenti studi34. In quest’ultimo studio citato è emersa l’importanza delle figure del logopedista, otorinolaringoiatra e neuropsichiatra infantile. Elemento di estrema importanza nel corso della valutazione è l’osservazione standardizzata e strutturata del pasto, introdotto dallo stesso Reilly35, secondo il quale è possibile confrontare le diverse valutazioni dello stesso paziente e tra pazienti diversi, permettendo la riproducibilità della metodica. Infine, utilizzare questa metodica permette di valutare la capacità di alimentazione del paziente in condizioni migliori, ad esempio usando un sistema di postura.

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