CAPITOLO I LA BUONA FEDE NEI RAPPORTI MERCANTILI
6. Correttezza e buona fede come espressione del principio di solidarietà sociale nella recente giurisprudenza
Il mutamento di prospettiva recato dalla Carta Costituzionale, nella identificazione delle regole positive per la regolamentazione dei rapporti tra soggetti, privati e pubblici, ha fatto sì, dunque, che anche l’attività economica fosse collocata in un quadro di valori di rango superiore, da tutelare prima di qualsiasi altro diritto affermato dalla legge positiva. Come sottolineato da Montesquieu, ogni Costituzione, in ogni tempo ed in ogni Paese, ha avuto ed ha un «oggetto particolare» che la contrad‐ distingue: «oggetto particolare» della Costituzione italiana può essere identificato nella persona umana, soggetto, fondamento, fine dell’ordina‐ mento, di cui elemento essenziale e costitutivo è la “dignità”, titolare di diritti e doveri, che proprio perchè consustanziali alla persona, sono inviolabili, inalienabili, imprescrittibili, indivisibili. Una persona che è persona proprio nella società, nella concretezza della sua storica esistenza, nella multidimensionalità dei suoi bisogni, materiali e spirituali; che cerca di soddisfare nella concreta realtà della società e delle formazioni sociali in cui questa si articola e in cui l’individuo plasma la sua personalità. Tale concezione è consacrata nell’art. 2 della Costituzione, che, nell’affermare il primato della persona, nella sua dimensione sociale, «riconosce» e «garantisce» i diritti che ad essa fanno capo, e sancisce, con plastica formulazione, la stretta correlazione fra il “godimento” dei diritti e l’“adempimento” dei doveri, inderogabili, di solidarietà politica, econo‐ mica e sociale, ribadita, in modo esplicito ed implicito, in altri articoli della Costituzione. L’art. 2 racchiude l’idea‐madre, il principio ispiratore dell’intera Costituzione, la persona umana nella sua dimensione sociale, che rappresenta il superamento della concezione individualistica, propria
delle Costituzioni ottocentesche; è l’articolo che «governa l’architettura di tutto l’edificio costituzionale» (79).
Anche la giurisprudenza, in epoca recente, ha oramai preso piena consapevolezza del ruolo assunto dalle disposizioni costituzionali per una rivisitazione delle regole che presidiano ai rapporti economici; e proprio i principi di correttezza e buona fede sono stati lo strumento, da un lato, per superare la formalistica applicazione delle regole positivamente poste in senso marcatamente liberale, ivi compresi i principi di autodetermina‐ zione negoziale e di vincolatività delle pattuizioni contrattuali; dall’altro, per adeguare la regolamentazione settoriale dell’impresa alle concrete vicende del mercato, in chiave protettiva degli utenti‐consumatori ed evolutiva dei rapporti economici.
Il nuovo corso della giurisprudenza ha così dato ingresso, attraverso il richiamo alla buona fede ed alla correttezza, a valutazioni anche di ca‐ rattere etico per la fissazione di nuovi equilibri nei rapporti tra imprenditori‐mercato‐utenti, superando l’ambito originariamente asse‐ gnato a tali principi dalle norme codicistiche sui contratti, quale mero schema di verifica della legalità dei singoli atti, per pervenire ad imporre all’imprenditore un obbligo di condotta, inteso quale regola di condiziona‐ mento dell’attività dell’imprenditore e di organizzazione dell’impresa stessa. Già a metà degli anni sessanta, la Suprema Corte (80) aveva riaffermato la rilevanza concreta e precettiva dell’obbligo di condotta secondo buona fede, conformando il giudizio del giudice in fase di verifica ex post della 79 P. PERLINGIERI, La persona e i suoi diritti. Problemi del diritto civile, Napoli, 2005. Per
una ricostruzione della genesi e dell’affermazione della ispirazione di fondo della Costituzione, attraverso il ricorso ai lavori dell’Assemblea Costituente, v. A. BARBERA,
Art. 2, in Commentario della Costituzione, vol. I, p. 50 ss.; P. BARILE, Diritti dell’uomo e libertà
fondamentali, Bologna, 1981; A. BALDASSARRE, Diritti della persona e valori costituzionali, Torino, 1997; F. MODUGNO, I «nuovi diritti» nella giurisprudenza costituzionale, Torino, 1995; F. GIUFFRÈ, La solidarietà nell’ordinamento costituzionale, Milano, 2002.
legittimità della condotta delle parti negoziali ai parametri di valutazione sanciti dalla carta fondamentale: ed infatti, secondo il Supremo Collegio, «La buona fede, intesa in senso etico, come requisito della condotta, costi‐ tuisce uno dei cardini della disciplina legale delle obbligazioni e forma oggetto di un vero e proprio dovere giuridico, che viene violato non solo nel caso in cui una delle parti abbia agito con proposito doloso di creare pregiudizio, ma anche se il comportamento non sia stato improntato alla schiettezza, alla diligente correttezza e al senso di solidarietà sociale che integrano il contenuto della buona fede».
L’indirizzo ermeneutico, sebbene dia ingresso ad un concetto di buona fede ancorato ai principi costituzionali di solidarietà sociale, è rimasto tuttavia confinato nell’area dei conflitti tra parti contrattuale.
E’, invece, recentissimo il nuovo indirizzo ermeneutico adottato dalla Suprema Corte, che amplia i confini di applicazione dei suddetti principi, affermando che «l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costi‐ tuisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, la cui costituzionalizzazione è ormai pacifica» (81). Ed infatti, secondo i giudici di legittimità, «i principi di buona fede e correttezza ... sono entrati nel tessuto connettivo dell’ordinamento giuridico ... Una volta collocato nel quadro dei valori introdotto dalla Carta costituzionale , poi, il principio deve essere inteso come una specificazione degli “inderogabili doveri di solidarietà sociale” imposti dall’art. 2 Cost., e la sua rilevanza si esplica nell’imporre, a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge». In questa prospettiva si è pervenuti ad affermare che il criterio
81 Così Cass. 18 settembre 2009, n. 20106; nello stesso senso Cass. 15 febbraio 2007, n.
della buona fede costituisce strumento, per il giudice, atto a controllare, anche in senso modificativo ed integrativo, il complesso delle relazioni intercorrenti tra soggetti specifici, sia di carattere negoziale che di diversa natura, in funzione di «garanzia del giusto equilibrio degli opposti interessi» (82). Il principio di diritto affermato dalla recente giurisprudenza trova un momento di continuità rispetto al dettato normativo codicistico nel richiamo, operato dalla stessa giurisprudenza, alla Relazione ministeriale al codice civile, secondo la quale il principio di correttezza e buona fede «richiama nella sfera del creditore la considerazione dell’inte‐ resse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all’interesse del creditore», operando, quindi, come un criterio di reciprocità. La buona fede, in sostanza, viene utilizzata come strumento per mantenere il rapporto giuridico nei binari dell’equilibrio e della proporzione (83).
E ciò nell’ambito dell’attività economica considerata in senso ampio e generale, non più soltanto confinata ai temi contrattuali: la Cassazione precisa, infatti, che «oggi, i principi della buona fede oggettiva, e dell’abuso del diritto, debbono essere selezionati e rivisitati alla luce dei principi costituzionali – funzione sociale ex art. 42 Cost. – e della stessa qualificazione dei diritti soggettivi assoluti» (84).