CAPITOLO I LA BUONA FEDE NEI RAPPORTI MERCANTILI
8. L’esigenza di correttezza dell’agire economico dell’impresa nel mercato globalizzato
La rilevanza dei principi di correttezza e buona fede, nell’ambito dell’esercizio dei traffici e delle attività commerciali, ha dunque avuto un andamento “parabolico” (89): dapprima, nel diritto romano, funzionale a consentire il superamento del rigido formalismo delle actiones e permettere la tutela della “fiducia” o dell’“affidamento” riposto da ciascun contraente, sotto il profilo oggettivo, nella conclusione dell’affare; poi, nel diritto intermedio, corrispondentemente alla formazione del ceto mercantile, sono stati il cardine, nei rapporti tra mercanti, per il consolidamento di una tutela di classe di stampo corporativo, e nello stesso tempo, nei rapporti con i terzi, per la elaborazione di norme settoriali che tutelassero la stabilità dei traffici e degli scambi. La diffidenza prestata dai legislatori del XIX e XX secolo nell’ambito delle codificazioni, per le clausole generali, ritenute espressione di principi giusnaturalistici, come tali contrastanti con i principi liberistici che si andavano ad affermare e perseguire, oltre che per l’eccessiva latitudine della discrezionalità affidata ai giudici ed agli interpreti nella determina‐ zione dei contenuti di tali “norme in bianco”, aveva di fatto reso sostan‐ zialmente formale il ricorso a tali clausole nell’ambito della regolamen‐ tazione dell’attività di impresa in generale, e dei rapporti giuridici in particolare, preferendo attingere a regole puntuali racchiuse nel testo codificato, piuttosto che attingere a regole estranee al tessuto normativo positivizzato. La correttezza e la buona fede erano stati spunto al più per la elaborazione di codici deontologici di stampo neocorporativo e di codici
89 Cosiì G. ALPA, La buona fede integrativa: nota sull’andamento parabolico delle clausole
di autodisciplina di natura volontaria, e privi di effettiva cogenza giuridica.
Alle ragioni culturali che hanno assegnato alla buona fede il nuovo ruolo di veicolo per la valutazione etica dei processi produttivi e di commercio, legati sopratutto al’affermazione dei principi solidaristici da parte della Costituzione, si affianca in modo determinante la considerazio‐ ne che il mercato al quale faceva riferimento il codice civile era caratteriz‐ zato da un lato da imprese agricole, dall’altro da imprese commerciali prevalentemente di piccole e medie dimensioni, in cui cioè il processo produttivo ed organizzativo faceva capo comunque ad una persona fisica, l’imprenditore individuale o agli organi amministrativi delle società. In definitiva, l’elemento personale risultava comunque presente sia nel momento organizzativo del processo produttivo, sia nella fase di proposizione sul mercato e nei rapporti con gli utenti.
L’evoluzione del mercato globalizzato, ed anche di quello domestico, risulta oggi caratterizzato da imprese che: a) hanno assunto la connota‐ zione di organizzazioni molto complesse, anche in ragione delle regole poste dall’ordinamento per la governance (90) e lo sviluppo di modelli di impresa caratterizzati da frammentazione soggettiva dei singoli settori operativi ed organizzazione di gruppo; b) sono dotate di strategie non facilmente modificabili; c) i cui processi decisionali interni sono il frutto della combinazione di diverse decisioni individuali, e talora estranei al soggetto imprenditore che li pone in essere (si pensi al fenomeno dei gruppi); d) le cui strategie sono predeterminate in luoghi fisicamente spesso molto lontani rispetto al luogo del mercato e dello scambio (ad es. le multinazionali), condizionate da molteplici interessi finanziari che ne
90 Si veda ad esempio quanto prescritto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 recante la
«Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica», nonchè della complessa disciplina del fenomeno dei gruppi.
vincolano i comportamenti verso la massima valorizzazione del capitale investito (ad es. società quotate o che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, ovvero partecipate da imprese bancarie e finanziarie); e) si devono confrontare con una concorrenza sempre più ampia, con la conseguente necessità di “sofisticazione” dei prodotti e dei servizi, sempre più complessi, per mantenere la competitività a fronte di un quadro di regole internazionali non omogenee ed equivalenti.
L’attività di impresa, dunque, presenta oggi elementi di rigidità e complessità molto maggiori di quelli che erano stati tenuti presenti dal legislatore del secolo scorso (91), sottolineandosi come gli elementi “procedimentali” dell’attività risultano oggi preminenti rispetto alla decisione individuale, all’agire personale o alla libera “iniziativa” della persona fisica che si colloca nell’ultima frazione di accesso al mercato. La libertà individuale dell’imprenditore, quindi, ha sostanzialmente perso ogni riferibilità al “soggetto” persona fisica, rendendo del tutto spersona‐ lizzato il momento di contatto con l’utente‐consumatore, e più in generale con il mercato.
I limiti etici che avrebbero potuto “frenare” o orientare l’operato dell’impresa che faccia capo ad una o più persone fisiche che assumono le decisioni, divengono così privi di possibile applicazione lì dove lo scambio è il mero momento finale di un “procedimento” predeterminato in astratto e che non ha un riferimento personalistico certo ed identificato. E conseguentemente, anche i profili di responsabilità vengono sempre più spersonalizzati, o condotti verso ambiti di verifica “formale” e “procedi‐ mentale”, in ragione della impossibilità di esigere da alcuno (imprendi‐ tore‐società; organi sociali) una condotta che sia in relazione immediata e diretta con il singolo atto di impresa.
91 M. LIBERTINI, La tutela della libertà di scelta del consumatore e i prodotti finanziari, in
Diritto, mercato ed etica. Dopo la crisi, a cura di L.A Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Milano,
Se dunque non è possibile far fede su una dimensione etica del sog‐ getto che agisce, è necessario ed urgente che siano predeterminati limiti “etici” a monte, operativi già nella fase di predeterminazione delle regole organizzative e procedimentali dell’impresa, operanti cioè non solo sul piano finale del rapporto negoziale, ma sulla stessa struttura dell’impresa che genera poi le condotte singole e specifiche che investono i soggetti che operano sul mercato di riferimento dell’impresa stessa, siano essi le altre imprese, i consumatori, i professionisti, o anche il mercato stesso.
CAPITOLO II