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seguito riporteremo i principali, senza comunque dimenticare che i testi citati nel capitolo riguardante la tematica della ricorsività ben si adattano anche a questo tipo di analisi. In Giochi senza fine i due protagonisti sono Qfwfq, bambino, e un suo amico compagno di giochi. I divertimenti dei due sono alquanto particolari, in quanto il comune gioco con le biglie viene reinterpretato grazie a degli atomi di idrogeni, lanciati dai due bambini nelle piste dell’universo primordiale, e invece di giocare ad acchiapparella, ecco che i due ingaggiano una forsennata corsa a cavallo di due galassie. Entrambi sono, come si legge nel testo, due giochi infiniti, in quanto, nel caso delle biglie,

proprio al momento decisivo, cominciavano a saltar fuori atomi nuovi […]. Così il nostro gioco non finiva mai, e neppure ci veniva a noia, perché ogni volta che ci ritrovavamo con atomi nuovi ci pareva che anche il gioco fosse nuovo e quella fosse la nostra prima partita.21

Ben presto, però questo divertimento comincia a divenire sempre più «fiacco»22: Pfwfp, l’amico di Qfwfq, si dimostra sempre meno attratto dal gioco. Qfwfq decide di pedinarlo e si rende conto che l’amico usa l’inganno: egli va alla ricerca di tutti i luoghi in cui si formavamo i nuovi atomi, e da vero baro, li leviga un poco sulla superficie in modo da farli apparire vecchi. Ma ciò che colpisce maggiormente Qfwfq è che, facendo due

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D., Tutte le Cosmicomiche, cit., 2011, p. 64. 22 Idem.

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rapidi conti, risultavano mancanti all’appello parecchi atomi: a cosa sarebbero serviti quelli mancanti? A costruire un nuovo universo per conto suo, riflette Qfwfq. Scoperto il trucchetto, quest’ultimo inizia ad anticipare l’amico nelle sue mosse, fino ad arrivare al punto in cui entrambi diventano possessori di un piccolo tesoro di idrogeno. Stanchi del gioco delle biglie, i due decidono di passare al secondo divertimento: l’inseguimento a cavallo delle galassie, le quali si autogenerano una volta lanciate in aria tutte quelle particelle. I due saltano rapidamente in sella alla loro rispettiva creazione e inizia la corsa. Qfwfq descrive la scena:

Così, davanti avevo il nulla e alle mie spalle avevo quella brutta faccia di Pfwfp che mi inseguiva: da entrambe le parti una vista antipatica. Comunque: preferivo guardare avanti: e cosa vedo? Pfwfp, che il mio sguardo aveva appena lasciato là dietro, correva sulla sua galassia dritto davanti a me. – Ah! – gridai. – Ora tocca a me d’inseguirti! – Come? – fece Pfwfp, non so bene se da dietro o da lì davanti, - se sono io che inseguo te!

Mi giro: Pfwfp era sempre alle mie calcagna. Mi rigiro ancora avanti: ed era lì che scappava volgendomi le spalle. Ma guardando meglio, vidi che davanti a questa sua galassia che mi precedeva ce n’era un’altra, e quest’altra era la mia, tant’è vero che c’ero sopra io, inconfondibile ancorché visto di schiena. E mi voltai verso il Pfwfp che mi inseguiva e aguzzando lo sguardo vidi che la sua galassia era inseguita da un’altra galassia, la mia, con me in cima tal quale, e questo me stesso proprio in quel momento di girava a guardare all’indietro.23

Si viene perciò ad instaurare un «illimitato concatenamento»24 di azioni che «porta, in un’ultima analisi, ad un rincorrersi destinato a ripetersi all’infinto»25.

23

Ivi, pp. 68-69.

24

PAOLO CHIRUMBOLO, La spirale e la proliferazione dei segni: la semiotica di C. S. Peirce in

“Cosmicomiche” e “Ti con zero”, in «Rivista di studi italiani», n. 2, 2003, p. 107.

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Crescita esterna o interna

Tale procedimento si ripete anche nel racconto Quanto scommettiamo: il protagonista Qfwfq mette in atto una serie di scommesse con il Decano (k)yK prima sull’universo, poi sulla terra, che si fanno via via più precise. Il circolo ricorsivo che si viene a creare è infinito, mentre i dettagli sui quali i due personaggi dibattono diventano sempre infinitesimamente insignificanti. In questo procedimento algoritmico cibernetico, come trapela dall’epigrafe del racconto, si vengono a creare una serie illimitata di reazioni a catena, un circuito vorticoso nel quale è impossibile non perdersi. Un labirinto di proposizioni che rimanda all’immagine della spirale. E proprio La spirale è un altro racconto cosmicomico interessante per la nostra analisi, in cui l’autore tenta di mettersi nei panni di un mollusco primordiale e di descrivere la propria crescita. Tale brano, probabilmente uno dei più lirici e completi dell’esperienza cosmicomica calviniana, rappresenta, secondo lo studioso Claudio Milanini, «un testo-epilogo: per l’ampiezza, per la complessità, per la tensione metadiscorsiva che <lo> contraddistingue»26. Non a caso, infatti, esso viene posizionato alla fine della raccolta27. Tralasciando aspetti quali il visivo e il concetto di componente interna ed esterna, entrambi indubbiamente interessanti, ma non oggetti di ricerca in questa sede, andiamo a focalizzarci su particolari elementi connessi all’idea di infinito, tematica chiave di questo capitolo. Ovviamente il titolo stesso dell’opera richiama alla mente quell’immagine nata dal

26 Ivi, p. 109. 27

Interessante è notare come l’ultimo racconto della raccolta Ti con zero sia Il conte di Montecristo, che per molti aspetti e tematiche (prima fra tutte quella del labirinto) ricorda indubbiamente La spirale. Si nota dunque una certa simmetria nella costruzione delle due raccolte cosmicomiche, in quanto entrambe le opere terminano con un racconto di carattere metaletterario incentrato sulla tematica del labirinto.

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rapporto aureo, chiamata anche, per l’appunto, spirale aurea, spesso rappresentata con la classica figura della conchiglia. E infatti, Qfwfq è proprio alle prese con la costruzione del suo guscio esterno:

Fu allora che mi misi a secernere materiale calcareo […]. Così comincia a fare la prima cosa che mi venne, ed era una conchiglia. Dal margine di quel mantello carnosa che avevo sul corpo, mediante certe ghiandole, cominciai a buttar fuori secrezioni che prendevano una curvatura tutto in giro, fino a coprirmi d’uno scudo duro e variegato, scabroso di fuori e liscio e lucido di dentro […]. Continuai anche dopo che la conchiglia mi aveva ricoperto tutto il corpo, e così cominciai un altro giro, insomma, mi veniva una conchiglia di quelle tutte attorcigliate a spirale, che voi a vederle credete siano tanto difficili da fare e invece basta insistere e buttar fuori pin pianino il materiale sempre lo stesso senza interruzione, e crescono così un giro dopo l’altro.28

Una continua espansione verso l’esterno, che riflette comunque una speculare costruzione interna: un’implosione che comprende a sua volta un’esplosione.

Nel racconto L’implosione Calvino non scrive più di conchiglie, ma di galassie (anche se sempre di spirali si tratta), di universo e di buchi neri. Questi ultimi, in *

Esplodere o implodere – disse Qfwfq – questo è il problema: se sia più nobile intento espandere nello spazio la propria energia senza freno, o stritolarla in una densa concentrazione interiore e conservarla ingoiandola. […] Esplodete, se così vi garba, irradiatevi in frecce infinite, prodigatevi, scialacquate, buttatevi via: io implodo, crollo dentro l’abisso di me stesso, verso il mio centro sepolto, infinitamente.29

Il collassare su se stessi, il convergere la propria materia dentro se stessi, la quale si trasforma in pura energia a causa dell’elevata densità è la descrizione di un buco nero: il

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TALO CALVINO, Tutte le Cosmicomiche, cit., pp. 140-141. 29 Ivi, pp. 372-372.

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protagonista si trasforma in un black hole. Ma il problema non è questo, il problema si pone quando Qfwfq si sdoppia:

Certo, alle volte mi pare di sentire una voce dalle ultime galassie. – Sono Qfwfq, sono il te stesso che esplode mentre tu implodi […]. È Qfwfq che sotto gli occhi di Qfwfq ripercorre la stessa catastrofe di prima o di dopo, Qfwfq che nel momento di perdersi vede Qfwfq salvarsi ma non salvarlo. – Qfwfq, salvati! – grida Qfwfq, ma è Qfwfq che implodendo vuol salvare Qfwfq che esplode, o il contrario? Nessun Qfwfq salva dalla deflagrazione i Qfwfq che esplodono, i quali non riescono a trattenere nessun Qfwfq dal loro inarrestabile implodere.30

Si diramano una serie di infiniti universi paralleli, un po’ come accade in Ti con zero, dove l’autore ipotizza l’esistenza non solo di un momento t0, ma anche t1, t2 e via

dicendo, o nel racconto L’inseguimento, dove vengono prese in considerazioni tutte le azioni possibili che può contemplare un guidatore che si ritrova seguito da un’altra autovettura nell’ingorgo di una grande metropoli. Come in questi casi, anche nell’

Implosione avremo sia Qfwfq che implodono e che esplodono allo stesso tempo, sebbene dal punto di vista logico, un’azione escluda l’altra. Qfwfq si immedesima nel gatto di Schroedinger, sia vivo che morto31.

Il finale del racconto è interessante: «So che non devo dar ascolto alle voci, né dar credito a visioni o a incubi. Continuo a scavare nel mio buco, nella mia tana di talpa»32. Questo fulmen in clausola rimanda indubbiamente al racconto Meiosi, nella

30 Ivi, p. 376.

31 Nel 1939 il fisico austriaco Erwin Scrhoedinger ipotizzò di mettere un gatto in una scatola sigillata con

una fialetta di veleno. Premendo un bottone al di fuori della scatola, la fialetta si sarebbe aperta ed a quel punto il gatto avrebbe potuto bere o non bere il veleno. Senza aprire la scatola, però è impossibile determinare se il gatto sia vivo o morto. Dal punto di vista della logica matematica si dice che il gatto è vivo o morto, cioè, paradossalmente, vivo e contemporaneamente morto. Da ciò si può iniziare a riflettere sulla teoria degli universi paralleli.

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sezione Priscilla della raccolta Ti con zero, dove, anche in quel caso, è solamente alla fine che il lettore si rende conto che il protagonista non è come lo aveva immaginato per tutta la narrazione, ma un animale, in questo caso una talpa (in Meiosi un cammello). Ma il termine sul quale si dovrebbe maggiormente riflettere è “scavare”: il rimando al Conte

di Montecristo è inevitabile. Ecco che anche L’implosione diviene un racconto metaletterario: il buco nero-talpa non è più Qfwfq, ma l’autore stesso, che cerca di rinchiudersi il più possibile nel suo mondo scritto, di scavare nella pagina per rintanarsi in essa all’infinito, narrando la narrazione che narra la sua mente, procedendo con illimitata ricorsività ciclica.