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Corte costituzionale e Corte edu tra attivismo e tratti di incoerenza nel decisum

assistita e tutela delle unioni omoaffettive emerge quanto il diritto di famiglia, tradizionalmente emblema della sovranità nazionale, costituisca oggi il banco di prova privilegiato per il confronto tra tutela costituzionale e giurisprudenza convenzionale, al crocevia tra Roma e Strasburgo.

Nelle premesse di questo lavoro si è posto l’interrogativo se, dinanzi a questioni profondamente divisive nella società civile che, come tali, dovrebbero costituire la sede privilegiata della dialettica parlamentare, la Corte costituzionale abbia superato gli argini del self restraint e la Corte edu abbia perpetrato quell’atteggiamento interventista che ha caratterizzato la tutela dei diritti “tradizionali” della persona nel sistema Cedu.

Al temine di questa parabola giurisprudenziale si può constatare che anche nell’ambito dei temi sensibili, oggetto di analisi, sussiste quella tendenza del legislatore a rimanere inerte rispetto al riconoscimento giuridico di certe posizioni soggettive ed è centrale il ruolo di supplenza esercitato dalla giurisprudenza, con i conseguenti rischi per la tenuta del principio della separazione dei poteri.

560 Le due fonti, Costituzione e Convenzione, si integrano reciprocamente sul piano ermeneutico quando è in

gioco la tutela dei diritti fondamentali, dando vita ad una norma idonea a garantire la massimizzazione della tutela del “sistema” di valori in gioco. Ce lo ricorda in molti Suoi scritti A.RUGGERI, secondo il quale interpretazione conforme a Costituzione e interpretazione conforme al diritto internazionale ed eurounitario «si immettono in un circolo unitario e in esso si fondono fino a divenire una sola cosa», cfr. ex multiis, A.

RUGGERI, Giurisdizione e diritti: un rapporto complesso, ad oggi largamente inesplorato e bisognoso della

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La questione della diagnosi pre-impianto ne ha rappresentato un esempio: la legge n. 40/2004 non prevedeva un espresso divieto, né riconosceva il diritto di ricorrere a tale indagine genetica, conferendo, così, ai giudici una delega “in bianco” che ha lasciato i soggetti bisognosi di tutela in balia di una garanzia case by case.

Ancor più significativo è stato il silenzio, prestato dal legislatore, rispetto alla questione del riconoscimento giuridico delle coppie omoaffettive e del loro status familiare.

Il Parlamento italiano si è dimostrato inerte rispetto all’evoluzione internazionale che ha interessato la tutela dei diritti fondamentali della persona nell’ambito della famiglia e della bioetica.

Dinanzi all’immobilismo dell’organo politico, le istanze della società civile sono fisiologicamente “filtrate” dai giudici: minore è l’intervento del legislatore, maggiore è lo spazio di discrezionalità delle Corti. Del resto, già alla fine degli anni 80’ del secolo scorso, era il fine giurista Federico Mancini ad ammonire sul punto, evidenziando il judicial activism della Corte di Giustizia delle Comunità europee in tema di diritti fondamentali561.

Procreazione assistita e tutela delle coppie omoaffettive scontano, quindi, il ritardo del legislatore a fronte dell’emergere di nuove istanze sociali, sempre più pressanti: in questi due ambiti emerge con particolare nitore la perdita di ruolo della politica e l’aumento esponenziale della funzione “normativa” dei giudici.

Questa tendenza è censurata con forza nella sentenza Oliari, là dove si afferma che l’inerzia del legislatore determina, da un lato, uno scollamento, talvolta un conflitto tra realtà sociale e diritto, e, dall’altro, implementa il ruolo di supplenza dei giudici che offrono una tutela case by case alla vita familiare, con i consequenziali rischi di certezza del diritto e discriminazione.

Il carattere “normativo” degli arresti giurisprudenziali è favorito non soltanto dall’immobilismo della politica, ma, ad un tempo, dalla situazione di contesto, ovvero dall’incessante evoluzione scientifica e dal rinnovamento culturale che contraddistingue la società civile nella contingenza.

561 Come si legge in molti dei Suoi scritti, tra i quali, F.M

ANCINI, La tutela dei diritti dell’uomo: il ruolo

della Corte di giustizia delle Comunità europee, in Rivista trim. di dir. e proc. Civ., 1989, pg. 4 ss.; id., The making of a Constitution for Europe, in Common Market Law Review, Volume n. 26, 1989, pg. 595 ss.; id., Attivismo e autocontrollo nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, in Rivista di diritto europeo, 1990,

pg. 238, ivi «quando il legislatore opera con efficacia, l’esecutivo governa, la democrazia avanza, e la grande politica rivendica i suoi diritti, i giudici sono tenuti a farsi indietro».

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Il primo fondamentale tratto qualificante la giurisprudenza costituzionale e convenzionale nei settori esaminati non può che essere un significativo “attivismo”562: nell’ambito delle unioni omosessuali, le due Corti hanno assunto un incisivo ruolo di stimolo circa l’an dell’intervento legislativo, nella estensione “qualitativa” delle posizioni meritevoli di tutela, attraverso lo strumento ermeneutico evolutivo, ed hanno, altresì, tracciato dei “criteri direttivi” per orientare la successiva opzione legislativa. In questa fattispecie, la “concorrenza” tra Corte costituzionale e Corte edu ha favorito la convergenza verso uno standard di tutela più elevato dei diritti fondamentali della persona nell’ambito della vita familiare.

Il settore delle unioni omoaffettive si contraddistingue per un’ulteriore significativa tendenza nel rapporto tra poteri dello Stato: il Parlamento ha “ratificato” ciò che i giudici avevano deciso nelle aule dei tribunali. La legge n. 76/2016 ha puntualmente seguito le indicazioni tracciate dalla Consulta, qualificando l’unione civile come «specifica formazione sociale ai sensi degli art. 2 e 3 Cost.», riservata alle sole coppie dello stesso sesso, preservando, così, il paradigma eterosessuale del matrimonio. Il legislatore ha, inoltre, risposto alle sollecitazioni del giudice costituzionale, con la previsione dell’automatica conversione del matrimonio in unione registrata, in caso di rettifica di sesso di uno dei coniugi, laddove entrambi lo richiedano: soluzione in linea con l’orientamento espresso anche a Strasburgo nel caso Hamalainen c. Finlandia563

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Nell’ambito della procreazione assistita, invece, le decisioni del giudice costituzionale e della Corte dei diritti umani sono state di tipo “demolitorio-creativo”, perché successive all’intervento del legislatore che per primo ha individuato un certo bilanciamento di valori, assumendosene la corrispondente responsabilità politica.

In tale settore, l’interventismo della Corte costituzionale si manifesta attraverso l’impiego di tecniche di giudizio incidenti sulla discrezionalità legislativa, ponendo, così, l’accento su

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Anche nelle tipologie decisorie impiegate si registra un crescente attivismo del giudice costituzionale: nella questione della diagnosi pre-impianto si ha il passaggio da un’iniziale declaratoria di inammissibilità (ord. n. 369/2006), per un vizio del petitum che ben avrebbe potuto esser superato avvalendosi dello strumento dell’illegittimità consequenziale (ex art. 27, legge n. 87/1953), ad una pronuncia additiva (sent. n. 96/2015), connotata da un alto tasso di creatività normativa. Emblematica anche la parabola giurisprudenziale che ha interessato il divieto di eterologa: dalla decisione processuale di restituzione degli atti per ius convenzionale superveniens che lasciava presagire un self restraint della Consulta sul tema, ad una declaratoria di incostituzionalità (sent. n. 162/2014) che ha fortemente inciso su una delle scelte più qualificanti della legge n. 40/2004. Nell’ambito del matrimonio omosessuale, invece, si è passati da una declaratoria di inammissibilità connotata da un monito di lieve portata (sentenza n. 138/2010), ad una additiva di principio (sentenza n. 170/2014) che censura in modo stringente un’omissione assoluta del legislatore, pur con tutti i profili problematici evidenziati in precedenza.

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importanti profili di diritto costituzionale, come il grado di pervasività del sindacato costituzionale di ragionevolezza.

Questo attivismo nell’ambito della procreazione assistita conosce un crescendo significativo: nella sentenza n. 151/2009 la Corte si muove ancora con una certa cautela nell’ambito di questioni eticamente controverse, non mettendo in discussione i principi ispiratori della disciplina legislativa e limitandosi a ristabilire un bilanciamento tra valori in linea con la ratio legis564. Il punto di svolta si registra a partire dalla sentenza n. 162/2014: ivi la Corte censura in modo incisivo, attraverso uno stringente controllo di ragionevolezza, le scelte operate dal legislatore, in un crescendo che culminerà nella decisione n. 96/2015, additiva caratterizzata da un ampio margine di creatività normativa.

La sentenza n. 162/2014, grazie ad un’interpretazione evolutiva del dato costituzionale, qualifica la libertà di autodeterminazione in ambito riproduttivo come «libertà fondamentale», «incoercibile» e tale qualificazione determina, quale conseguenza metodologica, lo slittamento da un sindacato blando sull’opzione legislativa, proclamato ab initio in motivazione, ad un pervasivo strict scrutinity.

Dinanzi a temi particolarmente sensibili nel dibattito politico, il giudizio costituzionale sul bilanciamento legislativo viene generalmente declinato come scrutinio blando, di “non manifesta irragionevolezza”, onde evitare di sostituire una scelta legislativa irragionevole con una diversa opzione discrezionale del giudice costituzionale, a sua volta illegittima perché eccedente le proprie prerogative. Con la sentenza n. 162/2014 la Corte sembra discostarsi da tale approccio “prudenziale”, valutando in modo stringente l’esercizio della discrezionalità legislativa: non si richiede che la misura prescelta (i.e. il divieto) “non sia irragionevole”, ma occorre che sia l’unico mezzo a disposizione per tutelare interessi di pari rango. La stessa decisione di caducare il divieto assoluto di eterologa, nonostante la pluralità di “vuoti normativi” conseguenti, rientranti nella sfera di discrezionalità riservata al conditor iuris565, è indice sintomatico di un certo interventismo costituzionale.

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Viene, infatti, rispettato il principio cardine della legge n. 40/2004 della strumentalità delle tecniche rispetto allo scopo procreativo; la Corte non si sostituisce al legislatore nel dettare il numero di embrioni da produrre e lascia impregiudicata la questione dell’ammissibilità della diagnosi pre-impianto, senza indulgere, quindi, in opzioni discrezionali di natura politica (come dimostra anche la scelta di non dichiarare l’illegittimità consequenziale del generale divieto di crioconservazione, richiesta, invece, dal Tribunale di Firenze).

565 Tra i molteplici ambiti bisognosi di un intervento legislativo a seguito del dispositivo di accoglimento si

ricorda: la questione dell’anonimato del donatore, incidente sul fondamentale principio del consenso informato, ed il necessario contemperamento tra anonimato e tutela del diritto alle origini del nato; la previsione di regole a garanzia del diritto del nato a conoscere i dati non identificativi del donatore, a tutela della propria salute fisica; l’eventuale ammissibilità della “doppia eterologa” (ad esempio vietata dal legislatore francese); la qualificazione del titolo della donazione di gameti; il numero delle donazioni ammesse da uno stesso soggetto; per i profili di dettaglio cfr. Cap.II, Parte seconda, paragrafo n. 2.11.

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Questo attivismo prosegue con la sentenza n. 96/2015 là dove la Corte “aggiunge” una posizione giuridica meritevole di tutela, il diritto di ricorrere alla PMA ed alla diagnosi pre-impianto per le coppie fertili, portatrici di malattie genetiche, e stabilisce due regole concrete per il suo esercizio566. Il margine di creatività dell’operazione additiva è elevato poiché i contenuti aggiunti non rappresentano l’unica via costituzionalmente percorribile, mancando le cd. “rime obbligate”. Non rappresenta un’opzione neutra la scelta dell’art. 6 della legge n. 194/1978567 quale termine di raffronto e l’espresso richiamo alle “strutture pubbliche”, anziché a quelle individuate nell’art. 8 della legge medesima: la Corte ha, così, potuto porre un argine più incisivo all’accesso delle coppie fertili alla PMA, con un’operazione additiva che sembra, tuttavia, sconfinare in uno spazio di discrezionalità riservato al legislatore. Il giudice costituzionale in questa fattispecie ha, quindi, demolito e creato norme giuridiche: ha censurato un’omissione legislativa ed aggiunto il diritto mancante, anche se lontano dall’immaginario del legislatore568

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Nell’ambito del matrimonio omosessuale, invece, l’attivismo della Corte non si muove sul piano del controllo di ragionevolezza e della creatività normativa, si sviluppa piuttosto dal punto di vista ermeneutico: nella sentenza n. 138/2010 il criterio dell’original intent dei Costituenti diviene un limite invalicabile per l’interpretazione evolutiva della Carta e, ad un tempo, per la discrezionalità del legislatore ordinario569.

Se nell’ambito della tutela dei diritti di libertà lo strumento interpretativo della voluntas originaria del Costituente è generalmente impiegato dalla Corte come ausiliario ed integrativo, per tracciare un confine oltre il quale il legislatore può procedere liberamente (i.e. ciò che la Costituzione espressamente non prevede non risulta né vietato né imposto, ma rimesso all’opzione dell’organo politico rappresentativo), nella sentenza n. 138/2010, al contrario, il fatto che la condizione omosessuale non sia stata presa in considerazione dai Costituenti fa sì che l’art. 29 Cost. neppure consenta il matrimonio same sex. Interrogata dai giudici rimettenti sul “se” i principi costituzionali impongano il riconoscimento del

566 Ovvero, la gravità della malattia ex art. 6, comma 1, lettera b, legge n. 194/1978 e l’accertamento da parte

di «apposite strutture pubbliche».

567 Soluzione costituzionalmente non necessaria se pensiamo che anche l’art. 4 della stessa legge avrebbe

potuto costituire il tertium comparationis, per certi aspetti con la garanzia di una maggiore coerenza. L’art. 4, legge n. 194/1978 disciplina l’interruzione di gravidanza nei primi 90 giorni, fattispecie temporalmente più vicina all’ipotesi della diagnosi pre-impianto rispetto a quella disciplinata ex art. 6, legge n. 194/1978.

568 Consentendo il ricorso a tali tecniche anche a coppie che problemi riproduttivi non hanno, questo

intervento costituzionale ha parzialmente superato la finalità originariamente prevista dalla legge n. 40, consistente nella risoluzione dei problemi di sterilità o infertilità umana.

569 Il paradigma eterosessuale, qualificato come il fulcro della norma costituzionale, non è suscettibile di

superamento in via di legislazione ordinaria, soltanto un procedimento di revisione costituzionale potrebbe consentire il matrimonio omosessuale.

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matrimonio omosessuale, risponde anche all’ulteriore interrogativo “se” consentano detto istituto.

In conclusione, dinanzi alla questione “sensibile” del matrimonio tra persone dello stesso sesso, la Corte costituzionale avrebbe potuto limitarsi ad una declaratoria di inammissibilità per rispetto della discrezionalità legislativa ed, invece, indulge in un dispositivo di infondatezza proprio per circoscrivere il margine di intervento del legislatore ordinario con la scure dell’interpretazione originalista: l’eventuale previsione del matrimonio omosessuale non potrà prescindere dalla revisione del dato costituzionale. Il legislatore ha dinanzi a sé un “doppio binario”: dovrà assicurare il riconoscimento giuridico delle coppie omoaffettive senza, al contempo, violare il paradigma esclusivamente eterosessuale del matrimonio.

È stato evidenziato anche l’attivismo della Corte di Cassazione in materia, attraverso il progressivo superamento dell’interpretazione originalista dell’art. 29 Cost.: dapprima, nel 2012, offre un’interpretazione sui generis della sentenza n. 138/2010, tale da lasciare al legislatore ordinario la scelta se introdurre o meno il matrimonio omosessuale; successivamente, nel 2015, è la stessa Corte di Cassazione ad aggiungere una peculiare fattispecie di matrimonio same sex, in aperto contrasto con i dettami del giudice costituzionale.

Anche la giurisprudenza di Strasburgo negli ambiti esaminati è caratterizzata da un rilevante tasso di creatività, grazie al costante impiego dello strumento dell’interpretazione evolutiva della Convenzione.

Questo criterio ermeneutico ha consentito l’ampliamento delle situazioni giuridiche meritevoli di tutela, ricomprendendo, nell’alveo dell’art. 8 Cedu, posizioni non espressamente previste nella Carta, ben lungi dall’immaginario dei suoi estensori: dal diritto di accesso alle tecniche di procreazione assistita, nel caso SH. c. Austria, fino a ricomprendere nella nozione di “vita familiare”, intesa quale broad concept, il desiderio di procreare un figlio non affetto dalla patologia di cui i genitori sono portatori, in Costa e Pavan. Nell’ampliare le maglie di detta disposizione la giurisprudenza convenzionale ha, altresì, stimolato il progressivo superamento dell’endiadi matrimonio-vita familiare, riconducendo nell’ambito dell’art. 8 Cedu anche le unioni di fatto connotate da stabilità, dapprima soltanto eterosessuali, successivamente anche omosessuali, nella loro dimensione orizzontale (Schalk e Kopf c. Austria), come in quella verticale570 (quale rapporto fra

570 Nei precedenti Corte edu, 21.12.1999, Salgueiro da Silva Mouta c. Portogallo (Ric. n. 33290/96, ECHR

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coppia omosessuale e prole, in Gas e Dubois c. Francia), rilevanti a prescindere dal riconoscimento giuridico formale, in base a parametri di concretezza fattuale.

Un ulteriore indice sintomatico dell’attivismo convenzionale si può riscontrare nella tendenza, già richiamata, a ritenere immediatamente ricevibile il ricorso a Strasburgo, pur in mancanza del previo esperimento di qualsiasi rimedio interno di tutela o, come accaduto in Costa e Pavan, nell’impiego di tecniche di giudizio proprie dei tribunali costituzionali, come il sindacato di ragionevolezza e coerenza sistematica sull’ordinamento legislativo nazionale. Pensiamo, infine, all’attivismo che ha connotato il caso Oliari là dove i giudici della Convenzione hanno ampliato la “dimensione normativa” dell’art. 8 Cedu: dal divieto di ingerenze statali irragionevoli all’imposizione di positive obligations, a carico dello Stato, a garanzia del diritto al rispetto della vita familiare.

Da ultimo, un tratto che accomuna il judicial activism delle due Corti è l’efficacia “definitoria”, attribuita al fattore scientifico, nella estensione degli interessi meritevoli di tutela: questa attitudine emerge con evidenza nel caso SH., là dove allo sviluppo medico- scientifico nel settore procreativo corrisponde, parallelamente, il progressivo ampliamento dell’ambito di applicazione dell’art. 8 Cedu. Emblematica, in tal senso, anche la sentenza n. 162/2014 e, ancor più, la decisione n. 96/2015 al centro della quale si colloca un’interpretazione evolutiva del diritto alla salute, inteso come diritto di accesso alla miglior scienza medica per acquisire prima informazioni che possono evitare successive scelte terapeutiche maggiormente pregiudizievoli per la salute.

L’attivismo non è l’unico tratto qualificante la giurisprudenza costituzionale e convenzionale nei settori oggetto di indagine: ad esso si aggiunge un impiego non sempre rigoroso di tecniche di giudizio “tipiche” dei due sistemi di garanzia ed una certa incoerenza metodologico-argomentativa del decisum.

Emblematico, in tal senso, è lo slittamento caratterizzante la parte motiva della sentenza n. 162/2014 in cui si passa da un piano all’altro del giudizio di ragionevolezza: dopo aver dichiarato di verificare la legittimità del divieto secondo il parametro del “non irragionevole bilanciamento” (quindi un test blando sulla legislazione), al contrario la Corte applica, nel proseguo della motivazione, uno strict scrutinity.

Altre volte la decisione mostra profili di incoerenza rispetto a precedenti interventi costituzionali: basti pensare alla sentenza n. 84/2016 in cui la Corte recupera il principio del rispetto della discrezionalità legislativa, risultato del tutto recessivo nella

discriminare in relazione alla genitorialità il singolo a causa del suo orientamento sessuale, rispettivamente ai fini dell'affido e dell'idoneità ad adottare, ma ancora non vi era stato riconoscimento della omogenitorialità nella dimensione di coppia e quale legame di fatto.

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giurisprudenza pregressa (sentenze n.n. 162/2014, 96/2015), e si astiene da qualsiasi sindacato di ragionevolezza sul bilanciamento tra la dignità dell’embrione e la libertà di ricerca scientifica; sindacato che, al contrario, nel caso dell’eterologa, ha rivendicato con forza nei termini di uno strict scrutinity. Sussiste un ulteriore profilo di incoerenza rispetto alla precedente sentenza n. 96/2015: se nella vicenda delle coppie fertili portatrici di malattie genetiche, la presenza di ambiti riservati alla discrezionalità del legislatore non ha impedito la caducazione del divieto e l’addizione di un diritto, al contrario, nella sentenza n. 84/2016 la Corte esclude un proprio intervento additivo proprio per la mancanza delle “rime obbligate” su plurime questioni riservate al legislatore (i.e la scelta degli embrioni da impiegare a fini di ricerca e le finalità della ricerca stessa).

Sorge spontaneo chiedersi quale sia il discrimine tra una questione etica, integralmente sottratta al giudizio costituzionale di ragionevolezza per l’elevata discrezionalità riservata al legislatore, ed una questione altrettanto sensibile, eppure suscettibile di tale sindacato anche nelle forme dello strict scrutinity.

Si riscontra uno slittamento metodologico anche nella sentenza n. 170/2014571: grazie al passaggio dal principio di uguaglianza soggettiva “in senso forte”, proclamato ab initio in motivazione, ad un controllo più blando sul bilanciamento legislativo tra interesse statale e individuale, sfuma l’effetto demolitorio, cosicché la norma censurata sullo scioglimento automatico potrà continuare ad essere applicata572.

L’incoerenza argomentativa del decisum si ripercuote, inevitabilmente, sul “seguito” della vicenda dinanzi al giudice rimettente: la Corte di Cassazione, infatti, decide di colmare la lacuna in ordine alla tutela di tali unioni mediante la “creazione” di un istituto ad hoc, il matrimonio “a tempo”, atto a conservare lo status coniugale fino all’intervento del legislatore. La soluzione creata dal giudice di legittimità, seppur dettata da esigenze di

571 Dopo aver ricondotto la fattispecie della rettificazione di sesso di uno dei coniugi a quelle «ipotesi

particolari» nelle quali occorre verificare la necessità di un trattamento omogeneo tra coniugi e coppia omosessuale, il ragionamento della Corte si sposta di piano, poiché la declaratoria di incostituzionalità non si fonda sul trattamento discriminatorio, bensì su un bilanciamento sproporzionato tra interesse statale e