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Strumenti atti ad essere impiegati dinanzi all’inerzia protratta dal legislatore

Constatato il ruolo indefettibile del conditor iuris a garanzia dei diritti fondamentali della persona e la sua tendenza a rimanere silente, anche per lungo tempo, quando sono in gioco questioni sensibili, si ripropone un problema di non lieve momento, ben noto alla dottrina584: l’assenza, nel nostro ordinamento, di un rimedio giuridico atto a sanzionare il legislatore per la mancata attuazione di diritti di rango costituzionale.

La vicenda delle unioni omosessuali stabili è emblematica in tal senso: dalla sentenza n. 138/2010 fino al 5 giugno 2016, per oltre sei anni, il diritto dei membri di tali unioni di vivere liberamente una condizione di coppia ha assunto le “vesti” di un diritto fondamentale riconosciuto dalla Corte costituzionale, ma “non garantito” dal legislatore,

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Parla di «impugnazioni» ai sensi dell’art. 137 Cost. «abilmente mascherate e sapientemente argomentate» A.RUGGERI, Giurisdizione e diritti: un rapporto complesso, ad oggi largamente inesplorato e bisognoso

della sua opportuna chiarificazione, in www.gruppodipisa.it, pg. 15. 583 Sul punto cfr. Cap. III, parag. 3.6.

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La dottrina è copiosa sul punto, cfr. ex multiis, F.MODUGNO, Ancora sui controversi rapporti tra Corte

costituzionale e potere legislativo, in Giur. Cost., 1988, II, pg. 16 ss; C.MORTATI, Appunti per uno studio sui rimedi giurisdizionali contro comportamenti omissivi del legislatore, (1970), in ID., Raccolta di scritti, III,

Milano, 1972, pg. 923 ss.; G.PARODI, Lacune e norme inespresse nella giurisprudenza costituzionale, in AA.Vv., Struttura e dinamica dei sistemi giuridici, a cura di P.COMANDUCCI,R.GUASTINI,Torino, 1996, pg. 87 ss; A.RUGGERI,A.SPADARO,Lineamenti di giustizia costituzionale, III ed., Giappichelli, Torino, 2004; G.

SILVESTRI, Le sentenze normative della Corte costituzionale, in AA. Vv., Scritti su la giustizia costituzionale

in onore di V. Crisafulli, I, Padova, 1985, pg. 755 ss.; G. ZAGREBELSKY, La giustizia costituzionale, Il Mulino, Bologna, 1988, pg. 298 ss.

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nel protrarsi di una situazione di vero e proprio inadempimento costituzionale, censurata dalla stessa Corte di Strasburgo in Oliari.

Se è vero che anche l’argomento comparatistico in materia giocava a favore del rispetto della discrezionalità del legislatore, per le molteplici soluzioni appannaggio del potere politico in tale ambito, l’inerzia dell’organo legislativo non poteva consentire un rinvio ad libitum della disciplina giuridica di diritti fondamentali.

Nel modello di giustizia costituzionale prefigurato dai Costituenti, come noto, lo schema della caducazione della norma dichiarata incostituzionale585 era stato concepito in funzione di norme vigenti e da rimuovere, secondo l’immagine Kelseniana del legislatore “negativo”, non con riguardo a norme mancanti e da introdurre. Del resto, al tempo non si poteva prevedere che il principale ostacolo alla garanzia dell’effettività della Costituzione, quindi, dello stesso giudizio di costituzionalità, sarebbe derivato proprio dall’inerzia del Parlamento.

La Corte costituzionale, quale garante dei diritti fondamentali, ha oggi a disposizione un prezioso strumento decisionale parzialmente in grado di ovviare alla stasi del legislatore586: la pronuncia “additiva di principio”, mediante la quale può desumere dal dettato costituzionale il diritto oggetto della omessa garanzia legislativa e, ove possibile, indicare i principi costituzionali che orientino il giudice comune verso una tutela in forma specifica del diritto medesimo.

La questione, tuttavia, diviene particolarmente complessa ogni volta che, per assicurare una tutela sostanziale, in forma specifica al diritto costituzionale enunciato, sia necessario regolare una pluralità di opzioni normative rientranti nell’insindacabile sfera di discrezionalità del legislatore.

In tal caso sussiste il dovere costituzionale di garantire l’effettività del diritto, ma la norma costituzionale non può, da sola, orientare il giudice comune, poiché il principio enunciato dalla Corte è suscettibile di attuazione soltanto in via legislativa.

Il quesito che si intende porre è se, in tali fattispecie, sia ipotizzabile una responsabilità risarcitoria, a carico dello Stato, per la mancata attuazione in via legislativa di un diritto di rango costituzionale.

585 Cfr. art. 136, comma 1, Cost.: «Quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di

legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione».

586 Evidenzia la necessità di superare, in certi casi, le rigidità del modello decisorio di giustizia costituzionale

proprio con riguardo ai rapporti tra Giudice delle Leggi e Corte edu, F. DONATI, La tutela dei diritti

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La questione è indubbiamente problematica e meritevole di ulteriori approfondimenti, ma non è del tutto sconosciuta al panorama giurisprudenziale europeo: è noto l’orientamento ormai consolidato della Corte di giustizia, elaborato a partire dal caso Francovich587, che riconosce una responsabilità dello Stato membro per mancata trasposizione di direttive dell’U.e., in mancanza di effetti diretti, e la conseguente risarcibilità del danno cagionato ai singoli dalla mancata attuazione dell’obbligo sovranazionale.

Così come lo Stato deve adempiere ai vincoli derivanti dal diritto “eurounitario” ed, in mancanza, è tenuto a risarcire i danni causati agli individui dalle violazioni ad esso imputabili588, del pari si potrebbe sostenere l’esistenza di un obbligo statale di garantire l’effettività di un diritto costituzionale, quando la norma posta a suo fondamento non sia sufficientemente chiara, precisa ed incondizionata?

In altri termini ci si chiede se, sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Giustizia, sia configurabile un’eventuale responsabilità risarcitoria a carico dello Stato, per inerzia del legislatore, laddove la piena efficacia della norma costituzionale, posta a presidio di un certo diritto, sia subordinata ad un imprescindibile intervento del legislatore medesimo, necessario per dare attuazione al principio enunciato dalla Corte costituzionale.

Si pone, inevitabilmente, l’ulteriore problema di individuare il soggetto chiamato ad accertare l’eventuale responsabilità statale per mancata attuazione del diritto costituzionale. La risposta dovrebbe propendere verso un soggetto indipendente ed, al contempo, vicino alle istanze delle parti in causa, quindi, il giudice comune, al quale potrebbe essere demandato l’accertamento degli elementi necessari per apprestare una tutela per equivalente monetario, come il nesso di causalità fra la mancata attuazione legislativa e la violazione in concreto del diritto589.

Si tratterebbe di una forma di responsabilità statale per “danno ingiusto” cagionato dalla mancata attuazione in forma specifica di un diritto costituzionale, similmente alla fattispecie di responsabilità per inadempimento di obblighi derivanti dal diritto dell’U.e. A corroborare questa soluzione ben si può ricordare la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. accolta ormai da tempo dai giudici comuni: a partire dalle due «sentenze gemelle» della Corte di Cassazione del 2003590, infatti, si riconosce la risarcibilità del

587 CG, 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich c. Repubblica italiana.

588 Cfr. CG, 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich c. Repubblica italiana, § 37 «da

tutto quanto precede risulta che il diritto comunitario impone il principio secondo cui gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili».

589 Quindi, il danno ingiusto come conseguenza “immediata e diretta” del mancato intervento legislativo. 590 Cass., sez. III civ., sentt. 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828, a commento della quali cfr. E.L

AMARQUE,

L’attuazione giudiziaria dei diritti costituzionali, in Quaderni costituzionali, n. 2/2008, 269 ss. Sottolinea,

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danno non patrimoniale derivante dalla lesione di un diritto di rango costituzionale, anche in assenza del suo riconoscimento in via legislativa.

Gran parte della casistica giurisprudenziale in materia si riferisce ad un’applicazione orizzontale, inerente ai rapporti tra privati, ma non mancano anche ipotesi di operatività nei confronti di pubblici poteri. Nei casi di applicazione verticale la tutela risarcitoria è, tuttavia, accordata soltanto a garanzia di diritti espressamente previsti in Costituzione, come la libertà personale591, e non in ipotesi in cui l’ancoraggio al dettato costituzionale può presentare profili di particolare problematicità, come accade per i “nuovi diritti” in ambiti eticamente sensibili. Proprio in queste fattispecie è indispensabile l’intervento del Giudice delle Leggi volto a selezionare, tra la molteplicità di interessi emergenti nella società, le posizioni soggettive di rango costituzionale592, suscettibili di tutela in forma

soggettive la cui lesione comporta danno risarcibile per affidarla al giudice, G.CRISCENTI, Il danno non

patrimoniale, II ed., Padova, 2006, 81 ss. A sua volta, F.D.BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate. La Corte di

Cassazione e il danno alla persona, in Danno e resp., 2003, 827 ss. segnala il rischio che nella giurisprudena

si alimenti un processo di slippery slope tale da trasformare in diritto fondamentale ogni aspirazione individuale e la conseguente necessità di ricostruire l’argine costituzionale dei diritti inviolabili «con severo rigore». È interessante notare che la possibilità di interpretare l’art. 2059 c.c. alla luce dei diritti costituzionalmente garantiti era stata prospettata in dottrina venti anni prima delle «sentenze gemelle» da G. B.FERRI, Oggetto del diritto della personalità e danno non patrimoniale, in Riv.Dir.comm., 1984, I, 155 ss. e successivamente sostenuta anche da E.NAVARRETTA,Dirtti inviolabili e risarcimento del danno, Torino,

1996.

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Cfr. Cass., sez. IV pen., 22 gennaio 2004, n. 2050, il noto caso Barillà nel quale la Cassazione penale ha condannato al risarcimento del danno non patrimoniale il Ministero dell’economia e delle finanze per l’errore giudiziario e l’ingiusta detenzione subita da una persona, e conseguente lesione degli art. 2 e 13 Cost. Si ricorda, inoltre, Trib. Genova, 9 maggio 2005, in Danno e resp., 2006, 197, in cui il giudice civile condanna i Ministeri degli interni e della difesa e la Presidenza del Consiglio a risarcire il danno non patrimoniale derivante dalla lesione dei diritti fondamentali di due donne coinvolte nelle agressioni della polizia durante il G8 di Genova; o, ancora, Trib.Lecce, 18 aprile 2006, in Danno e resp., 2006, 1140, che ritiene risarcibile da parte dell’INPS il danno non patrimoniale subito da una donna lavoratrice per il mancato pagamento dell’indennità di maternità e conseguente violazione degli art. 2, 36, 37 e 38 Cost.; o, ancora, Cons. St., sez. VI, 16 marzo 2005, n. 1096 che condanna il Ministero dell’istruzione a risarcire il danno non patrimoniale subito da un’insegnante invalida civile, iscritta nelle liste per l’assunzione obbligatoria, per non essere stata chiamata illegittimamente a ricoprire un incarico di supplenza, con conseguente lesione del diritto ad esplicare la propria personalità attraverso il lavoro, ex art. 2, 4, 36 Cost.

592 Non sono mancati, infatti, casi problematici nei quali si è riconosciuta una responsabilità civile per danno

derivante dalla lesione di situazioni qualificate come diritti fondamentali dell’uomo, ma aventi un labile collegamento con il dettato costituzionale: cfr. Giud. Pace Bari, 22 dicembre 2003, che sanziona la lesione della libertà decisionale dell’individuo cagionata dal martellamento di volantini pubblicitari nella casella postale del proprio condominio; Trib. Milano, sez. X civ., 14 settembre 2007 che sanziona le ripercussioni negative sulla vita di una studentessa, durante la preparazione dell’esame di maturità, cagionate da immissioni rumorose provenienti dalla ristrutturazione dell’appartamento di un vicino; Trib. Genova, 23 gennaio 2006 ritiene risarcibile il disagio morale e psichico derivante a un avvocato dal cattivo funzionamento del centralino telefonico del proprio studio per un periodo di quattro mesi; Giud. Pace Catanzaro, 23 novembre 2006 ritiene risarcibile «lo stato di stress, di nervosismo e di preoccupazione» causato dalla «indifferenza e insensibilità» dimostrata dalla Telecom nei confronti delle ripetute richieste di assistenza all’installazione di un modem; le ripercussioni negative sulla qualità della vita di una persona in giovane età derivanti dall’emissione nei suoi confronti di decreti ingiuntivi ingiustificati per importi consistenti, cfr. Trib. Bologna, sez. II civ., 27 gennaio 2005; il patema d’animo sofferto dall’acquirente di un immobile a causa del comportamento del notaio che aveva omesso di verificare eventuali trascrizioni sull’immobile, poi risultate esistenti, cfr. Trib. Pescara, 27 giugno 2005, n. 1282.

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specifica soltanto previo intervento del legislatore ed oggetto di omessa attuazione legislativa.

La via prospettata è frutto di una riflessione ancora in fieri, nella consapevolezza che molteplici obiezioni potrebbero essere sollevate, prima fra tutte la consistente limitazione della discrezionalità legislativa in ordine all’an dell’intervento.

Tuttavia, ogni volta che la Consulta desume, in via ermeneutica, dal dettato costituzionale l’esistenza di un diritto meritevole di tutela, inevitabilmente pone un limite all’an dell’intervento legislativo: la via ipotizzata mira a contemperare l’esigenza di attuazione di un diritto costituzionale con l’insindacabile discrezionalità del legislatore in ordine al quommmodo, alle modalità della tutela.

L’eventuale condanna per equivalente monetario, seppur non in grado di apprestare una tutela in forma specifica, avrebbe un quid pluris, ovvero stimolare il sollecito intervento del legislatore: nell’attuale assetto ordinamentale, molteplici condanne risarcitorie a carico dello Stato potrebbero costituire la spinta più significativa, forse l’unico cogente stimolo ad intervenire, nei confronti di un organo politico oggi più che mai stretto nelle morse dell’equilibrio di bilancio593

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A titolo esemplificativo, qualora il Giudice delle Leggi riconoscesse il fondamento costituzionale del diritto alla donazione alla ricerca di embrioni crioconservati, non più utilizzabili a scopo procreativo, il principio costituzionale enunciato sarebbe comunque insuscettibile di immediata applicazione da parte dei giudici comuni, essendo riservata all’insindacabile discrezionalità del legislatore la disciplina di dettaglio, volta a regolarne l’esercizio (i.e. la scelta se sottoporre alla ricerca solo embrioni malati e, nel caso, da quali malattie affetti, nonché le finalità specifiche della ricerca). Il quesito che resta aperto è se, in questi casi, dinanzi all’inerzia protratta dall’organo politico, i giudici comuni possano accertare una responsabilità statale per mancata attuazione di un diritto di rango costituzionale ed apprestare, medio tempore, una tutela risarcitoria per equivalente monetario.

593 Non sfugge l’ulteriore questione dell’azione di rivalsa statale, per danno erariale, derivante dalla condanna

a titolo risarcitorio: il dettato costituzionale esclude la rivalsa nei confronti del parlamentare che, ad esempio, abbia votato contro l’approvazione della legge suscettibile di sanare la situazione sulla quale si fonda la condanna. La garanzia prevista ex art. 68 Cost. resta a presidio dell’insindacabilità dei voti espressi dal parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni. All’ulteriore obiezione secondo la quale, in assenza di rivalsa statale nei confronti del singolo esercente pubbliche funzioni, l’effetto di stimolo verso l’organo politico cadrebbe nel nulla, si può rispondere che, al contrario, le molteplici condanne dei giudici di merito innalzerebbero l’asticella della responsabilità politica dinanzi all’opinione pubblica.

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4.4. Tecniche di giudizio volte a garantire la coerenza del decisum convenzionale ed il