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Una riflessione sulla tenuta del rapporto fra Corti dinanzi a temi sensibili

Nelle premesse del presente lavoro sono stati definiti due obiettivi fondamentali: individuare le caratteristiche qualificanti la tutela offerta dai due sistemi di giustizia in ambiti eticamente sensibili e valutare l’andamento dei rapporti fra le rispettive Corti in termini di interazione reciproca o, viceversa, di frizione.

Guardando al rapporto intercorrente tra Giudice delle Leggi e Corte edu nei settori oggetto di analisi, un primo aspetto da segnalare è la loro convergenza nell’individuazione del metodo di produzione legislativa più idoneo, quando sono in gioco questioni dalle incisive implicazioni medico-scientifiche. In tal senso è emblematica la giurisprudenza in tema di procreazione medicalmente assistita: i moniti inviati al legislatore dalla Grande Chambre, nel caso SH., e dalla Corte costituzionale, nelle sentenze n.n. 162/2014 e 96/2015, ricordano che occorre un costante monitoraggio dello sviluppo della scienza da parte dell’organo politico.

L’analisi condotta dimostra, inoltre, che l’effetto competitivo tra le due Corti nella tutela dei diritti fondamentali ha un valore positivo innegabile, di stimolo verso un intervento nel merito delle autorità nazionali. Particolarmente significativa, in tal senso, è stata la vicenda delle unioni civili nella quale il percorso di sensibilizzazione, per ottenere una normativa a tutela delle coppie omosessuali, ha trovato nel giudice di Strasburgo un propulsore fondamentale. La giurisprudenza convenzionale può creare un autorevole e progressivo consenso intorno al riconoscimento giuridico di situazioni soggettive di nuovo conio, o irragionevolmente prive di un’adeguata regolamentazione: in Italia, dinanzi all’immobilismo parlamentare protrattosi per anni e stigmatizzato più volte dalla stessa Corte costituzionale, è stata la concorrenza della sentenza Oliari ad indurre il legislatore a disciplinare la materia.

Del pari, l’interventismo “bifronte” del giudice di Strasburgo, nel caso Costa e Pavan551

, ha indubbiamente avuto un ruolo di stimolo rispetto alla decisione della Consulta di

551 Come osservato nel Capitolo n. 2, Parte I, si parla di “interventismo bifronte” perché incidente sia sui

limiti alla giurisdizione convenzionale sia sulla qualità della tutela sostanziale offerta ad un nuovo interesse giuridico.

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intervenire, questa volta nel merito, sulla questione di legittimità costituzionale del divieto di diagnosi pre-impianto, chiusa nel 2006552 con un sostanziale non liquet.

Strasburgo nasce e costituisce a tutti gli effetti una risorsa, ma occorre verificare se, dinanzi a temi sensibili, anche la Corte costituzionale dimostri di esserne, a sua volta, persuasa.

La risposta dipende, come di consueto, dalla prospettiva adottata: guardare agli interventi giurisprudenziali in un’ottica formalistica, è cosa ben diversa dall’analizzare il grado di tutela sostanziale offerto ai medesimi beni della vita, a Roma ed a Strasburgo.

In una prospettiva puramente formale, ciò che prevale nel discorso costituzionale è un uso “retorico” della giurisprudenza convenzionale, dettato da ragioni di mera opportunità553

. Il decisum di Strasburgo viene richiamato, a chiare lettere, soltanto se in linea con le argomentazioni della Consulta volte a riconoscere uno spazio riservato alla discrezionalità del legislatore, come accaduto nell’ambito della ricerca scientifica sugli embrioni (sentenza n. 84/2016)554. In caso contrario, laddove entrambi i sistemi di garanzia spingano verso la caducazione della disciplina nazionale, il parametro evocato è sempre e soltanto quello costituzionale “interno in senso stretto”, la norma convenzionale interposta ed il parametro dell’art. 117 Cost. sono oggetto di assorbimento ed il richiamo alla giurisprudenza di Strasburgo risulta omesso o posto fra le righe, come accaduto nelle questioni biogiuridiche di inizio-vita.

La prospettiva adottata dalla Consulta è quella della residualità degli obblighi internazionali: un’impostazione che indubbiamente valorizza le specificità dei valori costituzionali, tutela il pluralismo, la portata garantista e la ricchezza ontologica dei diritti garantiti in Costituzione555.

Ad inaugurare questa tendenza, nell’ambito di questioni sensibili, è stata la decisione n. 278/2013 che ha accolto il principio di diritto promanante dalla sentenza Godelli c. Italia556, ma sanzionato la disciplina nazionale sulla base dei soli parametri costituzionali

552 Si ricorda Corte cost., ord. n. 369/2006. 553 Secondo A. M

ORRONE, Ubi scientia ibi ius, op. cit., i richiami a Strasburgo, nella giurisprudenza costituzionale, sono «altalenanti e largamente opinabili».

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La sentenza n. 84/2016 è emblematica in tal senso: il giudice rimettente non aveva invocato il parametro convenzionale, eppure i richiami della Consulta al precedente Parrillo sono consistenti perché funzionali a giustificare il proprio self restraint e la declaratoria di inammissibilità per rispetto della discrezionalità legislativa.

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Pensiamo alla vicenda della fecondazione eterologa in cui il modello convenzionale dell’art. 8 Cedu offre tutela ad una dimensione meramente individuale, fondata sul diritto allo sviluppo della personalità, mentre l’art. 32 Cost., nel tutelare il diritto alla salute, ricomprende la sua “doppia anima”, ovvero la componente individuale e quella collettiva e sociale.

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“interni in senso stretto”557

; ancor più significativa, in tal senso, la sentenza n. 96/2015 nella quale viene citata soltanto tra parentesi la precedente condanna convenzionale, nell’omologo caso Costa e Pavan, che per prima aveva segnalato l’incoerenza della legislazione italiana in materia di diagnosi pre-impianto.

Considerata la carenza di richiami alla giurisprudenza di Strasburgo ed il costante assorbimento dei parametri convenzionali, la Corte costituzionale sembra “aver smarrito la via del dialogo”, in linea con gli orientamenti di chiusura espressi nella sentenza n. 49/2015: dal «predominio assiologico della Costituzione sulla Cedu» alla limitazione dell’obbligo di interpretazione conforme al diritto convenzionale. Sembra di questo avviso anche la Grande Chambre, nel caso Parrillo, là dove esprime un giudizio negativo sulla tenuta del modello di giustizia costituzionale inaugurato con le «sentenze gemelle»: la maggior parte delle decisioni costituzionali e di merito, nell’ambito della procreazione assistita, resta silente rispetto ai parametri convenzionali e la sentenza n. 49/2015 ha notevolmente circoscritto la portata dell’obbligo di interpretazione conforme alla Cedu ed alla giurisprudenza convenzionale.

Occorre, quindi, domandarsi se sussista un rapporto autenticamente dialogico tra Corti, pur in mancanza di richiami espressi alle rispettive pronunce sullo stesso thema decidendum, o ai prodotti normativi ed ai principi di diritto ivi enunciati.

Guardando alla tutela sostanziale offerta dai due sistemi di giustizia, si può constatare un tendenziale allineamento tra Corti nell’individuazione degli interessi giuridicamente meritevoli e nel grado di tutela da apprestare.

Nell’ambito delle unioni omoaffettive, si riscontra una piena convergenza tra giurisprudenza costituzionale e convenzionale in ordine alla indefettibile necessità di garantire loro un riconoscimento giuridico, rispettivamente a norma degli art. 2 Cost. e 8 Cedu.

Rispetto alla questione matrimoniale apparentemente prevalgono i profili di differenziazione in ordine alla concezione dell’istituto e nell’approccio ermeneutico impiegato: a Strasburgo, dato letterale, interpretazione sistematica e originalista dell’art. 12 Cedu non impediscono un’interpretazione evolutiva della disposizione, nel giudizio costituzionale, invece, l’interpretazione evolutiva risulta recessiva rispetto all’original intent dei Costituenti. Ciononostante, anche nell’ambito del matrimonio same sex Corte

557 Nell’ambito del divieto di eterologa, invece, la Corte costituzionale ha, dapprima, disposto la restituzione

degli atti in forza della sopravvenuta sentenza della Grande Camera e del parametro assorbente dell’art. 117, comma 1, Cost., successivamente, nella decisione n. 162/2014, ha omesso qualsiasi richiamo al precedente arresto convenzionale, senza motivare l’assorbimento di quello stesso parametro.

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costituzionale e Corte edu giungono ad un risultato sostanziale convergente: come la Costituzione non prevede un diritto fondamentale al matrimonio omosessuale, così, non lo prevede il sistema Cedu. È da escludere, quindi, la sussistenza di un obbligo, costituzionale o convenzionale, a carico del legislatore in ordine al riconoscimento giuridico del matrimonio same sex.

Del pari, dinanzi alla questione della diagnosi pre-impianto, Corte costituzionale e Corte edu giungono ad accertare un’incoerenza nel sistema legislativo italiano ed a riconoscere il medesimo diritto alle coppie fertili, portatrici di malattie genetiche.

Ciò dimostra che tra approccio formale e sostanziale sussiste una certa discrasia: pur in mancanza di richiami espressi alla giurisprudenza eteroprodotta, si riscontra una convergenza nel grado di tutela apprestato. Questa discrasia tra forma e sostanza è indice sintomatico di un assetto dei rispettivi rapporti ancora in cerca di un equilibrio stabile e consolidato.

A minare parzialmente questo equilibrio interviene quella tendenza del giudice di Strasburgo, più volte segnalata, che investe frontalmente il rapporto tra le due Corti. Quando la violazione del sistema Cedu è imputabile ad un atto legislativo nazionale, il ricorso a Strasburgo è, con sempre maggior frequenza, ritenuto ammissibile pur in mancanza del previo esperimento di qualsiasi rimedio interno, sul presupposto che l’ordinamento italiano non contempla uno strumento di impugnazione diretta della legge da parte del singolo ed ilsistema incidentale di costituzionalità non costituisce un rimedio interno “effettivo”.

Tale impostazione determina un profilo di frizione tra i due sistemi di garanzia: permettendo all’individuo di ricorrere direttamente a Strasburgo ogniqualvolta sussista un’incompatibilità tra norma di legge nazionale e Cedu, i giudici della Convenzione possono giudicare per primi sulla questione ed il ricorrente può bypassare qualsiasi filtro a livello nazionale, compreso il giudizio di legittimità costituzionale. Il rischio di giungere progressivamente ad una “pregiudiziale di convenzionalità” che, ad oggi, nessuna norma del nostro ordinamento legittima (dato il mancato parallelismo tra ordinamento dell’U.e. e sistema Cedu), può aver condizionato l’atteggiamento di formale chiusura della nostra Corte costituzionale ed, in tale prospettiva, si può spiegare anche la scelta degli Stati

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contraenti di modificare la Convenzione558, introducendo nel suo stesso testo un esplicito riferimento al principio di sussidiarietà ed alla dottrina del margine di apprezzamento. Dinanzi a temi sensibili che risentono in modo significativo delle caratteristiche socio- culturali dei singoli Stati contraenti, può risultare particolarmente utile recuperare il carattere sussidiario della tutela convenzionale: a tale scopo è prospettabile, come soluzione de iure condendo, il “recupero costruttivo” dello schema delle “gemelle”. In caso di potenziale conflitto tra Convenzione e legislazione nazionale, si potrebbe configurare un vero e proprio obbligo, a carico dell’individuo interessato, di adire in prima battuta il giudice comune ed eccepire il relativo contrasto, pena l’inammissibilità del ricorso a Strasburgo. Ne consegue l’obbligo per il giudice comune di esperire il tentativo di interpretazione conforme a Convenzione e, laddove l’attività ermeneutica avesse esito negativo, l’ulteriore obbligo di sollevare la questione dinanzi alla Corte costituzionale per incompatibilità convenzionale. Se, invece, il giudice comune rigettasse l’eccezione o non motivasse sul tentativo di interpretazione adeguatrice, si potrebbe allora configurare il diritto del singolo di rivolgersi direttamente a Strasburgo, per mancato o non corretto adempimento dell’obbligo di interpretazione conforme a Convenzione.

Come si evince dalla opinione concorrente del caso Parrillo559, l’orientamento convenzionale restrittivo che nega al sistema incidentale italiano il carattere di rimedio interno effettivo potrebbe essere superato se vi fosse una corretta applicazione del sistema delle «gemelle», del relativo obbligo per i giudici comuni di interpretazione conforme a Convenzione e fossero superati i limiti, posti dalla sentenza n. 49/2015, alla vincolatività del solo arret pilote o bien ètablie.

Il recupero delle «gemelle» ed il superamento della giurisprudenza costituzionale più recente e restrittiva dovrebbero, così, ricondurre i giudici di Strasburgo a sanzionare con l’inammissibilità i ricorsi individuali proposti senza il previo esperimento di alcun rimedio nazionale, quindi, privi del carattere della sussidiarietà.

Il prospettato obbligo del singolo di adire, in prima battuta, il giudice comune dovrebbe comunque costituire una regola generale ma non assoluta, suscettibile di essere derogata ogniqualvolta esigenze di particolare urgenza, a garanzia di valori intangibili quali la vita o l’integrità personale, lo richiedano. A titolo esemplificativo, è sufficiente pensare al dramma di coloro che sbarcano ogni giorno sulle coste del Sud d’Italia: una situazione di

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Si tratta, come noto, del Protocollo n. 15, art. 1, che entrerà in vigore una volta firmato e ratificato da tutti gli Stati parte della Convenzione. Alla data del 12.02.2017 gli Stati che ancora non hanno proceduto alla ratifica sono 11, tra questi l’Italia.

559 Si tratta dell’opinione concorrente dei giudici Casadevall, Raimondi, Berro, Nicolau, e Dedov, su cui cfr.

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emergenza che certo non può attendere i tempi “dilatati” del giudizio costituzionale attivato in via incidentale.

Quale contraltare per superare la discrasia segnalata tra approccio formale e sostanziale, il Giudice delle Leggi, oltre a circoscrivere l’operatività dei limiti posti con la sentenza n. 49/2015, potrebbe richiamare, expressis verbis, i principi di diritto ed i prodotti normativi enunciati a Strasburgo in chiave ermeneutica, al fine di corroborare l’interpretazione evolutiva del dettato costituzionale560. Questa soluzione, oltre a rendere esplicito ciò che già è, ovvero il ruolo incisivo di stimolo promanante dai giudici della Convenzione nella individuazione di nuovi interessi suscettibili di tutela, costituisce anche il modo più efficace per rafforzare la razionalità delle argomentazioni ed il grado di accettazione delle declaratorie di incostituzionalità in materie eticamente sensibili e socialmente ancora controverse.

4.2. Corte costituzionale e Corte edu tra attivismo e tratti di incoerenza nel decisum.