• Non ci sono risultati.

materia viva

4. Figure della crisi: forme dell’anacronismo

4.4. Michelangelo Frammartino: L’autenticità del reale in Alberi (2013)

4.4.1. Cos’è l’evento

Ma cosa si intende quando si parla di carattere evenemenziale del reale? E più in generale, cosa si intende quando si parla di evento, riferendosi al pensiero di Gilles Deleuze? Prima di addentrarsi nell’analisi dell’opera di Michelangelo Frammartino, occorre infatti fare chiarezza sul concetto di evento, senza la pretesa di riuscire a semplificare un discorso complesso e articolato come quello che il filosofo francese propone in Logica del

Senso249.

248 La cornice teorica entro cui tutto il presente saggio si muove è da ricondurre al concetto di “evento” così come proposto, in vari momenti, da Gilles Deleuze.

144

Il percorso di Deleuze parte da una critica alla categoria del divenire così come concepita nella logica aristotelica. Aristotele, e tutto il pensiero successivo che a lui si rifà, pensa al divenire come ad un movimento che una sostanza data compie per trasformarsi in qualcos’altro; un uomo che cresce, prima è giovane e poi, in seguito, diviene adulto, in un passaggio da contrario a contrario. L’obiezione che porta Deleuze è che secondo questo approccio il divenire non è propriamente un divenire, quanto più un processo di sostituzione che porta una sostanza (quindi qualcosa che preesiste) a scontrarsi con un accidente; tramite questo scontro la sostanza iniziale cambia e viene sostituita da una nuova, senza dunque che ci sia un vero e proprio movimento, ma perseguendo una logica cronologica di montaggio di situazioni. La proposta del pensatore francese si muove quindi verso un’altra direzione: «Deleuze intende invece pensare il divenire senza ridurlo alla sommatoria di tante immobilità. E per farlo deve mettere in questione due cose. Deve mettere in questione l’ontologia di Aristotele e la grammatica di Aristotele»250. L’ontologia non va più quindi pensata come il risultato dato dalla somma tra una sostanza e gli incidenti a cui va incontro, e la grammatica non è più intesa come l’accostamento di predicato ad un sostantivo già dato in quanto tale. Questo approccio logico e non-ontologico sfida apertamente il pensiero comune, giungendo a definire il divenire non come un processo da contrario a contrario, ma piuttosto come un movimento continuo in cui i contrari coincidono e coesistono, attribuendo al divenire un’istanza continua, diveniente, e non istantanea. Per poter proporre e sostenere un così drastico cambio di paradigma, Deleuze propone

250 F. Leoni, Deleuze. Il divenire come coincidenza degli opposti, in M. Di Martino (a cura di), La questione dell’evento nella filosofia contemporanea, Aracne Editrice, Roma 2013, p. 133. L’ontologia aristotelica pensa l’essere come il risultato di una sostanza più i suoi accidenti, quindi la materia a cui vengono sommate le sue forme, mentre la grammatica accosta un soggetto a un predicato, costruendo le sue proposizioni stabilendo innanzitutto un sostantivo, a cui poi attribuire un aggettivo.

145

un cambio di prospettiva che sposti il centro dell’attenzione dalla sostanza intesa aristotelicamente, quindi il sostantivo, l’entità immutabile, all’incidente, al momento di contrasto, e quindi di mediazione, dei contrari. L’accidente diventa sostanziale, e quindi diventa evento. Deleuze tuttavia non intende porsi su un terreno di scontro esclusivamente con il pensiero aristotelico, la questione posta dal filosofo francese si propone di riconfigurare i criteri di comprensione di un tema che ha animato il dibattito occidentale fin dai tempi di Eraclito e Parmenide251.

È un decisivo e traumatico cambio di prospettiva quello operato da Deleuze, che lo porta a concentrare tutta l’attenzione su questa nuova concezione del divenire. Come scrive Leoni:

Il divenire non sopporta la separazione nella distinzione del prima e del dopo, tra sostanza e accidente, tra soggetto e predicato, tra materia e forma […]. Il divenire, sta dicendo Deleuze, non sopporta la distinzione del prima e del dopo perché è un continuo, e solo il divenire in quanto divenuto è saputo, assunto in una posa e fotografato in una sua verità, solo questo divenire è discontinuo […]. Il divenire è un continuum, sta dicendo Deleuze bergsonianamente […]: pensare il divenire nel suo divenire, non nel suo essere divenuto; pensare il divenire come continuum, e quindi pensare il divenire come un divenire “più vecchio” che dà a vedere il suo prima e il suo “più giovane”, dove è il divenire più vecchio a dare a vedere dietro di sé il “più giovane” come sua provenienza e come sua sostanza, come suo soggetto e come suo fondamento. La sostanza è l’effetto del divenire, non la causa.252

In quest’ottica divengono chiari i presupposti che reggono una delle espressioni più note per esemplificare il concetto di evento deleuziano; ovvero “l’albero verdeggia”. Con questa espressione non si vuole dire che “l’albero è verde”, nel senso in cui a “albero” e a “verde” si attribuiscono caratteristiche di soggetto aristotelico; piuttosto bisogna intendere che l’albero sia una modalità dell’evento “verdeggiare”. Come ricorda Miguel

251 G. Reale (a cura di), Parmenide. Sulla Natura, Bompiani, Milano 2001.

146

de Beistegui, l’evento: «sopprime una proposizione di essenza a vantaggio di una proposizione di modalità […]. L’attributo non esprime più un concetto […] ma un evento o una singolarità presso i quali il soggetto e il predicato si organizzano nel loro rapporto»253. L’evento “verdeggia” si dipana in un continuum e nel momento in cui incontra l’albero diventa “divenuto”, quindi saputo – per riprendere le parole di Leoni – e si dispone in una forma rappresentabile e individuabile per noi.

In sostanza, per chiarire ulteriormente il discorso e evidenziare i presupposti che lo rendono centrale nell’ottica di un ragionamento sulla pratica documentaria, la proposta di Deleuze è quella di un cambio di prospettiva, che si allontana dalla realtà in quanto sostanza aristotelicamente intesa, in quanto essenza data una volta per tutte; la realtà, per come la intende Deleuze, si dà nel momento di mediazione, di incontro tra corporeo e incorporeo, tra uomo e natura. Un approccio che, come si vedrà nelle prossime pagine, presenta notevoli punti di contatto con le pratiche documentarie contemporanee e con l’idea di documentario e di arte propria di Michelangelo Frammartino.