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Che cosa è la medicalizzazione

Nel documento Medicina, filosofia e cognizione (pagine 101-135)

XQ¶DQDOLVLVXOODSHUFH]LRQH del sé corporeo degli utent

2. Che cosa è la medicalizzazione

Negli ultimi decenni, la medicalizzazione ha rappresentato uno dei processi sociali più importanti sviluppatisi nelle VRFLHWj RFFLGHQWDOL &RQ LO WHUPLQH ³PHGLFDOL]]D]LRQH´ VL intende il processo attraverso cui categorie mediche ven- gono applicate ad ambiti precedentemente non considerati di pertinenza medica, oppure come il processo attraverso cui problemi non medici vengono definiti come se fossero problemi medici, cioè come malattie o disturbi (Maturo, 2009, p. 26). Esistono numerosi esempi di medicalizzazio- ne di fatti sociali prima non considerati di interesse medi- FR 6L SHQVL DOO¶$WWHQWLRQ 'HILFLW±Hyperactivity Disorder (o ADHD, la cosiddetta sindrome da deficit GHOO¶DWWHQ]LRQHHLSHUDWWLYLWj DOODVLQGURPHPHVWUXDOHDL GLVWXUEL GD SDQLFR DO GLVWXUER G¶DQVLD JHQHUDOL]]DWR DOOD GHSUHVVLRQH XQWHPSRQRWDFRPH³PHODQFRQLD´ 0DDQ che D IHQRPHQL ³QRUPDOL´ RJJL LQYHVWLWL GL XQ¶DWWHQ]LRQH PHGLFDFUHVFHQWHFRPHLOSDUWRODQDVFLWDO¶LQIHUWLOLWjLO VRQQRO¶LQYHFFKLDPHQWRODPRUWHLOILWQHVVHODWLPLGH]]D RJJLULEDWWH]]DWD³DQVLDVRFLDOH´ 2DOODPHGLFDOL]]D]LR ne della prevenzione per cui oggi si prendono farmaci per

curare la pre±ipertensione e il pre±colesterolo. O, ancora, alla medicalizzazione di condizioni di salute normali per migliorare il proprio stato fisico o le proprie prestazioni intellettuali (doping del fisico e della mente). O, infine, al processo per cui determinati comportamenti storicamente FRQVLGHUDWLGHYLDQWLFRPHO¶DOFROLVPRODWRVVLFRGLSHQGHQ ]DO¶RPRVHVVXDOLWjLOIXUWR FRPHFOHSWRPDQLD ODYLROHQ za intrafamiliare e gli abusi sessuali ai danni dei bambini sono stati progressivamente, anche se non contempora- neamente, fatti passare da badness a madness, cioè da problemi morali e legali a problemi di competenza medi- co±scientifica (Conrad, Schneider, 1992). Si tratta di un numero enorme di condizioni, fenomeni, stati, comporta- menti che, nel giro di pochi decenni, hanno visto comple- tamente cambiare il proprio status al punto che oggi si fa- rebbe fatica a riconcettualizzarli come fatti non medici: si SHQVL DO ULJXDUGR DOOD GHSUHVVLRQH DOO¶DQVLD R DOO¶DOFROLVPR

Secondo il sociologo Peter Conrad, uno dei principali studiosi della medicalizzazione, questa si scompone in tre livelli: concettuale, istituzionale e interazionale.

A livello concettuale, si ricorre a un vocabolario (o modello) PHGLFRSHU³RUGLQDUH´RGHILQire il problema; non è necessario che siano coinvolti molti professionisti della medicina, né che siano necessariamente applicate terapie mediche. A livello isti- tuzionale, le organizzazioni possono adottare un approccio me- dico per trattare un problema particolare in cui O¶RUJDQL]]D]LRQHqFRPSHWHQWH. I medici hanno il diritto di con- cedere EHQHILFLFKHVRQROHJLWWLPLVRORDOO¶LQWHUQRGLRUJDQL]]D zioni che adottano una definizione e un approccio medico al problema, ma in cui le attività quotidiane e routinarie sono compiute da personale non medico. A livello interazionale, i medici sono coinvolti più direttamente. In questo caso, la me- dicalizzazione investe il rapporto tra dottore e paziente, per cui il medico definisce un problema come medico (ad esempio,

fornisce una diagnosi medica) o DIIURQWDXQSUREOHPD³socialH´ con una qualche terapia medica (ad esempio, prescrivendo tranquillanti a chi conduce una vita familiare insoddisfacente). È chiaro dunque che la medicalizzazione riguarda un ampio processo definitorio, che può o no coinvolgere direttamente i medici e le loro terapie (sebbene lo faccia spesso). (Conrad, 1992, p. 211)

Ciò significa che il processo di medicalizzazione è, in sostanza, una questione di definizioni della realtà che for- niscono un determinato significato sociale a determinati comportamenti. La costruzione di nuove categorie medi- che coincide con una nuova percezione sociale della realtà che si fonda su modelli e conoscenze medici (la scienza medica) e un linguaggio specialistico che finisce con il fa- JRFLWDUHFROWHPSRO¶LQWHUSretazione globale del compor- tamento.

3. /DPHGLFDOL]]D]LRQHGHOJLRFRG¶D]]DUGR

Da qualche decennio, il gioco G¶D]]DUGRè stato investito da un crescente processo di medicalizzazione (Rosecrance, 1985; Rossol, 2001). Risale al 1980, il suo inserimento, per la prima volta, nel DSM±III (il Manuale statistico e GLDJQRVWLFRGHLGLVWXUELPHQWDOLOD³ELEELD´GHOODSVLFKLD tria occidentale) dove veniva compreso tra i disturbi del controllo e degli impulsi. Tale inserimento ebbe luogo so- SUDWWXWWR JUD]LH DOO¶D]Lone di psichiatri come Robert Cu- ster, il quale, negli anni Cinquanta del XX secolo, istituì XQSURJUDPPDGLWUDWWDPHQWRSHUJLRFDWRULG¶D]]DUGRVLPL le a quello concepito per gli alcolisti e inaugurò la prima unità di trattamento per giocatori compulsivi, facendo te- soro del lavoro pionieristico dello psicanalista Edmund Bergler (1899±1962), autore del libro Psychology of Gam-

bling   %HUJOHU FRQVLGHUDYD LO JLRFDWRUH G¶D]]DUGR

come una sorta di nevrotico con un complesso edipico irri- solto (Scimecca, 2015, p. 1) o come «un nevrotico manca- to, un malato che non sa di esserlo» (Pini, 2012, p. 61) che presenta sei caratteristiche:

1) FRUUHULVFKLHJLRFDFRQUHJRODULWj>«@ 2) non ha altri interessi oltre il gioco; 3) non impara mai dalle perdite;

4) non si ferma mai quando vince. Egli, infatti, non considera il denaro che ha vinto come risultato del caso, ma come pagamento diretto in base al suo contratto con il Fato;

5) nonostante una iniziale cautela finisce con il ri- schiare somme troppo alte;

6) prova una tensione piacevole±dolorosa fra momen- to della scommessa e risultato del gioco. (Zenaro, 2006, p. 95)

Le teorie di Bergler valorizzavano alcune osservazioni del padre della psicanalisi, Sigmund Freud, il quale, in un suo lavoro su Dostoevskij (1927), definì le inclinazioni al JLRFR G¶D]]DUGR GHOOR VFULWWRUH UXVVR FRPH XQ VRVWLWXWR della masturbazione generato da un senso di colpa edipico. Oggi, nella quinta versione del DSM, il gioco G¶D]]DUGRKDULFHYXWRXQDFRGLILFD]LRQHDQFRUDSLDUWLFR lata e puntuale, che ne certifica senza alcun dubbio la na- tura di disturbo mentale. Secondo il DSM±V, infatti, il ³'LVWXUERGD*LRFRG¶$]]DUGR´ gambling disorder) rien- tra fra i disturbi correlati a sostanze e disturbi da addic-

tion4XHVWRVLJQLILFDFKHLOJLRFRG¶D]]DUGRSDWRORJLFRq

assimilato a una forma di dipendenza da sostanze e può essere trattato con strumenti terapeutici propri dei pro-

grammi per i tossicodipendenti. Inoltre, alcuni criteri ri- chiamano aspetti di antisocialità, psicopatia, ossessività e compulsività, craving, ansia e depressione.

Più precisamente, i criteri diagnostici individuati dal DSM±9SHULGHQWLILFDUHLO³'LVWXUERGD*LRFRG¶$]]DUGR´ sono in sintesi:

1) comportamento problematico persistente o ricorren- WH OHJDWR DO JLRFR G¶D]]DUGR FKH SRUWD D GLVDJLR R compromissione clinicamente significativi, come LQGLFDWRGDOO¶LQGLYLGXRFKHQHOO¶DUFRGLXQSHULRGR di 12 mesi, presenta almeno quattro tra i seguenti comportamenti;

² hD ELVRJQR GL JLRFDUH G¶D]]DUGR FRQ TXDQWLWj crescenti di denaro per raggiungere O¶HFFLWD]LRQHGHVLderata;

² è irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o LQWHUURPSHUHLOJLRFRG¶D]]DUGR

² ha ripetutamente tentato senza successo di con- trollare, ridurre, o interrompere il gioco G¶D]]DUGR

² è VSHVVRSUHRFFXSDWRGDOJLRFRG¶D]]DUGR SHU es., ha persistenti pensieri di rievocare espe- ULHQ]HSDVVDWHGLJLRFRG¶D]]DUGRGLVRSSHVDUH RSURJUDPPDUHO¶D]]Drdo successivo, di pensa- re ai modi per procurarsi denaro con cui gioca- re);

² sSHVVRJLRFDG¶D]]DUGRTXDQGRVLVHQWHDGLVD gio (per es., indifeso, colpevole, ansioso, de- presso);

² dRSRDYHUSHUVRDOJLRFRVSHVVRWRUQDXQ¶DOWUD YROWDSHUULIDUVL ³ULQFRUUHOHSerGLWH´ 

² mHQWH SHU RFFXOWDUH O¶HQWLWj GHO SURSULR FRLQ volgiPHQWRQHOJLRFRG¶D]]DUGR

² ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa, il lavoro, oppure opportunità sco- lastiche o di FDUULHUDSHULOJLRFRG¶D]]DUGR ² conta sugli altri per reperire il denaro per risol-

levare la situazione finanziaria disperata causa- WDGDOJLRFRG¶D]]DUGR

2) iOFRPSRUWDPHQWRGLJLRFRG¶D]]DUGRQRQqPHJOLR attribuibile ad un episodio maniacale. (APA, 2012) Si noti che i criteri indicati per individuare chi è affetto dD'LVWXUERGD*LRFRG¶$]]DUGRVRQRQRQVRORGLWLSRSVL cologico, ma anche sociologico. Ci si rende conto che un individuo gioca in maniera patologica, infatti, (anche) TXDQGRLOJLRFRLQWHUIHULVFHFRQOD³QRUPDOH´YLWDUHOD]LR nale, scolastica o lavorativa, LPSHGHQGRFLRqGL³IXQ]LR QDUH´FRPHXQ³QRUPDOH´FLWWDGLQRRTXDQGRLOJLRFDWRUH assume atteggiamenti molesti ed eccessivamente solleciti nei confronti di chi può dargli denaro per pagare un debito o continuare a giocare. Resta il fatto che la visione psi- FKLDWULFDGHOO¶D]]DUGRFRPHRVVHUYD0DXUR3LQLGLPHQWL ca una caratteristica fondamentale dello stesso, ossia «la sua inequivocabile natura sociale e simbolica che si espri- PH LQHYLWDELOPHQWH QHOO¶DPELWR GL GHWHUPLQDWL FRQWHVWL economici, culturali e storici che ne condizionano O¶LQVRUJHQ]DHODSURJUHVVLRQHª 3LQLS .

A riprova della medicalizzazione crescente del fenome- no, la cura e la prevenzione dei danni causati da slot, grat- ta e vinci e scommesse sono state inserite recentemente (18 marzo 2017) in Italia tra i Livelli Essenziali di Assi- stenza (LEA), forniti gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale. Già precedentemente, il decreto legge 13 set-

tembre 2012, n. 158 (cosiddetto Decreto Balduzzi), con- vertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, aveva previsto che i cittadini italiani potessero essere curati per GAP presso le Aziende Sanitarie. Molto prima, O¶,&'± O¶International Classification Disease) GHOO¶2UJDQL]]D]LRQH 0RQGLDOH GHOOD 6DQLWj 206  DYHYD inserito il gLRFRG¶D]]DUGRWUDL³GLVWXUELGHOOHDELWXGLQLH GHJOLLPSXOVL´4.

Insomma, è oggi opinione professionale comune che il JLRFR G¶D]]DUGR GHEED HVVHUH FRQVLGHUDWR D WXWWL JOL HI fetti, una forma di dipendenza patologica, pur essendo si-

ne substantiaRVVLDSXUQRQSUHYHGHQGRO¶DVVXQ]LRQHGL

sostanze, come nel caso classico della tossicodipendenza. 6LULWLHQHSHUzFKHLOJLRFRG¶D]]DUGRSRVVDFDXVDUHJOL stessi problemi comportamentali della tossicodipendenza (bisogno crescente di giocare, incapacità di tenere sotto controllo il fenomeno, azioni illegali per continuare a giocare, messa a rischio della vita familiare e lavorativa). Esso è, inoltre, spesso associato a disturbi della persona- lità e patologie quali depressione, disturbo bipolare, im- pulsività, abuso di sostanze (alcol, tabacco, droghe di va- ULR JHQHUH  GHILFLW GHOO¶DWWHQ]LRQH FRQ LSHUDWWLYLWj GL sturbi da attacchi di panico e altro ancora. È il fenomeno GHOOD FRVLGGHWWD ³FRPRUELOLWj´ &RULDOH et al., 2015, pp. 218±219).

Questa biomedicalizzD]LRQH GHO JLRFR G¶D]]DUGR KD SRUWDWRDXQDVHULHGLFRQVHJXHQ]H³SRVLWLYH´SHULJLRFD tori patologici rispetto a quando il gioco era considerato VHPSOLFHPHQWH XQ ³YL]LR´ R LPPRUDOH 4XHVWH FRQVH guenze sono così sintetizzate da Brian Castellani:

1) il superamento dello stigma, poiché la condizione di malattia li solleva dai sensi di colpa consentendo lo- ro di ottenere una maggiore comprensione ed accet- tazione sociale;

2) avvertire una minore responsabilità per le azioni passate, sul piano morale, sociale e legale poiché la causa del gioco patologico viene attribuita a fattori esterni, come se la spinta a giocare fosse data da un agente estraneo e più precisamente da una condi- ]LRQH ELRORJLFD FKH O¶LQGLYLGXR VXELVFH GLYHQWDQ done vittima incolpevole (e per la psicoanalisi an- che inconsapevole);

3) LOWHU]RSXQWR>«@FRQVLVWHQHOSRWHUEHQHILFLDUHGL un trattamento ² con tutti gli interessi economici del caso e le annesse preoccupazioni delle compa- gnie assicurative ² poiché senza una diagnosi me- dica ufficialmente riconosciuta, nessun trattamento (e risarcimento) potrebbe aver luogo. (Castellani, 2000, cit. in Pini, 2012, p. 73)

Altre conseguenze riguardano il modo in cui i giocatori G¶D]]DUGRWHQGRQRDGHILQLUVL'LYHUVHULFHUFKHGLPRVWUDQR che, sempre più, le persone designate come giocatori pato- ORJLFLWHQGRQRDGDXWRHWLFKHWWDUVLFRPH³PDODWH´H a defi- nire le proprie esperienze nei termini di un vocabolario nettamente medico, ormai dato per scontato e non più ri- flessivamente problematico (Rossol, 2001, p. 324). Ciò compoUWDFKHLJLRFDWRULG¶D]]DUGRDFTXLVLVFRQRXQYHURH proprio sick role, XQ¶LGHQWLWjGHYLDQWHHPHGLFDQRQGLVVL mile da quanto accade ad altre patologie. Come testimonia un membro di Gamblers Anonymous intervistato da Ros- sol negli Stati Uniti, «Prima di frequentare Gamblers $QRQ\PRXVQRQVDSHYRFKHLOJLRFRG¶D]]DUGRFRPSXOVL

vo fosse un disturbo. Non mi ero mai reso conto di avere questo disturbo. Gamblers Anonymous mi ha insegnato che è un disturbo, che q YHUR H FKH LR FH O¶KR» (Rossol, 2001, p. 326).

Si sHJQDOD LQILQH FKH LO ³'LVWXUER GD *LRFR G¶$]]DUGR´ q FRQVLGHUDWR LQ IRUWH HVSDQVLRQH DQFKH VH non si hanno dati precisi al riguardo, in quanto non esiste allo stato una rilevazione sistematica dei pazienti in trat- tamento presso i Servizi pubblici per le dipendenze da par- te delle Amministrazioni Centrali dello Stato.

A titolo di informazione, si menziona, comunque, che, secondo il precedente DSM±IV, la diffusione tra la popo- OD]LRQHDGXOWDGHO'LVWXUERGDJLRFRG¶D]]DUGRYDULHUHEEH GDOO¶ DO  GHOOD SRSRlazione, con una maggiore diffu- sione tra familiari e parenti di giocatori.

4. Conclusioni

,OSUREOHPDGHOJLRFRG¶D]]DUGRFRPHSUREOHPDPHGLFRq OXQJLGDOO¶DYHUWURYDWRXQFRQVHQVRXQLYHUVDOH0ROWLUL cercatori che hanno studiato il comportamento dei gam-

blers in contesti naturali (ossia in ambienti non medici)

ritengono che non vi siano dati empirici o etnografici che permettano di sostenere che i giocatori siano affetti da un comportamento patologico (Rosecrance, 1985, p. 280). Nonostante ciò, il modello medico ha acquistato un rilie- vo prevalente, nettamente superiore ormai, anche QHOO¶RSLQLRQH SURIDQD DO PRGHOOR GHO JLRFR G¶D]]DUGR FRPH³SHFFDWR´R³YL]LRPRUDOH´ÊYHURVLPLOHFKHWDOH PRGHOOR GLYHQWL O¶XQLFR PRGHOOR GL LQWHUSUHWD]LRQH GHO JLRFRG¶D]]DUGR"/HYLFHQGHQRUPDWLYHVRSUDDFFHQQDWH

lasciano presagire per il momento di sì. Si può sen]¶DOWUR dire che oggi gambling is a disease.

Riferimenti bibliografici

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SXEEOLFD´  RWWREUH  KWWSZZZUHSXEEOLFDLW HFRQRPLDUDSSRUWLRVVHUYD-LWDOLDFRQDGQHZ VJLRFRBGBD]]DUGRBDJOLBLWDOLDQLBLOBSULPDWRBHXURSHR- 

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,0%8&&,*. (2002) DFXUDGL , Mercato ed etica del gioco pubblico, Marsilio, Venezia.

0$7852$  ,PXWHYROLFRQILQLGHOODPHGLFDOL]]D ]LRQHSURVSHWWLYHHGLOHPPLGHOPLJOLRUDPHQWRXPDQR LQ0$7852$&215$'3 DFXUDGL /DPHGLFDOL]]D ]LRQHGHOODYLWD)UDQFR$QJHOL(GLWRUH0LODQR 0$7852$&215$'3   DFXUDGL /DPHGLFDOL] ]D]LRQHGHOODYLWD)UDQFR$QJHOL(GLWRUH0LODQR

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113

Effetto placebo: il modello

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RECUCCI3

1. Introduzione

3HUFKpXQDSLOORODGL]XFFKHURRXQ¶LQLH]LRQHGLVROX]LRQH salina hanno la capacità prima facie di poter indurre un miglioramento di salute nei pazienti? Questa caratteristica qGLVWLQWLYDGHOO¶HIIHWWRSODFHERFKHFRQVLVWHQHOODFDSDFLWj di una sostanza di facilitare dei miglioramenti clinici senza contenere medicinali o proprietà intrinseche che possano rappresentarne la causa (Colloca, Miller, 2011a).

Come avviene, allora, che una risposta terapeutica ven- ga innescata da queste sostanze usualmente ritenute inca- paci di produrre miglioramenti di salute4?

1 Politecnico di Milano, DAStU, Milano, Italia; IFILNOVA Institute of Phi-

losophy, Universidade Nova de Lisboa, Lisbona, Portogallo e Ragnar Nurkse Department of Innovation and Governance, Tallinn University of Technology, Tallinn, Estonia, E±mail: chiffidaniele@gmail.com.

2 Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive, Università di Trento, Ita-

lia, E±mail: sara.sorella@unitn.it.

3 Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive, Università di Trento, Ita-

lia, ORCID: 0000±0001±6043±2196. E±mail: alessandro.grecucci@unitn.it.

4 Per alcuni riferimenti classici VXOO¶HIIHWWR SODFHER VL YHGDQR BEECHER

(1955); KIENLE, KIENE (1977); SHAPIRO, MORRIS (1978). Nel caso in cui

O¶HIIHWWRVLDQHJDWLYRVLSDUODGL³HIIHWWRQRFHER´,QILQHLQOHWWHUDWXUDqULQ WUDFFLDELOHDQFKHODGHILQL]LRQHGL³WRPDWRHIIHFW´RYYHURTXDQdo un tratta- PHQWR HIILFDFH SHU XQD FHUWD PDODWWLD q LJQRUDWR R ULILXWDWR SRLFKp QRQ ³KD pp. 113-133 (settembre 2019)

Negli ultimi decenni vi sono state discussioni e scoper- WH ULJXDUGR O¶HIIHWWR SODFHER FKH SHUz VRQR VWDWH VSHVVR accompagnate da definizioni inconsistenti o problemati- che. Infatti i placebo in passato sono stati etichettati come VRVWDQ]H ³QRQ VSHFLILFKH´ ³LQHUWL´ ³LPSXUH´ R FRQ DOWUH definizioni ambigue che non solo rischiano di rendere più complicato il concetto trattato, ma hanno anche influito VXOO¶DWWXDOH PDQFDQ]D GL XQD GHILQL]LRQH DPSLDPHQWH DF cettata del termine placebo, nonostante i vari tentativi (Miller, Brody, 2011; Colloca, Miller, 2011a; Howick, 2011; Howick, 2017; Louhiala, Hemilä, Puustinen, 2015; Louhiala, Puustinen, 2017). Per esempio, Grünbaum (1986) ha provato a superare il concetto di non specificità definendo il placebo non in virtù dei suoi effetti non speci- fici, ma in virtù dei suoi effetti terapeutici incidentali, quindi non esplicabili con una teoria terapeutica. Nono- stante il suo impegno nel superare il concetto di non speci- ficità, però, è evidente come anche questa definizione non ULHVFDDVSLHJDUHO¶HIIHWWRSODFHERDOO¶LQWHUno di un quadro epistemologico che tenga conto anche dei possibili mec- canismi neurofisiologici che vi sono alla base.

&Lz FKH LQQHVFD O¶HIIHWWR SODFHER QRQ q XQD SURSULHWj intrinseca della sostanza utilizzata ma la valenza di signi- ILFDWR FKH WUDVPHWWH XQ¶Lnformazione al paziente. Infatti, O¶HIIHWWRSODFHERqVRPPLQLVWUDWRLQXQGHWHUPLQDWRFRQWH

VHQVR´DOODOXFHGHOOHWHRULHFRPXQHPHQWHDFFHWWDWHHFROOHJDWHDLVXRLPHFFD QLVPLRSHUO¶D]LRQHGLXQIDUPDFR,OQRPHGHULYDGDOOHUHVLVWHQ]HFKHLQFRQ trarono i popoOL GHO 1RUG $PHULFD QHOO¶DFFHWWDUH LO SRPRGRUR QHOOD SURSULD GLHWD8QIXWXURVYLOXSSRGHOQRVWURPRGHOOR³DIIHFWLYH±meaning±PDNLQJ´SR WUHEEHHVVHUHULYROWRDO³WRPDWRHIIHFW´DOILQHGLFRPSUHQGHUHOHSRVVLELOLGLI ficoltà e resistenze da parte di pazienti H VSHFLILFKH FRPXQLWj QHOO¶DFFHWWDUH trattamenti efficaci. Ringraziamo un referee anonimo per questo interessante spunto.

sto ed è proprio il contesto clinico che veicolando deter- minate informazioni caratterizza i suoi possibili effetti te- rapeutici (Colloca, Miller, 2011a; Zanotti, Chiffi, 2017).

7XWWDYLDQRQRVWDQWHO¶LQWHUHVVHSHUO¶HIIHWWRSODFHERVLD cresciuto negli ultimi anni anche da un punto di vista neu- ropsicologico, non è ancora chiaro il meccanismo fisiolo- gico per cui il messaggio veicolato dal contesto di sommi- nistrazione del placebo possa elicitare i suoi effetti tera- peutici.

Comunque da un punto di vista neuropsicologico, O¶HIIHWWR SODFHER q VWDWR ULFROOHJDWR D GLYHUVL PHFFDQLVPL che potrebbero, in parte, spiegarne il funzionamento. Tra questi, in particolare, il condizionamento classico e le aspettative di un individuo. Il condizionamento classico, che può avvenire sia consciamente che inconsciamente, FRQVLVWHQHOO¶DVVRFLDUHULSHWXWDPHQWHXQRVWLPRORLQFRQGL zionato che elicita naturalmente una risposta neOO¶LQGLYLGXRDGXQRVWLPRORLQWULQVLFDPHQWHQHXWUR SD ragonabile ad una sostanza placebo), fino al punto in cui

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