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Metodologie model±oriented e metodologie data oriented in IA

Nel documento Medicina, filosofia e cognizione (pagine 137-146)

un caso neuroscientifico

2. Metodologie model±oriented e metodologie data oriented in IA

'DJOLDQQL¶40, al fine di riprodurre e investigare i mecca- nismi delle funzioni cognitive, gli scienziati hanno seguito una metodologia nota come metodo sintetico (che in se- guito diverrà metodologia model±oriented) (per approfon- dimenti si veda Cordeschi 2002). Seguendo questo ap- proccio, le macchine sono utilizzate per testare le teorie, GDOPRPHQWRFKHXQ³RUJDQLVPRPHFFDQLFR´ RPDFFKLQD  HXQ³RUJDQLVPRELRORJLFR´ RFRUSR VHPEUDQR FRQGLYL dere alcune «caratteristiche essenziali del fenomeno inve- VWLJDWRULYHODQGRXQ¶RUJDQL]]D]LRQHIXQ]LRQDOHFRPXQHDO di là delle diverse strutture fisiche» (Cordeschi 2008, pas-

sim). Pertanto, l¶obiettivo del metodo sintetico è quello di

testare il meccanismo sottostante la costruzione delle mac- chine, non quello di riprodurre un meccanismo cognitivo. Ciò è reso possibile comparando il comportamento mani- IHVWRGHOODPDFFKLQDFRQTXHOORGHOO¶RUJDQLVPRELRORJLFR Secondo Cordeschi (2000), il primo esplicito tentativo di applicare il metodo sintetico fu la macchina descritta da 6%5XVVHOOQHOWUHQW¶DQQLSULPDGHOODSXEEOLFD]LR ne di Rosenblueth, Wiener e Bigelow (1943), considerata il manifesto della nascente cibernetica. Questa macchina era un dispositivo idraulico che simulava alcune forme di apprendimento associativo. La metodologia di modella- zione comprendeva i tre passaggi che caratterizzano oggi il metodo sintetico: 1) la formulazione di ipotesi; 2) la de- VFUL]LRQHGHOODPDFFKLQDFKH³LQFRUSRUD´WDOLLSRWHVL LO confronto dei risultati ottenuti dalla macchina con quelli dell¶organismo.

Questa macchina, «progettata in modo da incarnare cer- te ipotesi sulla plasticità delle connessioni nervose messe

LQHYLGHQ]DDOO¶HSRFDGDJOLSVLFRORJLSHUVSLHJDUHOHEDVL fisiche dell¶apprendimento», (Cordeschi 2000, p. 315) rappresentava un importante cambiamento, perché una macchina, in grado di modificare il proprio comportamen- to in relazione all¶ambiente ² cioè, in grado di apprende- re ², richiedeva all¶HSRFDXQ¶HVSDQVLRQHGHOORVWHVVRFRQ cetto di macchina. Un altro autore che sottolineava l¶importanza del metodo sintetico era Kenneth Craik. Nel HJOLDIIHUPzFKHHVLVWHXQDGLIIHUHQ]DWUDLO³PHWRGR DQDOLWLFR´FKHLQGDJDO¶anatomia e la struttura neurofisio- ORJLFD GHJOL RUJDQLVPL H LO ³PHWRGR VLQWHWLFR´ 4XHVW¶XOWLPRLQFRUSRUDL³SULQFLSLJHQHUDOL´OHLSRWHVLGL funzionamento della funzione cognitiva, che si applicano sia agli organismi viventi sia alle macchine, considerando entrambi come sistemi adattativi complessi. Craik, tutta- via, LQGLFDYDDQFKHLULVFKLLPSOLFLWLQHOO¶DVVXQ]LRQHGLWDOH metodologia, sottolineando che i modelli materiali (o si- mulazioni) potevano essere ridotti a mere imitazioni del fenomeno, cioè esperienze prive di qualsiasi interesse scientifico per quanto riguarda l¶esplorazione del compor- tamento dell¶organismo, perché non condividevano con gli organismi alcun principio funzionale comune. Infatti, in quegli anni, anche Rosenblueth e Wiener (1945) sottoli- neavano come gli artefatti fossero rilevanti per la spiega- zione nella scienza cognitiva solo se considerati istanze di XQ³PRGHOORWHRULFR´LOTXDOHJDUDQWLVFHODEDVHSHULOFRQ fronto tra il sistema naturale e quello artificiale (vedi an- FKH 7DPEXUULQL 'DWWHUL   /¶LGHD GHO PRGHOOR FRPH test per le teorie diviene quindi cruciale, insieme alla for- mulazione esplicita della nozione di ciclo metodologico, il quale esemplifica i passi sottostanti il metodo sintetico.

È possibile infatti trarre uno schema metodologico per O¶DQDOLVLGHLPRGHOOLVLPXODWLYL VLYHGDODFig. 1.): si os-

serva un comportamento biologico e si individua un parti- colare meccanismo cognitivo che possa generare qual comportamento (parte destra della figura). Allora si co- struisce una simulazione informatica o robotica dell¶ipotesi di meccanismo da valutare; si confronta il comportamento della simulazione con quello che costitui- sce l¶oggetto della spiegazione; concordanze e discrepanze comportamentali vengono considerate basi empiriche per rafforzare o indebolire la valutazione della plausibilità dell¶LSRWHVLVRWWRO¶DVVXQ]LRQHFKHLOVLVWHPDDEELDVLPXOD to accuratamente tale ipotesi (per maggiori dettagli si con- sulti Datteri 2012, Grasso et al., 2000).

In linea generale, come ampiamente discusso preceden- temente e da Cordeschi (2002, pp. 1±10 e pp. 82±115), DOO¶LQWHUQR GHO FLFOR HSLVWHPRORJLFR GHO PHWRGR VLQWHWLFR se il comportamento di un sistema artificiale è simile negli aspetti rilevanti al sistema naturale, si può giustamente as- serire FKH O¶LSRWHVL FKH QH VSLHJKL LO PHFFDQLVPR GL IXQ zionamento incluso nel sistema artificiale stia alla base an- che del sistema naturale. In caso contrario, si può essere LQGRWWLDULJHWWDUHO¶LSRWHVL,OPHWRGRVLQWHWLFRGDOODSULPD ,$ DWWUDYHUVR LO ³FLFOR PHWRGRORJLFR´ GL 5RFKHVWHU LO ³SURFHVVR HOLFRLGDOH´ GL 1HZHOO e Simon arriva fino ai JLRUQL QRVWUL FRQ LO ³SURFHVVR GLDOHWWLFR´ WHRULD±modello descritto da Johnson±/DLUGOD³PRGHOOLVWLFDQHXUDOHVLQWH WLFD´GL(GHOPDQILQRDLVLVWHPLPXOWLDJHQWHHDL³PRGHOOL VLQWHWLFLFRPSOHWL´ &RUGHVFKLFDS ,QWXWWLTuesti FDVLLOPRGHOORqVWDWRYLVWRFRPHXQ³XQWHU]RPRGRGL rappresentazione della teoria, che si affianca ai due più WUDGL]LRQDOLTXHOORYHUEDOHHTXHOORPDWHPDWLFR´ &RUGH schi 2008, p. 176).

Sotto una varietà di assunti epistemologici e metodolo- gici (Webb 2008, Datteri, Tamburrini 2007), il metodo

sintetico può quindi essere utile per identificare il mecca- nismo alla base di un comportamento (osservato). La me- todologia teorica sottostante questo processo può essere FKLDPDWD³PHWRGRORJLDPRGHO±RULHQWHG´ (Datteri, Laudisa 2016).

Oggi, tuttavia, le simulazioni sono utilizzate anche per uno scopo piuttosto differente, vale a dire, per ottenere da- ti comportamentali che sono difficili o impossibili da otte- nere attraverso strategie alternative.

Le simulazioni a livello molecolare ad esempio ² co- me sostenuto da Datteri e Laudisa (2016, p. 26) ² «sono usate come microscopi computazionali (Dror et al. 2012), per predire il comportamento dei canali ionici, in una va- rietà di condizioni fisiologiche».

In un altro ramRTXHOORGHOOD³ELRURERWLFDHYROXWLYD´ un gruppo di ricerca guidato da John Long costruisce ro- bot che riproducono i meccanismi senso±motori e la strut- tura fisica di animali estinti per ottenere il loro comporta- mento in una varietà di condizioni (Long 2012, Plebe, Grasso 2016).

Lo scopo di questa tipologia di studi è di ottenere dati sul comportamento di un sistema che sono difficili o im- possibili da osservare attraverso tecniche più convenziona- li, e non di scoprire un meccanismo sottostante un partico- lare comportamento manifesto. Se si considera uno studio farmacologico, una simulazione di questo tipo potrebbe al- leggerire il carico di invasività provocato dalla sommini- strazione di un farmaco sperimentale ad una cavia animale o umana, costruendo le condizioni a contorno che simula- no le aree celebrali intaccate. Se si considera uno studio di previsione, come quello appena presentato, la simulazione servirebbe a ricostruire varie condizioni che possono aver influito sul cambiamento di una struttura fisica o ambien-

tale in ambito evoluzionistico. Le simulazioni, in questo caso, sono usate per simulare condizioni che non sono empiricamente testabili. Questo uso delle simulazioni può appartenere alle metodologie definite data±oriented (si ve- da anche Boone, Piccinini 2016).

Se rivediamo la letteratura attuale, con particolare rife- rimento ai grandi progetti internazionali, ci rendiamo con- to che di queste due famiglie metodologiche se ne fa un largo uso ² sebbene spesso inconsapevole e, in alcuni ca- si, in maniera contraddittoria (per approfondimenti si veda De Garis et al. 2010). Ad esempio, come Roysam et al. (2009) hanno dichiarato: «tali simulazioni offriranno me- todi più precisi per testare potenziali soluzioni di bio± tecnologia per disturbi cerebrali, come farmaci o impianti neurali» (p. 2). Gli autori suggeriscono che un modello computerizzato del cervello possa aiutare a capire come si modifichi il cervello in particolari condizioni, cioè sotto O¶HIIHWWRGLGHWHUPLQDWLIDUPDFLRGRSRODFRQQHVVLRQHFRQ dispositivi aggiuntivi. Secondo quanto è stato detto, pos- siamo sostenere che questo obiettivo è più vicino alla me- todologia orientata ai dati (Datteri, Laudisa 2016, p. 28). In Eliasmith e Trujillo (2014), invece, si legge che una delle ragioni per costruire simulazioni su larga scala è comprendere disturbi cerebrali inspiegabili, come O¶DXWLVPRHODGLSHQGHQ]D4XHVWRULVXOWDWRqSLYLFLQRDO la metoddologia model±oriented, perché consiste nella implementazione di modelli teorici sottostanti la simula- zione della malattia. Allo stesso modo, Kandel et al.  VRWWROLQHDQRFKH©O¶RELHWWLYR>@GLTXHVWLSURJHWWL è [...] di comprendere meglio le basi anatomiche, moleco- lari e circuitali per le operazioni logiche svolte dal cervello umano» (p. 659). E ancora, il Blue Brain Project (Markram, 2006), per esempio, «mira a comprendere il

FHUYHOORXPDQRVLPXODQGROHVXHIXQ]LRQLDWWUDYHUVRO¶XVR di supercomputer» (ibidem). Come abbiamo visto, ottene- re dati sul comportamento di un sistema che è difficile o impossibile osservare attraverso tecniche più convenziona- li sarebbe un uso orientato ai dati delle simulazioni.

Possiamo dunque sostenere che la scienza cognitiva, ad oggi, si avvale di due famiglie metodologiche. Queste due metodologie sembrano avere obiettivi differenti tra loro: mentre le modellazioni orientate al modello vanno alla ri- cerca del meccanismo esplicativo di un processo cogniti- vo, le simulazioni orientate ai dati cercano di ottenere dati non disponibili attraverso strategie investigative alternati- ve, naturali. La ragione più comune per usare la seconda PHWRGRORJLDqO¶LPSRVVLELOLWjGLRWWHQHQUHLQQDWXUDLGDWL GHVLGHUDWL&LzSXzGLSHQGHUHGDOO¶XVRGLVWUXPHQWLFRQVL derati troppo invasivi, o dal desiderio di economizzare tempo o risorse. Ciò che affronteremo nel prossimo para- grafo sarà la questione che vede due metodologie radical- PHQWHDOWHUQDWLYHO¶XQDDOO¶DOWUDSDVVLELOLGLTXDOFKHWLSRGL integrazione.

2.1. Integrazioni tra livelli di spiegazione

I due tipi di simulazioni, data e model oriented, differisco- no l¶uno dall¶altro nella natura dei loro obiettivi di ricerca. Questa differenza, come vedremo, riflette anche alcune differenze metodologiche tra i due. La prima differenza ri- guarda il confronto tra il sistema naturale e il sistema arti- ficiale. Come visto precedentemente, il banco di prova per le simulazioni model oriented è proprio tale confronto. In- fatti se il sistema artificiale manifesta un comportamento del tutto differente da quello naturale si è indotti a suppor- UHFKHO¶LSRWHVLGHOIXQ]LRQDPHQWRGHOFRVWUXWWRFRJQLWLYR

indagato sia fallace o errato. In tutti i casi non è un buon modello del meccanismo cognitivo preso in esame. Tutto ciò non è parte della metodologia data±oriented, proprio perché non ci sono i dati del sistema naturale da confronta- re con i comportamenti artificiali, poiché le simulazioni data±RULHQWHGYHQJRQRXWLOL]]DWHSURSULRFRQO¶RELHWWLYRGL ottenere dei dati che sono difficili o impossibili da ottenere in modo convenzionale. Cosa può assicurare a questo pun- to che i dati costruiti attraverso questo tipo di simulazione siano corretti? Una seconda differenza riguarda il grado di corroborazione del meccanismo simulato ² la via che tra- duce il modello naturale nel sistema artificiale.

Un requisito metodologico fondamentale degli studi di simulazione del tipo model±oriented è che il sistema arti- ficiale deve simulare con precisione il modello sotto con- trollo ² in caso contrario, non ci sarebbe alcun motivo per sostenere che il comportamento del sistema artificiale sia a sostegno della plausibilità del modello. Non è neces- VDULRWXWWDYLDFKHWDOHPRGHOORVLDXQ³EXRQ´ YDOHDGLUH esplicativo e altamente corroborato) modello di quel com- portamento. Infatti anche se potrebbero essere già disponi- bili alcune prove a sostegno del modello, l¶obiettivo della simulazione model±oriented è esattamente quello di cor- roborarlo ² e per questo motivo non si può assumere che il modello sia un buon modello del sistema prima di effet- tuare gli espeULPHQWLGHOODVLPXOD]LRQH'¶DOWURFDQWRVH condo quanto abbiamo già detto, per un corretto utilizzo della simulazione data±oriented si deve presumere che il modello sia già buono, altrimenti non esistono ragioni per considerare il comportamento della simulazione uguale al comportamento che il sistema avrebbe prodotto in condi- zioni naturali. Per considerare, ad esempio,

O¶RXWSXWGLXQDVLPXOD]LRQHLQIRUPDWLYRVXOFRPSRUWDPHQWRGL una particolare classe di canali ionici ci deve essere garantito che la simulazione si basa sulle migliori teorie disponibili sulla struttura fisica e sulle interazioni molecolari che regolamentano i canali che appartengono a quella classe. (Datteri, Laudisa, 2016, p. 26)

Proporremo adesso due diversi tipi di integrazione tra le metodologie orientate al modello e quelle orientate ai dati.

/DSULPDLQWHJUD]LRQHSXzHVVHUHGHILQLWDFRPH³YHUWL FDOH´4XHVWDLQWHJUD]LRQHVLULIHULVFHDOODSRVVLELOLWjGLLQ VHULUHXQDVLPXOD]LRQHRULHQWDWDDLGDWLDOO¶LQWHUQRGHOFLFOR metodologico (Figura 1) (Cilia 2017). Abbiamo osservato che uno degli obiettivi delle simulazioni orientate ai dati era quello di ottenere dati artificiali, non disponibili empi- ricamente.

Consideriamo ancora il ciclo metodologico, presentato nella Figura 1. Possiamo usare le simulazioni orientate ai dati per produrre dati, che formano a loro volta la base sperimentale della simulazione orientata al modello. In al- tre parole, le simulazioni orientate ai dati potrebbero esse- re sfruttate per generare, in linea di principio, i dati da in- trodurre in una simulazione orientata al modello che, a sua volta, cerca di spiegare il meccanismo alla base del dato ottenuto. In questo caso, il sistema naturale può essere so- stituito dal sistema artificiale nel ciclo metodologico (Fi- gura 1, lato destro).

La simulazione orientata ai dati può anche svolgere un ruolo importante nel favorire una precisione biologica. La costruzione di supercomputer che simulano reti composte da miliardi di neuroni è di per sé un importante progresso tecnologico.

Figura 1. Ciclo metodologico con due integrazioni. Integrazione ver-

ticale a destra e integrazione orizontale a sinistra. FONTE: Cilia 2017.

7XWWDYLDQRQqRYYLRFKHO¶DXPHQWRGHOOHGLPHQVLRQLGL una simulazione sia interessante rispetto alla previsione GHO FRPSRUWDPHQWR GHO FHUYHOOR R DOO¶LQWHJUD]LRQH GHOOH sue parti. Secondo il metodo sintetico, una simulazione ar- tificiale catturerebbe tutti e solo i fattori causalmente rile- vanti per la produzione del comportamento investigato (Boccignone, Cordeschi 2012). Ma, uno dei problemi più QRWLHWXWW¶RUDLUULVROWLGHOPHWRGRVintetico è la sottode- terminazione. Ciò significa che è possibile, almeno in li- nea di principio, generare modelli materiali (simulazioni) equivalenti in termini di comportamenti manifesti.

Allora, come possiamo scegliere quale, tra tutti, spiega veramente il meccanismo cognitivo indagato? /¶LQWHJUD]LRQH ³RUL]]RQWDOH´ SRWUHEEH ULVSRQGHUH D WDOH domanda. Come mostrato nella Figura 1 (lato sinistro) le simulazioni orientate ai dati potrebbero servire come con- troparte simulativa, nel caso di sottodeterminazione, al fi- QHGLYHULILFDUHO¶LSRWHVLGLODYRURVRJJLDFHQWHDOOHVLPXOD zioni alternative (orientate al modello). In questo caso, se una simulazione orientata ai dati è paragonabile, nelle pre- stazioni, alla simulazione orientata al modello, il ricercato-

re dovrebbe essere incoraggiato a rendere il meccanismo cognitivo più esplicito e a confrontare i processi algoritmi- ci sottostanti con quelli di una simulazione orientata ai da- ti. Tuttavia, ciò non implica che una simulazione con maggiore accuratezza biologica sia, necessariamente, più adatta a spiegare il processo cognitivo investigato.

Nel documento Medicina, filosofia e cognizione (pagine 137-146)