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Costi e benefici delle indicazioni geografiche (rispetto ai marchi)

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 120-126)

1. I fondamenti economici della tutela di marchi e indicazioni geografiche

2.2 Costi e benefici delle indicazioni geografiche (rispetto ai marchi)

Il quadro normativo tratteggiato nel primo capitolo, l’analisi economica operata nella sezione precedente ed infine il confronto sintetico appena svolto portano ad una prima conclusione: la tutela della qualità agro-alimentare è affidata principalmente a due diverse tipologie di DPI che, pur presentando una base comune (in sintesi, quella di strumenti di comunicazione di mercato e tutela della reputazione342), si differenziano però notevolmente tra loro. Non sembra quindi superflua la presenza di due strumenti diversi di tutela- nonostante le aree problematiche di sovrapposizione (es.

marchi collettivi geografici), mirando questi a scopi diversi ed essendo differenziati per struttura e natura.343

Se le indicazioni geografiche non sono l’unico DPI utilizzabile per proteggere i prodotti locali e tradizionali, ma nell’impostazione europea, e non solo, - che pare condivisibile- si sostiene che essi sono lo strumento ideale, il migliore per proteggere i “local values”, senz’altro il più specifico e mirato. Nella prospettiva concorrenziale, poi, le diversità tra i due istituti si giustificano in quanto essi rappresentano due modalità diverse e complementari di competizione: tra i due DPI, le indicazioni geografiche rappresentano però per eccellenza lo strumento di concorrenza qualitativa,

del servizio”, mentre l’art. 13, par. 3, reg. 510/2006 espressamente dispone che “Le denominazioni protette non possono diventare generiche”.

342 In definitiva, entrambi sono segni distintivi, pur con le precisazioni già fatte, ed entrambi, usati congiuntamente, contribuiscono a creare “l’identità di prodotto”:cfr A.GARRIDO DE LA GRANA, Geographical indications, cit., p.3: “Geographical indications are objectively recognized in the identification of certain products coming from a region, city or country where there are certain natural and human factors which make them different from others, but those products finally reach the market identified by a trademark.That is, the geographical indications and trademarks reach the market together, through a product which promotes the coincidence of both”. L’Autore alla fine della sua relazione, dedicata all’esperienza del sigaro cubano, si interroga sulla reciproca influenza tra marchio e indicazione geografica, ai fini del successo di mercato: “Who Influences to Whom? Does the Trademark Influence the Geographical Indication, or vice versa?I think that, generally, geographical indications influence trademarks, so that the creation of a trademark linked to a geographical indication gives the trademark great probability of success. We have examples of cigar trademarks that attained world fame linked to the Habano appellation of origin and whose fame declined when they change the origin.The case would be different if the trademark was born outside the area protected by the geographical indication-or even in a group of products different from those protected by the geographical indications-and then were added to the products protected by it. I should emphasize that trademarks which are related to geographical indications may be considered privileged, especially in the case of appellations of origin that are internationally known. Naturally, when I say that the trademark is largely boosted by the geographical indication, this is not absolute, because we cannot forget the role that marketing plays in the birth of a new trademark. If a trademark that is protected by a geographical indication is launched on the market without a good marketing strategy, it is doomed to failure”.

343 Le conseguenze sono evidentemente rilevanti soprattutto sul piano internazionale: C. BRAMLEY – J.F.

KIRSTEN, Exploring, cit., p. p.86: "The question which arises is whether the economic rationale behind geographical indication protection is not already captured under existing trade mark laws. It has proved to be a divisive question which has resulted in an international debate on the protection of geographical indications. Various countries such as the United States, argue that geographical indications are sufficiently protected under existing trade mark laws. Other countries such as the European Union, propose a sui generis4 system for protecting geographical indications.(…) By providing for the protection and registration of geographical indications under trade mark law, geographical indications are treated as a species of trade marks. Although all WTO Members have agreed that geographical indications should be recognized as a form of intellectual property, it should be understood that it differs fundamentally from trade marks”.

cioè basato sulla qualità territoriale, nel settore agro-alimentare. Tale conclusione può essere ulteriormente confermata se si analizzano i vantaggi che le indicazioni geografiche presentano rispetto ai marchi (di cui, però, vanno considerati come contraltare una serie di costi che potrebbero minare l’efficienza e la praticabilità in concreto di una strategia di difesa della qualità basata sulla registrazione di indicazioni geografiche).

2.2.1 Vantaggi delle indicazioni geografiche sul mercato globale

La “preferibilità” dello strumento delle indicazioni geografiche rispetto ai marchi-o comunque la necessità di una protezione specifica e peculiare delle indicazioni stesse –rileva non solo per un rafforzamento della tutela delle indicazioni geografiche all’interno dell’Unione Europea, ma anche per rivendicare- come Unione Europea- in sede internazionale la perdurante necessità di un sistema specifico di protezione, rispetto a quello offerto dal diritto dei marchi344 . Si veda la posizione di OriGIn345, particolarmente significativa per la dimensione internazionale dell’associazione, che riunisce produttori di beni contraddistinti da indicazioni geografiche protette di tutto il mondo. OriGIn, sottolinea l’importanza e la valenza competitiva delle indicazioni geografiche come strumento da valorizzare il più possibile e ribadisce l’ opportunità di un sistema giuridico di protezione delle indicazioni geografiche indipendente da quello dei marchi.

Diverse le motivazioni di tale impostazione346, che si apprezzano proprio in antitesi con le caratteristiche dei marchi, tant’è che i vantaggi delle indicazioni geografiche – da leggere anche in chiave filo-concorrenziale- si traducono in svantaggi del marchio, e cioè in inefficienze dei marchi nel raggiungere i medesimi obiettivi (si noti che tali vantaggi derivano direttamente dalle caratteristiche prima evidenziate delle indicazioni geografiche).

a) Anzitutto, rileva la capacità delle indicazioni geografiche- incentrate sull’origine territoriale- di evitare la ri-localizzazione della produzione, al contrario dei marchi, che, come si è

344 E.O.CACERES, Perspectives for geographical indications, relazione tenuta nell’ambito dell’ International Symposium on Geographical Indications, organizzato congiuntamente dalla WIPO (World Intellectual Property Organization) e dalla SAIC (State Administration for Industry and Commerce of the People’s Republic of China),

Beijing, 26-28 giugno 2007,disponibile in:

http://www.wipo.int/edocs/mdocs/geoind/en/wipo_geo_bei_07/wipo_geo_bei_07_www_81780.doc secondo cui “It is important to first understand why producers choose the GI route to protect local value, before studying the means to achieve the enforcement of GI protection. It is a fact: Millions of producers around the world share a common belief:

a geographical indication is the best tool to protect the property rights on their product’s name.(…) Based on their experience in trying to secure protection of their IP rights, OriGIn members consider that GIs, which are different than trademarks, need to benefit from a different protection system than the one for trademarks. The trademark system is often ill-equipped to provide a protection of geographical names which have specific characteristics that allow them to be a unique development tool.”

345 Si veda il sito: www.origin-gi.com

346 Per le quali cfr E.O.CACERES, Perspectives, cit.p. 2 ss.

visto, pongono l’accento sulla provenienza imprenditoriale piuttosto che geografica347. A ben vedere, è questo un punto di particolare rilievo nel mercato globalizzato: la riaffermazione dell’esigenza “localistica” come strumento concorrenziale sul mercato internazionale ha nelle indicazioni geografiche un alleato giuridico senz’altro più fedele ed “equipaggiato”, rispetto al marchio, il quale, al contrario, è sempre più il simbolo della delocalizzazione produttiva, sistematicamente perseguita dalle società multinazionali.

b) In secondo luogo, l’apertura soggettiva- che si è vista- insita nella natura delle indicazioni geografiche costituisce un vantaggio348 avvertito anche a livello internazionale.

c) Anche la natura collettiva delle indicazioni geografiche e la loro forte inerenza alla comunità locale e alle sue tradizioni produttive349è vista come un aspetto altamente positivo.

d) Un sistema di protezione sui generis delle indicazioni geografiche appare preferibile poi rispetto alla protezione attraverso il diritto dei marchi il quale, malgrado le differenze tra marchi e indicazioni geografiche, in molti Paesi rimane lo strumento di tutela. Infatti, secondo l’esperienza dei produttori, l’affidarsi ad un “trademark regime” risulta complesso, costoso e non sempre efficace, per numerose ragioni,350 le quali fanno concludere per la preferibilità del sistema di tutela

347 Così E.O.CACERES, Perspectives, cit.,p. 3 “A geographical indications is by essence rooted in a region and cannot be produced anywhere else (…).By contrast, trademarks put the emphasis on the company that produces a specific good. It does not matter where the goods are actually produced.”

348 E.O.CACERES, Perspectives, cit., ibidem, “GI protection can be conferred to all producers of the area that comply with the standards of production; it is not compulsory to be part of a collective group. On the contrary, the trademark protection confers an exclusive right to the owner of the trademark or to a collective organization which holds the title of the collective mark for the benefit of all members of a group, excluding however producers that do not belong to that group”.

349 E.O.CACERES, Perspectives, cit., ibidem, “Geographical indications may be the only form of intellectual property that local communities are likely to own. A geographical indication is by essence a collective right to all producers of a GI product. It allows for the protection of existing products, thus respecting the traditional know-how of local communities”.

350 Tali ragioni sono ben sintetizzate sempre da E.O.CACERES, Perspectives, cit., ibidem. L’Autrice, in base all’esperienza dei produttori di tutto il mondo riuniti in OriGIn, sottolinea le seguenti difficoltà correlate ad una protezione delle indicazioni geografiche attraverso il diritto dei marchi e, parallelamente, i vantaggi di una protezione autonoma delle indicazioni geografiche.

1) Anzitutto vi è la difficoltà dovuta al fatto che nel diritto dei marchi è vietata la registrazione di un nome con un significato geografico, ragion per cui i nomi geografici sono spesso proteggibili attraverso i marchi collettivi o di certificazione.Ove però questa possibilità non sussista, i produttori da una parte sono costretti a cercare una limitata protezione chiedendo la registrazione di un marchio solo figurativo, dall’altra si vedono regolarmente rigettare la domanda di registrazione del nome geografico come marchio "on the grounds that GI names are: a simple indication of the place of origin of the goods (i.e. an indication of source), a description of the product, and/or a generic name”.Si verifica così una carenza di tutela, superata invece da un sistema specifico di protezione delle indicazioni geografiche, in quanto “Sui generis GI systems of protection do not face these problems as the GI concept is in essence descriptive of a geographical origin”.

2) Vi è poi il problema, corollario del principio “first in time, first in right” , di quei Paesi in cui i “GI producers” si trovano di fronte a marchi già registrati anteriormente contenenti le proprie indicazioni geografiche. In questo caso, non essendo possibile ottenere a loro volta la registrazione dei loro nomi geografici, la scelta è tra l’intraprendere il procedimento per la cancellazione del marchio o la stipulazione di una transazione con il titolare del marchio: “in both cases, actions launched by GI producers have proved very costly and not always 100% successful!”.

3) Rileva anche lo specifico problema di quelle indicazioni geografiche composte da più di un termine (es.Parmigiano-Reggiano), dal momento che non sempre gli uffici competenti in tema di marchio accettano di registrare ambedue i termini.

sui generis delle indicazioni geografiche351, riconosciute dagli Accordi TRIPs come DPI diversi dai marchi352.

e) Come conseguenza degli aspetti economici che si sono già esaminati e della struttura giuridica del diritto, si può poi sottolineare che “tra i benefici attesi una rilevanza centrale viene attribuita agli incrementi di prezzo ottenibili, sia grazie al plus che il logo DOP-IGP conferirebbe al prodotto (maggiore disponibilità a pagare del consumatore) che attraverso la “ripulitura” del mercato dai “falsi” prodotti che impiegano scorrettamente il nome geografico (riduzione

dell’offerta del prodotto tipico sul mercato)”353.

4)Anche circa la durata della protezione, mentre per il marchio occorre che la registrazione sia rinnovata ogni dieci anni e che via sia l’uso del segno sul mercato, oltre al rischio di volgarizzazione, la protezione accordata alle indicazioni geografiche è temporalmente indefinita a prescindere dall’uso e non è prevista la possibilità di genericizzazione.

5) L’uso di un “trademark regime” per proteggere un’indicazione geografica presenta una copertura in termini di tutela meno ampia di quella offerta da un sistema sui generic in quanto “in general, trademark registration does not cover translation, nor does it prevent the use of the name with “de-localisers” (i.e. “Californian Champagne”) or expressions such as “like”, “style”, etc. By contrast, GI protection covers the name, its translation in any language and the use with expressions like “style”, “type”, “make”, etc. Such is the case for wines and spirits”.

6) Vi è poi una diversa entità dei costi, sia per la registrazione ( “Despite opposite opinions on this regard, the experience of GI producers shows that it is, in general, more costly to obtain legal protection of GIs via trademark systems than via a sui generis regime. The costs of registration of trademarks are from 1400 to 2000 euros per trademark class and the like for Community trademark. In contrary, sui generis systems of GI protection allow for costless registration of their names”), sia per il successivo controllo “Although a trademark registration provides for an exclusive right on the registered name, GI producers sometimes forget that, in most countries, they must continue to assert their rights. They need to carry out a regular monitoring of the markets where the trademark is protected. The cost of surveillance for protecting the trademark is around 2000 €. By contrast, the cost of market surveillance of GI systems is optional”.

7) Infine, la tutela di marchio è affidata all’interesse di parte, all’iniziativa del titolare del diritto; il carattere pubblicistico delle indicazioni geografiche legittima invece la possibilità di intervento dello Stato.

351 Per il successo e la diffusione nel mondo, a livello di tutela nazionale, di tale sistema, cfr ancora E.O.CACERES, Perspectives, cit., p. 4-5.

352 Cfr C. BRAMLEY – J.F. KIRSTEN, Exploring, cit., p.87:“Protection under trade mark systems requires costly registrations. In order to effect full protection multiple registrations may be necessary to protect a single geographical indication in the original language, in translated form as well as in design form. Also, to protect geographical indications internationally under trade mark law, the indication needs to be registered as a trade mark in every country where protection is sought. Given the trend towards greater globalization of markets this could place a considerable burden on a producer which could be considerably alleviated by a transnational system of protection such as the proposed multilateral register. If protection against unauthorized use of a trade mark is sought, it is up to the trade mark owner to institute legal action and carry the concomitant costs. Ideally, a sui generis system would provide for the State to institute action on behalf of those producers entitled to use the designation. This is an important issue for small producers who may not have the resources to ensure effective legal protection under a trade mark system.

Another factor which relates to cost, is the duration of protection under a trade mark system. Trade marks are periodically renewable, usually every ten years. For producers this could result in a considerable cost given that the trade mark would have to be renewed in every country where protection is sought. Under a sui generis system, provision can be made for a once off registration resulting in protection for as long as the conditions for protection are upheld”.

353 Cfr G.BELLETTI- A.MARESCOTTI, Costi e benefici delle denominazioni geografiche, cit., “Tuttavia queste aspettative non sempre vengono realizzate. Ad esempio, una indagine svolta dagli Autori nel 2005” –si fa riferimento a: G.BELLETTI - T.BURGASSI- E.MANCO- A.MARESCOTTI- S.SCARMUZZI, La valorizzazione dei prodotti tipici: problemi e opportunità nell’impiego delle denominazioni geografiche, in C.CIAPPEI (a cura di), La valorizzazione economica delle tipicità locali tra localismo e globalizzazione, Florence University Press, Firenze, 2006, p.169 ss – “su 45 imprese di differente tipologia e dimensione operanti con 4 diversi prodotti ad indicazione geografica della Toscana (Prosciutto Toscano DOP, Pecorino Toscano DOP, Olio Chianti Classico DOP e Fagiolo di Sorana IGP)

2.2.2 I costi della qualità

Nonostante quanto si è appena detto sulla costosità dei marchi, è da notare che anche il ricorso alla tutela mediante indicazioni geografiche non presenta solo benefici, ma anche una serie di costi che, se confrontati con quelli necessari per la registrazione e “gestione” di un marchio risultano altrettanto (o molto più) rilevanti.

L’insieme dei costi- latamente intesi354- delle indicazioni geografiche rappresenta senza dubbio un serio svantaggio di esse rispetto ai marchi (d’altronde, basta rammentare quanto si è

ha evidenziato come la valutazione sulla redditività derivante dall’impiego della DOP-IGP non fornisca risultati confortanti: oltre il 25% delle imprese (distribuite in maniera uniforme tra i quattro prodotti esaminati) dichiara l’impiego della DOP-IGP assolutamente non remunerativo nel breve periodo, mentre un terzo delle imprese ritiene che i maggiori costi siano appena compensati dai maggiori ricavi. Soltanto una delle 45 imprese intervistate ha ritenuto

molto remunerativo l’impiego della denominazione.

E’ importante però considerare che la richiesta di riconoscimento della DOP-IGP e, successivamente, il suo utilizzo da parte delle imprese rispondono spesso a logiche operative e motivazioni che si collocano in una strategia più ampia

rispetto alla valutazione costi-ricavi di breve periodo.

Le imprese esprimono motivazioni sia di tipo “offensivo” che di tipo “difensivo”, e molto spesso non immediatamente

legate a motivazioni di prezzo.

La protezione dall’uso sleale del nome geografico è la motivazione spesso prevalente, almeno per quei prodotti che hanno una reputazione consolidata anche se magari solo su mercati locali o di nicchia e/o che impiegano nomi dotati di per sé di una elevata attrattività (ad es. Toscana o Chianti)”. Gli stessi Autori sottolineano poi una serie di altri effetti positivi secondari per le imprese”:la garanzia fornita sulle caratteristiche del prodotto verso coloro che abbiano conoscenza del sistema di garanzia sottostante il Reg. CE 510/06, a oggi più diffusa presso i clienti intermedi

“professionali” (es. buyer della moderna distribuzione), che finali; la crescita della logica della qualità all’interno dell’azienda grazie all’adozione di sistemi di certificazione della qualità; la qualificazione complessiva dell’offerta (assortimento), che utilizza il prodotto DOP-IGP come una “medaglia”. “Da tutto ciò può derivare il consolidamento di canali commerciali esistenti o l’apertura di nuovi canali e mercati (in particolare GDO, export, canali lunghi).

Non va tuttavia sottovalutato il punto di vista “collettivo”, espresso spesso dalle istituzioni pubbliche locali, per le quali la DOP-IGP è intesa come strumento atto a sostenere i processi di sviluppo locale, dando una maggiore visibilità al territorio e accrescendo il senso di consapevolezza dei soggetti che della filiera del prodotto tipico fanno parte”.In argomento anche G.BELLETTI, -T.BURGASSI-A.MARESCOTTI- A.PACCIANI- S.SCARAMUZZI, Costi e modelli organizzativi nelle denominazioni geografiche, in: D.ROMANO- B. ROCCHI (a cura di), Tipicamente buono. Prodotti tipici, percezioni di qualità lungo la filiera e possibilità di sviluppo del mercato, Milano, 2006, p. 149 ss e G.

BELLETTI-A.MARESCOTTI (2006), I percorsi di istituzionalizzazione delle produzioni agro-alimentari tipiche, in:

D.ROMANO- B.ROCCHI (a cura di), Tipicamente buono. Prodotti tipici, percezioni di qualità lungo la filiera e possibilità di sviluppo del mercato, Milano,2006, pp.121 ss.

354 Si riporta integralmente la tassonomia ricostruita da G.BELLETTI- A.MARESCOTTI, Costi e benefici, cit. I costi possono suddividersi in: 1) Costi preliminari: “consistono nell’insieme dei costi sostenuti per ottenere la protezione della Denominazione, generalmente di natura fissa (indipendenti dal numero delle imprese e dal volume di produzione), che riguardano ad esempio consulenze ad esperti per la predisposizione della relazione tecnica e della relazione storica che accompagnano il Disciplinare, o all’attività di animazione sul territorio”; 2) Costi diretti: “legati alle attività inerenti il controllo per l’accertamento del rispetto del Disciplinare, la cui entità è funzione di molte variabili, quali la tipologia di prodotto e di processo produttivo, l’entità dei volumi produttivi delle singole imprese e complessivi, la struttura della filiera, ma è comunque strettamente dipendente dalle specifiche disposizioni contenute nel Disciplinare e nel Piano di controllo che ne deriva”; 3) Costi indiretti: cioè i “i costi di adattamento strutturale e operativo da sostenere per rispettare i contenuti del Disciplinare, che riguardano sia le imprese (ad es. adattamenti agli impianti e revisione dell’organizzazione e delle procedure interne all’azienda, aumento del costo delle materie prime) che il sistema nel suo complesso (ad es. creazione di sistemi collettivi di supporto)”. 4) Costi di non conformità:

“determinati dal mancato collocamento sul mercato (o dall’inferiore posizionamento sullo stesso) dei prodotti che non sono conformi allo standard qualitativo previsto dal Disciplinare” . “Vi sono inoltre costi complementari, che derivano dalla necessità di realizzare attività promozionali e di vigilare circa il corretto uso della denominazione. Questi costi normalmente sono sostenuti attraverso organizzazioni collettive (ad es. i Consorzi di tutela) e/o Istituzioni pubbliche.

Un’ulteriore categoria riguarda inoltre i costi di esclusione, derivanti dal fatto che alcune imprese che già producevano

appena detto sulla natura pubblicistica del diritto, sulla complessità del procedimento che porta al riconoscimento di una DOP/IGP nel sistema comunitario, sul sistema di controlli tipico di questi DPI)355 e può costituire una ragione di inefficienza dell’istituto dal punto di vista concorrenziale, perché i costi potrebbero scoraggiare le imprese di piccole dimensioni dall’iniziativa di iniziare l’iter di registrazione, e comunque esse potrebbero non essere in grado di gestire in seguito adeguatamente le denominazioni tipiche.356

il prodotto tipico prima dell’ottenimento della protezione comunitaria non hanno poi la possibilità di adattarsi al Disciplinare, con conseguenti mancati introiti e una possibile riduzione del valore degli investimenti legati allo specifico processo produttivo”.

355 Si legga A. CARBONE, La valorizzazione della qualità agroalimentare, cit., ove si sottolineano tali criticità del sistema delle DOP e IGP in Italia: “Le ragioni per cui molte delle Denominazioni e Indicazioni di origine - portate alla luce con un processo che dura spesso alcuni anni e che richiede l’impegno di una pluralità di soggetti - vengono scarsamente utilizzate sono riconducibili a tre principali ordini di circostanze.

In primo luogo vi è il ruolo giocato dalle Istituzioni nel processo di creazione di una denominazione; questo è quasi sempre preminente rispetto al coinvolgimento degli stessi produttori. L’attivismo istituzionale in tal senso trova origine, da un lato, nella progressiva chiusura dei tradizionali canali di sostegno settoriale all’agricoltura, che rende necessaria l’attivazione di politiche che aiutino i produttori ad individuare più efficaci strategie di collocamenti dei prodotti;

dall’altro lato, vi è la relativa facilità di portare avanti queste iniziative che rispetto ad altre hanno costi piuttosto contenuti e riescono ad avere una gran risonanza, non solo nel ristretto ambito degli agricoltori. Conseguenza dell’insufficiente coinvolgimento delle imprese è una attenzione insufficiente agli aspetti tecnico-economici e commerciali – tra i quali vi è in primo luogo la definizione dell’areale di produzione indicato nel disciplinare - senza la quale l’iniziativa non può avere successo in quanto una denominazione o indicazione di origine non rappresenta il punto di arrivo di una strategia di valorizzazione ma piuttosto un punto di partenza. Contrariamente a quanto comunemente si crede, una denominazione non è affatto in grado “automaticamente” di aprire nuovi spazi di mercato, aumentare la disponibilità a pagare dei consumatori, ridurre la concorrenza dei prodotti delle altre aree e scongiurare

eventuali falsificazioni.

In secondo luogo vi sono limitazioni dovute alle dimensioni delle imprese ed alla loro capacità di collocarsi sul mercato in modo funzionale alla valorizzazione della qualità. Come è noto, le quantità prodotte dalle singole imprese possono essere così ridotte da rendere impraticabile l’opzione della trasformazione e/o del confezionamento che, invece, è una condizione necessaria per arrivare al consumatore finale che è disposto a riconoscere la tipicità del prodotto ed a pagare per essa. Inoltre, quasi sempre in aziende molto piccole mancano le capacità finanziarie e imprenditoriali necessarie alla valorizzazione commerciale dei prodotti sui canali più lunghi e complessi sui quali viaggiano le denominazioni.

Se a questa circostanza si aggiunge la scarsa propensione degli imprenditori agricoli italiani ad associarsi in cooperative o a trovare altre forme per gestire in comune fasi della produzione o della commercializzazione, se ne conclude che il vincolo dimensionale agisce tuttora quale forte fattore di limitazione all’uso delle denominazioni. Infine, ad un livello più generale, un ulteriore aspetto di debolezza deriva dall’inadeguato impegno sul fronte della comunicazione e promozione dell’intero sistema della certificazione europea della tipicità agroalimentare. Ciò è causa della scarsa conoscenza da parte dei consumatori del significato di questo sistema di certificazione, della sua distinguibilità dagli altri segni di qualità presenti sul mercato, quando non della sua stessa esistenza” .

356 G. BELLETTI – A. MARESCOTTI, Costi e benefici, cit.,fanno notare inoltre che “il successo “numerico”

delle DOP e IGP in Italia è indice delle considerevoli aspettative che le imprese e i sistemi di imprese legate ai prodotti tipici ripongono nell’ottenimento e utilizzo di questi segni di qualità.

Tuttavia l’effettivo impiego delle DOP e IGP da parte delle imprese permane molto ridotto, fatta eccezione per alcune denominazioni storiche e di alta reputazione (ad es. Parmigiano-Reggiano, Grana Padano, prosciutto di Parma, ecc.).

Evidentemente le DOP-IGP non sono sempre all’altezza delle aspettative, vuoi per le difficoltà connesse al loro impiego effettivo da parte delle imprese, vuoi per i risultati non soddisfacenti che permettono di conseguire sui mercati intermedi

e/o finali.

DOP e IGP possono dunque costituire un utile strumento di valorizzazione per i prodotti tipici e per i territori di origine, a condizione che vengano valutati attentamente e preventivamente i costi e i benefici del loro utilizzo”.

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 120-126)