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Valore concorrenziale degli istituti della proprietà intellettuale

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 65-75)

Dopo aver delineato i capisaldi della politica di qualità come politica di concorrenza, con particolare riferimento ai recenti sviluppi in ambito comunitario, ed aver delineato nei suoi complessi profili il concetto di qualità- nel suo legame con l’istanza concorrenziale, quale emerge dai dati normativi- pare opportuno concludere questo primo capitolo evidenziando la stretta interrelazione che sussiste tra i diritti di proprietà intellettuale –i quali, come si è visto, costituiscono il nucleo forte degli strumenti invocabili a tutela della qualità agro-alimentare- e la tutela della concorrenza. Il discorso,occorre precisare, in questa “coda” di capitolo, non può che essere affrontato in generale, cioè senza specifici riferimenti alla qualità agro-alimentare, dal momento che

161 Cfr la nota esplicativa alle regioni e Province autonome, prot.n.62359 dll’allora “direzione generale delle politiche agricole ed agroindustriali nazionali”, del 3 luglio 2000, (“Pubblicazione dell’elenco dei prodotti tradizionali”), con cui, a chiarimento del DM n.350/1999 si chiarisce che “il nome che individua il prodotto tradizionale non può costituire oggetto di richiesta di deposito e di registrazione come marchio”.

162 “Individuazione dei prodotti agro-alimentari italiani come espressione del patrimonio culturale italiano”.

(in GU n. 93 del 19 aprile 2008 )

163 Interessanti alcune delle premesse del Decreto: “Considerato che l'Italia e' depositaria di grandi tradizione agricole ed agroalimentari e che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e' impegnato in un'azione di difesa della dieta mediterranea attraverso la diffusione, la formazione e la promozione della dieta mediterranea stessa e dei suoi prodotti come base per un'alimentazione sana”; “Vista la dichiarazione congiunta tra Italia e Spagna, sottoscritta ad Ibiza il 20 febbraio 2007 dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali della Repubblica italiana e del Ministrodell'agricoltura, pesca e alimentazione del Regno di Spagna, per la promozione della dieta mediterranea e a tutela della qualita' e della concorrenzialita' delle proprie produzioni alimentari” “Vista la Convenzione Unesco del 2003 sulla salvaguadia del patrimonio culturale immateriale ratificata con legge 27 settembre 2007, n. 167, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2007”

“Ritenuto che i prodotti agroalimentari italiani tradizionali contenuti negli elenchi di cui al decreto ministeriale 18 luglio 2000 e successive integrazioni, costituiscono espressione, oltre che dell'inventiva, dell'ingegno, e del processo di evoluzione socioeconomico delle collettivita' territoriali italiane, anche delle tradizioni e della cultura delle regioni, delle province ed in genere delle comunita' diffuse sul territorio italiano e in quanto tali devono essere oggetto di tutela e della salvaguardia da parte delle istituzioni italiane”

la dottrina in generale se ne è occupata e che esso presenta una valenza molto più ampia del nostro specifico argomento, e investe le basi stesse della disciplina industrialistica.

Dopo questa breve, necessaria chiosa, ci si potrà re-immergere, nel prosieguo del lavoro, nelle problematiche specifiche della qualità agro-alimentare.

3.1 Il principio concorrenziale come criterio di reductio ad unum del diritto industriale

Per inquadrare il legame tra proprietà intellettuale e concorrenza, si può anzitutto partre da un dato, e cioè dall’elementare constatazione che il contenuto tradizionale del diritto industriale, quale viene attualmente insegnato in Italia a livello accademico, è, com’è noto, bipartito, e che in esso convivono tanto gli istituti della proprietà intellettuale quanto il diritto della concorrenza. Lo studio delle interrelazioni tra queste due aree, che sempre più si profila quale cuore pulsante dell’intera materia industrialistica, è allo stesso tempo una delle prospettive più interessanti e fruttuose nell’ approccio ai singoli istituti e si pone come indispensabile chiave di lettura nel concreto operare giuridico, ragione per cui è anche la prospettiva del presente lavoro, con riferimento alla tutela della qualità agro-alimentare.

Già da un primo sommario sguardo, però, balza agli occhi il potenziale conflitto tra l’attribuzione di diritti di esclusiva (quindi, dotati di una carica monopolistica) e le regole, invece, a tutela della fisionomia concorrenziale del mercato, che proprio i rischi monopolistici dei comportamenti delle imprese intendono combattere.

La domanda fondamentale che si pone è anzitutto quella sulle ragioni della coabitazione nella casa comune del diritto industriale di due anime che sembrano così confliggenti: si tratta soprattutto di rinvenire un criterio unificatore non si tratta solo di un’ esigenza sistematica di reductio ad unum che salvi l’unitarietà della materia e ne configuri l’autonomia scientifica nell’ambito delle discipline commercialistiche164; che possa essere utile strumento ermeneutico, facendo luce sulla natura degli istituti e sulla applicazione delle norme, per giungere ad una valutazione di complementarietà più che di opposizione165.

Il criterio che autorevole dottrina166 ha individuato è proprio il principio concorrenziale: i singoli diritti “monopolistici” di privativa non sono attribuiti che quali strumenti competitivi, in funzione, cioè, della gara concorrenziale, la cui libertà, poi, il diritto antitrust mira a tutelare a

164 Per distaccare una branca giuridica da altre occorre, infatti, che tutti gli elementi che si riconducono a una species, della species presentino un identico quid che sia specificante rispetto al genus.

165 Una volta trovato il “collante” che tiene insieme concorrenza e proprietà intellettuale nel diritto industriale - scoprendo magari che tale elemento comune appartiene intrinsecamente alla struttura e alla funzione degli istituti considerati - si getterà nuova luce sulla natura e sulle finalità stesse degli istituti, conquistando un utile strumento di interpretazione e razionalizzazione

166 Ascarelli, Franceschelli, Ghidini, Mangini nelle opere che si vanno via via citando.

livello di struttura di mercato167. Il capostipite di tale indirizzo è l’ Ascarelli168, secondo il quale la portata concorrenziale degli istituti della proprietà industriale è il criterio più idoneo ad offrire un quadro unitario entro cui ordinare i vari istituti per tradizione raccolti con la denominazione di diritto industriale.169

Tali istituti esplicano la loro funzione in un sistema economico caratterizzato dalla produzione industriale di massa170 e dal principio di libero esercizio dell’attività economica171, in cui occorre regolare giuridicamente il fenomeno concorrenziale172. Anzi, è proprio la teoria della concorrenza a costituire la materia del diritto industriale173 e il riconoscimento delle esclusive all’utilizzazione di creazioni intellettuali non è che un aspetto da disciplinare (il principale, anzi) per regolare la libertà di concorrenza.174 E’, questa dell’Autore, una prospettiva molto interessante: egli considera in modo strumentale la tutela della proprietà industriale, quale limitazione (necessaria) al principio generale di concorrenza175. La regolamentazione della proprietà industriale è quasi un sottoinsieme rispetto alla disciplina della concorrenza, essendo gli istituti del marchio e del brevetto strumenti indispensabili in un mercato concorrenziale, anzi strumenti regolatori del mercato.176

La più chiara impostazione del problema dei rapporti tra le varie discipline ricomprese nel diritto industriale è poi, più recentemente, quella di Ghidini177. L’Autore anzitutto sottolinea la comune riferibilità tanto degli istituti della proprietà industriale quanto della disciplina antitrust

167 Dapprima, allorché sia la tutela della concorrenzialità del mercato sia quella della proprietà intellettuale iniziarono ad essere parte delle trattazioni di diritto industriale, questo apparve subito essere “una coperta troppo corta”:

così, gli studiosi della materia iniziarono a giustificare l’ inserimento degli istituti del diritto industriale in una disciplina unitaria, proponendo vari criteri (l’ azienda, la categoria dei beni immateriali, la natura concorrenziale dei fenomeni considerati etc).

168 T.ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali. Istituzioni di diritto industriale, Milano, 1960, p. 44 : “Nel riferirci alla concorrenza, siamo mossi dalla necessità di trovare un comune punto di riferimento di una serie di istituti che la tradizione fa rientrare nell’ambito del diritto commerciale e, poi, nel quadro di questo, in quello del diritto industriale”.

169 “Il criterio seguito in queste pagine è quello dell’ unità ritrovabile in una serie di istituti sotto il punto di vista della concorrenza: per questa disciplina riteniamo poter adottare il nome di diritto industriale” dato che la massima parte degli istituti appartengono a quelli tradizionalmente appartenenti a tale disciplina”: T. ASCARELLI, Teoria, cit., p. 46.

170Ascarelli parte dalla constatazione che la produzione industriale di massa caratterizza ormai la struttura economica della nostra epoca e può dirsi fenomeno davvero “privo di ricorsi storici” e “comune premessa dei dialoghi del diritto attuale , che, pur nel contrasto di orientamenti e soluzioni, sempre si riportano vuoi alla necessità di dare incremento a una produzione industriale in massa, vuoi ai problemi posti da questa”: T. ASCARELLI, Teoria, cit., p.

49. La produzione industriale di massa è anche il fatto che giustifica la denominazione di diritto “industriale”: cfr T.ASCARELLI, Teoria, cit., p. 4.

171 Cfr l’art 41 della Costituzione.

172 Oggetto della trattazione dell’Ascarelli è proprio la teoria giuridica della concorrenza, che l’Autore afferma rientrare a pieno titolo in un’esposizione di diritto commerciale- industriale.

173 Cfr T.ASCARELLI, Teoria, p. 42.

174 T.ASCARELLI, Teoria, cit., p. 10.

175 In un sistema concorrenziale gli uomini, secondo l’Autore (ASCARELLI T., ibidem) sono considerati

“soggetti maturi” e non “fanciulli da guidare dall’ alto”.

176 Cfr V.MANGINI, Manuale breve di diritto industriale, Padova, 2001, p.3.

177 In G.GHIDINI, Profili, cit.

all’impresa178, sebbene con prospettive diverse (tutela delle singole imprese nell’ attribuzione di strumenti “competitivi” - tutela della fisionomia concorrenziale del sistema imprese, il mercato).

Poi, dopo aver sostenuto la tesi della funzione concorrenziale anche delle privative industriali, conclude fondando il “sistema” di diritto industriale proprio sul comune riferimento al principio generale di concorrenza.179

Il diritto industriale è dunque il teatro dell’agone tra proprietà (diritti esclusivi individuali180) e libertà ( del mercato), l’ areopago in cui s’intesse (più che in altri ambiti) la dialettica tra monopolio e concorrenza, e, a un livello diverso e più ampio, tra economia e diritto.

Dunque, l’attribuzione delle esclusive industriali non ha altro fine che promuovere l’innovazione e gli investimenti, la trasparenza e la pluralità sul mercato, e dunque in definitiva il progresso economico e il benessere del consumatore, tutte istanze che l’analisi economica, fin dalle prime teorizzazioni classiche e nonostante tutti i limiti individuabili, dimostra perseguibili solo in un mercato di tipo concorrenziale. A ciò si aggiunga la valenza ultra-economica dell’istanza concorrenziale (tutt’ altro che secondaria nella sua affermazione e tutela giuridica), storicamente legata ai valori liberali (uguaglianza, democrazia, libertà economica e politica). Entrambe le aree del diritto industriale mirano dunque a tutelare, sebbene a livelli e con modalità differenti, tale complesso di valori, economici e non, per cui l’unitarietà e sistematicità della materia si rinviene sul piano della convergenza teleologica pro-concorrenziale181.

3.2 La dialettica concorrenza-proprietà intellettuale: conflitto e convergenza

Dunque, già dalla struttura del diritto industriale, la prospettiva dell’interrelazione tra proprietà intellettuale e concorrenza appare essere il vero punto cruciale della materia, su cui si gioca l’applicazione concreta delle norme.

Per esprimere l’irriducibile rapporto di conflitto-convergenza tra i due termini del binomio, appare quanto mai utile l’impostazione del Franceschelli, che è stato il primo a parlare

178 Il che mantiene anche il legame del diritto industriale col diritto commerciale.

179 “In conclusione, è questa multiforme convergenza teleologica su profili effettuali sostanzialmente affini che fonda, propriamente, il ‘sistema’ del diritto industriale. E che giustifica, sul piano interpretativo, il riferimento (anche) della disciplina speciale della proprietà intellettuale al principio generale della libertà di concorrenza, la stella polare dell’ intero sistema”: G.GHIDINI, Profili, cit., p. 11 e 12.

180 Anche se il caso delle indicazioni geografiche è particolare, come si vedrà, non essendone chiara la natura e la titolarità.

181 E’ appena necessario notare l’importanza di uno strumento di indagine e razionalizzazione sufficientemente versatile nell’esame di una tematica in cui economia e diritto sono simbioticamente fuse: lo strumentario imprescindibile è quello dell’ analisi economica del diritto, che permette di seguire la “trasfusione” delle esigenze economiche nell’ ordinamento sulla base di predefiniti criteri.

esplicitamente in Italia di funzione concorrenziale degli istituti del diritto industriale182 e che non a caso ha approfondito il tema della concorrenza monopolistica, modello in cui, come in un “felice ossimoro”183 convivono i due termini antitetici del monopolio e della concorrenza perfetta, il cui connubio è nella realtà inscindibile.

Precisamente, la categoria filosofica usata dall’ Autore per indicare il rapporto concorrenza – monopolio è quella della dialettica 184. Come per ogni antitesi che tende a divenire sintesi, la funzione concorrenziale è perseguita attraverso la negazione (temporanea, di regola) della concorrenza, con l’ attribuzione di un diritto di esclusiva. Funzione e struttura sembrano scontrarsi, però, solo per realizzare la finalità (pro – concorrenziale) dell’istituto di marchio o di brevetto185.

L’ approfondimento dell’ analisi economica può confermare che la ragione ultima che muove gli istituti di proprietà industriale e del diritto della concorrenza è comune: essa è individuabile nella promozione del progresso tecnico, che è interesse generale, e del benessere del consumatore, beneficiario di quell’ abbassamento di costi e di prezzi stimolato dalla libera concorrenza e di quel miglioramento tecnico (innovazione) che la concorrenza produce.

Quindi, se si riflette sulla funzione di incentivo al gioco concorrenziale attribuita alla proprietà industriale, il conflitto tra concorrenza e proprietà industriale si attenua: tra i due raggruppamenti di istituti c’è la medesima tensione allo sviluppo economico e al progresso tecnologico. Per garantirli occorre tanto riconoscere un diritto di esclusiva sulle creazioni intellettuali e sui segni distintivi, quanto ordinare la gara concorrenziale, in modo da prevenire e reprimere le eventuali involuzioni monopolistiche del mercato (Floridia parla di “compatibilità funzionale” tra proprietà intellettuale e concorrenza186).

Affermando che la comune finalità pro – concorrenziale unisce proprietà industriale e concorrenza, non si vuole, peraltro, negare che un tendenziale e sempre latente trade - off, almeno potenziale, vi sia. E’ cioè incontestabile che, visto che i diritti di proprietà hanno come obiettivo di conferire al loro titolare una posizione di “monopolio”, essi siano suscettibili di creare tensioni con l’ obiettivo perseguito dalle regole di concorrenza187.

182 R. FRANCESCHELLI, Valore attuale, cit. L’Autore, proponendosi di rinvenire quale sia l’ elemento funzionale tipico degli istituti del diritto industriale, dopo aver delineato la nozione di concorrenza, il ruolo attuale del principio concorrenziale nel nostro sistema costituzionale - posto il collegamento tra concorrenza e libertà e tra diritto ed economia in questo settore- precisa che il modello di concorrenza perfetta è solo ideale, mentre in concreto il mercato opera in una situazione di concorrenza monopolistica.

183 L’espressione è di G. GHIDINI.

184 Cfr R. FRANCESCHELLI, Valore attuale, cit., p. 268.

185 Cfr anche G. GHIDINI, Profili, cit., p. 1.

186 Cfr G. FLORIDIA, La proprietà industriale nel mercato comune, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da F. GALGANO, V, Padova, 1982, p. 385.

187 Cosa che avviene acnhe, come si vedrà, nel settore dell’agro-alimentare, a proposito ad es. dei marchi regionali

Ma ciò non significa che i conflitti fra i due sistemi siano inevitabili, né che esista fra di essi una incompatibilità di fondo, proprio perché sussiste un orientamento teleologico comune, un guardare nella stessa direzione. Non è un caso che tutti i Paesi industrializzati – gli stessi che si ispirano a principi di libera concorrenza - proteggano i diritti di proprietà industriale: se lo fanno, è perché vedono in essi uno strumento di promozione del progresso tecnico ed economico, istituti di interesse generale prima che individuale.

Anche Ghidini sottolinea che la distinzione tradizionale tra proprietà intellettuale e concorrenza sleale (tutela individuale delle imprese)/ antitrust (tutela del mercato) non deve fra dimenticare “il più complesso intreccio di relazioni e funzioni delle due componenti fondamentali del diritto industriale”188 dal momento che “dal punto di vista teleologico il profilo di protezione di diritti esclusivi delle singole imprese e quello di tutela della fisionomia concorrenziale del mercato non sono necessariamente antagonisti” perché “la stessa attribuzione di diritti esclusivi - in questo senso, di monopolio - come quelli di brevetto e di marchio, svolge una funzione pro – concorrenziale”.189

La difficoltà nel trovare stabili equilibri risiede però nel fatto che rimane pur sempre il

“monopolio” la molla del processo concorrenziale190: gli operatori in concorrenza agiscono per prevalere.

In tali complesse relazioni di “conflitto-convergenza” tra proprietà intellettuale e libertà concorrenziale si inserisce, quindi, anche la problematica della tutela della qualità agro-alimentare e del coordinamento tra i molteplici istituti che rilevano rispetto ad essa.

188 G. GHIDINI, Profili, cit., p. 8.

189 G. GHIDINI, ibidem.

190 Cfr R. FRANCESCHELLI, Struttura monopolistica, cit., p. 246

Capitolo II

MARCHI E INDICAZIONI GEOGRAFICHE “IN CONCORRENZA”:

CONFLITTI E SINERGIE

“Man lives, thinks and dies using symbols.

From the cross of the delivery hospital to the cross on the grave, man’s life is lived by learning symbols, using them and creating new ones”.

(N.ECONOMIDES, in The Trademark Reporter, 1988)

SOMMARIO

Premessa. Marchi e indicazioni geografiche: “amore-odio” nella famiglia dei segni distintivi.

1. I fondamenti economici della tutela di marchi e indicazioni geografiche 1.1. Il marchio tra funzione informativa e tutela della reputazione

1.1.1. Il marchio come strumento di trasparenza

1.1.1.1. La funzione sintetica e simbolica del marchio

1.1.1.2. Il marchio come mezzo di attenuazione delle asimmetrie informative:

le “unobservable features”

1.1.1.6 Il marchio come strumento di riduzione dei costi di ricerca del consumatore 1.1.1.7 Marchio e linguaggio del mercato: la genericità dei segni.

1.1.1.8 Il marchio come informazione qualitativa sul prodotto e incentivo al suo mantenimento 1.1.2 Il marchio come strumento di differenziazione

1.1.2.1 Marchio e pluralità di operatori

1.1.2.2 Il marchio come diversificatore di varietà nei prodotti

1.1.2.3 Il marchio, strumento di orientamento del giudizio del consumatore 1.1.3 Il marchio come strumento di tutela della reputazione

1.1.3.1 Marchio e potere di mercato. Profili antitrust.

1.2. Le indicazioni geografiche: strumenti di mercato e di sviluppo locale

1.2.1 Le indicazioni geografiche come strumento di informazione e tutela della reputazione 1.2.2 Indicazioni geografiche e potere di mercato

1.2.2.1 Differenziazione e competizione nei mercati di nicchia 1.2.2.2 Creazione di valore aggiunto

1.2.2.3 Le indicazioni geografiche come “club goods”e monopoli collettivi 1.2.2.4 Barriere all’ entrata

1.2.3 Mezzi di promozione delle realtà locali e dello sviluppo rurale 1.2.4 Strumenti di tutela della traditional knowledge

2. Dal ruolo economico all’istituto giuridico: un confronto tra marchi e indicazioni geografiche 2.1 Principali differenze tra marchi (in particolare collettivi) e indicazioni geografiche

2.1.1 Funzione: origine imprenditoriale e origine geografica

2.1.2 Struttura: utilizzabilità dei nomi geografici (rilevanza della capacità distintiva), novità, tipologia di prodotti

2.1.5 Natura (e suoi corollari): diritto pubblicistico e diritto privatistico 2.1.6 Circolazione del diritto e profili temporali della tutela

2.2 Costi e benefici delle indicazioni geografiche (rispetto ai marchi) 2.2.1 Vantaggi delle indicazioni geografiche sul mercato globale 2.2.2 I costi della qualità

3. Un solo mercato e tanti segni di qualità: il rapporto tra marchi, indicazioni geografiche e istanza concorrenziale nell’ ordinamento comunitario

3.1 Tutela della qualità e libera circolazione delle merci nel mercato unico 3.1.1 Gli artt. 28 (già 30) e 30 (già 36) del Trattato comunitario

3.1.2 Criteri generali di soluzione del conflitto tra DPI e concorrenza (uso ragionevole, esistenza / esercizio, oggetto specifico, rule of reason)

3.1.3 Principi e soluzioni giurisprudenziali nel settore agro- alimentare

3.1.3.1 “Sekt” (1975): legame territoriale e ampiezza della zona di produzione

3.1.3.2 “Eggers” (1978): diritto a una denominazione di qualità (diversa da un’indicazione geografica) e “caratteristiche obiettive intrinseche” del prodotto

3.1.3.3 “Cassis de Dijon” (1978) e “Buy Irish”(1981): quando la qualità (nazionale) non giustifica il protezionismo

3.1.3.4 “Exportur” (1992): lealtà della concorrenza e tutela della reputazione

3.1.3.5: “Pistre” (1997) e “Warsteiner” (2000): la difficile nozione di “indicazione geografica semplice” e la necessità di tutela (nazionale)

3.1.3.6 segue. Il caso “Bud”(2003 e 2009): indicazioni geografiche semplici e indirette ed esigenze concorrenziali, tra tutela comunitaria e nazionale

3.1.3.6.1 Bud I (2003):lo spazio e la giustificazione delle indicazioni geografiche semplici e indirette

3.1.3.6.2 Bud II (2009): la natura esauriente del sistema comunitario di tutela delle indicazioni geografiche registrate (al contrario dei marchi comunitari) 3.1.3.7 “Markenqualitat” (2002) e “marchio di qualità vallone” (2004): limite territoriale e limite

merceologico alla legittimità dei c.d. “marchi territoriali di qualità”. Qualità obiettiva e apertura soggettiva a tutti gli operatori comunitari.

3.1.4.8 “Gorgonzola/Cambozola” (1999): la possibilità di provvedimenti nazionali a tutela delle indicazioni geografiche registrate (contro marchi evocativi)

3.1.4.9 “Rioja” (2000) , “Grana Padano” e “Prosciutto di Parma “(2003): condizionamento in zona e prevalenza della tutela della qualità e della reputazione

3.1.4 Nuove domande di tutela locale e mercato unico:problemi irrisolti e proposte 3.1.4.2 La legittimità delle denominazioni comunali di origine (De.C.O.)

3.1.4.2.1 Le ragioni delle De.C.O, tra tutela della qualità e principio di sussidiarietà 3.1.4.1.2 De.C.O. e problemi concorrenziali

3.1.4.1.3 segue:De.C.O. e indicazioni geografiche registrate

3.1.4.1.4 Un caso emblematico:la De.C.O. del Comune di Gorgonzola 3.1.4.2 La legittimità dei marchi c.d. territoriali

3.1.4.2.1 Marchi pubblici o privati? Un tentativo di soluzione 3.1.4.2.2 segue: Il caso del marchio “Speck Alto Adige”.

3.1.4.2.3 Quid pluris (rispetto alle indicazioni geografiche) o alternativa?II problema della coesistenza

3.1.4.2.4. segue: alcuni esempi concreti (Colossella, Piacenza 100 Sapori/Piacere Molise, Ambra di Talamello)

3.2 I conflitti tra segni sul mercato comune: regole per la trasparenza e la tutela della reputazione 3.2.1 Il rapporto tra marchi e indicazioni geografiche nel diritto comunitario: il profilo temporale

3.2.1.1 L’art.14 del Reg.(CE) n.510/2006

3.2.1.2 Il problema del momento rilevante per l’anteriorità

3.2.1.3 segue: il rapporto tra l’art. 3 comma 4 (già art. 14 comma 3 del Reg.(CEE) n.2081/92) e l’art. 14 comma 2 del Reg.(CE) n. 510/06 (ovvero:il caso Bavaria)

3.2.2 Il rapporto tra marchi e indicazioni geografiche nel diritto comunitario: il profilo sostanziale 3.2.2.1 L’art. 13 del Reg. (CE) n.510/2006 e l’art. 7 del Reg. (CE) n. 207/2009

sul marchio comunitario: la tutela delle indicazioni geografiche nei confronti dei marchi 3.2.2.2 Gli strumenti di tutela previsti dal regolamento sul marchio comunitario

3.2.2.3 Usurpazione (e tutela “extramerceologica”) delle indicazioni geografiche:i marchi Barolo e Lardo di Colonnata

3.2.2.4 L’ evocazione delle indicazioni geografiche (mediante i marchi) 3.2.2.4.1 Il caso Gorgonzola/ Cambozola (e Danazola) 3.2.2.4.2 Il caso Gerry /Kerry

3.2.2.4.3 Parmesan: un verdetto a due facce

3.2.2.4.3.1 Traduzione, evocazione, genericità: il rapporto tra “Parmesan” e “Parmigiano Reggiano”

3.2.2.4.3.2 Protezione ex officio? Il “no” della Corte

3.2.2.5 La genericità delle denominazioni e la sua ambivalenza concorrenziale 3.2.2.5.1 Feta: le alterne vicende di un formaggio

3.2.2.5.2 Il marchio comunitario Grana Biraghi contro la DOP Grana Padano, tra genericità ed evocazione

3.2.2.5.3 Etichettatura ingannevole, genericità di una denominazione in pendenza del procedimento di registrazione, uso in buona fede e rapporto con i marchi collettivi: le molteplici questioni del caso “Salame Felino” al vaglio della Corte di Giustizia e del Consiglio di Stato

3.2.2.5.3 .1 La sentenza della Corte di Giustizia del 10 settembre 2009 3.2.2.5.3 .2 La decisione del Consiglio di Stato del 29 settembre 2009

Premessa. Marchi e indicazioni geografiche: “amore-odio” nella famiglia dei segni distintivi.

Nel precedente capitolo si è cercato di tratteggiare nella sua problematicità il concetto di qualità agro-alimentare ed il complesso quadro normativo che ha come scopo la sua tutela, ponendo in rilievo l’orientamento filo-competitivo degli istituti ed il nesso che anche nel settore agro-alimentare lega proprietà intellettuale e concorrenza.

Questo capitolo è dedicato all’approfondimento del legame che intercorre tra i due strumenti principali impiegati nella politica di tutela della qualità- intesa nel contempo come strategia concorrenziale- a livello nazionale, comunitario e internazionale: oggetto delle pagine che seguono è infatti il rapporto tra marchi, in particolare collettivi, e indicazioni geografiche, argomento cruciale di qualsiasi riflessione nel settore agro-alimentare.

Non è un caso che la relazione tra marchi e indicazioni geografiche sia uno degli argomenti maggiormente dibattuti, in sede di riforme normative come di applicazioni giurisprudenziali, e che ancora non abbia trovato una sistemazione definitiva.

Da una parte, essa va a toccare il problema dottrinale della definizione dell’ indicazione geografica come diritto di proprietà intellettuale, questione che si apprezza proprio nel rapporto con il diritto di marchio. L’alternativa è infatti tra autonomia o assorbimento nella categoria”sorella” dei marchi: la scelta comporta, tra l’altro, una diversa impostazione dei sistemi di tutela delle indicazioni geografiche, e precisamente la scelta tra riconducibilità al diritto dei marchi oppure

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 65-75)