• Non ci sono risultati.

Il marchio tra funzione informativa e tutela della reputazione (e degli investimenti)

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 75-96)

1. I fondamenti economici della tutela di marchi e indicazioni geografiche

1.1. Il marchio tra funzione informativa e tutela della reputazione (e degli investimenti)

E’ soprattutto sul marchio che l’analisi economica del diritto191 si è soffermata. L’analisi dei fondamenti economici del diritto di marchio costituisce pertanto il necessario punto di partenza, sia perché il marchio è uno dei due istituti fondamentali da tenere in considerazione, sia perché la riflessione sui marchi è per buona parte utilizzabile anche con riferimento alle indicazioni geografiche, e l’ “economics” delle indicazioni geografiche è semmai uno sviluppo - e un arricchimento, per talune specificità dell’istituto - di quella dei marchi. D’altra parte, è stato notato che storicamente i primi tipi di marchi sono stati costituiti proprio da indicazioni di origine geografica da parte dei commercianti che volevano evocare una particolare provenienza che attribuiva specifiche qualità al prodotto192.

Volendo sintetizzare il ruolo economico del marchio in due principi fondamentali- utilizzabili anche con riferimento alle indicazioni geografiche- si può dire che il marchio svolge due

191 Sull’importanza e sul ruolo dell’analisi economica del diritto in generale, si vedano gli interessanti contributi contenuti in G. ALPA – F.PULITINI – S. RODOTA’– F.ROMANI (a cura di), Interpretazione giuridica e analisi economica, Milano, 1982, e inoltre: R. PARDOLESI – G. BELLANTUONO, Law and economics in Italy, in Encyclopedia of Law ad Economics, Cheltenham, 2000; R. PARDOLESI (a cura di ), Law and Economics. Some further insights. Paper presented at the 7 th Eale Conference, Rome, September 3 – 5, 1990, Milano, 1990, H. HOVENKAMP, Economics and Antitrust Law, St. Paul, 1991 R.POSNER A., Economic analysis of law, Boston, 1992.

192 Cfr D. RANGNEKAR, The Socio-Economics of Geographical Indications. A Review of Empirical Evidence from Europe, (UNCTAD-ICTSD Project on IPRs and Sustainable Development) Issue Paper N. 8, maggio 2004, pubblicato dall’ International Centre for Trade and Sustainable Development (ICTSD) e dalla United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD), disponibile in: http://ictsd.net/downloads/2008/07/a.pdf, p.8 e 9.

funzioni fondamentali, una di tipo informativo, l’altra di tipo “reputazionale”, cioè di strumento di protezione della reputazione e degli investimenti relativi.193

La summa divisio ha il suo più importante riscontro nelle funzioni che, dopo la riforma del 1992194, sono tutelate dal diritto comunitario (e quindi nazionale) dei marchi, e cioè la tradizionale funzione distintiva (il marchio come indicazione di provenienza imprenditoriale) e la funzione attrattiva (possibile grazie alla protezione ultramerceologica del marchio rinomato). Tenendo presente tali due funzioni generali del marchio, nell’esaminare il complesso ruolo economico del marchio è utile fare riferimento, come schema espositivo, ai postulati classici del modello di concorrenza perfetta195, al fine di sottolineare lo stretto legame proprietà intellettuale-concorrenza, leit-motiv di queste pagine.

Ebbene, tra le condizioni fondamentali che in concorrenza perfetta devono sussistere vi sono la trasparenza informativa, la pluralità di operatori (che si presumono numerosi e privi di potere di mercato: cioè, ”price takers”), l’omogeneità dei prodotti, l’ assenza di barriere all’ entrata. Nel riferimento a queste condizioni, può trovarsi un utile criterio di strutturazione del discorso sui rapporti tra marchio e concorrenza.

E’ evidente come tali “condizioni” concorrenziali sono rilevanti nella prospettiva degli istituti giuridici che concorrono a tutelare la “qualità agro-alimentare”: la disciplina sui marchi, in particolare collettivi e sulle indicazioni geografiche, nonché quelle di carattere più generale su etichettatura, pubblicità e pratiche commerciali scorrette sono volte a tutelare la trasparenza

193 Cfr D. RANGNEKAR, The Socio-Economics, cit.,p.10: “The economic and legal rationale for the protection of trademarks is largely framed in terms of information imperfections in the market and the economic role of reputation. It is the shared view in the trademark literature that two interrelated objectives underlie the protection of trademarks: protection of the investments undertaken to develop brand names and associated reputation and safeguard the informational role of trademarks as indicator of source” .

194 Il diritto riformato dei marchi si ha, com’è noto, con la Dir. 89/104/CEE, attuata poi nei singoli Stati Membri.

Per un commento dei singoli aspetti della riforma, e l’ analisi in particolare delle funzioni del marchio attualmente tutelate, cfr, ex multis, A.VANZETTI - V.DI CATALDO, Manuale, cit, ed. 2003, p.117 ss; C.GALLI, Funzione del marchio e ampiezza della tutela, Milano, 1996; V. DI CATALDO, Corso di diritto industriale, Milano, 1993; V.

MANGINI, Manuale breve di diritto industriale, Padova, 2001; M. RICOLFI, I segni distintivi. Diritto interno e comunitario, Torino, 1999; A. VANZETTI- C. GALLI, La nuova legge marchi, Milano, 2001; M.RICOLFI, in AA.VV.

Diritto industriale. Proprietà intellettuale e concorrenza, Torino, 2005, p. 53 ss; AA.VV., Commento tematico alla legge marchi, Torino, 1998; G. GHIDINI (a cura di), La riforma della legge marchi, Padova, 1995; G. GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale. Proprietà intellettuale e concorrenza, Milano, 2001, cap.IV; G. SENA, Il diritto dei marchi. Marchio nazionale e marchio comunitario, Milano, 2007; C.GALLI,Rinomanza del marchio e tutela oltre il limite del pericolo di confusione, in Dir.ind., 1/2007, p. 83 ss.

195 Infatti, e’ noto che la concorrenza perfetta è solo un modello teorico, mentre il mercato si avvicina spesso molto di più al modello di concorrenza monopolistica; del modello di concorrenza perfetta, tuttavia, ci si può servire come schema logico (come paradigma di riferimento) per valutare l’ impatto economico dello strumento “marchio” e i suoi profili pro – concorrenziali, dal momento che è su questi che interessa in particolare soffermarsi. Sui modelli di concorrenza perfetta e concorrenza monopolistica, cfr E. H.CHAMBERLIN, The Theory of monopolistic competition, Cambridge, 1933; J.ROBINSON, The Economics of Imperfect Competition, London, 1934; G.GHIDINI, voce

“Monopolio e concorrenza" in Enc. Dir., XXVI, Milano, 1975.

concorrenziale e la chiarezza nelle scelte di acquisto del consumatore, giudice del mercato; i marchi e le indicazioni geografiche, poi, mirano a differenziare i prodotti, e le indicazioni geografiche lo fanno in modo più specifico sulla base del legame tra qualità e territorio; tali istituti sono strumenti in grado poi di mantenere la pluralità e alterità tra gli operatori di mercato; sono latori, infine, di una selling power che potrebbe dar adito a tentazioni di abuso monopolistico.

1.1.1. Il marchio come strumento di trasparenza

Un modello concorrenziale ideale presenta dunque come prima condizione la trasparenza informativa196, secondo cui compratori e venditori sono su un piano di uguaglianza per quanto riguarda le informazioni possedute circa il prodotto, in particolare gli elementi che condizionano una scelta di acquisto, la sua convenienza e le condizioni presenti e future del mercato.

La funzione elementare e generale del marchio- che rappresenta il presupposto della stessa funzione distintiva (come funzione giuridica)- è di essere prima di tutto strumento di comunicazione di informazioni197.

Nella realtà standardizzata e di massa dell’ odierno mercato, l’ informazione è incompleta e sbilanciata (asimmetria informativa) e/o costosa per il consumatore (sussistenza di costi di ricerca)198: in tale situazione, il marchio favorisce il processo di selezione e di scelta da parte del consumatore, stimolando la domanda del prodotto,199 perché comunica al consumatore che il prodotto ha quelle stesse qualità già previamente sperimentate in un precedente consumo o nel consumo di beni della stessa categoria200.

Sempre, poi, il marchio è il necessario punto di riferimento per ogni strategia pubblicitaria, tanto informativa quanto persuasiva.201 In particolare, la pubblicità informativa- che nel settore agro-alimentare in particolare ha il suo strumento centrale nell’etichettatura dei prodotti- svolge un ruolo indispensabile nel contribuire alla trasparenza del mercato e nell’assicurare la tutela del

196 Si veda in generale G DI NARDI., Economia dello scambio, Napoli, 1992, nonché C. COSCIANI, Scienza delle Finanze, Torino, 1991.

197 Così J. B SWANN. – D. A. AAKER. – M. REBAC., Trademarks and marketing, 91 TMR, 2001, p. 796

“All trademarks convey information: a brand conveys information about, e.g., a product’ s preparation, purity, properties, performance, provenience, personality, price, proprietor, purpose, panache, package, position, and purchasers. A single brand can communicate product attributes and imagery, user and usage imagery, and functional, experiential and symbolic benefits”.

198 Si veda S. L CARTER., The Trouble with Trademark, 99 Yale L. J., 1990, pp. 759 e 761, secondo cui

“Successful marks are like packets of information. They lower consumer search costs, thus promoting the efficient functioning of the market (…). They are valuable because of the information that they convey: the consumer sees the mark, and knows what the mark represents”.

199 Cfr V.MANGINI, Manuale breve, cit., p. 60.

200 Si vedrà la differenza tra i vari tipi di beni in relazione all’esperienza dia acquisto e all’accesso alle informazioni sul prodotto.

201 Cfr in generale V. MANGINI, Il marchio fra monopolio e concorrenza, in Studi in onore di A. Arena, Padova, 1981.

consumatore, dal momento che in mancanza di essa non si potrebbe formare sul mercato alcun orientamento di acquisto fondato su caratteristiche obiettive del prodotto.

In definitiva, il marchio supplisce alla carenza di informazioni - o almeno l’ attenua- comunicando per relationem dati sul prodotto: la relatio è alla qualità – già sperimentata o di cui si è stati convinti - e, indirettamente, all’ impresa che ne ha il merito. Ovviamente, nel settore agro-alimentare, tale qualità può essere legata particolarmente al legame con il territorio.

Ma la funzione “comunicativa” e di trasparenza del marchio202 si articola in una serie di aspetti, che fanno del marchio un efficiente mezzo informativo sul mercato.203

1.1.1.1 La funzione sintetica e simbolica del marchio

Nel loro fondamentale articolo in materia204, Landes e Posner, analizzando i benefici economici dei marchi, partono dalla semplice constatazione che, grazie al marchio, è possibile identificare in modo sintetico e immediato un prodotto, senza dover ricordare molti elementi descrittivi e usare lunghe circonlocuzioni per indicarlo.205 Il marchio si sostituisce, infatti, ad esse e permette un risparmio di parole e di energie mnemoniche. Si potrebbe definire il marchio, quindi, strumento di sintesi e di sostituzione : d’altra parte qualsiasi simbolo- dal greco sùn-ballo (che significa: “mettere in relazione, collegare, spiegare”) - è sempre un rimando evocativo ad una realtà che vi è sottesa, un collegamento tra significato e significante; nel caso del marchio, il richiamo è al prodotto contraddistinto e, indirettamente, all’ impresa produttrice.

Come ricorda Mangini206, un giudice americano (Frankfurter) scrisse che “se è vero che noi viviamo per simboli, non è men vero che noi acquistiamo per mezzo di essi”: questo perchè il marchio assume valore di simbolo di tutto un complesso di operazioni riferibili all’attività d’impresa.207

202 Come sintetizza G.GHIDINI, Profili, cit., p. 126: “nel paradigma classico, nel quale la tutela è circoscritta esclusivamente alla funzione distintiva, quello sul segno appare come un monopolio “a costo zero”, anzi, come un

“monopolio” essenzialmente pro – concorrenziale: proprio perché, contribuendo alla trasparenza del mercato, consente ai consumatori, nel modo più efficiente (…) di operare le loro scelte fra offerte diverse”.

203 P. S. MENELL, Intellectual Property: General Theories, in Encyclopedia of Law and economics, Cheltenham, 2000,p. 149.

204 W. LANDES – R. A POSNER., Trademark Law: An economic perspective, 30 J. Law & Econ., p. 265, 1987.

205 Si fa l’esempio di chi voglia ordinare al bar un caffè decaffeinato prodotto dalla General Foods. Se non fosse contraddistinto dal marchio “Sanka”, bisognerebbe chiedere ogni volta “the decaffeinated coffee made by General Foods”: cfr W LANDES.- R. A. POSNER, Trademark, cit., p. 268.

206 Cfr V.MANGINI, Il marchio e gli altri segni distintivi, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’ economia, diretto da F. Galgano, V, Padova, 1982. p. 1.

207 Cfr V.MANGINI, Il marchio fra monopolio, cit., p.1253; S. L. CARTER., The Trouble, cit., p. 761:

“Traditionally, trademarks have been protected because of what they represent. The legal system has protected not the mark itself, but the mark as symbol ”.

L’ uso di un simbolo, di un “segno”208 ha anche e soprattutto il vantaggio della economia di linguaggio209, cosa che invece manca all’ etichettatura globalmente considerata, che, per quanto importante e necessaria ai fini della trasparenza, non ha la presa immediata e di sintesi di un marchio, soprattutto se ben riuscito e reclamizzato. In concorrenza l’ indicazione sintetico - evocativa proveniente dal marchio è necessaria, quindi, per riferirsi in modo immediato ed efficace a un determinato prodotto tra i tanti che la pluralità di operatori offre, svolgendo così il marchio una funzione di “messaggero”.210

1.1.1.2 Il marchio come mezzo di attenuazione delle asimmetrie informative:

le “unobservable features”

La teoria economica ha da sempre sottolineato che tra i fallimenti del mercato211 particolare rilievo ha il caso dell’ informazione costosa o asimmetrica.212 Infatti, un modello di perfetta concorrenza presupporrebbe operatori perfettamente informati su tutti gli elementi rilevanti per le loro scelte, il che implicherebbe un’ informazione immediatamente e pienamente disponibile a tutti e senza costo. Nella realtà tuttavia ciò non si verifica.

Infatti, anzitutto, vi sono asimmetrie informative213, perché è fisiologico che il produttore / venditore disponga di più informazioni circa le caratteristiche qualitative del prodotto rispetto al compratore.

Economides214 ha distinto le caratteristiche del prodotto in “osservabili” e “non osservabili”, definendo l’ asimmetria informativa come la situazione per cui, in molti mercati, i venditori dispongono di molte più informazioni sul bene in vendita rispetto ai compratori. Ora, occorre tenere presente che proprio le “unobservable features” giocano un ruolo determinante nel fissare il valore totale del bene per il consumatore. Le caratteristiche esterne, che si possono osservare, infatti,

208 Anche il termine “segno”, a ben riflettere, nel linguaggio comune e nel linguaggio religioso in particolare indica un evento, un fatto che rimanda ad un’altra (superiore) realtà. Ricorda A VANZETTI, voce “Marchio”, in Enc.

Giur. Treccani, XIX, Roma, 1988: “segno è qualunque cosa sensibile che oltre a manifestare se stessa sia anche idonea a manifestare un’altra cosa con cui sia in qualche modo connessa”.

209 Si legga in proposito N. S.ECONOMIDES, The Economics of Trademarks, 78 TMR, 1988, pp. 526 – 527. “Information is not provided to the consumer in an analytic form, such as an indication of size or a listing of ingredients, but rather in summary form, through a symbol which the consumer identifies with a specific combination of features. Information in analytic form is a complement to, rather than a substitute for, trademarks”.

210 Cfr. C.GALLI, Protezione del marchio e interessi del mercato, in Studi di diritto industriale in onore di Adriano Vanzetti .Proprietà intellettuale e concorrenza., I, Milano, 2004, p. 661 ss, oltre al già citato C. GALLI, Funzione del marchio e ampiezza della tutela, ove la nota tesi del marchio come “messaggero”.

211 Quelle situazioni, cioè, in cui il mercato non riesce a raggiungere automaticamente un equilibrio di ottimo paretiano, in cui le risorse sono efficientemente allocate.

212 Cfr C. COSCIANI, Scienza, cit., p. 77 ss.

213 Uno studio fondamentale sul tema è quello di A.G. AKERLOF, The market for lemons: quality, uncertainty and the market mechanism, Quarterly Journal of Economics, n. 84, agosto 1970, p.488-500.

214 N. S.ECONOMIDES, The Economics, cit., p. 526, cui si fa riferimento anche in seguito.

possono essere imitate nel dettaglio, sicchè la vera differenza qualitativa tra i prodotti risiede nelle caratteristiche che emergono solo dopo l’acquisto, e che nel settore agro-alimentare attengono ad una sfera cruciale della vita dei consumatori, che non è solo quella delle preferenze in termini di gusto, ma attengono anche alle scelte nutrizionali e alla sicurezza alimentare. Se non ci fossero i marchi, davanti a prodotti che appaiono identici, il consumatore sarebbe costretto ad affidare al caso la propria scelta, sperando che il prodotto presenti le caratteristiche non osservabili desiderate. A ciò si aggiungerebbe la spiacevole conseguenza che le imprese produrrebbero beni con il minor livello possibile di qualità non osservabile (con conseguenze pericolose per quanto riguarda gli alimenti) perché ciò non influirebbe sulla capacità dell’ impresa di vendere a un prezzo più alto e realizzare così maggiori profitti.

Ora, il marchio è appunto la tecnica identificativa delle qualità non osservabili: il ruolo pro – concorrenziale di tale funzione sta nel fatto che l’ asimmetria informativa – che allontana il mercato dalla trasparenza della concorrenza perfetta - viene con esso attenuata: il consumatore può operare le sue scelte in modo più consapevole e le imprese sono spinte a mantenere - grazie al collegamento prodotto / marchio - un più elevato livello qualitativo tanto delle qualità interne che esterne.

Inoltre, vi è l’ incentivo ulteriore - che giova alla varietà dei prodotti e, quindi, rinvigorisce la gara competitiva - alla differenziazione dei prodotti in base alle caratteristiche non osservabili, sinteticamente palesate al consumatore attraverso il marchio. L’ allargamento dello spettro di varietà e qualità tende, naturalmente, alla massimizzazione dei profitti, molla del processo concorrenziale.

1.1.1.3 Il marchio come strumento di riduzione dei costi di ricerca del consumatore

Ma il problema informativo non si limita all’ asimmetria. Infatti, l’ informazione è anche costosa, perché presuppone, soprattutto da parte del consumatore, “costi di ricerca”, cioè impiego di tempo e risorse per informarsi sulla convenienza di una determinata scelta economica e sul tipo di offerta dei concorrenti. Uno dei più significativi apporti di Landes e Posner consiste proprio, com’è noto, nell’ aver puntualizzato che “the economic function of trademark is, by giving assurance of uniform quality, to economize on consumer search cost”215.

Infatti, grazie alla presenza del marchio, il consumatore, che abbia fatto l’ esperienza positiva di un prodotto, piuttosto che indagare sugli attributi di tutti i beni per stabilire quale sia quello desiderato o sia equivalente a quello già provato, riterrà sicuramente preferibile - perché meno

215 R. A.POSNER , Economic analysis of law, Boston, 1992, p. 43.

costoso in tempo e risorse, e più sicuro circa il risultato - acquistare direttamente il prodotto marcato.

Avere come punto di mira della ricerca direttamente il marchio è più economico di operare direttamente un’ indagine sulle qualità desiderate del bene216, che presupporrebbe il dispendio di tempo e denaro.

Il marchio si pone, insomma, come intermediario tra il consumatore e le qualità del bene, come “scorciatoia” per arrivare al prodotto desiderato, evitando la strada, forse più analitica, ma tortuosa e faticosa, di una diversa ricerca da parte del consumatore: “Trademarks enable the consumer to economize on a real cost because he spends less time searching to get the quality he wants”217.

Tale ruolo del marchio, occorre precisare, riguarda principalmente quelli che la dottrina americana chiama “experience goods”218, cioè quei beni che il consumatore medio acquista frequentemente, tra i quali la principale tipologia sono proprio i prodotti agro-alimentari.219

E’ infine importante precisare che la funzione di abbassamento dei costi di ricerca svolta dal marchio è particolarmente attraente quando i consumatori ritengono la ricerca personale troppo difficile o costosa, per la natura del prodotto o la situazione soggettiva del consumatore stesso. In questi casi, il consumatore sarà disposto a pagare un prezzo aggiuntivo per il prodotto di marca, comprensivo però “a titolo forfetario” dei costi di ricerca su cui si risparmia.220

1.1.1.4 Marchio e linguaggio del mercato:la genericità dei segni.

Nel ridurre il costo di ricerca dell’ informazione sui prodotti, dunque, il marchio attenua il fallimento del mercato contribuendo alla sua trasparenza.

216 W.LANDES – R. A.POSNER, Trademark, cit., p. 269 ; S. L.CARTER, The Trouble, p. 762: “The economic argument for protecting marks is straigthforward and quite forceful. The principal benefit of trademark protection is that it lowers consumer search costs. If goods were not marked, potential purchasers, unable to rely on any brand name or distinctive appearance of the packaging (also known as trade dress) to identify the producer, would need a means of testing the product directly. Moreover, the more valuable the mark, the greater the incentive for the producer to maintain the level of quality that creates the value and lowers the cost of search”.

217 W.LANDES - R. A.POSNER , Trademark, cit., p. 275.

218 Cfr N. S.ECONOMIDES, The Economics, cit., p. 525. La dottrina distingue in tre gruppi i beni, secondo le modalità di accesso alle informazioni: cfr D. RANGNEKAR, The Socio-Economics, cit. p.9 e 10: vi sono i “search goods” (“These are goods where consumers develop a robust notion of quality prior to purchase through either inspection and/or research”); gli “experience goods” (“goods where quality is known through use and experience, which then guides future consumer decisions”) e i ”credence goods”(“these are goods where neither prior inspection nor subsequent use is sufficient for developing a robust notion of quality”).

219 Cfr N. S.ECONOMIDES, The Economics, cit., pp. 527 – 528. Negli “experience goods” la funzione del marchio passa direttamente attraverso la precedente esperienza del consumatore, a tre condizioni: a) che il consumatore sia in grado di ricordare; b) che sia capace di collegare marchio e caratteristiche del prodotto:per questo i concorrenti non devono usare segni confondibili; c) che le imprese non cambino, nell’ intervallo temporale tra le decisioni di consumo, qualità e tipo di prodotto.

220 Cfr I. P. L.PNG – D.REITMAN, Why are some products branded and others not?, 38 J. Law & Econ., p. 207 ss, 1995.

La disamina del ruolo del marchio quale strumento di informazione di trasparenza, e in particolare quale riduttore dei costi di ricerca del consumatore, va precisata in riferimento al rapporto tra marchio e linguaggio del mercato.

Ora, quando l’ordinamento giuridico permette a un’ impresa di appropriarsi di un marchio, viene contestualmente ridotta la gamma di parole e segni disponibili per le altre imprese.221 Il punto centrale del problema – su cui la dottrina americana si è interrogata con un fitto scambio di vedute - risiede nell’ individuare le condizioni affinché tale “monopolio” su una frazione del linguaggio non rechi vantaggi anti – competitivi, ma semmai favorisca la concorrenza.

Infatti, l’ ampia disponibilità di parole alternative e simboli da usare come marchio è un presupposto indispensabile perché sia effettiva la capacità dei marchi di ridurre i costi di ricerca del consumatore222. Sorgerebbe infatti un serio problema “competitivo” se le imprese potessero appropriarsi delle indicazioni generiche e descrittive di un prodotto, dei nomi comuni attraverso i quali l’ intera categoria merceologica è conosciuta e chiamata sul mercato, e soprattutto delle indicazioni relative alla provenienza geografica. Se ad un’ impresa fosse permesso di assumere come segno distintivo (esclusivamente) un’ indicazione generica o descrittiva, il linguaggio del mercato disponibile ne risulterebbe impoverito e si porrebbe una fastidiosa – e costosa - barriera all’entrata223. Le imprese che volessero offrire sul mercato un prodotto simile, infatti, dovrebbero usare lunghe circonlocuzioni, certamente prive di presa diretta sul consumatore e difficilmente utilizzabili in pubblicità.224 Inoltre i costi di ricerca del consumatore crescerebbero, anziché ridursi225.

Tali considerazioni sono alla base delle norme226 che vietano l’appropriazione come marchio (nonché come indicazione geografica) delle indicazioni generiche del prodotto e che svolgono una funzione eminentemente pro – concorrenziale, perché, ostacolando il monopolio del linguaggio, permettono al segno distintivo lo svolgimento della sua finalità di trasparenza e di abbassamento dei costi di ricerca. Il problema è particolarmente sentito nell’ambito agro-alimentare ove è molto difficile a volte individuare i confini tra nomi generici e nomi invece appropriabili in via

221 Cfr S. L.CARTER , The Trouble, cit., p. 763.

222 Cfr W.LANDES - R. A.POSNER, Trademark, cit., p. 273. Da questo punto di vista i marchi migliori sono senz’ altro quelli di fantasia

223 Cfr S. L.CARTER, The Trouble, cit., p. 773.

224 Landes e Posner fanno l’ esempio del termine “personal computer”: se un’ impresa ne avesse l’uso esclusivo, un’altra impresa dovrebbe indicarlo come “a machine capable of doing word processing and high speed calculations using a central processing unit, and so on”. Si comprende anche quanto sia importante la funzione

“sintetica” del marchio.

225 "Because it is harder to recall long than short phrases, a lenghty advertising message that is difficult to recall will convey less information about the firm’s product, so search costs will rise (…) ; the greater W (the availability of words) is, the greater will be the productivity of a firm’s trademark in reducing search costs for its brand”: W. LANDES – R. A.POSNER, Trademark, cit., p. 276.

226 In particolare quelle- come il nostro art. 13 del Codice della proprietà industriale- che definiscono il requisito della capacità distintiva.

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 75-96)