“SINGLE REGULATOR”
Level 3: Strengthened cooperation
2.3 La costituzione di un regolatore unico comunitario si scontra con ostacoli strutturali che caratterizzano il
profilo istituzionale dell’UE
90 Cfr. Committee of wise man, Initial Report of the Committee of wise man of the regulation
of european securities markets, p. 95, in www.ec.europa.eu/internal market/financial - services.com
91 Del monitoraggio sul funzionamento del metodo Lamfalussy si occupa l’Inter-
Institutional Monitoring Group, il cui «Third Report monitoring the Lamfalussy Process» è rinvenibile sul sito www.ec.europa.eu/internal-market/financial-services.com.
92 Cfr. M. SARCINELLI, L’organizzazione e la distribuzione dei compiti tra le autorità
nazionali e quelle europee per la vigilanza bancaria e finanziaria, in «Riv. banc.», 2002, n. 5, p. 21. Peraltro, proprio in riferimento al settore bancario ed, altresì, a quello assicurativo, della previdenza complementare e dei fondi di investimento, il Consiglio Ecofin ha deliberato nel 2002 l’estensione ai medesimi dello schema Lamfalussy. Ciò ha comportato essenzialmente la riorganizzazione dei rispettivi comitati: l’EBC (Comitato bancario europeo di livello 2) ha assorbito le funzioni consultive del Comitato consultivo bancario (CCB) che cesserà di esistere. Al livello 3 è inserito poi il CEBS (Comitato europeo delle autorità di vigilanza bancaria di consulenza); l’EIOPC (Comitato europeo delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali di livello 2) assorbe le funzioni consultive e regolamentari del Comitato delle assicurazioni. Al livello 3 è inserito il CEIOPS (Comitato delle Autorità europee di vigilanza delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali); le funzioni assegnate al Comitato di contatto OICVM sono ripartite tra ESC e CESR; rimane invece attivo l’FCC (Comitato per i conglomerati finanziari), istituito dalla direttiva 2002/87/CE. Cfr. G. GODANO, Il progetto di riforma dell’architettura finanziaria in Europa, in «Dir. Un. Europ.», 2004, n. 1, p. 217 e ss.
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Il principale argomento “pro - regolatore unico” invocato dalla letteratura93 si riconduce al fenomeno in atto a livello internazionale (e, dunque, anche europeo) relativamente alla struttura dei mercati finanziari e dell’intermediazione in essi svolta: l’integrazione.
Più specificamente, se l’interconnessione tra mercati finanziari e soggetti ivi operanti si presenta tendenzialmente e progressivamente sempre più stretta, allora la risposta del legislatore europeo deve andare nel senso di garantire una disciplina altrettanto integrata e, altresì, una nuova figura di regolatore che di una tale integrazione sia espressione94.
L’ESR (European Securities Regulator) dovrebbe presentarsi nella veste di autorità unica indipendente, dotata sia di poteri di regolamentazione che di vigilanza (enforcement). All’atto pratico, ciò significa che esso possiederebbe competenze in merito alla formulazione della normativa comunitaria in materia finanziaria, all’armonizzazione e al coordinamento delle normative nazionali (di recepimento della prima), all’attuazione delle medesime e, infine, al monitoraggio riguardo alla fedeltà della loro applicazione. Quest’ultimo passaggio sarebbe garantito dall’operato del CESR, che sarebbe ricompreso nel sistema europeo di regolamentazione finanziaria con al vertice l’ESR95.
93 Si vedano, fra tutti, A. SAINZ DE VICUNA, The legal integration of financial markets in
the Euro Area, in «EBLR», 2001, n. 5, p. 152; V. S.MOHAMED, A single regulator for the E. C. Financial Market, in «Journal of international banking law», 2001, n. 1, p. 208; R. M.LASTRA, The division of responsibilities between the European Central Bank and the National Central Banks, in «Columbia Journal of European Law», 2000, n. 6.
94 G. THIEFFRY, The case for a European Securities Commission, in E. FERRAN - C. A. E.
GOODHART, Regulating financial (…), op. cit., p. 211 e ss. La tesi è avvalorata dall’osservazione della progressiva integrazione tra mercati borsistici europei, sia sul piano orizzontale (integrazione tra mercati nazionali) che su quello verticale (integrazione fra differenti segmenti di mercato). A titolo esemplificativo, si può ricordare la fusione effettuata tra le Borse di Parigi, Bruxelles e Amsterdam, le quali hanno dato vita a Euronext. Si tratta di una S.p.A. di diritto olandese strutturata su tre piattaforme di contrattazione diversificate: Parigi per le azioni, Amsterdam per i derivati e Bruxelles per le c.d. «small caps». Cfr. E. WYMEERSCH, The Harmonisation of Securities Markets in Europe in the new trading environment, University of Ghent, 2001, p. 5 e ss.
95 Cfr. A. ADAMI, La regolamentazione dei mercati finanziari nel Regno Unito dopo il
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L’istituzione di un ESR richiederebbe, evidentemente, una modifica del Trattato. Si tratta, in definitiva, di inserire al suo interno una norma che preveda, ex novo, questa figura di struttura amministrativa di diritto comunitario, mediante la quale la Comunità Europea va ad intervenire in un settore non di sua esclusiva competenza, sostituendosi ai singoli Stati membri. Questi ultimi, dal canto loro, accettano di spogliarsi dei rispettivi poteri in materia di regolamentazione finanziaria solo allorché siano soddisfatti i due principi alla base dell’intervento della Comunità al di là dei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal Trattato (art. 5, par. 1 Trat.): il principio di sussidiarietà e quello di proporzionalità. In virtù del primo, l’art. 5 par. 2 Trat. stabilisce che «nei settori che non sono di
sua esclusiva competenza la Comunità interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono, dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati al meglio a livello comunitario». In base al secondo, ai
sensi dell’art. 5 par. 3 Trat.«l’azione della Comunità non va al di là
di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente Trattato».
La creazione di una struttura amministrativa di livello comunitario quale dovrebbe essere, in ultima analisi, l’ESR, si scontra con due principali “criticità” tipiche dell’ambiente comunitario96.
Com’è noto, tra le istituzioni comunitarie non sussiste una separazione classica dei poteri così come esistente nei sistemi di governo degli Stati nazionali. L’organo esecutivo delle decisioni parlamentari (la Commissione) sembra possedere una libertà d’azione sproporzionata rispetto al peso assunto dal Parlamento, il
96 Cfr. P. CRAIG – G. DE BURCA, The evolution of EU Law, Oxford University Press, 1999,
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quale finisce per perderne il controllo. Visto che il Parlamento è composto dai rappresentanti dei popoli degli Stati membri, ovvero da coloro che vengono scelti dagli elettori secondo il principio democratico, lo sbilanciamento di poteri a favore della Commissione provoca, in ultima analisi, l’indebolimento dello stesso principio democratico, fino a poter discorrere di un vero e proprio «deficit democratico». Dato questo stato di cose, l’introduzione di un ESR sembra possa acuire il deficit di cui si discorre. In primo luogo poiché andrebbe a sottrarre ulteriori spazi di controllo al Parlamento; inoltre, quale ente amministrativo indipendente, farebbe fatica a trovare una propria «democratizzazione» all’interno della struttura istituzionale europea, così come, peraltro, già accade all’interno degli Stati membri97.
Accanto al deficit democratico, l’ulteriore criticità che ostacola l’effettiva implementazione di un unico regolatore europeo è da rinvenire nelle dimensioni troppo vaste della Comunità ovvero nella vastità della competenza geografica che un tale regolatore si troverebbe a dover fronteggiare. Il rischio sarebbe quello di un sistema diseconomico (poiché impossibilitato a sfruttare eventuali economie di scala), inefficace (in quanto distante dai soggetti vigilati), assolutista (poiché contraddistinto da un’eccessiva concentrazione di poteri foriera di una sorta di iper- regolamentazione) e più opaco (nel senso che perderebbe trasparenza nel suo operare e dunque implicherebbe problemi di
accountability) 98.
97 Cfr. A. ADAMI, La regolamentazione (…), cit., p. 198.
98 Cfr. G. D. MAJONE, The credibility crisis of community regulation, in «Journal of
Common market studies», 2000, vol. 38, n. 1, p. 120. Le difficoltà legate all’istituzione di un single regulator non sembrano risolversi adottando le proposte di quella parte della letteratura che vuole l’istituzione di un ESSR (European System of Securities Regulators) guidato dal criterio della regolamentazione per “finalità”. Il modello così studiato dovrebbe basarsi su quattro picchi (“Four Peak Model”):
1) banca Centrale Europea con competenze in materia di politica monetaria e di macro- stabilità;
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2.4 Considerazioni conclusive: il sistema di