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Costo del lavoro, contrattazione collettiva e prestazioni economiche

INCIDENZA CAPITALE CIRCOLANTE SU CAPITALE FISSO

AREA DI TENSIONE AL RIBASSO

8. Costo del lavoro, contrattazione collettiva e prestazioni economiche

Alla luce delle considerazioni precedenti è interessante verificare se esiste un legame tra il maggior costo del lavoro a bilancio rispetto al costo del lavoro contrattuale ed i risultati economici del settore.

Esponiamo, pertanto, in ascissa il rapporto tra il costo del lavoro a bilancio ed il costo del lavoro contrattuale, come riportato in Tabella 4 ed il ordinata il margine operativo lordo, come calcolato in Tabella 3 per i diversi settori.

Dalla figura 17 si può notare che nel primo quadrante, Cbil/Ccomedio inferiore alla media e margine operativo lordo superiore alla media, vi sono quattro settori, nel II° quadrante, Cbil/Ccomedio e margine operativo lordo superiore alla media, vi sono sei settori, nel III° quadrante, Cbil/Ccomedio maggiore della

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media e margine operativo lordo inferiore alla media, vi sono otto settori, nel IV° quadrante, Cbil/Ccomedio e margine operativo lordo inferiore alla media, vi sono undici settori.

La situazione non è chiarissima ma possiamo dedurre una certa tendenza ad occupare settori congruenti nel legame tra maggiori margini e maggior costo del lavoro.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2 2,2

quattro settori nel I° sei settori nel II° Quadrante

otto settori nel III° undici settori nel IV°

%Mol Cbil/Comedio medio (1,49)

Mol medio (11,04)

Cbil/Comedio

Figura 17 - Corrispondenza tra il rapporto Costo del lavoro in bilancio e Costo del Lavoro medio contrattuale ed il Margine operativo per settori

Nel primo settore, soggetto a rischio di richieste di incrementi del costo del lavoro, compaiono i settori abbigliamento, alimentare caseario, vetro, alimentare dolciario.

Nel secondo settore compaiono i settori dei Servizi pubblici, gas, acqua, autostrade, prodotti per l'edilizia, alimentare bevande, energetico, farmaceutico e cosmetico e grafico editoriale.

Nel terzo settore, quello più a rischio, compaiono gli alimentari diversi, il siderurgico e metallurgico, il cartario, la costruzione di mezzi di trasporto, i trasporti, chimico, l'impiantistico e l'elettronico.

Nel quarto settore, soggetto a rischio di incrementi del costo del lavoro con difficoltà a trasferirle sui margini, compaiono la distribuzione, le imprese di costruzioni, il tessile cotoniero, il tessile laniero, l'elettrodomestico, le fibre chimiche, l'alimentare molini e pastifici, il tessile diversi, l'alimentare conserviero, il meccanico e la gomma e cavi.

183 Gestione degli Impianti e del Lavoro Industriale – Prof. Francesco Guerra 9. Conclusioni

In conclusione si può notare una crescita del costo del lavoro pro capite a bilancio in linea con l'inflazione tra il 1991 ed il 2000, una sua riduzione di incidenza sul fatturato dell'ordine del 35% a fronte di una riduzione degli addetti del 17% ed a un incremento degli immobilizzi tecnici lordi in valore assoluto di circa il 30% con costanza degli ammortamenti di esercizio.

E' necessario sottolineare una significativa differenza, anche di 2 a 1, del costo del lavoro tra i diversi settori sia a livello contrattuale che a livello di bilancio.

Il costo del lavoro a bilancio supera in modo sensibile il costo medio contrattuale.

E', inoltre, ragionevole dedurre che nel passato non si presentano correlazioni tra il costo del lavoro pro capite e l'indicatore di autonomia ed indipendenza finanziaria dello stato patrimoniale mentre esistono parziali legami diretti tra il costo del lavoro e gli indicatori di conto economico.

Il costo del lavoro in valore assoluto non presenta, infatti, immediate correlazioni con l'andamento dei margini di settore ma presenta legami diretti con le caratteristiche gestionali delle imprese ( Risultato, proprietà, dimensioni).

Il rapporto tra il costo del lavoro a bilancio ed il costo del lavoro contrattuale di settore presenta un legame debole con i margini economici.

In sintesi si verifica, nel passato, un legame forte del costo del lavoro pro capite con l'andamento delle singole imprese e con le caratteristiche contrattuali di ogni settore ma non oltre l'ambito del settore.

Nel non trascurabile caso, però, in cui le rilevanti differenze riscontrabili tra i diversi settori non siano mantenibili nel tempo per le sempre più importanti interrelazioni trasversali si assisterà a forti pressioni competitive sulle singole imprese con aree di rischio non trascurabili.

Tale potenziale rischio presenta caratteristiche diverse per settore ed imprese ma è presente sia per chi ha una posizione competitiva con margini più elevati rispetto alla media ed il rapporto tra costi del lavoro a bilancio e quello contrattuale superiore o inferiore alla media ( I° e II° quadrante della figura 17) che, a maggior ragione, per chi presenta margini ed indici del lavoro inferiori alla media ( III e IV quadrante della medesima figura 17).

Risulta, poi, probabile che eventuali interventi futuri sul costo del lavoro debbano, poi, superare il solo aspetto gestionale di conto economico per accedere, forse, ad adeguate poste dello stato patrimoniale. Tale ultima possibilità non trova,però, riscontro applicativo nelle analisi del passato e non può essere di competenza delle sole imprese ma impone interventi anche normativi e potrà essere oggetto di interessanti approfondimenti, soprattutto, per i settori del II° e III° quadrante della figura 17.

10. Bibliografia

1. Presidenza del Consiglio dei Ministri " Protocollo sulla politica dei redditi e dell'occupazione, sugli aspetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno del sistema produttivo" Roma, 3 luglio 1993.

2. Governatore della Banca D'Italia " Relazione del Governatore", Roma, Maggio 2002. 3. MedioBanca "Dati cumulativi di 1893 società italiane" Milano, Agosto 2001.

4. MedioBanca "Le principali società italiane", Milano, ottobre 2001.

5. Guerra F. "Elementi di valutazione sull'utilizzo del capitale fisso e circolante di produzione nelle imprese industriali", XXVII Convegno nazionale ANIMP-OICE-UAMI, Trieste, ottobre 2000.

6. MedioBanca "Indici e dati", Milano, ottobre 2001.

7. Guerra F. "L'evoluzione delle mansioni di lavoro nelle attività manifatturiere", Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXIII,n°2, giugno 2001.

8. Il Sole24ore "Il punto lavoro, 150 CCNL: minimi retributivi e costo del lavoro", Milano, aprile 2002.

185 Gestione degli Impianti e del Lavoro Industriale – Prof. Francesco Guerra 8 Flessibilità operativa

La memoria ha come oggetto lo studio della flessibilità sui posti di lavoro negli impianti manifatturieri e si basa su una indagine effettuata in realtà del Nord Italia attraverso interviste e questionari.

Gli addetti intervistati sono stati selezionati in base all'età, all'anzianità di lavoro, al titolo di studio, all'iscrizione al Sindacato ed alla provenienza da aree lavorative con lavorazione, montaggi in linea, ad isole ed a flusso.

Lo scopo dell'analisi è quello di valutare e commentare la percezione del Personale interessato sulle problematiche applicative della flessibilità.

A tal fine la ricerca è suddivisa in sottoparti. La prima si propone di comprendere la percezione di utilità ed il gradimento sulle finalità aziendali globali e sugli strumenti e tecniche generali; la seconda si focalizza sugli aspetti e sulle tecniche di reparto e sul "punto del fare"; la terza si basa sull'esperienza degli addetti per comprendere le correlazioni esistenti tra le esigenze di flessibilità e lo stile di vita; la quarta analizza la percezione dei risultati a livello di Cliente interno e finale.

Viene presentato, poi, un confronto sull'evoluzione nel tempo degli elementi specifici di fatica e motivazione sul posto di lavoro.

La memoria si propone di inquadrare l'importanza crescente della flessibilità del lavoro nel più generale problema di ottimizzazione del funzionamento di un impianto industriale. Dopo aver definito la prestazione potenziale di flessibilità, principalmente alle variazioni di quantità all'interno di una serie di prodotti dati, si analizzano gli aspetti propri della forza lavoro.

Si presentano le caratteristiche degli addetti a livello del singolo posto di lavoro e di gruppo omogeneo, di inquadramento contrattuale, di organizzazione degli orari e di salari variabili.

Il punto di osservazione è quello delle imprese inserite nel sistema paese Italia in una ottica di internazionalizzazione.

Gli strumenti applicativi analizzati vanno selezionati caso per caso in funzione delle effettive necessità di breve periodo nell'ambito di uno schema organizzato in una strategia di medio e lungo termine.

In conclusione si analizza un caso reale per la comprensione delle possibili combinazioni operative in uno stabilimento di 2000 addetti con produzione parzialmente stagionale di grande serie.

1. INTRODUZIONE

Con l'indicazione "flessibilità" si tende a presentare opportunità gestionali spesso assai diverse per ampiezza ed importanza applicativa.

Nella memoria "Flessibilità del lavoro nella gestione degli impianti industriali" (1) si presentò un inquadramento generale della questione.

Essa porta a valutare la flessibilità come prestazione potenziale atta a permettere la variazione degli outputs produttivi in tempi brevi ed a costi compatibili con le esigenze dell'impresa.

Un possibile indice di valutazione (1) dei margini applicativi e dei risultati di flessibilità prestativa è definito dal rapporto tra il massimo output (

Σ

iPiti/tbk,max ed il minimo output ΣjPjtj/tbkmin ) di quantità di prodotto finito (P) realizzato in un sistema produttivo nel medesimo orizzonte temporale (mese, giorno) rispetto ad un periodo di analisi ( per esempio un anno).

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Il valore dell'indice, atto a misurare il livello di flessibilità, è funzione di numerosi fattori quali il capitale fisso, il capitale circolante, il rapporto con i fornitori e le caratteristiche della forza lavoro direttamente ed indirettamente collegata al processo produttivo.

A fronte di un calo dell'incidenza del costo del lavoro sul fatturato ( circa il 15% negli ultimi 10 anni), e della crescita del capitale investito per addetto (circa raddoppiato negli ultimi 10 anni), per le principali imprese italiane si deduce una crescente attenzione agli aspetti di flessibilità operativa del lavoro. Ne consegue la necessità ed opportunità ad approfondire tale particolare aspetto.

I principali strumenti e tecniche di incremento della flessibilità prestativa del lavoro sono molto vari e spesso rappresentano un elenco di opportunità che possono o meno essere applicati nelle singole imprese od anche nei diversi Paesi (2).

Tali strumenti vanno da elementi contrattuali individuali (lavoro a tempo indeterminato, determinato, part time, formazione lavoro, stagionali, fine settimana, job-sharing ed altri) ad elementi prestativi individuali e collettivi (orario di lavoro annuale, mensile, giornaliero, sui turni, straordinario, flessibilità positiva e negativa ed altri), da elementi di prestazione sul posto di lavoro (mobilità tra diversi settori, mobilità all'interno del proprio gruppo, rotazione ed arricchimento delle prestazioni ed altri) ad elementi esterni (lavoro in affitto, lavori appaltati, variazione di carico lavorativo ai fornitori, lavoro a domicilio, telelavoro ed altri) ed altri ancora in funzione dei singoli casi (3).

La misura della flessibilità, con o senza l'indice proposto, si basa su aspetti di valutazione dei fattori della produzione in termini tecnici di risultato, tenendo conto soltanto parzialmente delle motivazioni e del pensiero degli addetti direttamente interessati.

Lo scopo di questo lavoro è, appunto, quello di analizzare come il personale interessato, operai ed impiegati dei sistemi produttivi, accolga, applichi, interpreti, gradisca e percepisca l'importanza dell'applicazione della flessibilità lavorativa.