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Così come la femminilità, anche la maschilità assume forme variegate e sfaccettate. Gli studi principali, sviluppatisi parallelamente ai gender studies di stampo femminista, hanno cercato in qualche modo di inquadrare la maschilità, ponendosi interrogativi riguardanti il suo vero significato e le modalità necessarie per poterla definire.

Secondo Monique Wittig, ad esempio, «il gender è l’indice linguistico dell’opposizione politica tra i sessi. Genere è usato qui al singolare, perché in realtà non esistono due generi. Ce n’è solo uno: quello femminile. Il maschile non è il maschile, ma il generale»180

.

Si pensi, banalmente, al linguaggio: il maschile è il genere principale utilizzato nella grammatica (es. la terra è abitata da uomini, che comprendono le donne).

Secondo Wittig, infatti, al maschile è stata attribuita una sorta di trasparenza e suggerisce come la cultura occidentale abbia guardato il mondo attraverso tale trasparenza, considerando questo processo come naturale da sempre. Se quindi il

sesso costituisce la principale marca identitaria che definisce le donne all’interno della

società, il genere assume la stessa funzione all’interno della produzione linguistica181 . Sebbene in un primo momento i gender studies si concentrassero soprattutto sulla questione della femminilità, a partire già dagli anni Novanta del Novecento si è sviluppato un crescente interesse nei confronti degli uomini e della definizione della maschilità. Ciò ha portato infatti una diffusione sempre più ampia di scritti e teorie riguardanti le emozioni degli uomini, le loro relazioni interpersonali e la loro sessualità, focalizzandosi soprattutto sulla cosiddetta crisi dell’identità maschile182

. Gran parte della ricerca in questa direzione è stata prodotta in un primo momento da accademici queer e femministi, cui successivamente si sono pian piano aggiunti, solcando questo campo, studiosi di ogni tipologia, attivi in un eterogeneo e variegato

movimento degli uomini. Ciò ha portato anche alla formazione di un’ulteriore area

                                                                                                               

180 M. Wittig, The Straight Mind and Other Essays, Beacon Press, Boston, 1992, p. 60, traduzione mia, miei i corsivi.

181 Ivi, p. 76.

182 Per approfondimenti: H. Brod, M. Kaufman (a cura di), Theorizing Masculinities, Sage Publications, Londra, 1994.

accademica di natura interdisciplinare chiamata Men’s Studies183

. Pertanto, la svolta definita decostruzionista e postmoderna dei settori socio-antropologici ha indotto gli studiosi a ripensare le categorie di base dell’analisi sociale e a modificare gli assunti sui quali le varie identità erano costruite, specialmente quello secondo il quale esistono corpi naturali e sé essenziali. Sono state quindi messe in discussione le concezioni moderniste e le ramificazioni dell’identità, criticate nei vari campi del pensiero sociale, producendo «dibattiti circa modi alternativi di costruire e costituire il personale e il politico e la relazione tra i due»184

.

Secondo queste teorie, quindi, le società industriali moderne hanno attraversato (e stanno attraversando) un periodo di cambiamenti radicali in campo economico, sociale e culturale, iniziato approssimativamente negli anni Sessanta. Molti studiosi sostengono che una delle principali conseguenze di tali cambiamenti è stata «il nuovo significato assegnato al termine identità nelle società occidentali contemporanee»185

. In quest’ottica le identità sono diventate dei nuovi territori sui quali indagare e in cui si sono sviluppati numerosi dibattiti e processi riconfigurativi.

Ciò implica che le identità maschili sono state assorbite all’interno di studi e di cambiamenti sociali che hanno decostruito l’identità e il genere, promuovendo nuovi dibattiti e forme politiche legate a queste tematiche186

. L’identità, dunque, diventa un luogo di confitto del tutto cruciale nelle società moderne.

Nelle società industrializzate la politica si è infatti sempre più preoccupata di indagare e ricostruire le relazioni tra le identità, il potere e la giustizia sociale187

. Nello specifico, il femminismo e l’attivismo gay hanno problematizzato le definizioni di genere e sessualità, i modi prescrittivi e rigidamente codificati di esprimere il proprio genere di appartenenza e la propria identità sessuale, esplorando inoltre stili di vita e strutture etiche alternativi. I teorici LGBT, come visto finora, hanno quindi cercato di

                                                                                                               

183 Ivi.

184 G. Festa, Ri-formare il maschile: la strutturazione culturale contemporanea dell’identità maschile e

la rappresentazione delle sue forme eccentriche in The Beast in the Jungle di Henry James, The Secret Sharer di Joseph Conrad e L’Immoraliste di André Gide, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di

Trento, 2011, p. 2. 185 Ivi, p.3.

186 Cfr. C. P. Mason, Crossing into Manhood, A Men’s Studies Curriculum, Cambria Press, New York, 2006, pp. 225-230.

187 Cfr. G. Festa, Ri-formare il maschile: la strutturazione culturale contemporanea dell’identità

maschile e la rappresentazione delle sue forme eccentriche in The Beast in the Jungle di Henry James, The Secret Sharer di Joseph Conrad e L’Immoraliste di André Gide, op. cit., p. 4.

ripensare il genere e le identità sessuali, andando oltre le ideologie e gli approcci culturali preesistenti188

.

Riflessioni linguistiche

Prima di proseguire, è necessario soffermarsi brevemente su una problematica inerente la corretta terminologia italiana. Occorre, infatti, individuare quale sia la traduzione migliore del termine masculinity, utilizzato negli studi del settore. Proprio perché la nascita e lo sviluppo dei Men’s Studies sono avvenute inizialmente soprattutto nei paesi anglosassoni, è stata costituita una terminologia tecnico- scientifica inglese appropriata alla disciplina, successivamente tradotta per poter essere utilizzata dalla comunità scientifica internazionale. Il termine inglese

masculinity, spesso adoperato al plurale, è stato così tradotto in italiano con diverse

sfumature. La masculinity identifica, infatti, i comportamenti, le qualità e gli attributi identitari che sono tradizionalmente e simbolicamente associati a un essere umano di sesso maschile. Hanno una diversa accezione, invece, i termini manhood, che è invece utilizzato come controparte di childhood, facendo quindi riferimento all’età adulta, e

manliness, che sottintende invece i concetti di virilità e le caratteristiche di dominio e

potere ad essa collegati189 .

Esaminando la terminologia italiana, invece, appare evidente come mascolinità,

maschilità e virilità siano termini spesso interscambiabili, rilevando il salto logico

secondo cui ciò che è maschile è anche consequenzialmente e logicamente mascolino, quindi virile190

.

Gli studiosi italiani operanti nel settore dei Men’s Studies hanno dovuto quindi effettuare una scelta per risolvere questa diatriba terminologica: alcuni hanno optato per l’uso di maschilità, vocabolo che indica in forma generale il maschile e tutti i suoi attributi. Altri autori, invece, hanno preferito l’adozione del termine mascolinità, che

                                                                                                               

188 Ivi.

189 Dalla definizione dell’Oxford Dictionary, disponibile al link:

https://en.oxforddictionaries.com/definition/masculinity, ultimo accesso 04/05/2018.

190 Definizione dal sito Treccani, al link: http://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/virilit%C3%A0/, ultimo accesso 04/05/2018.

apparentemente sembrerebbe corrispondere in maniera fedele all’inglese

masculinity191

.

In fase di traduzione accade quindi spesso di trovarsi di fronte scelte discordanti e in contrapposizione: basti pensare a Masculinities, di Raewyn Connell. Il testo, considerato come una delle colonne portanti della disciplina, è stato tradotto in italiano con Maschilità, e non con la traduzione più fedele all’originale ma sicuramente più fuorviante per un lettore italiano, di mascolinità. Solitamente, chi sceglie quest’ultimo termine cerca di allinearsi con la letteratura internazionale degli studi sugli uomini, associando a esso il significato simbolico e sociale che masculinity ha nell’ambito accademico di lingua inglese.

Anche in questo caso, a livello semiotico, alla stessa parola uomo sono associati differenti significati. In biologia, infatti, un uomo è un essere umano di sesso maschile. In termini sociologici, invece, gli uomini sono una categoria politica costituita socialmente che permea in modo profondo la costituzione e l’ordine di genere192

. Entro questa categoria trova spazio una diversità complessa e mutevole, che rende conto della miriade di identità maschili: una per ogni individuo di sesso maschile.

Maschio e femmina sono termini principalmente biologici poiché si riferiscono alle

differenze anatomiche e genitali. Uomo e donna sono invece termini sessuati e si attribuiscono a una differenza di tipo sociale, comportamentale ed empirico: si tratta di categorie permeate da codici comportamentali che i ragazzi o ragazze devono assumere e fare propri per poter divenire uomini o donne. Mascolinità e femminilità, dunque, si configurano come elementi e qualità attribuite, non innate. Ciò non vuol dire che la differenza sessuale sia in qualche modo neutra. Come osserva ancora Judith Butler, la nozione stessa di differenza sessuale presuppone una differenza di genere193

.

Nel caso dei genderqueer, o dei generi non binari, ad esempio, il fatto di avere attributi sessuali femminili o maschili non implica necessariamente che i soggetti si percepiscano appartenere al relativo sesso biologico194

.                                                                                                                

191 D’ora in avanti, in questo testo, opterò per la traduzione italiana di maschilità, che ritengo più corretta e ricca di sfaccettature.

192 Definizione del sito Treccani, al link: http://www.treccani.it/vocabolario/uomo/, ultimo accesso 04/05/2018.

193 Cfr. J. Butler, Gender Trouble, Routledge, Londra, 1990, pp. 6-7.

194 Per approfondimenti rimando a R. Wilchins, Genderqueer: Voices From Beyond The Sexual Binary, Alyson Pubns Edizioni, New York, 2002.

Per comprendere questo fenomeno è necessario premettere che, spesso, l’appartenenza al genere queer è vissuta come un atto politico di rifiuto del sistema binario di generi. I genderqueer, infatti, non rifiutano solamente di definirsi all’interno dei confini di una determinata identità di genere: la loro negazione del binarismo è radicale e si estende quindi anche alla stessa appartenenza al sesso biologico195

. Questi soggetti respingono, all’origine della questione del genere, i concetti stessi di donna e uomo, definendosi semplicemente persone. Allo stesso modo si possono analizzare i concetti di identità di genere e di orientamento sessuale; aspetti della personalità che, oltretutto, non appartengono solamente alla dimensione biologica, ma anche e principalmente a quella psicologica, sociale e culturale.

Crisi storiche

Negli ultimi decenni gli studiosi e le studiose attivi nei campi del femminismo, degli studi culturali, postcoloniali e queer, hanno individuato la convinzione, sempre più diffusa e avvertibile nella società occidentale, che la maschilità sia in crisi. Sebbene non vi sia un accordo circa la natura di tale crisi, vi è un senso diffuso d’inadeguatezza rispetto ai modelli culturali stabiliti del maschile e si avverte una sempre crescente esigenza, perlomeno a livello accademico, di definire e declinare l’identità maschile non in modo monolitico e totalizzante ma, al contrario, al plurale. Scrive Manzoli:

Immaginiamo allora di essere un uomo del 1958. Da una parte c’è una rivoluzione dei consumi, dettata dall’improvviso riconoscimento di uno stato di benessere. Ne consegue una ridefinizione complessiva dei ruoli e del significato da attribuire alle parole che a essi vengono applicati. Non solo uomo e donna, ma padre e madre, figlio e figlia, giovane e vecchio, marito, moglie, amante e così via. I vecchi vincoli di subalternità non sono più un fatto che può essere dato per scontato. Non vengono a mancare, tutt’altro, ma si può dire che ne viene compromesso l’automatismo196.

Ma è stato solo dopo, negli anni Novanta, che si è assistito a un crescente interesse nei confronti degli uomini e delle loro vite, che ha visto susseguirsi una proliferazione di                                                                                                                

195 Ivi.

196 G. Manzoli, Crisi e mascheramenti della sessualità maschile nel cinema italiano degli anni

ricerche, studi e conferenze su sentimenti, sessualità e relazioni degli uomini con partner, genitori e fratelli, di psicoterapie di gruppo e di servizi di counselling diretti agli uomini, di gruppi di discussione online e così via197

. La stessa area di ricerca dei

Men’s Studies ha trovato una nicchia sempre più consistente in diverse università del

mondo anglosassone, soprattutto in Gran Bretagna, America Settentrionale e Australia. Studiosi e studiose quali Stephen M. Whitehead, Raewyn Connell e Michael Kimmel198

hanno iniziato a ripensare le ipotesi e le categorie in base alle quali è stato costruito il concetto convenzionale e attuale di identità. La filosofa Elizabeth Badinter nel suo saggio XY. L’Identità Maschile199

rintraccia due momenti di crisi della maschilità nella storia moderna: uno nella Francia e nell’Inghilterra a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo e l’altro nell’Europa e negli Stati Uniti tra il XIX e il XX secolo. Badinter sostiene che queste crisi, che portarono a un interrogarsi sul significato stesso della mascolinità, creando una parziale ridefinizione, ebbero luogo nei paesi che avevano vissuto una grande e rapida trasformazione economica, socio- politica e ideologica200

.

La prima crisi, secondo Badinter, fu legata al movimento delle précieuses francesi e alle rivendicazioni delle femministe di area inglese per la dignità, l’istruzione, l’uguaglianza e il diritto di non essere abbandonate se incinte. Sia in Francia sia in Inghilterra le donne non chiedevano soltanto l’uguaglianza dei diritti, ma esigevano anche che gli uomini fossero più gentili e femminei201

. Questo comportò un’inversione dei ruoli e l’emergere di un nuovo uomo femminilizzato che adottava un comportamento fino allora percepito come esclusivamente femminile.

negli Stati Uniti a cavallo tra il XIX e il XX secolo dopo i profondi mutamenti economici e sociali portati dall’industrializzazione e dal diffondersi della democrazia, fenomeni che videro l’affermarsi, come visto anche nel capitolo precedente, di un                                                                                                                

197 Ne sono l’esempio la nascita e lo sviluppo di associazioni, in Italia e nel mondo, di associazioni maschili “per il cambiamento dei modelli sessisti, misogini e patriarcali”, come il caso dell’Associazione Nazionale Maschile Plurale. Per maggiori approfondimenti rimando al link:

https://www.maschileplurale.it/2007-i-mens-studies-in-italia/, ultimo accesso 03/05/2018.

198 Per quanto riguarda Connell abbiamo già avuto modo di analizzare alcune delle sue opere principali. È importante sottolineare però il lavoro dello studioso di genere Stephen Whitehead, fra cui spiccano

Men and Masculinities, Key Themes and New Directions, Polity Press, Cambridge, 2002 e Gender and Identity, Key Themes and New Directions, Oxford University Press, Oxford, 2003.

199 Per approfondimenti: E. Badinter, XY. L’identità maschile, Longanesi, Milano, 1995. 200 Ivi, pp. 9-20.

201 Per approfondimenti rimando a J. Wroath, Until They Are Seven, The Origins of Women's Legal

nuovo tipo di donna che si batteva per il diritto all’istruzione, alla partecipazione alla vita pubblica, a un’uguale retribuzione. La reazione più frequente a simili richieste fu decisamente ostile da parte di uomini che «si sentivano minacciati da queste nuove creature che volevano fare come essi facevano ed essere come essi erano»202

.

Uno dei modi in cui si manifestò tale ostilità fu il dilagare di studi e saggi, in ambito sociologico, religioso, medico e biologico, che enfatizzavano le differenze naturali tra uomo e donna ascrivendole a un ordine naturale delle cose e la necessità di rispettarle per evitare una femminilizzazione della cultura203

.

Alla fine del XIX secolo, quindi, proliferarono i saggi in campo sociologico e scientifico in cui era riaffermata l’inferiorità ontologica della donna. Ciò che però differenzia queste due crisi della maschilità con quella presente è la loro natura socialmente limitata. Nella prima crisi solo la classe dirigente aristocratico-borghese fu toccata dal fenomeno, mentre la seconda riguardò eminentemente la classe media operaia dei centri industrializzati. L’attuale crisi in cui versa la maschilità, invece, trova le sue radici in un più complesso e profondo ripensamento delle categorie epistemologiche che hanno portato, nel corso dei secoli, a tracciare una mappatura identitaria sicura e consolatoria.

Oggetto d’indagine, quindi, non è stato soltanto il concetto di maschilità, ma l’intero sistema epistemologico che ne ha permesso la formazione. Per questo Allan Petersen sostiene giustamente che la crisi della maschilità s’inserisce nel contesto di una più ampia «crisi della modernità»204

che ha portato con sé un’interrogazione critica delle grandi teorie sistematiche del XIX secolo. La filosofia occidentale si è infatti occupata a lungo di numerose opposizioni binarie, che prevedono una separazione fra il soggetto e l’oggetto della conoscenza205.

Questa radicale divisione tra soggetto e oggetto ha creato una serie di dualismi che da sempre influenzano la cultura generale: basti pensare a mente/corpo, spirito/materia, ragione/sentimento, bianco/nero, uomo/donna, maschile/femminile, e così via. La filosofia occidentale ha così fatto ricorso a tali binarismi per definire identità e differenza. La whiteness, per esempio, è stata a lungo definita come il contrario della                                                                                                                

202 E, Badinter, XY. L’identità maschile, op. cit., p. 20. 203

Newsbury Park, 1987, pp. 143-145.

204 A. Petersen, Unmasking The Masculine. Men and Identity in a Sceptical Age, Sage Edizioni, Londra, 1998, p. 21.

blackness, proprio come la maschilità è spesso stata vista come l’opposto della

femminilità206 .

Secondo la storica Renata Ago invece, come tutte le categorie che entrano nel processo di definizione del soggetto, e quindi dell’identità, anche la mascolinità è una categoria razionale: si costruisce e si precisa in relazione a un suo “altro”, di volta in volta posto e definito207

. Ago insiste, infatti, su come l’altro della maschilità non è però costituito solo dalla femminilità. La definizione di identità maschile si gioca infatti non solo sulla differenziazione fra uomo e donna, ma anche sull’identificazione fra maschio e uomo. Nel corso dei secoli il maschile ha assunto pertanto parametri di giudizio comunemente inerenti il tempo, vedendo quindi come vero uomo colui che raggiunge l’età adulta.

Secondo le analisi della storica, infatti, fin dal Settecento all’interno delle famiglie i giovani sono attentamente scrutati e sorvegliati, con un timore ben preciso: ai loro parenti adulti i ragazzi fanno paura non perché sono dei selvaggi, bensì perché sono degli uomini incompleti, sempre a rischio di farsi sedurre e traviare208

. I giovani maschi (dell’epoca moderna) appaiono così più simili alle donne che agli uomini, come dimostrano, tra l’altro, sia le istruzioni date ai precettori che devono accompagnare i giovani nel Grand Tour, sia le raccomandazioni fatte ai ragazzi stessi. Genitori e parenti si preoccupano che i giovani siano modesti, riservati nel parlare e nel vestire, che non vadano mai in pubblico senza essere accompagnati da un adulto fidato, e così via, quasi che fossero fanciulle più che giovani uomini. Così, parte di questi timori sembra protrarsi nel corso dei secoli fino all’epoca contemporanea. Tale aspetto era già stato affrontato nel primo capitolo, negli studi di Alfred Adler, secondo cui il senso di femminilità è costantemente associato al concetto di debolezza.

La sessualità maschile adulta va così addomesticata tramite quello che Ago definisce il mito del matrimonio, unito al mito della bestia che si tramuta in uomo e principe. La gioventù, infatti, come la mascolinità,

                                                                                                               

206 Cfr. L. Segal, Slow Motion: Changing Masculinities, Changing Men, Virago, Londra, 1990, p. 173. 207 Cfr. R. Ago, La costruzione dell’identità maschile (Roma, età moderna), in A. Arru (a cura di), La

costruzione dell’identità maschile nell’età moderna e contemporanea, Biblink Editore, Roma, 2001,

p. 17. 208 Ivi, p. 18.

è una categoria relazionale più che oggettiva: si è giovani non perché si appartiene a una determinata classe di età, ma perché si è “figli di famiglia”, vale a dire si è ancora sotto la potestà paterna, che dura finché il padre è vivo. [...] Il vero discrimine tra mondo giovanile trasgressivo e mondo adulto responsabile è invece costituito dal matrimonio209.

Il fatto di sposarsi e metter su famiglia costituisce quindi un vero spartiacque nella vita di un uomo.

La maschilità, dunque, nasce e si sviluppa anche in contrapposizione alla propria bestialità: se lo stato naturale dell’uomo è quello barbarico e violento, lo stato adulto e civilizzato corrisponde al pieno controllo di sé.

Intesa in questo senso, la mascolinità è dunque una categoria di “distinzione”, nel senso dato al termine da Bourdieu210

ma, diversamente dalla maggior parte delle categorie di distinzione, o perlomeno dal modo in cui sono state presentate dagli studi storici e sociali, è oggetto di competizione molto più che di emulazione. Ma il tratto più comunemente riscontrabile non è tanto questo, quanto quello della rivendicazione orgogliosa del proprio modello di virilità come unico “vero”, cioè unico appropriato: gli altri uomini sono dei bruti, più bestie che uomini, o sono degli effeminati, più donne che uomini.

Tale maschilità si manifesta principalmente attraverso il corpo, che, come con la femminilità, è considerato lo specchio dell’interiorità e il primo mezzo di definizione identitaria. Secondo Connell:

Il genere maschile consiste, fra le altre cose, in una certa sensazione della pelle, in certe forme e tensioni muscolari, certi atteggiamenti posturali e certi modi di muoversi, e in certe possibilità nell’attività sessuale. Nei tempi recenti, fattore primario della mascolinità è divenuto lo sport. Ma la formazione della maschilità attraverso le prestazioni corporee implica che il genere diventa vulnerabile quando la prestazione non può essere continuata211.

                                                                                                               

209 Ivi, p. 26.

210 P. Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, Bologna, 1979. Qui Bordieu analizza il gusto in un sistema strutturato: infatti, l'adozione di uno stile di vita e dei suoi contrassegni distintivi riflette

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