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CREAZIONE DELLA POTENZA, POTENZA DELLA CREAZIONE L'evento Nietzsche

Nel documento Gilles Deleuze storico della filosofia (pagine 90-114)

...prima di arrestarsi a qualche punto ultimo che lo consacri Ogni Pensiero trae un Colpo di Dadi

Stéphane Mallarmé

Quando si ricerca spasmodicamente, tremanti nella passionalità come nel raziocinio, liberi da ingranaggi depistanti come la fede e la psicologia, la stanchezza sale in cattedra, brucia gli occhi, a disvelarsi è qualcosa che di straordinario ha tanto, ma niente da far rimanere estasiati. Urge una presa d'atto, altra cosa rispetto alla fin troppo inflazionata "presa di coscienza", affiora il nome di un Altro. Né Dio né uomo, un deserto non da popolare, ma lungo il quale far scivolare tutti i venti possibili. Ho tentato così, letterariamente, di coniugare l'idea di filosofia, di ricerca e di pensiero che ha di sicuro accomunato Nietzsche e Deleuze. In due tempi, nel 1962 con Nietzsche e la

filosofia e nel 1965 con Nietzsche1, Gilles Deleuze aggiunge un altro agone che si dimostrerà molto

proficuo al suo itinerario formativo. Tra gli anni '60 e '70 Deleuze intreccia i suoi "buoni incontri" con Bergson, Spinoza e appunto Nietzsche; dalla critica all'impostazione kantiana dove buono è l'intento (criticismo) ma negativo l'approdo (formalismo etico-metafisico) alla ricezione dell'empirismo sintomo di "radicalità vitale" e fulcro genetico di costruibilità del soggetto, ulteriore dismissione della tradizione dogmatica e personologica della modernità si ha con la scoperta della differenza, δύναμις del processo dell'esistere attraverso Bergson fino al vero e proprio momento di consistenza ontologica grazie a Spinoza, piano di immanenza e topologia necessaria ed incontrovertibile percorsa dalle esistenze modali in perenne concatenamento, relazione, nesso concreto. Nietzsche è "dinamite" anche nell'ottica deleuziana. Segno di quanto Deleuze stia maturando dopo il posizionamento dello (s)fondamento ontologico sulla scia di una modernità trasversale, diagrammatica che va da Machiavelli a Spinoza, da Bruno fino a Marx. La politicità e l'eticità rappresentano altrettante spie che il rinnovamento globale e radicale del modo di pensare,

1 Per quanto concerne gli scritti e gli interventi diretti sul tema "Nietzsche" pubblicati da Deleuze segnaliamo: G. Deleuze,

Nietzsche e la filosofia, tr. it. di F. Polidori, Einaudi, Torino 2002; Id., Nietzsche, tr. it di F. Rella, SE, Milano 2006; Id., Conclusioni sulla volontà di potenza e l'eterno ritorno, nonché Id., La risata di Nietzsche, fino a Id., Nietzsche e l'immagine del pensiero, in L'isola deserta e altri scritti, Testi e interviste 1953-1974, cit., pp. 145-157, 158-161 e 167-176. Inoltre è utile

ricordare, Id., Prefazione all'edizione americana di Nietzsche e la filosofia, in Due regimi di folli-Testi e interviste 1975-1995, cit., pp. 162-167. Il nome, l'opera, l'apparato concettuale riferito a Nietzsche corre lungo l'intera opera di Deleuze, ritornando in parecchi luoghi oltre a quelli di studio più specifico citati in questa nota. Tra gli studi critici circa il rapporto Deleuze- Nietzsche cfr: J. Marks, Gilles Deleuze. Vitalism and multiplicity, Pluto Press, London 1998; U. Fadini-S. Berni, Linee di fuga, Firenze UP, 2010; Deleuze and the Body, edited by L. Guillaume-J. Hughes, Edinburgh UP, 2011.

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di stare al mondo e far filosofia richiede. Chi se non Nietzsche, pensatore di intensità onnipervasiva, poteva incarnare l'interprete perfetto non solo per dare risposte ma soprattutto, e deleuzianamente, per aprire problemi?

Deleuze si era occupato già in precedenza, filologicamente, di Nietzsche2. Ora vi ritorna in

modo pienamente filosofico. Lo spettro dell'opera nietzscheana3 muove a confronto

imprescindibile chiunque abbia velleità di studio sulla modernità e sulla contemporaneità filosofica, ma anche più in generale, storico-politica. Le vibranti locuzioni, i taglienti aforismi, la densità metaforica, lo spessore filosofico e la schiettezza critica ritagliano nel quadro di fine '900 un

prima e un dopo Nietzsche4. Quanto pensato e "sentito" da Deleuze circa Spinoza, vale anche per

Nietzsche, due filosofi dell'immanenza pura; impatto teoretico destrutturante e al tempo stesso costruttivo garantito dai due pensatori in perfetta simmetria con l'intento deleuziano di decostruire determinazioni logiche e conseguenti risvolti etici, politici, estetici lascito della modernità, ma anche di edificare un'architettura di senso avulsa dal rigidismo idiota delle dottrine onnipervasive, totalizzanti, sintetiche (a priori e non). Il "foglio mondo" steso da Deleuze trova in Nietzsche uno straordinario "ponte significante" dal quale dominare lucrezianamente la vastità del passato filosofico per capirne il valore e l'origine. Come Foucault5, anche Deleuze ravvisa tutta la centralità

dell'approccio filosofico nietzscheano nel posizionamento di un nuovo metodo euristico, definibile

stricto sensu come armamentario o, anticipando gli ulteriori studi deleuziani, come macchina da guerra. Tale metodo è la genealogia.

Nel prosieguo della nostra ricognizione seguiremo la cartografia di viaggio che Deleuze traccia per muoversi nell'universo Nietzsche, incardinata su tre grandi gruppi concettuali problematici. In primo luogo, il precisare la peculiarità del metodo critico genealogico e gli stilemi attraverso i quali Nietzsche coglie il reale inserendosi come dinamite nella storicità del pensiero; in secondo luogo, l'aperta conflittualità nei confronti degli atteggiamenti filosofici falsi e le loro matrici entro un'opera di demistificazione radicale e, nel contempo, abile a radicare un novum costruttivo liberante (il periodo illuminista sarà paradigmatico in merito); in terzo luogo, i due poli complementari racchiudenti l'auroralità delle tesi nietzscheane, ovvero la volontà di potenza e l'eterno ritorno (a partire da Così parlò Zarathustra). Snodi che, nel loro essere dipanati dalla lettura deleuziana, non si risolvono ad unità, al contrario aprono a molteplicità ulteriori da indagare e di cui comprendere il funzionamento e gli intenti. Se Nietzsche mostrò con imponente deflagrazione la messa in crisi di quanto l'uomo e ciò che lo circonda erano fino ad allora stati, Deleuze farà propria questa esplosione, adattandola in doppia cattura contro le letture tendenziose e colpevolmente false su Nietzsche e contro il milieu del mondo a cavallo tra gli anni '50 e '60 che stava velocemente prefigurando nuovi regimi di potere, nuovi dispositivi di controllo e rinnovate propagande di tristi falsità.

Articolare una metodologia concerne per Deleuze un'attività diretta sulle cose e non

2 Attraverso una traduzione a quattro mani dell'opera nietzscheana, Gilles Deleuze e Michel Foucault iniziarono quel dibattito che sollevò l'ipocrisia e la falsità storico-filosofica di una lettura "di destra" dell'autore di Così parlò Zarathustra, a vantaggio della famosa Nietzsche renaissance, capace di accomunare, finalmente, Nietzsche al pensiero radicale e libertario del '900. Riguardo la storia ermeneutica di Nietzsche nel XX secolo, cfr. M. Ferraris, Nietzsche e la filosofia del Novecento, Bompiani, Milano 1999.

3 Vasta è la produzione di Nietzsche. Ricordiamo in questa sede, per esemplificazione bibliografica, la classica edizione curata da Giorgio Colli e Mazzino Montinari: cfr. Opere complete di F. Nietzsche, a cura di G. Colli-M. Montinari, 8 volumi, Adelphi, Milano 1986. Ancor più vasta e distribuita in un ampio orizzonte interpretativo è la bibliografia degli studi critici su Nietzsche; in merito, come raccolta sintetica delle letture più importanti, cfr. M. Ferraris, Nietzsche e la filosofia del

Novecento, cit.

4 Cfr. G. Colli, Dopo Nietzsche, Adelphi, Milano 1974.

5 In merito al nesso genealogia-archeologia in Foucault, cfr. M. Foucault, L'archeologia del sapere, tr. it. di G. Bogliolo, Bur, Milano 2009.

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semplicemente una linea guida cui tutto va a ricondursi, una sussunzione all'intero (di stampo hegeliano), ma è approccio critico già nel suo avvio che non riflette un potere inglobante sugli enti del reale ma li apre, ne sonda le peculiarità e le contraddizioni. È il metodo della differenza o, meglio, la differenza stessa che oltre ad essere concetto affermativo trova la sua ragione anche nel farsi strumento attivando armi categoriali mobili per "varcare l'essere", il mondo. La genealogia teorizzata da Nietzsche accoglie profondamente questi fattori ed è qui che si fa dinamite; a saltare sono schemi vetusti, adeguazioni aprioristiche e logicismi impressi surrettiziamente sul reale non aventi nulla di creativo. Con ciò non si deve concludere che il pensiero nietzscheano riproposto da Deleuze sia voracemente ma inutilmente distruttivo, il che violerebbe e contraddirebbe quanto finora detto sull'ontologia deleuziana, anzi invertire questa stolida interpretazione è, previo studio rigoroso, di un'evidenza schiacciante. Il termine esatto è forse decostruzione (Derrida docet) laddove da un lato non si distrugge per distruggere ma è la stessa indagine che spezza legami aporetici commistionati ad un pensiero reazionario, dall'altro tale operazionismo metodologico non ha nulla a che vedere con qualsivoglia Aufhebung, è essenzialmente anti-dialettico poiché fa deserto di falsità raccogliendo le preziosità di quella che Nietzsche definisce storia critica6 al fine di affermare

una positività nuova, una creazione coincidente con la trasvalutazione valoriale e con un nichilismo

attivo e non più passivo. L'atteggiamento corrispondente al metodo genealogico in filosofia è

proprio quel filosofare col martello anteposto alla futura nascita della nozione di potenza, una indicizzazione critica radicale sui valori a fondamento delle varie tradizioni: «Il problema critico sta nel valore dei valori, nella valutazione dalla quale deriva il loro valore; è il problema della loro creazione»7. Affrontare l'universo assiologico in tal guisa impone il crollo di ogni dogmatismo,

quindi di ogni potere quale stigma di allontanamento e defezione sistematica del pensiero dal pensiero sulle cose stesse, separazione del pensiero dalla sua potenza e dalla sua essenza.

Genealogia vuol dire valore dell'origine e, al tempo stesso, origine dei valori. Genealogia si contrappone tanto al carattere assoluto dei valori quanto al loro carattere relativo o pratico. Genealogia significa elemento differenziale dei valori da cui deriva il loro stesso valore. Genealogia vuol dire dunque origine e nascita, ma anche differenza o distanza nell'origine (NF, p. 5).

Questa è "l'epoca del grande distacco". Nessun aristocraticismo elitario, detentivo "mistico" di qualche arcano essenziale, ma al contrario la distanza, ossimoricamente, riflette la più incisiva penetrazione nella complessità della storia. Già nell'esordio metodologico Deleuze articola la distinzione tra azione e reazione, tra affermatività e negatività. «La critica non è una re-azione del ri-sentimento, ma l'espressione attiva di un modo attivo di essere» (ibid.); simmetria chiarissima con i modi spinoziani, la cui determinazione indeterminata ("un modo"...) rappresenta il fulcro dell'inattualità indagante. A profilarsi, secondo Deleuze, è la forma e la consistenza di un filosofo nuovo, alternativo al confronto con l'identificazione del saggio o del mistico, ma anche dello scettico passivo, dormiente e non più "impegnato" nel lavorio lungo e faticoso per intelligere il reale. Due forme di distacco: passività che volta le spalle alle cose e ne fa schematizzazione olistica all'interno del proprio sistema, per inverso attività che brandendo il martello della critica si getta

6 Nietzsche pone una tripartizione euristica verso la lettura filosofica della storicità, dividendola in tre tendenze interpretative: la storia monumentale, antiquaria o critica. Fare della storia una rassegna museale riduce la stessa ad oggettività inerte, così come renderne infinito omaggio (historia magistra vitae) coincide col rifiutarne le possibilità di contemporaneità. Pertanto, "fare storia critica" è proprio attraversarla demolendo e frammentandone gli intenti per farne strumento di costruibilità nel presente. Cfr. F. Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita, tr. it. di S. Giametta, Adelphi, Milano 2006.

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nella mischia tra gli strali delle tensioni reazionarie dei vari pensieri della sintesi. Insomma, il

filosofo è uno che deve rischiare. «[...] il modo di essere del filosofo, che si prefigge di usare l'elemento

differenziale appunto come critica e creazione, dunque come martello» (ivi, p. 6). Ciò non può che mutare la condizione mentale e fisica del pensatore verso uno stato di malattia; tuttavia, dagli spazi sofferenti di essa si schiude un paesaggio di faticosa conquista di una salute "altra", una salute da fare, un deserto sul quale divenire nomadicamente creando senso. La convalescenza di Zarathustra incarnerà il momento successivo all'edificazione della salute e, in quanto posteriore ad una sofferenza indicibile data dal peso della nocività esiziale del passato, abbisognerà di tempo. Un tempo di messa in opera della salute costruita dalla critica che, a sua volta, ha necessità di essere perseguita ed alimentata. «[...] il tipo di filosofo a cui Nietzsche pensava, conosce un eccesso di sofferenza. Ma egli non concepisce assolutamente la malattia come un avvenimento che colpisce dal di fuori un corpo-oggetto, un cervello-oggetto. Nella malattia egli vede, piuttosto, un punto di

vista sulla salute; e nella salute un punto di vista sulla malattia»8.

Entro l'iter cognoscendi avanzato da Deleuze, ad emergere con la chiave d'accesso genealogica è anche una risposta su cosa sia la filosofia (motivo che tornerà nel tardo Deleuze in coppia con Guattari di Che cos'è la filosofia? del 1991) nonché sulla sostanza e funzione di cosa significhi filosofare; abbiamo già esaminato le tracce che in autori come Hume, Kant e Bergson, Deleuze ha lasciato per tentare una cartografia che sia itinerarium gnoseologico, scevro da impedimenti dialettici per i quali "la via è già segnata". Nietzsche si situa al crocicchio di questa articolata strada: «Non si può capire la filosofia di Nietzsche se non si tien conto del suo essenziale pluralismo. E in fondo il pluralismo (detto anche empirismo) non è altro che la filosofia stessa. Il pluralismo è il modo di pensare propriamente filosofico, inventato dalla filosofia: unico garante della libertà dello spirito concreto, unico principio di un ateismo violento» (NF, p. 7). Identità tra pluralismo ed empirismo, motivo riecheggiante Hume dove il passaggio che posteriorizza la soggettività ha radici nel molteplice, è pluralistico. Deleuze non abbandona, anzi rafforza il suo empirismo radicale attraversando l'opera di Nietzsche. Contestualizzare l'opera da storico della filosofia di Deleuze misura i passaggi espressivi che diramano i contenuti critici all'insegna di un

costruttivismo prospettico che, ad esempio, Michael Hardt vede in relazione al ponte che va «dalla

fondazione ontologica della potenza alla creazione etica dell'essere»9. Dal tornitore Spinoza per il

quale buone lenti occorrono per concepire le singolarità modali nell'ottica di potenze d'esistenza, al sintomatologo Nietzsche per cui ad essere capovolto è l'intero sistema di messa a fuoco della realtà, l'intenzione deleuziana è far posto finalmente alla filosofia ed alla sua verità critica e non a

prendere il posto della filosofia come tante allucinate mistificazioni (logiche, trascendenti,

dialettiche) hanno perpetrato lungo la storia del pensiero. Nietzsche, per Deleuze, scopre il posto della filosofia, topologia incollocabile perché avulsa da specialismi ed in grado di essere arma

critica universale in ogni campo del reale. «Nietzsche ebbe l'arte di spostare le prospettive, dalla

salute alla malattia e viceversa»10; che la filosofia occupi questo luogo nomade, non radicato

unitariamente ma rizomaticamente espandentesi, rende il senso di un cambiamento radicale di vita per colui che decide di attuarlo. Rispecchiarsi nella molteplicità e farsene moltiplicatori di connessioni, relazionalità positive e creanti, aprirsi alla conoscenza ed alla prassi dei "divenire" di questa ricca immanenza laddove "conoscere è vivere meglio" (lo ripetiamo in qualità di aforisma

8 G. Deleuze, Nietzsche, cit., p. 14. Sulla proficuità della malattia e della morte in generale per la vita in sé, sono illuminanti le pagine di Canguilhem, uno dei maestri di Deleuze e pensatore chiave nel processo di liberazione dalle strettoie dogmatiche della psicopatologia di fine XIX secolo ed inizio XX secolo, della cui matrice nietzscheana ho tentato di dare conto, in termini di "vitalismo", nel mio volume: A. Simonetti, L'insavio. Smarginature dell'esistenza tra Kant e

Deleuze, Morlacchi, Perugia 2016, pp. 151-172.

9 M. Hardt, Gilles Deleuze. Un apprendistato in filosofia, cit., p. 70. 10 G. Deleuze, Nietzsche, cit., p. 19.

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guida per il tirocinio e la vita filosofica tout court), rende liberi. Per Godani: «Ciò che Deleuze coglie nel pensiero nietzscheano è, in primo luogo, l'esigenza di pensarsi e viversi non come soggetti o persone, bensì come entità molteplici in perpetua metamorfosi, come modi d'essere piuttosto che come sostanze» (DEL, p. 14); in concreto, è possibile affermare che la filosofia trova in Nietzsche un radicalismo affermativo senza pari, eretto a smascheramento di quanto era "mondo vero e finì per diventare favola".

Negli sferzanti testi nietzscheani Deleuze fa proprio un arsenale concettuale che trova nella dismissione netta della dialettica un filo conduttore decisivo, rafforzato dal fatto che Nietzsche si era posto, fin dall'inizio della sua ricognizione a martello lungo la storia del pensiero, in assoluta contrapposizione con Hegel. Motivo avviato nel dialogo con Spinoza, quello della confutazione della circolarità dialettica e del conseguente ed inevitabile storicismo acquista ora materia fresca che Deleuze non esita ad innescare nel suo tempo. "Contro chi?" è la scaturigine domandante in Nietzsche: «La filosofia di Nietzsche nel suo insieme rimane un qualcosa di astratto e incomprensibile se non si scopre contro chi è diretta [...] il superuomo va contro la concezione dialettica dell'uomo, come la trasvalutazione va contro la dialettica dell'appropriazione o del superamento dell'alienazione. Già dalla teorie delle forze possiamo seguire l'aggressivo percorso dell'anti-hegelismo che attraversa l'opera di Nietzsche» (NF, pp. 13-14). L'antitesi più profonda nella storia del pensiero della modernità è sicuramente quella tra Hegel e Nietzsche. Deleuze ha da sempre tra i suoi obiettivi l'annichilimento della logica hegeliana, responsabile teoretica e politica del sistema di dominio contemporaneo. Se per Hegel "il vero è l'intero", ciascuno dei termini dell'essere nelle sue articolazioni è già ab ovo destinato alla riconduzione sintetica11, alla

sussunzione (Marx è qui cruciale) del Molteplice nelle catene dell'Uno. Tuttavia, ci è noto come Deleuze non cada nella trappola logica dell'estinzione dell'Uno, ma ne faccia un necessario campo, topologia spaziale che o come campo trascendentale o come campo d'immanenza oppure, più tardi, come Corpo senza Organi, definisce la base ontologica immanente e univoca entro cui la vita diviene, agisce, crea, si metamorfizza. I risvolti di questo aperto conflitto investono da parte a parte sia le giuste controversie gnoseologiche, sia le pieghe psicologiche restituendo un Altro uomo o, meglio, un Altro al posto dell'uomo.

All'elemento speculativo della negazione, dell'opposizione o della contraddizione, Nietzsche sostituisce l'elemento pratico della differenza, oggetto di affermazione e di godimento, tanto che si può parlare in tal senso di empirismo nietzscheano [...] Il "sì" di Nietzsche si contrappone al "no" dialettico, la differenza alla contraddizione dialettica, la gioia e il godimento al lavoro dialettico, la leggerezza e la danza alla pesantezza dialettica, la bella irresponsabilità alle responsabilità dialettiche (ivi, pp. 14-15).

Vita contro non vita, attività contro reattività. C'è qualcosa di più nella dialettica hegeliana che una teoria filosofica poiché l'elaborata sistematizzazione totalizzante di Hegel riassume caratteri, motivi e finalità di una certa linea di pensiero impostasi in Occidente dal cristianesimo in poi. Il fondo ideale che anima il messianismo cristiano è l'equivalente psicologico-morale del teleologismo della storia logico-concettuale di cui è intessuta la dialettica hegeliana; Hegel, non a caso, studia sin da giovane l'evoluzione religiosa della storia umana individuando nella cristianità la sintesi dopo il momento ebraico (l'astrattezza dell'attesa) e dopo quello greco (paganesimo e rappresentazione politeista come negazione concreta dell'Uno ebraico)12. Nietzsche coglierà questo

11 Cfr. T.W. Adorno, Dialettica negativa, cit. Testo esemplare nel fronteggiare dal punto di vista della negazione determinata la totale arbitrarietà del sistema panlogico hegeliano, dove tutto è già nel solco del previsto concettuale in astratto. 12 Cfr. G.W.F. Hegel, Vita di Gesù, tr. it. di A. Aportone, Newton Compton, Roma 1995. Nell'accesa disputa su di un Hegel

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nesso portandone ad emersione la sostanziale pregnanza per la modernità e la contemporaneità. La storia del pensiero è infettata dal virus cristiano-dialettico e Deleuze accoglie teoreticamente ed eticamente tale istanza dal momento che il germe ha intaccato la fertilità propria della vita, ovvero la sua determinante pluralità, la sua frammentarietà e la sua ricchezza. Nel 1872, scrivendo La

nascita della tragedia, Nietzsche, seppur ancora legato a Schopenhauer, inventa la nozione di tragico;

diciamo, a rigore, "inventa" poiché afferma di comprendere il tragico meglio dei greci che vi si erano accostati ma non avevano reso potenza fino in fondo lo stesso. «Egli contrappone la visione tragica del mondo a due altre visioni: quella dialettica e quella cristiana [...] Nietzsche insiste in particolare sul carattere fondamentalmente cristiano della dialettica e della filosofia tedesca, nonché sulla costitutiva incapacità, sia del cristianesimo sia della dialettica, di vivere, di comprendere, di pensare il tragico» (NF, p. 17). Nel metodo genealogico, la coloritura è proprio il tragico. Il tono concettuale sviluppato dal tragico trova in Nietzsche una particolare apertura, in nulla simile al riscatto per via negativa (misticismo o noluntas schopenhaueriane), ma prepara il cammino alla genesi di una nuova territorialità, ad una nuova dimora del pensiero, una topologia

Nel documento Gilles Deleuze storico della filosofia (pagine 90-114)

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