Capitolo 2. Il credit crunch, le regole di Basilea e la teoria sulla crisi 2.2 Il credit crunch e vari concetti di liquidità
2.2.1 Il credit crunch
Il credit crunch è un argomento molto trattato, soprattutto in questi anni di crisi. Con questo termine s’intende l’inasprimento delle condizioni di offerta di credito ai privati, che consumano meno, e alle imprese, che investono meno, impedendo la crescita economica del sistema.
Per comprendere meglio il credit crunch si può analizzare un indicatore chiamato “net tightening credit standard” ossia un indice che permette di capire la differenza tra la percentuale di banche che ha subito un inasprimento delle condizioni rispetto al trimestre precedente e la percentuale di banche che hanno percepito un attenuamento degli standard creditizi richiesti per una domanda di finanziamento rispetto al mese precedente.
Secondo l’analisi effettuata da Milanesi e Rocchini22 l’inasprimento delle condizioni di richiesta del finanziamento ha iniziato a crescere dal terzo trimestre del 2007 in corrispondenza dello scoppio della bolla dei mutui subprime negli USA. L’indicatore cresce e decresce più volte nel corso del tempo ma il picco è stato raggiunto nel terzo e quarto trimestre del 2008 in corrispondenza del fallimento di Lehman Brothers.
Il credit crunch è stato un evento significativo a seguito di due fattori tra loro correlati, ossia la diffusione della crisi dei mutui subprime e la corsa agli sportelli della Northern Rock. Secondo i dati raccolti dal Bank Lending Survey ci sono state elevate difficoltà di accesso ai mercati del funding fino al terzo trimestre del 2009, dopo lo scoppio della crisi dei mutui e del fallimento di LB. I tassi di interesse interbancari applicati continuavano a crescere con un picco nel terzo trimestre del 2008 dell’Euribor che ha sfiorato il 5,45%.
22 S. Milanesi, S. Rocchini, Il credit crunch: da Lehman Brothers alla crisi del debito sovrano, Periodico
Nel primo trimestre del 2012 dopo gli interventi della Banca Centrale Europea e le operazioni di finanziamento di lungo termine gli ostacoli al mercato del funding si sono attenuati. Figura 7: Peggioramento delle condizioni di accesso al credito. Fonte: Paper S. Milanesi, S. Rocchini. Si veda la bibliografia. Il credit crunch, come si vede dal grafico qui sopra, ha avuto un forte picco nel terzo e quarto trimestre del 2008, durante la prima fase della crisi culminata con il fallimento di LB. L’offerta di credito si è irrigidita fino al 2009‐2010 quando si verificò un allentamento seguito poi, negli ultimi due trimestri del 2011, da una forte impennata dopo le principali crisi del debito sovrano degli Stati Europei.
Il peggioramento delle condizioni ha scoraggiato le imprese a chiedere prestiti dapprima allo scoppio della crisi, essendoci stato un irrigidimento dell’offerta di prestiti per questi soggetti. In un secondo momento le banche si sono dimostrate capaci di prestare denaro alle imprese, con condizioni molto stringenti, ma in modo molto altalenante dal 2008 ad oggi. I ferrei vincoli contrattuali riguardano soprattutto gli spread applicati che diventarono più alti e quindi gli operatori bancari hanno deciso di aumentare i prezzi per le controparti più rischiose, chiedendo garanzie migliori e concedendo prestiti di entità modeste.
L’incremento del costo dei finanziamenti ha scoraggiato la domanda di prestiti da parte delle imprese, che più ne avevano bisogno in un periodo di stress, ossia le piccole e medie imprese, i progetti fortemente innovativi e gli artigiani. I fattori che hanno influenzato la domanda di finanziamento da parte delle imprese si racchiudono in due generi: 1. Prestiti legati al fabbisogno finanziario delle imprese cioè per investimenti fissi, finanziamenti per il capitale circolante, per fusioni o acquisizioni e per operazioni di ristrutturazione del debito.
2. Altre forme di finanziamento vale a dire l’autofinanziamento, il credito proveniente da altri intermediari bancari e non, le emissioni di obbligazioni e le operazioni per aumentare l’equity.
Nei periodi di calo della domanda di finanziamenti, diminuiscono le richieste di
funding rivolte agli istituti bancari per soddisfare investimenti a lungo termine ed
operazioni di M&A. Cresce inoltre l’esigenza di ottenere finanziamenti per ristrutturare ed allentare posizioni debitorie esistenti. In particolare con la crisi poche aziende hanno pensato di acquisire altre società o effettuare investimenti a lungo periodo. I prestiti dopo lo scoppio della crisi sono stati maggiormente richiesti per ristrutturazioni di debiti esistenti per dare respiro alle aziende richiedenti. L’offerta del credito verso l’economia reale può essere influenzata da fattori dell’ambiente esterno in cui operano gli istituti bancari e interni ai soggetti erogatori.
Per quanto riguarda i fattori esterni che condizionano l’offerta di credito per le aziende, troviamo la rischiosità del credito a livello di sistema. Le politiche creditizie e la propensione al rischio delle banche variano in seguito alle valutazioni delle aspettative sull’economia reale e della visione specifica del settore in cui l’impresa opera. Come si è verificato negli ultimi anni, se il settore d’appartenenza collassa, anche le condizioni bancarie richieste per un finanziamento diventano stringenti, peggiorando la situazione economica già difficile e alimentando il circolo vizioso della crisi.
Un altro elemento esterno che influenza l’offerta degli istituti di credito è dato dalla concorrenza, infatti, se l’imprenditore chiede a più operatori bancari o ad altri
intermediari, le condizioni di prestito che si vedrà applicare saranno diverse e in alcuni casi anche meno ferree.
Per i fattori interni invece, dobbiamo valutare la situazione patrimoniale delle banche. I vincoli posti da Basilea 2 prima, e Basilea 3 poi hanno costretto le banche a restringere le loro politiche commerciali e creditizie. I requisiti minimi che le banche devono detenere sono commisurati alle attività rischiose in loro possesso e se queste aumentano, per forza anche il “cuscinetto di protezione” dovrà aumentare, contraendo perciò l’erogazione di nuovi prestiti.
In periodi normali le banche riescono a gestire bene la loro liquidità interna, cioè sono capaci di affrontare le operazioni di rimborso e rifinanziare le proprie passività grazie a mercati all’ingrosso ben sviluppati ed integrati. In tempi di crisi, invece mancando la fiducia nei mercati tra gli operatori stessi si è compromesso il funzionamento e la ricerca di fondi è diventata difficile ed onerosa sia per i tassi applicati sia per le garanzie richieste.
Il credit crunch all’inizio della crisi ha comportato subito un aumento del prezzo (spread) applicato alle imprese, soprattutto a quelle più rischiose. I fattori che più hanno influenzato le politiche creditizie delle banche sono stati le aspettative sull’economia generale e quelle sul settore specifico di appartenenza dell’impresa. Nella seconda parte del periodo di crisi, le condizioni per accedere al credito sono state ancora più irrigidite a causa della crisi del debito sovrano degli stati europei che ha portato a una riduzione degli importi chiesti, minore durata dei prestiti ed incremento delle garanzie da concedere. I fattori indicati sopra, come influenzanti delle politiche di prestito delle banche, valgono ancora per la crisi attuale, solo che sono stati affiancati da altri punti prevalentemente riguardanti l’aspetto interno della banca quali, la patrimonializzazione, la liquidità, i problemi di funding e da fattori esterni come la politica monetaria della BCE, dalle regole rigide di Basilea 3 e quelle dell’Autorità Bancaria Europea. 23
23 S. Milanesi, S. Rocchini, Il credit crunch: da Lehman Brothers alla crisi del debito sovrano,