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CREDIT DEFAULT SWAPS

Nel documento Mutui Subprime (pagine 32-34)

Dopo aver scoperto cosa intendiamo per Cdo, andiamo a sviluppare un ulteriore analisi: i Credit default swaps o Cds. Rappresentano una particolare categoria di credit

derivatives nata agli inizi degli anni ’90 da J.P. Morgan, famosa banca statunitense. Dal

nome di questi prodotti, richiamiamo fin da subito una connotazione negativa con il termine default, che concretamente non rappresenta altro che una forma di derivati creditizi, anch’essi negoziati nei mercati over the counter (OTC).

In sostanza, si tratta di prodotti che permettono la copertura dall’esposizione a particolari

credit events (come per esempio, il rischio di downgrade, di bancarotta e altri), traferendo

ad altri operatori finanziari il rischio di credito, in parole povere, scaricando il rischio al mercato.

I Cds, li possiamo definire come un contratto in cui un soggetto (protection seller), dietro il pagamento periodico di un certo numero di somme di denaro da parte del soggetto acquirente (protection buyer), si impegna a corrispondere a quest’ultimo una somma qualora si verifichi un credit event.

Notiamo sin da subito, come questo sia un accordo bilaterale che comprende due parti, da una parte abbiamo il protection buyer (colui che trasferisce ad un altro soggetto il proprio rischio di credito in cambio di protezione, acquistando il credit default swap) e dall’altra abbiamo il protection seller (colui che vende il credit default swap e si carica del rischio di credito del buyer). Nel caso si verificasse l’insolvenza del soggetto debitore o emittente (reference entity), sarà il protection seller a caricarsi del rischio e dovrà pagare al protection buyer una somma di denaro prestabilita che porterà all’estinzione del contratto. Una sorta di assicurazione finanziaria.

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Dalla fine degli anni ’90 ed oltre, ci fu un’esplosione di questo fenomeno e tra i principali attori presero parte le banche e le compagnie di assicurazioni. In particolare, tra i maggiori

protection seller si identificavano le compagnie di assicurazione, tra i maggiori protection buyer le banche.

Tuttavia, una forte somiglianza è riscontrabile con i contratti di assicurazione, dalla quale si differenziano per alcuni importanti tratti. Infatti, con il contratto di assicurazione, nel caso si verifichi un determinato evento, il venditore della polizza si impegna a corrispondere una certa somma al soggetto titolare della polizza, ma, mentre i Cds pagano lo stesso importo degli altri, sulla base di una formulazione standard a livello di mercato, offrendo la loro protezione anche se il bene sottostante non è di proprietà, i contratti assicurativi no. Il bene deve essere di proprietà dell’assicurato e deve rappresentare un qualcosa sulla quale si detenga un interesse.

Ci sono altri elementi che rendono dissimili questi due strumenti, in particolare:

• il contratto assicurativo gode necessariamente dell’esistenza di un rischio che viene traslato in capo all’assicuratore e dell’interesse del soggetto assicurato al risarcimento del danno;

• nei Cds il reference entity, il cui rischio di credito viene preso in carico dal

protection seller, può, non per forza di cose, corrispondere al debitore del protection buyer. Inoltre, per quanto riguarda i termini dell’accordo e il premio da

pagare, quelli sono e quelli restano, anche se si dovesse incorrere in un upgrade/downgrade del rischio di credito del reference entity;

• al contrario degli assicuratori che vogliono avere la certezza di quali siano i rischi per cui offrono protezione e debbano costruire le riserve per far fronte alle perdite con l’utilizzo di analisi attuariali e dati empirici, i venditori di Cds non hanno queste priorità e hanno la facoltà di detenere riserve a fronte dei rischi intrapresi, potendo anche essere soggetti non regolamentati;

A questi strumenti, si può imputare un grande ruolo nella crisi dei mutui subprime in America, anche se la loro nascita è imputata ad uno scopo utile e preciso. In molti li considerarono colpevoli della crisi, ma in realtà non fu così, furono altre le cause dello scoppio, e se proprio si volesse addossare una colpa a questi strumenti, gli si può attribuire

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solo il ruolo di inasprimento degli effetti catastrofici scatenatisi. Ma di questo ne parleremo nel corso dell’elaborato, nei prossimi capitoli.

Fu proprio l’importante uso speculativo che se ne fece, a determinare la quasi rovina dell’intera economia statunitense e per certi aspetti mondiale. In particolare, l’uso astratto che si fece di questi derivati, portò al quasi default del più grosso colosso assicurativo degli Stati Uniti (AIG).

Il mercato immobiliare era considerato molto stabile e alla luce delle valutazioni fatte dalle società di rating gli veniva attribuita una tripla A, portando numerose banche e compagnie assicurative a stipulare una miriade di Cds con sottostante il settore immobiliare. Fino a quando, per tutta una serie di motivi appresi in precedenza, il mercato immobiliare cominciò a collassare e le compagnie assicurative concedenti Cds, per l’imponente crisi di liquidità causata dall’insolvenza dei mutuatari, non riuscirono più a coprire le somme da pagare alle società in virtù dei derivati stipulati.

Ruolo importante è da attribuire all’ISDA (“International Swaps & Derivatives

Association”) che subentrò nel mercato dei derivati con direttive e regole più stringenti.

Essa nasce nel 1985 con il compito specifico di regolare questo genere di strumenti, in particolare andando ad identificare specifiche categorie di Cds e altri tipi di derivati finanziari. Svolge compiti di importanza elevata, e per certi versi può essere accostata al ruolo che ha l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (per esempio, in Italia l’IVASS). Non dimentichiamo, però, che l’ISDA è un ente privato, a differenza dell’altro istituto (in questo caso l’IVASS) che risulta essere pubblico.

Nel documento Mutui Subprime (pagine 32-34)