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GLI STRUMENTI OPERATIVI PER LA GESTIONE DEL RISCHIO DI CREDITO NELLE AZIENDE

4.9 La Credit Policy aziendale

Una volta analizzate le modalità operative in cui si sostanzia la gestione del rischio di credito all’interno dell’azienda e, per quanto le peculiarità e le esigenze di un’impresa possano variare anche sensibilmente in base alle dimensioni, al settore, alla storia dell’azienda ecc., va detto che quanto visto è da calare nel caso specifico affinché venga assimilato, creando delle procedure di Credit Management più o meno formali, a seconda di quanto richiesto dalla natura del business.

L’obiettivo di queste procedure è quello di creare coesione internamente all’azienda, una comunicazione efficace tra reparti, una maggiore responsabilizzazione dei soggetti coinvolti e la condivisione degli obiettivi, ma anche l’acquisizione di una maggiore professionalità agli occhi del cliente: si vogliono ridurre al minimo incomprensioni, lentezze “burocratiche” negli iter interni e atteggiamenti opportunistici.

In quest’ottica va quindi individuata la “Credit Policy” aziendale, un documento contenente le linee guida per gestire i crediti commerciali, ancor prima della loro nascita (collegandosi al pricing, alla ricerca e alla valutazione dei clienti potenziali e alla definizione delle modalità e dei termini di pagamento all’interno del contratto), e fino all’incasso di quanto pattuito (Order-To-Cash).

“La Credit Policy non dev’essere vista come portatrice di brutte notizie, ma dev’essere interpretata come uno sguardo positivo agli asset aziendali (in questo caso i crediti), prendendo atto che anche essi possono costituire un centro di profitto.”67

La produzione di questo documento dev’essere fortemente incoraggiata dai vertici aziendali, devono essere interpellati i soggetti direttamente coinvolti (commerciale/vendite ed amministrazione), e si deve giungere ad una Policy compresa, condivisa ed adottata da tutti i diversi dipartimenti, o quantomeno quelli che abbiano un ruolo evidente nella creazione di customer satisfaction.68

67

Chartered Institute for Credit Management – Guide to a Credit Policy; P.Stevenson, C.Sanders; 2012 (Rev. 2015)

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L’articolatezza e il livello di dettaglio della Policy andranno contestualizzate alla realtà aziendale in oggetto: pensare ad una Policy di 100 pagine per una piccola o media impresa sarebbe pressoché inutile, oltre che controproducente, pertanto ci si orienterà verso una soluzione più snella e di semplice applicazione, inoltre il linguaggio tecnico utilizzato dev’essere comprensibile non soltanto per il personale adibito alla gestione dei crediti, ma anche per il reparto commerciale e per il customer service.

Esistono molti aspetti che possono plasmare la Credit Policy in un modo piuttosto che in un altro69: la quota di mercato detenuta dal venditore, la sua forza

contrattuale (di imporre condizioni o di subirle) e la strategia commerciale dell’azienda (espansione o consolidamento), i capitali necessari a finanziare le vendite ed i relativi costi, la struttura e le condizioni dei crediti concessi dai propri fornitori, le tipologie e le dimensioni dei clienti, i margini di profitto dell’impresa, la particolarità dei beni venduti (es. installazione di beni strumentali, costruzione, collaudo ecc.) e la vita utile di essi (per beni di consumo le dilazioni di pagamento saranno presumibilmente più ridotte, rispetto a beni durevoli), la pressione competitiva e il benchmark (ovvero la prassi di settore per quanto riguarda pagamenti, dilazioni, tassi ecc.), l’affidabilità creditizia dei clienti, la lunghezza del ciclo monetario del cliente (ad un cliente retail che viene pagato esclusivamente in contanti, potranno essere concesse delle dilazioni brevi, se non nulle, mentre nel caso di un ciclo produttivo piuttosto esteso la necessità del cliente sarà orientata verso dilazioni più accentuate), la stagionalità delle vendite e la presenza di garanzie a rinforzo dell’esposizione in crediti.

I contenuti del documento riguarderanno la valutazione dei clienti e dei crediti e l’attribuzione dei limiti di fido , le procedure di “collection”, le figure chiave e i livelli gerarchici necessari per autorizzare determinate transazioni, per concedere fidi e per gestire crediti in sofferenza o procedure concorsuali, nonché gli obiettivi da raggiungere e le responsabilità attribuite ai diversi soggetti.

Una buona Credit Policy dovrebbe quindi prevedere al suo interno:7071

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European Credit Management Guide: Credit Policy – Glen Bullivant FICM

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Chartered Institute for Credit Management – Guide to a Credit Policy; P.Stevenson, C.Sanders; 2012 (Rev. 2015)

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- Una dichiarazione in merito agli obiettivi aziendali;

- Una lista delle tipologie di clienti della società e i relativi settori d’appartenenza; - Le condizioni di vendita dei prodotti da presentare ai clienti, ivi compresi:

 Mezzi di pagamento;  Regole per gli sconti;

 Previsione di pagamenti in anticipo, all’installazione o al collaudo, con estrema precisione riguardo la relativa documentazione (per evitare incomprensioni e, di conseguenza, ritardi nei pagamenti);

 Interessi di mora per ritardi nel pagamento non imputabili ad inadempimenti del venditore;

 Riserva della proprietà;

- Un metodo di valutazione dei crediti, dei clienti e dei limiti di fido, da aggiornare periodicamente, con l’eventuale attribuzione di rating o codici di rischio;

- Una griglia autorizzativa, per l’approvazione dei limiti di credito, degli extra-fido, delle transazioni di una certa rilevanza e delle rinunce ai crediti.

Un esempio molto semplice potrebbe essere: - fino a 100.000€: Area Manager, - da 100.000 a 200.000€: Credit Manager o Direttore Commerciale, - da 200.000€ a 500.000€: CFO, - oltre 500.000€: CEO.

Per ogni livello di authority devono essere previsti degli obiettivi e delle responsabilità, inoltre sarebbe opportuno definire le interazioni tra dipartimenti nel perseguimento di tali obiettivi.

In caso di dispute o di opinioni fortemente divergenti tra il reparto vendite/marketing e il credit manager, si può ricorrere ad una figura che funga da “arbitro” per dirimere tali questioni, solitamente l’Amministratore Delegato o il CEO;

- I criteri per classificare e gestire i crediti “in sofferenza” e per effettuare accantonamenti in appositi fondi rischi e svalutazione;

- I criteri per il calcolo del DSO (Days Sales Outstanding) o di altre KPI per monitorare le performance delle operazioni di collection e l’andamento dei crediti;

- Le procedure da adottare in caso di crediti scaduti: blocco degli ordini e/o delle spedizioni, solleciti, ricorso ad azioni legali o a soggetti terzi per la collection (es. società di recupero crediti, factoring ecc.);

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- L’eventuale ricorso a servizi esterni, ad esempio società di informazioni e rating commerciali, società di assicurazione crediti o istituti bancari per lo smobilizzo o altri servizi di trade finance.

Nel caso in cui l’impresa operi sul mercato nazionale ed anche su quelli esteri, è auspicabile prevedere delle distinzioni all’interno della Policy, a seconda degli obiettivi aziendali e delle peculiarità di ciascuno dei mercati di riferimento.