• Non ci sono risultati.

Criminalità secolarizzata e credenze deviate.

Nel documento Religione e mafia. (pagine 45-52)

Fede e religiosità popolare: il diritto canonico

2.3 Criminalità secolarizzata e credenze deviate.

Se la fede è debole il sentimento religioso può essere utilizzato in modo distorto, quasi come esaltazione della vita privata e perfino come giustificazione di atti illegali.

La criminalità organizzata può servirsi della religione, specialmente se questa è alimentata da credenze, santi e

52

52

protettori, che hanno un collegamento con la dimensione profonda della fede.

La criminalità secolarizzata può ben servirsi della religiosità secolarizzata: possono parlare il medesimo linguaggio e paradossalmente servirsi l’una dell’altra.

Per certi versi la secolarizzazione in campo religioso rafforza la religiosità culturale mafiosa. Quando la religione cerca una dimensione più consapevole, lavora sulla formazione delle coscienze ed educa alla responsabilità personale, appare distante dalla devozione criminale, che semplifica l’appartenenza deviata e secolarizza il rapporto di potere.

E’ più facile obbedire senza farsi domande che ragionare su se stessi. Appare più semplice ed immediato ripetere formule e riti che raccontano una tradizione ormai passata nella cultura popolare, che non coltivare una diversa consapevolezza della legalità e della responsabilità.

La criminalità è meno secolarizzata della religione, altrimenti «si sarebbe esposta ad una potenziale crisi di

identità»53. Essa sa modellare con prontezza ed elasticità

valori arcaici alle mutevoli esigenze dei tempi, mantenendo l’immagine popolare di una mafia culturalmente conforme

alla mentalità popolare, anche religiosa54.

53

Alessandra Dino, La mafia devota, Editori Laterza, Bari – Roma, 2008, pp. 227 – 228.

54

Cfr. Augusto Cavadi, Il Dio dei mafiosi, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2009, p. 136.

53

La criminalità ha subito ovviamente dei mutamenti e al contempo ha reagito creando un proprio dio, che diventa sempre più lontano dal Dio della tenerezza, estraneo ai

meccanismi di vendetta tipici della criminalità mafiosa55.

Probabilmente il contrasto alla mafia nelle realtà meridionali, dove la fede è presente ma ancora fortemente deviata da un sentimento di pietà popolare, deve partire dalla consapevolezza di questa diversità sostanziale.

La religiosità popolare prevede la partecipazione dei cittadini, o meglio dei praticanti non credenti, quando lo impone il ‘così è sempre stato’. Nelle piccole realtà è prassi

sapere chi sarà portatore di vara56 o chi raccoglierà le offerte

per i giochi pirotecnici in onore del santo patrono, perché ‘così è sempre stato’. Il ‘così è sempre stato’ è, probabilmente, l’esemplificazione di una religiosità presente ma di una fede assente.

Non deve destare stupore se la Madonna delle Grazie, a

Palmi, fa un ‘inchino’57

o se lo fa Santa Barbara, a Paternò, accompagnata dalle note de ‘Il Padrino’, non ci si deve stupire se il battesimo ha una duplice funzione: entrare nella grande famiglia della Chiesa e, per scelta, nella ‘ndrangheta: è prassi, è il ‘così è sempre stato’. A conferma di ciò le parole di don Angelo Comito, parroco di Guardavalle: «A ogni celebrazione mi scontro con una religiosità popolare che di religioso non ha nulla. Le risposte che arrivano dagli

55 Cfr. Ibidem, p. 140. 56 Vedi p. 28, nota 22. 57 Vedi p. 28, nota 23.

54

ambienti ecclesiali, non solo di questa diocesi, sono sempre

le stesse: Abbiamo fatto sempre così»58.

Chi non vuol vedere, non veda, così come chi non vuol sentire, non senta, ma non lamentiamoci se perdiamo uomini, donne, bambini sotto la violenza efferata del crimine, che si legittima dinanzi ad un Dio, che non è il nostro.

E’ un Dio ‘diverso’, ma conosciuto e studiato dagli uomini delle mafie: in una relazione del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato di Palermo, dopo l’arresto nel 2006 di Bernardo Provenzano, boss della mafia siciliana, si legge che, pur ipotizzando l’uso della Bibbia come documento codificato, «c’è una certa attenzione per le regole, per le sanzioni, le colpe, le punizioni e le vendette, quasi a cercare, nel libro, una sorta di ispirazione e di legittimazione in funzione delle responsabilità e delle

decisioni derivanti dal suo essere capo di

un’organizzazione»59

.

La criminalità guarda alla tradizione: «soprattutto quella religiosa e rituale, resta una via per affermare il loro potere, per sacralizzarlo, per farlo accettare agli altri, per trovare consenso o, più semplicemente, un modo di essere

che non vivono in contrasto con l’attività»60. Così Vito Teti,

58

Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, Acqua Santissima, Strade blu – Mondadori Editore, Milano, 2013, p. 55.

59

La Sicilia, ‘Provenzano leggeva davvero la Bibbia’, 9 giugno 2007, Evangelici.net, (http://www.evangelici.net/notizie/1181398755.html).

60

Vito Teti, ‘E la processione dei boss torna a Polsi un anno dopo’, Corriere della Sera, 28 agosto 2010.

55

antropologo calabrese, dà ‘legittimazione’ al culto della Madonna di Polsi, culto per eccellenza nel panorama della ‘ndrangheta, poiché solo Maria può farsi avvocato delle

condanne e delle assoluzioni degli uomini d’onore61

. Una ‘legittimazione’ maggiore si ha con il battesimo, che per il credente è rinascita in Cristo risorto ed appartenenza ad una comunità, mentre per lo ‘ndranghetista è iniziazione e partecipazione ad un’organizzazione criminale fino alla morte, suggellata da un giuramento di sangue sui santini degli Arcangeli Michele e Gabriele: «Il rito della ‘ndrangheta richiama da vicino un testo biblico, il primo arcaico rito dell’alleanza tra Dio e Abramo (Gen 15, 5 – 12, 17). La forma con cui Abramo conclude l’alleanza è un

sacrificio»62.

Pochi hanno il coraggio di denunciare, molti preferiscono tacere nel nome della tradizione e della devozione popolare, soprattutto quando si tratta di feste

patronali e di fuochi d’artificio63 .

Nel 1890 a Reggio Calabria si inizia ad indagare sulle estorsioni a danno di giocolieri e venditori ambulanti durante la festa di Maria Santissima della Consolazione; nel 1992, a Crotone, monsignor Agostino ‘esige’ un controllo sui

61

Cfr. Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, Acqua Santissima, Strade blu – Mondadori Editore, Milano, 2013, p. 17.

62

Ennio Stamile e Ignazio Schinella, E’ cosa nostra, Atti del convegno, Falerna 26 – 27 gennaio 2007, Cosenza, Editoriale Progetto 2000, 2007, p. 20.

63

Cfr.Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, Acqua Santissima, Strade blu – Mondadori Editore, Milano, 2013, capitolo Feste patronali e fuochi d’artificio.

56

portatori di vara, ma senza alcun esito; nel 1997, tra Gioiosa Ionica e Africo, si ‘consuma’ lo scontro tra due preti, don Stilo, prete con la pistola, e don Bianchi, prete oppostosi alle infiltrazioni mafiose durante la festa di San Rocco e allontanato ‘a divinis’; nel 2003 e nel 2012, sempre a Gioiosa Ionica e sempre in onore di San Rocco, don Giuseppe Campisano non scende a compromessi con il sistema mafioso e subisce attentati; si potrebbero, ancora, citare fatti eclatanti, fatti di potere, mai legittimato, e abuso dello stesso, si potrebbe considerare l’ ‘uso’ della religione per funerali e matrimoni eccellenti, che «finiscono con l’essere occasioni importanti per consolidare all’interno rapporti tra famiglie mafiose e per coltivare, all’esterno, quell’apparenza di normalità, di rispettabilità che esce sicuramente rafforzata dalla legittimazione – diretta o

indiretta che sia – del rapporto instaurato con la Chiesa»64.

Si potrebbe, anche, auspicare un cambiamento, come richiesto da don Edoardo Scordio, a Isola Capo Rizzuto:

«A voi cristiani, che venite a scaldare i banchi della chiesa o vi riempite la bocca con parole nelle riunioni, ma nella vita pubblica non siete diversi dagli altri e come neve vi sciogliete al sole, Gesù dice: cambiate! A voi responsabili, sulla carta della comunità civile, chiamati ad essere punto di riferimento sicuro, chiaro, dei cittadini ai quali avete chiesto il voto, sapendo bene che questo servizio comporta anche

64

Alessandra Dino, La mafia devota, Editori Laterza, Bari – Roma, 2008, p. 79.

57

gesti forti, per la crescita di questa comunità, che si facciano pubblici non soltanto nelle parate musicali e simili ma anche e soprattutto in questi momenti, Gesù dice: cambiate! A voi gente di malavita, sterminatori di morte e di terrore, di lutto e di violenza, che vi siete spartiti questo territorio con il sangue dei vostri fratelli, a voi che continuate l’opera nefasta di Caino, a voi che il Padre celeste interroga, chiedendovi: Caino dov’è tuo fratello?, condannandovi a vivere questa vita senza pace se non date una risposta, Gesù dice:

cambiate!»65

O si potrebbe, semplicemente, applicare il ‘principale documento legislativo della Chiesa […] nella speranza che

rifiorisca una rinnovata disciplina’66

del popolo dei fedeli. Il contesto fin qui messo in evidenza richiama la necessità di un approfondimento del fenomeno criminale mafioso nella comunità ecclesiale, che richiede forse tempi di maturazione lunghi, necessariamente intrecciati con un diverso sviluppo economico e sociale delle regioni del Mezzogiorno, dove il fenomeno assume forme più evidenti di ‘inquinamento religioso’. Nel frattempo è opportuno chiedersi se non sia tuttavia già possibile reagire contro la mafia e la ‘ndrangheta utilizzando il diritto canonico.

65

Pino Nano, Vi racconto la Chiesa della speranza. Dossier sulla legalità e la lotta alla ‘ndrangheta della Parrocchia della Misericordia di Isola Capo Rizzuto, Isola Capo Rizzuto, Edizioni Misericordia, 2011, pp. 41–42.

66

Giovanni Paolo II, Costituzione Apostolica ‘Sacrae Disciplinae Leges’, Roma, 25 gennaio 1983, (http://w2.vatican.va/content/john- paul-ii/it/apost_constitutions/documents/hf_jp-

58

Nel documento Religione e mafia. (pagine 45-52)

Documenti correlati