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La crisi ministeriale del

LA FORMAZIONE DI UN’OPPOSIZIONE DEMOCRISTIANA NELLA SPAGNA DEGLI ANNI SESSANTA E SETTANTA

2. La crisi ministeriale del

La crisi governativa del 1951 rientra nella normale gestione dell’esercizio del potere del generale Franco: evitare cambiamenti drastici di direzione e non emarginare nessuna delle forze sulle quali si basava il suo potere; il cambio di rotta non fu dunque né brusco né definitivo. Così quando nel luglio del 1951 dette vita a un nuovo governo che prefigurava mutamenti nella linea politica, non solo non allontanò la componente fascista del regime ma rafforzò la posizione della Falange restituendo la qualifica di ministero alla Segreteria generale del Movimento. Come sempre dunque si mosse distribuendo equamente il potere tra militari, Azione cattolica, Falange e i due rami in cui si dividevano i sostenitori della monarchia. Nel ’51 ormai, a differenza del 1945, non era più così necessario lanciare segnali all’esterno di cambiamenti politici modernizzatori: la guerra fredda aveva già permesso il reinserimento della Spagna all’interno del sistema diplomatico internazionale. La crisi governativa del 1951, implicò però un cambiamento importante – non dettato dalla volontà di Franco, per il quale la nuova scelta si rivelò tutto sommato una «brutta sorpresa» – con la nomina di Joaquín Ruiz Giménez a ministro dell’Educazione in sostituzione del propagandista Ibáñez Martín. Ruiz Giménez aveva 38 anni quando entrò nel governo, proveniva da una famiglia legata all’azione politica conservatrice, suo padre era stato ministro di Alfonso XIII e sindaco di Madrid. Dopo gli studi all’università dei gesuiti di Deusto, aveva combattuto nell’esercito nazionale prima di ricoprire alla fine della Guerra civile alti incarichi nelle organizzazioni cattoliche e nel sindacato universitario della Falange. Ma se il passato franchista del ministro della Pubblica Istruzione era senza macchia, il «suo presente» lo vide attivo nella corrente più progressiva del cattolicesimo spagnolo dei primi anni Cinquanta. Sebbene condividesse il progetto di Martín Artajo, Ruiz Giménez era decisamente consapevole delle reali esigenze di liberalizzazione, soprattutto per quanto riguardava la vita intellettuale soffocata dalla censura e riteneva che il ministro degli Esteri fosse troppo conciliante nei confronti delle reazioni autoritarie del settore falangista. Il nuovo ministro realizzò una politica d’apertura, protesse e

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sovvenzionò riviste non conformiste come Alcalá e Revista, promosse soprattutto all’università la rinascita della corrente filosofica liberale ispirata da José Ortega y Gasset e vi tollerò anche la comparsa di gruppi democratici o addirittura socialisti e comunisti126. Si impegnò per impedire che alcuni intellettuali spagnoli continuassero ad essere perseguitati dal potere ed altri professori esiliati riottennero la cattedra. Dopo la guerra civile erano stati infatti allontanati dalle rispettive sedi tutti i membri dell’università di tendenza repubblicana e sostituiti da uomini ideologicamente vicini al regime; dato che non era alto il numero di persone qualificate fedeli al regime, l’insegnamento universitario era decaduto rovinosamente. Ruiz Giménez cercò di migliorare la situazione favorendo il dibattito intellettuale fra cattolici liberali e falangisti radicali e nominando professori che non tacevano le loro critiche ad alcuni aspetti del regime. Infine, non bisogna trascurare il suo operato per quanto riguarda la riforma delle strutture dell’insegnamento: una legge quadro del 25 febbraio 1953 riorganizzò l’istruzione primaria, mentre altre misure rafforzarono il controllo dello Stato nelle scuole secondarie anche se ciò provocò attriti con al Chiesa. In maniera ancora più coraggiosa modificò il sistema di attribuzione delle cattedre universitarie così da limitare l’arbitrio governativo e il controllo falangista. In sintesi, la politica di Ruiz-Giménez produsse risultati reali, che non si limitarono al campo delle competenze specifiche del suo ministero. Tuttavia, dobbiamo sempre aver presenti i limiti del suo operato che va inserito nella cornice autoritaria del tempo: le riforme di Ruiz- Giménez riuscirono ad attenere piccole concessioni revocabili in ogni momento; costituirono cioè «l’eccezione liberale alla regola autoritaria», un semplice strumento in mano della dittatura. Il ministro dell’educazione credeva in un’evoluzione pacifica del regime e ciò non gli guadagnò la simpatia di molti franchisti che detestavano la sua politica e che colsero l’occasione dei disordini scoppiati nel 1956 fra studenti dell’università di Madrid aderenti al sindacato (SEU)127 ed altri che vi si opponevano e rivendicavano maggiori libertà, per chiedere e ottenere la sua destituzione. La lotta tra le due logiche contrapposte portò inevitabilmente ad uno scontro aperto tra la maggioranza intollerabile

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G. Peces-Barba Martínez, Joaquín Ruiz Giménez, educador de muchedumbres, in AA VV, La fuerza del

diálogo:homenaje a Joaquín Ruiz Giménez, Madrid, Alianza Editorial, 1997, pp. 99-105; E. Fernández

García, Pensamiento y preocupación política in Joaquín Ruiz Giménez, in V. Zapatero Gómez (a cura di),

Horizontes de la filosofía del derecho : homenaje a Luis García San Miguel, Vol. II, Universidad de Alcalá

2002, pp. 461-472. 127

Il SEU nacque nel 1933 in contrapposizione alla FUE (Federación Universitaria Española) di fede repubblicana.

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dell’establishment franchista e la minoranza tollerante guidata dal ministro128. Il conflitto scoppiò all’inizio del 1956 e si concluse con l’allontanamento del ministro cattolico soprannominato a quell’epoca «Sor intrépida»129. Tale conclusione segnò la fine della presenza degli uomini dell’Azione Cattolica nella compagine governativa, la cui presenza aveva permesso la riabilitazione internazionale della Spagna. Facendosi servitori del caudillo per meglio influenzarlo, i ministri dell’Acnp riuscirono solo ad aiutarlo senza ottenere nulla in cambio.

3. Gli avvenimenti del 1956: la grave crisi del regime franchista e la