• Non ci sono risultati.

I cattolici italiani si interrogano sulle loro responsabilità

LA «QUESTIONE IBERICA» E LA NASCITA DEI GRUPPI DEMOCRISTIANI ATTRAVERSO LE PAGINE DELLA

1. I cattolici italiani si interrogano sulle loro responsabilità

Come abbiamo già avuto modo di osservare, negli anni Sessanta i tempi sembravano ormai maturi per un contatto tra l’Europa occidentale e la Spagna; radicata era la consapevolezza che il futuro non potesse essere affidato meccanicamente alla fine di Franco e che occorresse aiutare la crisi di trapasso svolgendo una funzione politica al fine di accelerare la liberalizzazione del sistema spagnolo. In sostanza, la Spagna venne considerata come il banco di prova della volontà dei democristiani italiani di contribuire a determinare il futuro, non solo di due popoli fratelli per lingua, cultura e patrimonio spirituale ma il futuro del Mediterraneo e della realtà europea; la Spagna dunque come occasione per formulare una politica nuova e coraggiosa:

Il problema iberico è certamente grave e tale da condizionare, a lungo andare, l’evoluzione stessa della situazione politica europea (mediterranea, in particolare) situazione di cui siamo parte: al destino della Spagna si lega, dunque, anche il destino nostro. Che facciamo noi di fronte a questo problema? Forse non quanto dovremmo: in verità non significa fare molto, per la Spagna di domani, limitarsi – oggi – ad atteggiamenti protestatari: il regime franchista per vecchiaia e per incompatibilità con le dimensioni di vita moderna, si avvia già da solo a conclusione. Ciò che dobbiamo chiederci piuttosto è se sia meglio avere, dopo di lui, la Spagna nel dissesto economico e sociale o la Spagna che possa gradualmente riprendere la sua buona strada, il suo equilibrio. Che cosa possiamo fare in questo ultimo senso? Quale responsabilità particolare si pone a noi cattolici italiani? Non è bene attendere che la casa bruci per intervenire col vano piccolo secchio d’acqua: occorre aiutare la crisi di trapasso […]193.

193

Il Franchismo si avvia al tramonto. Qual è il compito dei paesi democratici?, La Discussione, 20 maggio 1962.

91

A preoccupare notevolmente i cattolici italiani era la consapevolezza che una Spagna comunista o nel caos avrebbe compromesso tutto il sistema delle libertà occidentali e, all’alternativa tra franchismo e comunismo, il loro impegno si profuse nello sbandierare l’alternativa dell’Europa194, consapevoli comunque che tale possibilità non potesse nascere da sola ma avesse bisogno di determinate premesse ed atti politici:

Occorre dunque che i cattolici italiani si rendano conto della necessità del nostro impegno, della necessità di favorire un’ordinata evoluzione del paese verso un regime di libertà […] L’entrata nel MEC non è solo un problema economico, sono prima indispensabili quelle trasformazioni di struttura economica, giuridica, politica che dovranno eliminare le contraddizioni tra autarchia e libertà […] Noi italiani auspichiamo l’evoluzione della Spagna verso un regime rispettoso dei valori della libertà. Ma non è tempo che anche noi prepariamo una nostra politica spagnola a breve e a lungo termine? […] Che fare? Convinciamoci innanzitutto dell’interdipendenza della causa della democrazia e della libertà; il problema spagnolo ci apparirà allora in un certo senso, come anche nostro e tale da influenzare, nel suo corso futuro, tutta la politica mediterranea nella quale, l’Italia è prima potenza. Quale strada dobbiamo dunque seguire? Dobbiamo operare affinché la crisi di regime si evolva in forma tale da garantire il transito ad un regime di responsabile libertà auspicabile nell’interesse nostro oltre che della Spagna; potrebbero essere la strada buona ma non facciamoci eccessive illusioni, il transito non avverrà con eccessiva facilità: richiede che si favorisca – da parte nostra – sin da oggi, l’inserimento nella realtà spagnola di componenti economiche, culturali, politiche, sindacali capaci di aiutarne l’evoluzione verso la liberalizzazione politica ed economica […] In questo quadro è auspicabile, un più vivo contatto di scambio tra l’Europa e la Spagna: la Comunità europea, oltre che un successo economico, è un’arma politica di propaganda della libertà. Dipende da noi il volerne e il saperne fare uso nella competizione mondiale verso quelle aree in cui essa potrebbe operare con successo.

Emerge in questi articoli la consapevolezza di dover formulare una «politica iberica», rivolta ad accelerare la liberalizzazione ed a potenziare la funzione politica italiana soprattutto nel settore della presenza tecnico-culturale, sociale ed economica:

Ma soprattutto vi è anche un mezzo già in atto di incontro col mondo spagnolo, quello più giovane: gli efficienti istituti di cultura, la buona rete di corsi di lingua italiana, le scuole di cui l’Italia dispone in Spagna, i centri d’arte e di cinematografia italiani […] Perché non potenziare tale presenza nostra con mezzi adeguati, perché non essere in sostanza più presenti, in tutti i modi possibili, dimostrando una nostra concreta

194

J.L. Cordon Rubio, Europa como evasión, Madrid, Ediciones Nacional, 1963; M. Fraga Iribarne, España

y Europa, Barcellona, Planeta, 1989; J.C. Pereira e P. Moreno Juste, La Spagna franchista di fronte al processo di costruzione europea (1945-1970), in «Storia delle relazioni internazionali», n. 1, 1991; C Powell, España en Europa: de 1945 a nuestros días, in «Ayer», La política exterior de España en el siglo XX, n. 49,

Madrid, Marcial Pons, 2003; M.A. Quintanilla, La integración europea y el sistema político español: los

partidos políticos españoles ante el proceso de integración europea, 1979-1999, Madrid, Congreso de los

Diputados, 2001; A. Sanchez Gijon, El camino hacia Europa. Negociaciones España-CEE, Madrid, Ediciones del Centro, 1973; R. Tamames, La Comunidad Europea, Madrid, Alianza, 1991.

92

disponibilità? In fondo, noi più di altri, possiamo essere oggi in grado di testimoniare agli amici di Spagna che, oggi, la volontà di uno Stato moderno, libero e sociale non è per nulla incompatibile con quella fede cattolica che tanta parte è dell’animo iberico. Non sarà cioè bene che, nel giorno della libertà, gli spagnoli trovino vicino a loro, oltre che molte parole, anche una concreta presenza di cose e di idee italiane, anche una buona rete di interessi concreti che a noi leghino la Spagna in solidarietà di fatto?195.

Tale volontà di voler incidere nell’evoluzione verso la democrazia nasceva dal timore, più volte manifestato da parte dei cattolici italiani, che l’identificazione tra il regime di Franco e il cattolicesimo ingenerasse una confusione che avesse come risultato quello di scristianizzare la Spagna e rendesse così estremamente arduo il compito delle avanguardie democratiche cattoliche una volta caduto il regime196:

Confessiamo di guardare alla Spagna con particolare preoccupazione perché mentre è chiaro che i regimi comunisti sono comunisti e non ingenerano confusioni nella individuazione delle loro caratteristiche; Franco e la sua corte pretendono invece di aver dato vita ad un regime che vuol dirsi cattolico e cerca insistentemente la copertura delle gerarchia ecclesiastiche, del clero, dei fedeli. Ma davvero può dirsi cattolico un regime che ignora la libertà e la sottomette alla ragion di Stato, che ha fatto della repressione uno strumento quotidiano di politica, che lascia nella miseria e nell’ignoranza ceti larghissimi di cittadini, che accentra il potere politico ed economico nelle mani di ristrette élite? Noi sappiamo che il popolo spagnolo è profondamente cattolico: ma non possiamo in coscienza dire altrettanto del regime e delle leggi che pretendono di dirigerlo e governarlo. La cosa ci preoccupa come democratici e come cattolici. Come democratici, perché la libertà è un bene universale che corre sempre il rischio di essere alterato […]. Come cattolici, perché temiamo che l’identificazione fra il regime di Franco e il cattolicesimo ingeneri una esiziale confusione che scristianizzi la Spagna e renda estremamente arduo il compito delle avanguardie democratiche cattoliche che vorranno costruire, dopo la caduta del regime di Franco, una società più giusta e più libera. Noi temiamo anche che la confusione tra Chiesa e regime, alimentata in mille modi, possa pregiudicare la stessa intelligibilità del Cristianesimo, la stessa capacità del linguaggio cristiano di parlare agli intellettuali e alle coscienze […] Come democratici e come cristiani sentiamo perciò una particolare responsabilità verso il popolo spagnolo e il suo destino e ci sembra che il futuro non possa essere affidato meccanicamente alla fine di Franco. I tempi non sono forse ancora maturi per una visione più aperta e più acuta dei problemi che travolgono la penisola iberica […] Davanti alla comunità internazionale di oggi ci si può comportare in due modi: si può cioè avvalendosi della pregiudiziale antifranchista, sbarrare le porte alla

195

M. Pedini, La Comunità europea può e deve dare una mano agli spagnoli. Tra franchismo e comunismo la

democrazia ha da dire la sua, La Discussione, 27 Maggio 1962.

196

A. Martín Artajo, Cristianismo y Comunidad internacional, in «Revista de Estudios Políticos», n. 93, 1957; G. Hermet, Reflexiones sobre las funciones políticas del catolicismo en los regímenes autoritarios

contemporáneos, in «Sistema», 4 gennaio 1974, pp. 23-34; J. Andrés-Gallego, M. Pazós Antón, L. De Llera, Los españoles entre la religión y la política. El franquismo y la democracia, Madrid, Unión Editorial, 1996.

93

Spagna; ma si può anche avere fiducia nelle capacità espansive della libertà e nel contatto vivificante che il popolo spagnolo potrebbe trarre dal contatto con altri paesi dell’Europa occidentale, in primis l’Italia197.