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La crisi della pianificazione urbanistica e l’evoluzione del sistema verso l’eguaglianza,l’efficienza e la consensualità

La pianificazione è lo strumento attraverso cui l’Amministrazione esercita il potere conformativo dei suoli, regolando le attività

economiche e sociali svolte sul territorio, oltre a costituire il principale mezzo di salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio.

Attraverso gli atti pianificatori gli interessi pubblici e le esigenze legate al territorio e alla comunità si tramutano in opere (infrastrutture, servizi, opere di urbanizzazione) da realizzare, tentando di comporre il difficile equilibrio tra l’interesse pubblico e gli interessi privati.

Senza politiche pubbliche non può esistere pianificazione, ovvero quella “ordinata spaziale e temporale ai fini del risultato”, che soddisfi

effettivamente gli interessi generali della comunità che rappresenta55. Lo scopo della legge urbanistica (L.n.1150/1942) indicato all’art.1 è

<<l’assetto e l’incremento edilizio dei centri abitati e lo sviluppo urbanistico in generale del territorio>>.

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La disposizione di legge risulta ampia nella sua formulazione, tuttavia parte della dottrina e della giurisprudenza amministrativa l’ha intesa in senso riduttivo, riconducendo l’urbanistica quale materia che regola gli strumenti attraverso cui vengono conformati le trasformazioni edilizie dei suoli56.

Quest’ultima risulta essere l’impostazione tradizionale della

pianificazione, tuttavia il modello è in crisi e pertanto nasce l’esigenza della sperimentazione di nuovi strumenti di governo del territorio. La perequazione urbanistica nasce dall’esigenza di ridurre le

diseguaglianze che derivano dalla suddivisione del territorio in zone con diverse destinazioni d’uso e differenti indici di edificabilità.

La ricerca di una maggiore eguaglianza sostanziale tra i proprietari

costituisce solo uno degli elementi che spingono verso nuove frontiere di pianificazione.

L’inattuabilità della pianificazione tradizionale è provata e le cause vanno ricercate, principalmente in tre direzioni.

La crisi fiscale, accompagnato dall’ormai costituzionalizzato principio del pareggio di bilancio ha determinato negli enti locali un’incapacità finanziaria nella realizzazione di opere con capitali pubblici e il graduale abbandono della tecnica dei vincoli espropriativi in favore di più

vantaggiosi meccanismi compensativi e perequativi per ottenere aree in cui realizzare gli standard a servizi.

La funzione pianificatoria volta alla costruzione della città pubblica si deve misurare con i vincoli di bilancio imposti dallo Stato e dall’Europa.

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F. Benvenuti, Pianificazione del territorio e tutela del cittadino, in Jus, 1987, pag.135.; Miele, La pianificazione urbanistica, Giuffrè, Milano 1962.

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L’Amministrazione per obbiettivi è indotta a determinare i risultati da conseguire sulla base delle proprie entrate, riducendo in modo drastico il ricorso al debito.

Il principio della realizzazione della città pubblica, come fine primario nell’esercizio dell’azione dei pubblici poteri pianificatori risulta

contingentato dalla cronica mancanza di capitale e dall’impossibilità di ricorrere al debito.

È l’amministrazione del “possibile”, che attenua il potere e svuota la funzione pianificatoria.

In questo contesto il capitale privato tende a sostituire il capitale

pubblico per la realizzazione e la gestione di beni ad uso collettivo e di servizi pubblici.

Ciò può costituire un’occasione economicamente vantaggiosa per i privati, ma le possibili ricadute ed interferenze sulla determinazione dei fini pubblici sono evidenti, se non canalizzate in un sistema

procedimentale trasparente.

In secondo luogo il già citato passaggio dall’urbanistica autoritativa all’urbanistica consensuale, inaugurato quale nuovo schema di legittimazione del pubblico potere costruito sul consenso e non più sull’esercizio dell’autorità attraverso provvedimenti ha determinato, in una prima fase, il superamento dell’indennizzo espropriativo relativo ai vincoli urbanistici, attraverso accordi amministrativi che concedono compensazioni volumetriche e che non comportano alcun costo per l’amministrazione.

Allo stato attuale il sistema consensuale ha fatto un ulteriore balzo in avanti in favore del privato, divenendo lo strumento attraverso cui attrarre capitali privati per conseguire fini pubblici.

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Ciò inevitabilmente comporta l’affermazione e l’ampliamento dei margini della contrattazione urbanistica ed il privato (imprenditore) a fronte di un apporto di capitale rilevante può divenire parte

contrattualmente “forte” nel rapporto con l’Amministrazione. Ulteriore elemento di crisi del sistema è da ricercare nella forma degli atti pianificatori, che diventano vigenti, quando ormai sono già

“desueti”, perché approvati con un procedimento che può durare anni dal momento dell’effettiva redazione.

Inoltre, gli strumenti urbanistici contengono previsioni rigide non facilmente adattabili al rapido scorrere delle esigenze del territorio, sia dal punto di vista economico, che sociale; ne risulta che inevitabilmente dovranno essere sottoposti a continue modifiche tramite varianti ad hoc. Attraverso la pratica della “variante” la natura stessa della pianificazione come strumento di governo del territorio nella propria interezza vede compromessa la propria funzione.

I tempi del potere, dei provvedimenti, dei P.R.G. non sono conciliabili con le esigenze di mercato e del capitale privato.

La ricerca di una rinnovata funzione dell’urbanistica e della

pianificazione è incentivata non solo da fattori endogeni di criticità propri della materia, ma anche da elementi esogeni ordinamentali e sociali che hanno accelerato il processo in divenire.

L’elezione diretta dei Sindaci in un’ottica di democrazia diretta ha posto al centro dell’azione di governo e nei programmi elettorali le politiche urbanistiche della città.

L’azione del legislatore regionale ha introdotto modalità di

pianificazione innovative rispetto al modello tradizionale di derivazione statale.

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Ci si riferisce in particolare allo sdoppiamento del P.R.G. tradizionale che è stato suddiviso da leggi regionali in “piano operativo” e “piano strutturale” in cui trovano spazio i meccanismi di compensazione e concorrenza oltre che di perequazione.

La giurisprudenza amministrativa ha avallato tali le scelte di piano ed ha interpretato estensivamente la funzione sociale della proprietà di cui all’art.42 Cost., che fin dalla sentenza n.55 del 1968 della Corte

Costituzionale sui vincoli urbanistici era stata relegata ai margini delle finalità della potestà di conformazione dei suoli attribuita ai pubblici poteri57.

Il Consiglio di Stato ha ridefinito il potere di pianificazione urbanistica, affermando che questo non possa limitarsi all’individuazione delle destinazioni d’uso di zone del territorio comunale attribuendo ad esse indici e limiti edificatori58.

L’utilizzo delle aree deve realizzare fini economico sociali in funzione della comunità locale, ma devono essere inseriti in modo armonico nel rapporto con altre comunità territoriali nei diversi livelli ordinamentali. È divenuto più ampio lo spettro di funzioni dell’urbanistica.

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Ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n.4545 del 2010.

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L’ordinato assetto conformativo dei suoli lascia il posto all’esigenza di un ordinato sviluppo complessivo del territorio59.

La rigidità della zonizzazione non risulta più adeguata alla

regolamentazione dei suoli e degli spazi della città contemporanea e tende a lasciare spazi sempre più estesi ad altri sistemi di pianificazione che obbediscono alla logica della perequazione urbanistica.

Il superamento della zonizzazione è avvertito anche in relazione alla cosiddetta integrazione di funzioni edificatorie: ovvero alla possibilità che coesistano nei medesimi spazi diverse forme di utilizzazione del territorio.

L'obiettivo è quello di superare il rigido principio della divisione in zone monofunzionali, che si rivela spesso elemento di rigidità pianificatoria non più attuale60.

La crisi economica globale ha determinato la crisi del settore edilizio, mettendo in luce un eccesso di offerta residenziale rispetto alla domanda del mercato.

La ricerca di un nuovo punto di equilibrio sta spingendo il legislatore e gli amministratori locali a perseguire la sostenibilità ambientale ed a preferire la rigenerazione urbana a fronte del consumo di suolo, che in

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TAR Puglia, Bari, sentenza 8 agosto 2013, n. 1232; TAR Lazio, Roma, sentenza 6 ottobre 2014, n.10021 il Giudice amministrativo ha affermato che “Il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all'interesse pubblico all'ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma esso è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti. Diversamente opinando si priverebbe la p.a. di un essenziale strumento di realizzazione di valori costituzionali, quali sono almeno quelli espressi dagli art. 9 comma 2, 32, 42, 44, 47, comma 2, cost.”

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P.L. Portulari, op.cit.; A. Quaglia, Pianificazione urbanistica e perequazione, Giappichelli, Torino, 2000.

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Italia è ormai finito, le zone di espansione sono un retaggio del periodo

post bellico, sempre meno necessarie.

Il piano regolatore è divenuto uno strumento di sperimentazione, soprattutto per le aree urbane dove è necessario modernizzare gli spazi pubblici, riqualificandoli in modo efficiente, il tutto al fine di consentire un miglioramento della qualità della vita dei cittadini61.

Tale esigenza è divenuta legge con l’introduzione dell’art.3 bis al T.U. edilizia ad opera del “Decreto sblocca Italia” che amplia le competenze del piano sugli interventi di conservazione e riqualificazione attraverso meccanismi di compensazione62.

In tale contesto ordinamentale si innesta la ricerca dell’eguaglianza attraverso la perequazione.

La discriminazione tra i suoli è un carattere congenito della pianificazione e la disparità tra i proprietari costituisce un effetto collaterale della regolazione della destinazione urbanistica attribuita ai medesimi.

L’introduzione di strumenti urbanistici più flessibili (accordi pubblico-privato) combinati con l’adozione di meccanismi perequativi mirano a ridurre le diseguaglianze tra i proprietari, tentando di superare le posizioni di rendita a discapito della generalità dei cittadini. La perequazione determina una cattura di valore da parte

dell’amministrazione in funzione solidaristica con gli interessi generali della collettività che dovrebbe essere proporzionata ai vantaggi acquisiti dai beni dei privati resi edificabili.

61

C.f.r. Corte Costituzionale, sentenza 5 aprile 2016, n.67.

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Inoltre, la ricerca di nuovi sistemi e modelli pianificatori ha come scopo non solo l’eguaglianza, ma anche una maggiore efficienza del sistema in un’ottica economicamente sostenibile anche per gli investitori privati.

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