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1 5 Cybercortical warfare

È interessante notare come le strategie di comunicazione adottate da certi attori politici sul web siano utili anche in senso militare, ovvero nella conduzione di conflitti che, oltre a consumarsi in luoghi fisici, utilizzano Internet come ulteriore campo di battaglia.

Scorrendo velocemente con la lettura dei siti web e dei social di Hezbollah, ci si accorge, abbastanza facilmente, come intere sezioni siano dedicate all'entità Sionista, sia attraverso la rievocazione delle invasioni del passato, sia tramite il riferimento alla cronaca giornaliera. Ciò offre la possibilità di mostrare la propria versione dei fatti, attraverso la quale viene presentata l'immagine di una Israele foriera di distruzione e sofferenza per il popolo libanese e palestinese, contrastando la pressione opposta dei media sionisti. Nell'ultimo capitolo di questa trattazione avremo modo di vederlo in modo specifico, tuttavia, in questo momento, ci limiteremo ad asserire che, appunto, i mezzi web di proprietà del Partito sono costruiti in modo tale da esibire le azioni cruente dell'IDF, in contrasto con il sacrificio dei “martiri” di Hezbollah.

Ma c'è di più: la concretizzazione del sito web come campo di battaglia, si costituisce di una serie di attacchi condotti da hacker su entrambi i fronti. A questo proposito Gabriel Weimann48 riporta un episodio interessante: nell'ottobre del 2000 il sito di Hezbollah fu

colpito da un attacco da parte di alcuni hacker israeliani, che ne riempirono la home page di frasi in ebraico, la bandiera di Israele, e una piccola registrazione dell'inno israeliano. Poche settimane dopo, la ritorsione degli Arabi consistette nel colpire con centinaia di migliaia di segnali elettronici ostili i siti dell'esercito, del Ministro degli Esteri e del parlamento israeliani. Contrastare ed eliminare tali segnali, costò al governo israeliano un notevole dispendio in termini di denaro e in risorse umane49.

48 Gabriel Weimann è Professore di Comunicazione all'Università di Haifa. Le sue ricerche riguardano le relazioni fra media e terrorismo e la psicologia mediatica.

49 G. Weimann, Terror On The Internet, United States Institute of Peace Press, Washington, 2006; pg. 197.

Bisogna adesso chiedersi, in che modo tale strategia di comunicazione possa diventare una strategia militare; quel che è certo è che sebbene la dimensione dell'attacco fisico non sia inclusa, certamente lo è quella dell'assalto psicologico: tale tipo di warfare prevede l'utilizzo di Internet allo scopo di diffondere informazioni di parte o inviare minacce50. Il terrorismo stesso, è stato sempre concettualizzato come una forma di

warfare psicologico51, ma grazie ad Internet la suggestione del terrore raggiunge la sua

portata massima, instillando nelle coscienze una preoccupazione per un attacco che ancora non si è verificato, più forte della preoccupazione che tale attacco possa davvero verificarsi.

Può esserci utile, in questa discussione, la definizione di Richard Szanfranski52, che nel

1997 concettualizza la nozione di Neocortical warfare, affermando che:

Il Neocortical warfare, è quella strategia che si spende nel controllare o plasmare il comportamento degli organismi dei nemici, ma senza distruggere tali organismi. E lo fa influenzando, anche al punto di disciplinare, le coscienze, le percezioni, e le volontà del nemico53 […]

Il Neocortical warfare utilizza linguaggi, immagini, e informazioni per attaccare la mente, ferire la morale, e cambiare la volontà. Esso è perseguito contro le nostre debolezze, o usa le nostre forze per indebolirci nei modi più inaspettati54.

Hezbollah utilizza tale tipo di strategia attraverso quella porzione del web sotto il suo controllo; ancora Weimann55 ci riporta una casistica piuttosto completa a riguardo: ad

esempio, moqawama.org, ha molte sezioni al suo interno e i suoi contenuti sono tradotti in diverse lingue. Nonostante ciò la versione araba differisce da quelle in altre lingue, 50 G. Weimann, Www.Terror.Net, How modern terrorism uses the Internet. United States Institute of

Peace Press, Washington, 2004; pg. 5. 51 Ibidem.

52 Il colonnello Richard Szfranzky è stato professore dell'Air War College. I suoi scritti illustrano diverse questioni nell'ambito delle strategie militari psicolofiche.

53 Szafranski, R., Neocortical Warfare? The Acme Of Skill, Rand-Publications-Mr-All Series-1997; pg. 404.

54 Ivi; pg. 407.

sia nei testi che nel design. la versione araba ha più contenuti, è più aggressiva e attiva, e a differenza delle altre versioni, si riferisce agli israeliani come “nazisti”. Il sito documenta le attività del gruppo con video delle operazioni militari, rapporti quotidiani che descrivono gli attacchi verso obiettivi israeliani, e una sezione interamente dedicata ai martiri, correlata di foto e informazioni sulle loro famiglie56. Tale bilancia

compositiva ha lo scopo di giustificare i propri attacchi militari, spesso violenti, in quanto essi vengono presentati come reazione e necessaria all'invasione sionista57. È

possibile appurare tale atteggiamento anche sul sito di al-Manār, che infatti si descriveva come come “la prima fondazione araba che intrattiene un warfare psicologico effettivo contro il nemico sionista.”58. Al suo interno è nondimeno possibile

leggere un documento in cui è descritta la cospirazione per cui 4,000 ebrei non andarono a lavoro di proposito al World Trade Center l'undici settembre, poiché erano stati informati dell'attacco in anticipo.

Per ultimo anticipiamo il caso della copertura mediatica forgiata dagli organi di comunicazione del partito, in occasione dell'invasione israeliana del 2006; essa ha rappresentato, come l'ha definita lo stesso Segretario Generale Hassan Nas ṭrallāh, una vittoria, in quanto le immagini proposte delle devastazioni e dei massacri operati dall'IDF, e una sapiente retorica pubblica di persuasione, permise all'opinione pubblica internazionale di valutare il caso bellico da un'angolazione estranea a quella israeliana o americana; ciò condusse a un ripensamento del giudizio per il quale in ogni azione dell'IDF fosse sempre presente un certo grado di liceità, anche nel caso di una guerra futile e pretestuosa, come lo è stata quella dei 34 giorni; inoltre, lo sforzo di al-Manār si

56 http://moqawama.org/essaydetails.php?eid=31502&cid=508#.VBMYnN-sxBx; consultato il 12 settembre 2014.

57 Ciò è ulteriormente ravvisabile nella sezione dedicata al “Terrorismo Sionista”, e in quella delle “Aggressioni del nemico alla sovranità libanese” del sito.

58 V. Firmo-Fontan, Power, NGOs and Lebanese Television: A Case Study of Al-Manar TV and the

Hezbollah Women’s Association, 2004; p. 177. In realtà tale affermazione è stata rimossa e adesso non

rivelò funzionale a far riconsiderare l'invincibilità del colosso israeliano, di fronte all'efficacia delle azioni di guerriglia del Partito di Dio59.

L'utilizzo del Neocortical warfare da parte di Hezbollah e dei gruppi terroristici, passa attraverso tre strutture retoriche: la prima è l'affermazione che la violenza sia l'unica alternativa possibile; la seconda è la demonizzazione del nemico; l'ultima è l'utilizzo estensivo di un linguaggio non aggressivo, per veicolare di se stessi un'immagine non violenta60.

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Dopo questa breve concettualizzazione sulla relazione fra politica, diplomazia, e nuove forme di comunicazione, sono a nostra disposizione strumenti sufficienti per addentrarci nella seconda – e più problematica - parte della discussione di questo capitolo: il fenomeno dei jihad on-line. Abbiamo svariate volte ripetuto come, agli occhi della maggior parte dell'opinione pubblica internazionale, certe organizzazioni, partiti politici, o personalità individuali siano tacciati di terrorismo da parte delle istituzioni governative occidentali. Nelle discussioni accademiche spesso si parla di entità politiche come Hezbollah o Hṭamās, dando per scontata la loro natura terroristica; sebbene esse, se non definibili come propriamente avulse da ogni azione violenta, sicuramente rappresentano entità ibride o da problematizzare, e quindi sono difficilmente collocabili entro i limiti ben definiti del terrore, a differenza di organizzazioni come al-Qā‘ida. Il volere includere nello stesso capitolo la discussione sulla Nuova Diplomazia Pubblica – e quindi sulla volontà di auto-rappresentazione e di riscatto politico internazionale – e il discorso sul terrorismo virtuale, rappresenta, da parte dell'autore, un tentativo di coniugare due istanze diversissime ma conciliabili nella realtà del Partito di Dio, il quale riflette l'immagine di una formazione politica bifronte: un passato violento e un presente problematico da un lato, una condotta politica e sociale degna di fiducia e credibilità, dall'altro.

59 R. Erlich, & Y. Kahati, Hezbollah as a case study of the battle for hearts and minds. Intelligence and Terrorism Information Center at the Israel Intelligence Heritage & Commemoration Center (IICC) 2007; pg. 95.