Il pensiero contemporaneo s’interroga sul dono: relazione, reciprocità, legame, riconoscimento
D ARSI NELLA DONAZIONE U N DONO CHE SI DONA DA SÉ
1. Destituzione della metafisica: con Descartes verso l’ordine superiore della carità.
Jean-‐Luc Marion, nato a Meudon, il 3 luglio del 1946, è certamente uno dei filosofi più brillanti della comunità scientifica francese e internazionale.448 Ha compiuto i suoi studi
all’École Normale Supérieure di Parigi e oggi insegna presso l’Université Paris-‐ Sorbonnee e al dipartimento di filosofia della University of Chicago.
Il filosofo si è formato alla scuola di Henri De Lubac, Jean Danielou e Hans Urs von Balthasar; oltre all’influsso che il pensiero di questi autori ha avuto nella ricerca filosofica intrapresa, nei suoi studi sono inoltre rintracciabili una radice storico-‐ filosofica, costruitasi sul pensiero di Ferdinand Alquié e una fenomenologica-‐ heideggeriana nata dal confronto con la speculazione compiuta da Jean Beaufret.449
Marion costruisce il suo lavoro muovendo una critica al pensiero metafisico producendosi allo sviluppo di un modello «in grado di sciogliere i fenomeni dai concetti di “presenza”. “essenza”, “ente”, “essere”,“causa”,”fondamento”.»450 Egli ripercorrendo in
modo nuovo i passi della fenomenologia compiuti da Husserl ne ha rimodellate talune strutture. Introduce in maniera decisiva la nozione di donazione ridisegnando i contorni del pensiero soggettivo del dato, che non può più essere considerato come oggetto. Ridefinisce anche la nozione d’intenzionalità, dal momento che il soggetto non può avere pieno controllo del darsi delle cose, è il darsi stesso che comprende la soggettività sin dal suo sorgere: «Marion ha introdotto un non proprio all’interno del rapporto stesso tra la coscienza e il dato/dono: il darsi-‐donarsi istituisce e lega al tempo stesso sia il rapporto tra “cosa” e coscienza in una forma che non è quella di un orizzonte dominabile.»451 Inoltre descrive la realtà dei fenomeni saturi che compiono la propria
manifestazione pur non essendo enti o oggetti452, costituendosi in un invisibile che è
448 Cfr. S.. ZANARDO, Marion, Jean-Luc, in Enciclopedia Filosofica Bompiani,(edizione speciale per Corriere
della Sera) Vol. X limb-‐ Mayr, Rcs Milano 2010, p.7012.
449 Cfr. G. BELGIOSO, Marion interprete della storia della filosofia, in C. Canullo (a cura di), Jean-Luc Marion.
Fenomenologia della donazione, Mimesis, Milano-‐Udine 2010, p.17
450 S.. ZANARDO, , Marion, Jean-Luc, op. cit., p.7012.
451 G. DALMASSO, Io senza esserlo. Prefazione all’edizione italiana, in J. L. Marion, Le Visible et le révélé, trad.
it. C. Canullo, Il visibile e il rivelato, Jaca Book, Milano 2007, p. VIII.
parte strutturante del venire in presenza dell’oggetto (in tal senso annovera la questione della rivelazione). Egli lavora a fondo sul problema dell’apparire, questione che sarà introdotta da un richiamo al lavoro di Husserl su Cartesio. E ancora, lavora sul concetto d’io considerandolo come un fuori-‐ essere «l’Io è “fuori-‐essere”come un battello che è stato tratto fuori dalle acque pur essendovi sempre esposto. Ossia in una differenza che, nel suo stesso differire, non nientifica l’essere, non lo distrugge.»453 Inoltre vi sono da
portare in evidenza il valore dell’intuizione donatrice, ovvero della convocazione con cui la donazione chiama il soggetto e il problema della causalità, affrontato da Marion nel modo di una «razionalità vivente in cui la causa è pensata come generazione della forma.»454
Su tali questioni si apre il suo itinerario speculativo costituito di tre momenti specifici che fondano i cardini su cui poggia l’intera opera. Tre luoghi in cui è possibili sintetizzare le riflessioni condotte: in prima istanza il filosofo intende smarcarsi dall’equivalenza tra filosofia prima e metafisica, compiendo un’analisi a partire dalle conclusioni raggiunte da Aliquié sul problema della metafisica in Cartesio e nella relazione che questa ha con l’indagine aristotelica.455
Marion, compie il suo percorso, in tal senso, elaborando una trilogia composta da Sur l’ontologie grise de Descartes, Sur la Théologie blance de Descartes, Sur le prisme métaphysique de Descartes456, in cui attraverso lo strumento delle quattro tipologie della
ricerca storico filosofica di Gouhier457, quella teologica, quella teleologica, quella della
storia storica della filosofia e in ultimo quella della storia delle idee458, il filosofo di
Meudon dà principio al lavoro che lo porterà a definire il restringimento della metafisica al campo della teologia e alla riconduzione dell’ontologia alla filosofia prima.
453 C. CANULLO, La fenomenologia rovesciata. Percorsi tentati in J.-L Marion, M. Henry e J.-L. Chrétien,
Rosenberg & Sellier, Torino 2004, p.50.
454 G. DALMASSO, op. cit., p. XIV.
455 Cfr F. ALIQUIÉ, La découverte métaphysique de l’homme chez Descartes, Puf, Paris 1966.
456 J. L. MARION, Sur l’ontologie grise de Descartes. Science cartésienne et savoir aristotélicien, Vrin, Paris
1975; Id., Sur la Théologie blance de Descartes. Analogie, création des vérités esternelles et fondement, PUF, Paris 1981; Id., Sur le prisme métaphysique de Descartes. Constitution et limites de l’onto-théo-logie dans la pensée cartésienne, PUF, Paris 1986, trad. it., F.C. Papparo, Il prisma metafisico di Decsrates. Costituzione e limiti dell’onto-teo-logia nel pensiero cartesiano, Guerini e Associati, Milano 1998, d’ora in poi PM.
457 Ivi., p21.
458 Cfr. J. L. MARION, Specificità filosofica della storia della filosofia, in M.C. FORNARI, F. A. SULPIZIO, La filosofia
Si chiede se sia possibile dunque ritrovare nella filosofia prima l’esibizione di un modello non metafisico. Interroga la produzione cartesiana, in quanto, essa nel «viraggio verso la prima Philosophia rappresenta il punto di svolta verso la modernità»459 .
Attraverso l’elaborazione proposta da Cartesio è quindi possibile «accedere ad una determinazione precisa della natura e dei limiti della “metafisica” in generale e dell’onto-‐teo-‐logia in particolare»460. L’originalità che Marion individua nel pensiero
moderno sta nella chiusura della metafisica nel campo della teologia e nella riconduzione dell’ontologia alla filosofia prima: scienza «di principi che la conoscenza istituisce e di cui l’ordine dispone.»461
Cartesio dunque pone in essere una svolta nella storia della filosofia dal momento che critica la concezione dell’essere dell’ente che è pensato e ordinato dall’intelletto.462 Nel
punto in cui Descartes abbandona la definizione dell’ente in quanto è, definendolo nella sua conoscibilità, si stabilisce l’assorbimento della filosofia prima nella metafisica come protologia epistemologica. È l’io, che giacché cogitante fa delle cose un oggetto conoscibile: in tal modo si afferma il primato del conosciuto sull’ente e dell’istanza cogitante sulla realtà463.
Il secondo cardine dell’opera del filosofo di Meudon si costituisce nel forte intreccio tra filosofia e teologia464.
Marion individua all’interno dell’elaborazione cartesiana due figure della costituzione onto-‐teo-‐logica: l’essere dell’ente come cogitatio, ovvero esso è interpretato non nella sua enticità ma in quanto conosciuto; l’essere dell’ente come causa, rapporto questo da cui neanche Dio può sfuggire-‐Egli è pensato come causa sui-‐465. Ma come è possibile, si
chiede, superare la metafisica? Questa domanda che interroga il filosofo Marion trova soluzione nel percorso che attraversa quattro strade molto diverse tra loro: «a) rovesciare il platonismo (Nietzschce), b) distruggere la storia dell’ontologia, c) decostruire il significato (Derrida).»466Queste prime tre vie, a parere di Marion, sono
accomunate da un superamento della metafisica diacronico che opera una sostanziale
459 S.. ZANARDO, , op. cit., p. 7013. 460 PM, p. 14.
461 PM, p. 81.
462 «Ens non in quantum ens, sed in quantum represaentatum, ut objectum» PM, p.97. 463 Cfr. S. ZANARDO, Il legame del dono, op. cit., pp. 74-‐75.
464 Cfr. O.AIME, La piega e la dissonanza, in C. Canullo (a cura di), op.cit., pp. 121-‐132. 465 Cfr. S.. ZANARDO, , Il legame del dono, op. cit., p. 76.
sostituzione d’essa con ognuna delle suddette possibilità. V’è una quarta ipotesi, quella sposata dal filosofo francese, che si compie nella destituzione, ovvero quel processo che sottrae alla metafisica un compito che non le appartiene: «si tratta di incaricare della stessa funzione (prima espletata impropriamente dalla metafisica) un’istanza diversa, che passi attraverso la metafisica, ne accolga il compito, l’aspirazione e il movimento, ma li esegua portandosi su un altro ordine.»467 L’istanza che Marion individua per assolvere
la funzione descritta è la carità.
A quale scienza la metafisica cede il campo? C’è un luogo in cui, secondo Marion, avviene quel processo di liberazione dell’essere dall’ente, approdo per le figure problematiche della filosofia che possono essere assunte in esso senza essere esaurite: la fenomenologia, che «mostrerà, infatti, il gioco fra evidenza e mistero, visibile e invisibile, detto e indicibile, nel senso che seguirà il visibile fino alle frontiere dell’invisibilità (intrascendibile) e verserà le sorgenti dell’invisibile nello spazio saturo della fenomenalità»468
Zanardo, nel citato lavoro, fornisce una sintesi di quattro principali macrotematiche enucleate da Marion, alcune delle quali sono state richiamate all’inizio del paragrafo, che costituiscono il fondamento genetico delle istanze del dono e della donazione e che saranno i punti di riferimento con cui orientarsi nel complesso mondo che il filosofo di Meudon ha disegnato per studiare la datità dei fenomeni, il loro venire in presenza. Innanzitutto l’infinito come fenomeno saturo469, ovvero come fenomeno incomprensibile
per la ragione, non oggettivabile e impossibile da considerare tra gli enti, eppure manifesto. Già in Cartesio infatti si definisce un infinito che è tale non in quanto inafferrabile per l’uomo, v’è in esso una pienezza incomprensibile che supera la cogitatio.
In secondo luogo, v’è la carità. Da Pascal Marion eredita l’idea dell’intreccio profondo tra visibile e invisibile e l’idea di distanza che emerge dalla definizione dei tre ordini, cosmologico -‐sensibile materiale, ciò che concerne i corpi-‐, psicologico –che concerne l’anima-‐ e teologico470. In questo senso la carità s’inserisce come terzo ordine
raggiungibile solo attraverso la trasgressione dello spazio che lo divide dall’ordine dello
467 S.. ZANARDO, , Il legame del dono, op. cit., p. 80. 468 Ivi., p.81.
469 «L’infinito e il fenomeno saturo condividono l’impossibilità di essere colti e trattenuti nell’orizzonte
intellettuale.» Ivi., pp.82-‐83.
spirito, del pensiero che attraverso la conoscenza di se permette la relazione cogitante col mondo esterno. Tra i tre gradi descritti sussiste una relazione gerarchica che rende la carità, ordine del dono di Dio471 , in grado di giudicare gli ordini inferiori e viceversa
inaccessibile ad essi.
Terzo elemento è la destituzione della conoscenza (metafisica) attraverso la carità. «La riduzione incondizionata alla carità si chiama destituzione. […] Destituire la metafisica significa: mostrare che un ordine superiore le rimane infinitamente distante, e che, dal suo punto di vista, le evidenze dello spirito “non valgono il minimo moto di carità”.» 472
Marion sostiene che sia la riduzione il metodo filosofico -‐fenomenologico-‐ attraverso cui mostrare il darsi dei fenomeni, essa è un concetto centrale nell’opera di scioglimento dei fenomeni dai concetti di “presenza” “essenza”, “ente”, “essere”,“causa”,”fondamento in quanto consiste in un mettere tra parentesi-‐ epoché-: ovvero una «sospensione, del giudizio di esistenza circa ogni cosa data per ovvia nel nostro atteggiamento naturale rivolto al mondo, onde ottenere, tramite un’originale ripresa del dubbio metodico cartesiano, di raggiungere il darsi dei fenomeni nella loro assoluta ed indubitabile originarietà e purezza.»473
In Réduction et donation. Reserches sur Husserl, Heidegger et la phénoménologie474,
Marion ha posto in evidenza il fatto che la “riduzione” non dovrebbe essere soddisfatta del fenomeno inteso come “oggetto”, così come proposto da Husserl, e neppure solo del fenomeno considerato in quanto “ente” o “essere”, come in Heidegger, bensì ha il compito di aprire l’orizzonte più originario del fenomeno nella sua originarietà, ovvero il “dato” (le donné).
Sarà quindi in seguito possibile, per il filosofo di Meudon, attraverso l’ordine della carità, una rilettura epistemologica della verità, dell’essere e della filosofia tutta.
Il quarto tema marioniano riguarda il decentramento dell’io nella figura più originaria di un me che nel suo impianto filosofico sarà declinato al dativo475: il dono sarà prima di
tutto a qualcuno, verso/per una persona. Sarà definito da Marion lo spaiamento tra
471 S.. ZANARDO, , Il legame del dono, op. cit., p. 86. 472 PM, p. 341-‐342, in Ivi, p.91.
473 G. FERRETTI (a cura di), Jean- Luc Marion, in http://www.filosofico.net/marion.htm. Data di ultimo
accesso 3 marzo 2012. Vedi anche G. FERRETTI , Fenomenologia della donazione. A proposito di Dato che di
Jean-Luc Marion, Morlacchi, Perugia 2002.
474 Cfr. J. L.MARION, Réduction et donation. Reserches sur Husserl, Heidegger et la phénoménologie Puf, Paris
1989, trad. it. Riduzione e donazione, Ricerche su Husserl, Heidegger e la fenomenologia, Marcianum, Venezia 2010.
conoscenza e carità-‐azione questa molto criticata-‐, dal momento che il secondo ordine, nella prospettiva della conoscenza è ritenuta inadeguata alla conoscenza dell’altro, che può essere conosciuto esclusivamente nel rapporto d’amore, ovvero tra amante e amato. Da questo fondo emerge l’ultimo cardine, dei tre indicati, su cui poggia l’opera marioniana che si costruisce sulla rifondazione della fenomenologia, al fine di liberare, con lo strumento metodologico della riduzione le possibilità ancora aperte al metodo fenomenologico.
2. Il dono come donazione: la distanza dell’impensabile darsi.
Cercando un varco attraverso cui accedere al cuore dell’analisi sulla donazione prodotta da Marion è necessario passare per la via fenomenologica del darsi delle cose.
Il percorso complesso compiuto in merito alla datità che ha coinvolto da Husserl in poi tutti coloro che hanno percorso la strada di una filosofia come fenomenologia, ha mosso i passi alla ricerca di un principio di manifestatività dell’essere e dei mutamenti che tale prospettiva apre sulla definizione della soggettività. Di fondo, tale via speculativa, ruota intorno alla domanda centrale nell’opera di Marion che concerne le condizioni dell’apparire476.
Già Husserl, in Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica477, pone in
evidenza la questione della datità che a partire dall’intuizione, la quale si riferisce, non solo alla sensorialità, ma tutto ciò che si dà -‐ovvero che essa sia« l’atto soggettivo in cui l’essere si dà»478-‐ è da considerare come la manifestazione dell’essere, in altre parole
come l’apparire479 delle cose. Il movimento del darsi è già rivelatore dell’essere e
predelineatore del senso480; la soggettività, in tale prospettiva, è un’attesa che supera la
propria presenza.
Marion, nella sua ricerca fenomenologica del presentificarsi del dato, come modalità di manifestazione della donazione, che antecede e costituisce la soggettività, si trova di
476 Cfr. V. COSTA, La questione della datità nella fenomenologia, in C. Canullo (a cura di), op.cit., p. 39. 477 Cfr. E. HUSSERL, Ideen zu reiner Phänomenologie und phänomenolgschen Philosophie. Erstes Buch:
Allgemeine Einführung in die reine Phänomenologie.1. Halbband, Husserliana Bd. III/1, hrsg. V. K. Schuhmann, Nijhoff, Den Haag 1976, trad. it. V. Costa, Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica. Libro I: Introduzione generale alla fenomenologia pura, Einaudi, Torino 2002, pp. 52-‐53.
478 Cfr. V. Costa, La questione della datità nella fenomenologia, op. cit., p. 45.
479 È necessario ricordare come la questione dell’apparire sia affrontata da Marion a partire dallo studio
delle Meditazioni Cartesiane di Husserl.
fronte alla questione della distanza, mistero da svelare per definire le strutture fondamentali della sua elaborazione circa il dono e la donazione.
La distanza analizzata a partire da ciò intercorre tra l’Essere e il Divino, tra il pensiero e ciò che gli è irraggiungibile.
Nel testo L’idole et la distance481, egli traccia il significato dell’istanza posta in esame,
comparando ad essa il momento idolatrico considerato come lo stato in cui avviene l’abbassamento – ovvero la curvatura-‐ del divino all’esperienza soggettiva dell’umano482.
Non quindi l’assoluta negazione di dio ma un congegno prodotto dalla persona a sostegno delle proprie paure; vi è in questa costruzione l’annullamento della distanza tra il finito e l’infinito, il visibile e l’invisibile che è propria dell’aspirazione dell’infinito che è nella condizione umana.
L’incomprensibile satura l’orizzonte teoretico, il quale vi corrisponde con la sua domanda inestinguibile di ulteriorità: se c’è sempre dell’altro, oltre l’esperienza sensibile e intellettuale, e oltre ogni possibile totalità pensata dall’esperienza, allora l’aspirazione all’infinito è resa attraverso l’apertura intenzionalmente interale dell’essere umano.483
Un successivo elemento messo in luce dal filosofo riguarda la necessità della teologia di occuparsi dell’accesso alla distanza infinita, ovvero alla relazione con lo spazio proprio della genesi del dono. Distanza che è come per Heidegger una trasparenza che si dà, si dona, viene nella presenza, non essendo nel presente, a dispiegarsi ovvero svelarsi. Si disappropria di sé, ripetendo il movimento dell’essere heideggeriano, rivelandosi con la modalità della creazione da parte di Dio.484
Considerare la questione della distanza in sede teologica significa per Marion sondare il terreno della donazione del dono; in prima battuta sembra essere l’agapica relazione di Dio con le sue creature che muove il dono, rivelando una forma assoluta di dono485. La
carità appare come elemento interno -‐peculiare-‐ al dono che motiva l’elargizione di Dio nei confronti dell’essere umano (l’amore è carità –Dio-‐ ed è «il dispiegarsi -‐l’Ereignis-‐
481 Cfr., J. L. MARION, L’idole et la distance. Cinq études, Grasset, Paris 1977, tr. it. A. Dell’Asta, L’idolo e la
distanza, Jaca Book, Mlano 1979, d’ora in poi ID
482 «L’idolo ci restituisce, nel volto di un dio, la nostra esperienza del divino» Ivi, p.17. 483 S.. ZANARDO, Il legame del dono, op. cit., p. 103.
484 Cfr., Ivi, p.105.
485 Fornendo una breve anticipazione su ciò che sarà esposto successivamente, si ritiene opportuno
chiarire che per Marion«la forma assoluta della donazione che per potersi realizzare nella sua purezza dovrebbe riuscire a non manifestarsi nemmeno come intenzione della coscienza, non esiste. Ma il fatto è che, dice Marion, che la forma del dono si manifesta: appare come criterio intrinseco della specifica qualità di molte relazioni ed esperienze. La coscienza identifica la donazione pura in un ordine di relazioni che appare irriducibile alle forme economiche dello scambio equivalente. La coscienza è in grado di individuare la patologia del dono.» P.SEQUERI, Dono verticale e orizzontale: fra teologia, filosofia e antropologia, in A. GASPARINI (a cura di), Il dono. Tra etica e scienze sociali, Lavoro Roma, 1999, p.114.
dell’orizzonte di donazione che determina l’ente nel modo d’essere del donato.»486 Dio è
nel movimento del suo donarsi).
L’analisi fenomenologica condotta dal filosofo francese mostra altresì che come detto in L’idole et la distance:
il dono è ricevuto solo per essere, nuovamente, donato. Il beneficiario, d’altra parte, non continua a far circolare il dono per semplice altruismo, come se gli sembrasse cosa giusta, ben intenzionata, e persino caritatevole, il condividerlo con altri. Il beneficiario deve garantire quella che definiamo la ridondanza del dono, rimettendolo in circolo appena lo ha ricevuto, per una ragione ben diversamente radicale: il dono può essere ricevuto solo se
dona se stesso, altrimenti non meriterebbe più questo nome.487
L’essere umano si trova, per la sua condizione creaturale ad essere già nel dono, prima di ogni sua scelta di natura etico-‐ morale. Egli conosce il dono, ne fa esperienza per il suo proprio carattere ontologico. S. Zanardo in questo senso sintetizza dicendo che l’essere nel dono precede l’essere per il dono488, che è dono nel dono, ovvero è l’accogliere ciò
che l’Alterità elargisce nell’unica modalità possibile, ovvero donando sé a propria volta, in un moto quasi immediato. Il luogo teologico marioniano è costruito intorno all’aporia della possibilità di pensabilità dell’impensabile solo se esso rimane tale, ovvero se sosta su quella distanza che è irriducibile e che si rivela come dono -‐il Dio cristiano è pensato come dono e azione di dono. Ora la cifra della distanza deve trovare definizione nella relazione che stabilisce con l’essere; come Heidegger, Marion rifiuta di pensare Dio come Essere, ovvero temporalizzato nel presente, ma sostituisce la presenza con il dono, « passando dal dono come “presente” al dono come “dispiegamento del presente”.»489
L’attenzione, come detto, si pone nel nucleo del pensiero marioniano intorno al darsi, al movimento che presenta il dato, il fenomeno; una donazione, quella pensata e descritta dal filosofo, che rimane prima di tutto un’assenza che si libera dalla presenza dell’ente: «il dato della donazione, che sfugge al presente, sporge strutturalmente su ogni afferra mento diretto o esaustivo, perché trattiene in sé la distanza che sfugge al contenimento manifestativo. Il dato cela, pertanto, assenza e presenza, in modo che la prima rappresenta la condizione d’essere della seconda.»490