Il pensiero contemporaneo s’interroga sul dono: relazione, reciprocità, legame, riconoscimento
LA DONAZIONE COME PROPRIETÀ SPECIFICA DELL ’ EREIGNIS
1. Fondamenti del pensiero heideggeriano.
Martin Heidegger (Messkirch 1889-‐1976), filosofo tedesco, è annoverato tra i più importanti studiosi del Novecento. Il suo contributo scientifico riapre alcune questioni centrali per la storia del pensiero contemporaneo, tra tutte, il tema dell’ ”essere” considerato un evento dimenticato che si pone come cardine dell’intera storia dell’occidente.203 Egli concentra l’attenzione sulla possibilità di costruire un’ontologia
che giunga a una determinazione completa del significato dell’essere e intende indagare tale questione per giungere allo svelamento dell’origine: la natura dell’essere dell’ente. La sua formazione per volontà del padre, fu seguita dai gesuiti che accompagnarono il giovane Heidegger per tutto il corso della carriera scolastica, sino all’università dove, rinunciato ai propositi di vocazione religiosa, studiò dapprima teologia e successivamente, matematica e dunque filosofia. Docente dell’Università di Friburgo dal 1915 al 1923, fu assistente di E. Husserl che lo iniziò alla fenomenologia e con il quale ebbe un periodo di intensa frequentazione accademica. Tra la fine del primo ventennio del Novecento e gli inizi del decennio seguente, successe allo stesso Husserl e fu eletto rettore dell'università di Friburgo. Nello stesso periodo aderì al nazionalsocialismo pronunciando una prolusione divenuta celebre perché sancì il suo ingresso nella vita politica che fu breve ma gli costò, al temine del conflitto mondiale, un lungo esilio accademico promosso dalle potenze occupanti.
Tra le sue opere, quella più rilevante è certamente Sein und Zeit, pubblicata nel 1927, che segnò il definitivo allontanamento dal pensiero husserliano ed esercitò un’influenza significativa su alcuni dei principali movimenti filosofici contemporanei. Nella sua opus maius il filosofo tedesco riprende in mano il problema dell’essere, a suo parere, lasciato inespresso dalla storia del pensiero dopo i filosofi greci dell’età classica. Heidegger si propone di affrontare la questione circa la natura dell’essere nelle sue possibili declinazioni, portandolo fuori dalla questione metafisica, per come impostata dalla tradizione filosofica: il nucleo centrale da cui prende vita l’intera opera, vive nell’idea
che l’ontologia ha necessariamente a che fare con il rapporto che l’essere stabilisce con chi si pone la domanda sull’essere, ovvero l’esserci -‐dasein-‐.
Heidegger dà principio ad una ricerca sul problema del senso dell’essere che parte ed è guidata dall’uomo, unico ente in grado di porsi la domanda sull’essere, che si manifesta come esser –ci (Dasein). Scrive Heidegger «La comprensione dell’essere è essa stessa una determinazione d’essere dell’Esserci. La peculiarità ontica dell’Esserci sta nel suo esser-‐ontologico.»204 È l’uomo che interroga l’essere e cerca di comprenderne i
significati che lo riguardano e che hanno a che fare con la sua esistenza. Heidegger si domanda circa i modi dell’essere e sostiene il determinarsi della forma che caratterizza l’umano come un essere-‐nel-‐mondo (In-der Welt-sein) che vive mostrandosi come un prendersi cura (Besorgen) degli altri enti che lo circondano. Quest’apertura che Heidegger propone nell’analitica esistenziale, definisce l’impossibilità di una comprensione kantianamente immediata dell’Essere che, d’altra parte è colto a partire dall’uomo.
La possibilità di “afferrare” l’Essere è, secondo Heidegger, un’occasione data dalla capacità della presenza umana di avere una comprensione dell’Essere che precede il sorgere della domanda stessa sull’Essere. Il filosofo tedesco ravvisa dunque il bisogno di uno studio sulle caratteristiche peculiari, esistenziali, dell’esserci osservando i fenomeni che emergono e interpretandoli ermeneuticamente.
L’esserci si definisce dunque in un dispiegamento nella temporalità in cui emerge l’orizzonte della morte che è suo carattere proprio: «L’Esserci, in quanto gettato essere nel mondo è già da sempre consegnato alla propria morte. Esistendo per la propria morte, esso muore effettivamente e costantemente fino a quando non sia pervenuto al proprio decesso.»205
L’angoscia dell’esserci (Angst) che è gettato nel mondo, esprime la percezione heideggeriana di una presenza abitata dalle affezioni e dalle emozioni, che abita il mondo in rapporto agli altri enti, che è limitata, mortale e che esprime relazioni che assumono la forma del prendersi cura degli esserci che gli sono vicini. In ET, emerge vivido il fatto che sia proprio la consapevolezza della propria mortalità che permette di aprirsi alla «chiamata della cura». La teorizzazione di un esserci come prendersi cura, che emerge nel pensiero heideggeriano è ispirata dallo studio condotto sul libro VI libro
204 M. HEIDEGGER, Essere e Tempo (tr. It. F. VOLPI ), Longanesi, Milano 2006, p. 24. D’ora in poi ET. 205 Ivi., p. 310.
dell'Etica Nicomachea nel quale, Aristotele propone una lettura della praxis non solo come modalità d’azione dell’uomo ma come sua postura esistenziale, come forma tipica del suo essere nel mondo che definisce d’esso una determinazione peculiare.
L’uomo è dunque immerso nell’accidentale e nel contingente e sceglie a partire da ciò che la mondanità gli offre e gli presenta venendogli incontro.
L’affermazione che l’essere che diviene presenza nel mondo si dà in un tempo finito tra presente, passato e futuro, diviene punto di rottura con il pensiero metafisico e ontologico classico poiché mette in crisi il principio di un esserci così schiacciato nella temporalità presente.
Matura così in Heidegger la convinzione, poi confermata ed esposta nel celebre saggio su Platone e sul mito della caverna, secondo la quale il pensiero metafisico si struttura come pensiero della presenzialità, cioè come pensiero che non si interroga in maniera sufficientemente radicale relativamente al rapporto tra essere e tempo.206
L’analitica esistenziale heideggeriana dimostra la necessità del legame tra Essere e Tempo e apre alla questione circa la possibilità di riconsiderare l’essere nel suo dispiegamento nelle tre forme temporali che gli sono proprie e non più colto solo nell’immagine presente, ideale o verità immobile.
A parere del filosofo è necessario riconsiderare il tempo, eludendo l’inganno di pensarlo come una sequenza di momenti presenti, che portano a pensare la temporalità a partire dall’istante dell’ora. Va ricostruita la possibilità di considerare il tempo, e quindi l’intera questione ontologica, che ha reificato l’essere nei panni di un ente, fuori da una concezione del tempo come un prima dell’ora, ora e dopo l’ora.
Ebbene, la nota definizione del tempo come «numero del movimento secondo il prima e il poi» (arithmos kineseos kata to proteron kai hyste - ron, Phys. IV, 11, 219 b 12) rappresenta per Heidegger la prima e più rigorosa con-‐ cettualizzazione dell’esperienza comune del tempo. Tuttavia, ai suoi occhi essa rimane entro un orizzonte cronometrico e naturalistico, il che impedirebbe di cogliere e tematizzare con sufficiente radicalità la costituzione temporale della vita umana.207
2. La struttura dell’ Es Gibt come donazione in M. Heidegger.
Mostrato il carattere generale dell’opera heideggeriana, è rilevante per la speculazione che s’intende compiere, cogliere la forma di una delle chiavi d’accesso trasversali
206 F. VOLPI, Heidegger e i Greci, in I filosofi antichi nel pensiero del Novecento, La città dei filosofi, Ferrara
1998, p. 93.
nell’opera dell’autore, con cui il filosofo tedesco dischiude le porte dell’ontologia fondamentale: l’es gibt (si dà -‐essere-‐), che non è solo strumento d’accesso al pensiero del filosofo di Messkirch, ma anche via stessa da egli intrapresa.
Si proporranno, quindi, alcuni tratti del pensiero heideggeriano, necessari e propedeutici alla comprensione degli elementi utili alla presente ricerca, per poi giungere a interpellare il filosofo sul tema della donazione, che egli presenta sempre subordinata alla questione ontologica e che non tratta mai in maniera diretta, rintracciabile principalmente nel pensiero esposto nelle opere ET, Brief über den «Humanismus»208, e nella conferenza del 1962 Zeit und Seit209.
Premessa necessaria alla riflessione sull’opera di Heidegger è che le questioni poste dal filosofo di Messkirch, si concentrano principalmente intorno alla questione del dare/donare –Geben210-‐, e non del dono -‐gabe-‐, che in ultimo sarà considerato il ciò che
accade dell’accadere.
Per comprendere le origini della questione ontologica del darsi dell’essere è opportuno considerare che tale problema è presente nell’opera del filosofo tedesco sin dalla tesi dottorale, quando, riflettendo sul Sul molteplice significato dell’ente in Aristotele, delinea le direttrici del cammino che sarà in seguito ripreso in ET.
Dal confronto col filosofo greco emerge la necessità di affrontare la questione della verità, quella del soggetto e quella della temporalità, che vengono sintetizzate nell’orizzonte unitario del problema dell’essere. Heidegger, scandagliando il fondo della filosofia della scuola di Atene, rovescia il rapporto tra essere e tempo, uscendo dalla tradizione millenaria della storia della filosofia.
Heidegger crede di non potere più trovare queste forze integre nel logos, nel quale i Greci avevano individuato il punto archimedeo per sollevarsi oltre la particolarità e prospetticità del conoscere finito, legato alle scorie della tempora-‐ lità. Crede di non poterlo più, in quanto egli ha rovesciato il rapporto originario in cui stavano per i Greci
logos e tempo: non è più il logos che sta al di sopra del tempo, come per i Greci, ma è il
tempo, l’epocalità, che ognora condiziona e modi-‐ fica le forme e il darsi del logos. Questo rovesciamento indebolisce il carattere universale e vincolante del logos, e questa debolezza favorisce le patologie della modernità.211
208 Cfr. M. HEIDEGGER, Lettera sull’«Umanismo»(tr. It. a cura di F. Volpi ), Adelphi, Milano 2005. D’ora in poi
LsU.
209 Cfr. M. HEIDEGGER, Tempo e Essere, Longanesi, Milano (ed. It. a cura di C. Badocco) 2007. D’ora in poi TE. 210 Heidegger definisce la questione del Geben come dare/donare, nel duplice significato di destinare,
quando è l’essere a darsi, e di porgere quando è il tempo a compiere il medesimo movimento.
Egli si trova dunque, sin da principio, dagli albori del suo filosofare, d’innanzi alla questione che costituisce il compito proprio di ogni ontologia fondamentale, ovvero definire il senso della domanda posta, interpellando il chi che interroga, l’ente interrogante, in questo caso l’essere dell’uomo. Poiché, però, la modalità d’ essere dell’uomo, ovvero l’esserci, è l’esistenza, un’analitica esistenziale, tracciata in ET, sarà la via scelta per comprendere la questione ontologica posta.
La comprensione dell’essere è una possibilità dell’esistenza cioè dell’essere dell’esserci. L’esistenza è quindi la possibilità di rapportarsi in qualche modo all’essere. L’esistenza è costituita pertanto essenzialmente da possibilità che non sono né possibilità pure, cioè semplicemente logiche, né semplici contingenze empiriche, ma costituiscono il suo essere proprio.212
Proprio in ET Heidegger muovendo una forte critica all’ontologia tradizionale a causa dell’impostazione inadeguata della questione dell’essere che lo relega alla dimensione presente, Heidegger intende far emergere la necessità di «ripensare l’essere nell’orizzonte del tempo in tutta la sua estensione»213.
L’analisi dell’esserci, Dasein, che emerge dall’analitica esistenziale come unico ente in grado di porsi la questione concernente l’essere, deve assumere come suo metodo di ricerca quello fenomenologico. L’esserci si svela, nella sua trascendenza verso il mondo214, nel rapportarsi alle cose, a ciò che è in potenza altro da sé215, attraverso il
besorgen, il prendersi cura216.
l’essere dell’esserci è «sempre mio», il Dasein è Jemei-nigkeit. Al tempo stesso esso è sempre «avanti a sé», proiettato al futuro, e ha un carattere pratico –decisionale (nel senso della
praxis aristotelica). È originariamente “apertura”(erschlossenheit) in quanto è un ”essere
nel mondo”: nel mondo ambiente (umwelt), nel mondo degli altri (mitwelt), nel mondo del sé (selbstwelt). Nella quotidianità, “innanzitutto e per lo più” (zunächst und zumeist) l’esserci –dimentico di se stesso-‐ è assorbito nel “prendersi cura”(besorgen) di ciò che
212 N. ABBAGNANO, Storia della filosofia, vol.III, Utet, Torino 2003, p.873. 213 F. VOLPI, «Heidegger Martin», op. cit., p.5209.
214 «Il termine verso cui l’uomo trascende è il mondo e la trascendenza può quindi essere definita come un
“essere nel mondo”. Ma il mondo in questo senso, non è né la totalità delle cose naturali, secondo il concetto naturalistico, né la comunità degli uomini, secondo il concetto personalistico. Esso designa, invece, la struttura relazionale che caratterizza l’esistenza umana come trascendenza». N. ABBAGNANO, op. cit., p. 874.
215 Il mondo a cui l’uomo fa riferimento, sostiene Heidegger, è un mondo di cose. Queste hanno come
fondamento dell’essere, e non come specifica qualità, la propria utilizzabilità da parte dell’uomo. Di conseguenza l’essere delle cose e quindi l’alterità d’esse rispetto all’uomo, è subordinata all’essere dell’uomo.
216 Heidegger richiama costantemente al fatto che la cura è condizione fondamentale dell’essere gettato
nel mondo «Il fondamentale modo d’essere di un ente che è in modo che per lui nel suo essere ne va di questo stesso essere lo indichiamo come cura. La cura è il modo fondamentale d’essere che segua dalla costituzione d’essere dell’esserci.» M. HEIDEGGER, Die Frage nach der Wahrheit, Vittorio Klostermann, Frankfurt, 1976, tr. It., Logica. Il problema della verità, Mursia, Milano 1986, p.146.
incontra nel mondo –ambiente in cui si orienta secondo un proprio modo di vivere la circospezione(umsicht).217
Heidegger sottolinea come l’esserci non sia solo presenza “in relazione alle cose” ma anche “fra gli altri”; il rapporto con questi si realizza nell’aver cura, tensione che definisce la struttura fondamentale dei legami tra gli individui.
Sin qui, lo studio condotto da Heidegger si muove principalmente nella direzione per cui la questione relativa all’essere viene affrontata a partire dall’esserci, ovvero in rapporto all’ente.
Sembra, come afferma J.L.Marion, che gli usi dell’es gibt in ET possano essere ricondotti a tre
problematiche inerenti alla questione della Gegebenheith218: la prima riguarda la tesi
esposta nel del paragrafo 16, per cui nessun ente può essere incontrato se non nella misura in cui si dà il mondo219. Tale questione si rifà a una tesi espressa da Lask220, che
indaga circa la modalità del darsi del mondo; la seconda concerne il testo del paragrafo 2 nel quale egli «sostiene che tutte le significazioni dell’essente si trovano determinate dalle istanze dello es gibt »221. In questo caso Heidegger prende spunto dalla
tematizzazione rickertiana sulla forma universale della donazione, che stabilisce che la categoria della donazione determina il significato dell’essente ed anche che essa lo precede222; la terza problematica è espressa nei paragrafi 43 e 44, nei quali vengono
opposti gli essenti all’essere, alla verità, al mondo e al tempo in relazione alla possibilità di darsi. Ciò accade anche negli studi condotti da Natorp, il quale «esclude l’io stesso da qualsiasi donazione»223.
217 F. VOLPI, «Heidegger Martin», op. cit., pp. 5215-‐5216.
218 Per una chiara esposizione del legame tra Gegebenheit e Ereignis, in cui il filosofo individua importanti
aree di problematicità si rimanda a J.L. MARION, Dato che. Saggio per una fenomenologia della donazione. Società Editrice Internazionale, 2001; inoltre, nello studio presente sarà affrontata in maniera più ampia l’intera trattazione circa la questione del dono, elaborata dal filosofo di Maudon.
219 Cfr. J.L.MARION, Quel che si dona e quel che non si dona, tr. it. Daniella Iannotta, in F. BREZZI, M.T. RUSSO (a
cura di), Oltre la società degli individui. Teoria ed etica del dono, Bollati Boringhieri,Torino 2011, p.30.
220 E. LASK, Zur System der Philosophie, in E.HERRIGEL (a cura di) Gesammelte Schriften, Mohor, Tubingen
1924, III, cap.I, pp.179-‐180, in ibidem.
221 Ivi, p. 31.
222 Cfr, H. RICKERT, Der Gegenstand der Erkenntnis. Einführung in die Transzendental-‐ Philosophie, Mohr,
Tübingen 1892, p. 326, in ibidem.
223 Cfr, P.NATORP, Allgemeine Psychologie nach Kritischer Methode, I: Objekt und Methode der Psycologie,
Dopo la pubblicazione di ET e gli scritti pubblicati nel ’29, avviene un mutamento di prospettiva, una svolta, una Khere224, per cui l’essere assume un carattere evenienziale,
Ereignis.
La riformulazione della questione del’essere negli anni della svolta si compie affrontando il problema della verità non più partendo dal «carattere aperturale» (Ersclossenheit) dell’esistenza umana, ma dalla radura (Lichtung) dell’essere stesso in cui di volta in volta l’esserci si viene a trovare.[…] Heidegger intende ripensare il destino metafisico come un’«erranza» che fa parte della storia dell’essere, e in tale ripensamento si prefigge un «oltrepassamento» (Überwindung) della metafisica che intende ora lasciare del tutto a se stessa.225
Tale passaggio sancisce l’abbandono, da parte del filosofo, dell’indagine analitica esistenziale226 a favore della possibilità di considerare il pensiero non più sull’orizzonte
occupato dall’uomo «ma su un piano in cui c’è principalmente e innanzitutto l’essere»227.
In altre parole Heidegger mette da parte la ricerca sull’esistenza umana per porre l’attenzione sull’ontologia di quell’Essere che definisce l’esistenza umana stessa.
Avviene una rivoluzione che Heidegger matura nel tempo dell’“esilio”, e che tende a far convergere i suoi lavori intorno ad alcune questioni cruciali che guideranno il corso dei suoi studi: l’essere pensato come Ereignis e, quindi, il superamento della metafisica che discosta l’essere dall’essere dell’ente; la domanda inerente al linguaggio, unica manifestazione possibile dell’essere, alla quale si accosta grazie all’incontro con la poesia di Hölderlin; la tecnica, non nella sua epifania concreta ma nella sua essenza, compiendo il cammino metafisico platoniano dell’assoggettamento dell’ente all’uomo. Una progressione, quindi, nel percorso filosofico heideggeriano, che coinvolge il dono trasversalmente ma che lo riguarda nello specifico, in quanto è l’intuizione sul darsi dell’essere che pone in embrione, già in ET228, la Khere. L’essere che si dà, concerne
specificatamente la questione ontologica propria dell’essere e l’es gibt permette lo studio di quest’ultima trasversalmente, nel prima e nel dopo la svolta fino all’Ereignis.
224 Non nel senso di conversione, come la s’intende in ambito teologico, ma nell’accezione propria del suo
dialetto, per cui Kehre «è la curva della strada che si inerpica su per la montagna,. Qui non è il viandante a girarsi, ma è la strada stessa che si volge nella direzione opposta per portare in alto». H. G. GADAMER, Maestri e compagni nel cammino del pensiero, Queriniana, Brescia 1980, p. 176.
225 F. VOLPI, «Heidegger Martin», op. cit., p. 5215.
226 «Il compito dell’analitica esistenziale era quello di condurre ad un’ontologia cioè alla determinazione
del senso dell’essere. Essa ha proceduto interrogando quell’ente che per l’appunto si pone il problema dell’essere, cioè l’esserci o l’uomo; e a quest’interrogazione l’esserci ha risposto maniefestando il nulla del suo essere, cioè non ha risposto.[…] l’essere di cui si cerca il senso non è l’essere di un ente» N. ABBAGNANO, op. cit., p. 886.
227U. GALIMBERTI, Invito al pensiero di Heidegger, Mursia, Milano 1986, p. 27.
Non può esservi apertura al dono, dunque, se non attraverso quella via che vede l’essere, non più come essere dell’ente, ma separato da esso e dal carattere evenienziale che lo definisce, chiamato a darsi e sottrarsi nei vuoti della presenza. L’essere e l’ente sono dunque incatenati l’uno all’altro da una dipendenza reciproca: è su questo legame che si fonda la possibilità di considerare una presenza come tensione alla cura e donazione. Rimaniamo ancorati all’indagine ontologica, perché studiando le pagine di TE, non possiamo non affiancare la ricerca dello statuto ontologico di essere e tempo e dell’ambiguità semantica che determinano, alla riflessione sulla presenza e la natura del dono. Nella analisi di TE emerge come l’essere possa nominare ciò che si presenta nel presente e ciò che è in quanto non c’è, così come il tempo possa nominare ciò che permette alle cose di presentificarsi e ciò che è in quanto non è di cosa alcuna. In questa possibilità di nominare il tempo e l’essere senza nominare la cosa stessa, proposta dall’analisi heideggeriana, ritroviamo le tracce costitutive del percorso del dono:
Nominando il dono noi nominiamo qualcosa che si scambia e che si presenta all’interno dell’insieme degli oggetti, ma anche ciò che è irriducibile agli oggetti, poiché il suo valore ontologico è ricavato da altro (non coincide con il valore economico). Il dono può nominare entrambe le cose-‐ ma non nomina la stessa cosa.229
È evidenziato in tal modo l’enigma paradossale del donare: la definizione ontologica permette di pensare alla possibilità di ridefinire l’essere in un’ottica diversa, come essere non presente230, ovvero senza ridurlo ad una essenza o entità. L’essere, quindi, si
dà, come già sostenuto in ET–es gibt Sein231-‐e tale caratteristica è la prospettiva che