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D INAMICHE DELL ’ INCONSCIO E DEL PENSIERO E RELAZIONE CON IL FANTASTICO

Alcune proposte di studio

In vari momenti di questa dissertazione, sia nelle pagine di confronto con l’immagine elettronica che in quelle prettamente dedicate all’universo della letteratura, si è venuta a delineare l’idea di un’ipotetica “struttura”, intuibile ma non ancora definita, da immaginare come possibile e ricorrente organizzazione di funzioni ed elementi costitutivi che possano aiutare a leggere e riconoscere un testo, letterario o audiovisivo, come appartenente alla modalità del fantastico.

Questa intuizione personale è stata via via corroborata da alcune annotazioni emerse in vari punti dei brani dei testi citati. L’apparato di riflessioni che si è venuto a comporre ha rafforzato la mia idea circa la necessità di ricercare o riuscire a ricondurre il fantastico a un insieme di regole di base, a delle logiche che possano funzionare come modello di riferimento.

Trattandosi di una materia difficilmente contenibile in schemi rigidi, si deve immaginare questo modello come non vincolante, una sorta di mappa orientativa ed esemplificativa sulla quale sono tracciati alcuni percorsi antichi e sulla quale poter disegnare nuovi sentieri di indagine.

Vorrei a questo punto provare a ricomporre una breve sintesi riassuntiva di alcuni dei riferimenti teorici fin qui menzionati e che mi hanno orientata verso la concezione di questo capitolo, nel quale proverò a testare le mie ipotesi attraverso il canale di studio legato all’ambito psicologico e psicoanalitico. Ricordo, ad esempio, Irène Bessière quando, nel presupporre la necessità di una logica narrativa formale e tematica per il fantastico, parla di un necessario confronto tra «ragione e sragione».1

E ritorno ancora a Hélène Diaz Brown,2 all’idea di un fenomeno fantastico basato sulla scomparsa del principio di identità e sull’assenza di ogni tipo di esclusione e divisione. Mi sembra utile recuperare nuovamente la teoria di Rosemary Jackson che individua nel fantastico una possibilità di trasgressione e di manifestazione dell’inconscio, definendo gli scritti prodotti in tal senso come «letteratura del desiderio».3 Credo sia altresì importante sottolineare, dalla prospettiva più pedagogica di Rodari, la chiara

1 I. Bessière, Le recit fantastique. La poétique de l’incertain, Paris, Larousse, p.10, trad. it. in R. Ceserani, Il fantastico, cit., p. 65.

2 H. Brown, L’effet fantastique ou la mise en jeu du sujet, cit., p. 50. 3 R. Jackson, Il Fantastico – la letteratura della trasgressione, cit., p. 3.

indicazione dello scrittore quando a proposito di creatività si riferisce direttamente al concetto di pensiero divergente e alla sua capacità di destrutturare gli schemi dati dall’esperienza4 e, ancora, non si possono dimenticare i procedimenti di accumulo, rielaborazione e riorganizzazione descritti dal filosofo Nelson Goodman dei quali ho già parlato in precedenza.5

L’insieme di indicazioni più o meno esplicite suggerite da questi testi, nonché la frequente riconferma da essi fornita sulla necessità di contenere il raggio di azione del fantastico al vissuto del reale,6 non estendendolo a mondi trascendentali, mi sembra sollecitare l’indagine attraverso due direttrici di ambito psicoanalitico: la prima ha a che fare con le teorizzazioni di Sigmund Freud, sia per quanto riguarda il sogno e le caratteristiche del lavoro onirico che per l’ambito delle dinamiche di quello che lui definisce processo primario;7 la seconda pista di indagine assumerà come modello di riferimento la rilettura e l’ampliamento delle teorie freudiane sull’inconscio nella prospettiva elaborata dallo psichiatra e psicoanalista cileno Ignacio Matte Blanco, la quale costituisce un importante caposaldo teorico nella spiegazione di un sistema logico bi-valente basato su due tipi di logica (simmetrica e asimmetrica) coesistenti negli esseri umani.

Credo sia importante chiarire fin da ora alcune delimitazioni necessarie a questa prospettiva di studio: l’indagine che mi appresto a proporre non riguarderà l’area della psicoanalisi della creatività e dell’arte in quanto investigazione del significato delle manifestazioni della fantasia, né interesserà la funzione dell’arte in relazione al rapporto artista/opera; infine, non affronterò i problemi posti dalla biografia o dalla patografia degli artisti con lo scopo di andare a ricercare i significati latenti delle opere.

L’obiettivo di questo capitolo sarà dunque quello di tentare l’applicazione di strumenti di studio che possano aiutare a chiarire la natura e il senso della struttura di pensiero che

4 G. Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, cit., p. 171. 5 N. Goodman, Vedere e costruire il mondo, cit., pp. 6-7.

6 In uno dei suoi testi dedicati al rapporto tra fantasia e sogno, lo psicoanalista e psichiatra Salomon

Resnik sottolinea in vari momenti il legame che essi hanno con la realtà, il passato, la memoria. «La fantasia non è che lavoro rimemorativo, o reminiscenza, riattualizzazione della memoria»; «Il sogno è traccia, memoria filogenetica e ontogenetica, esperienza di vita, modo di pensare e di sentire, modo di vivere ciò che rimane velato alla coscienza. […] L’interpretazione dei sogni è quindi un’archeologia del presente, cioè di un tempo attuale che com-prende i luoghi del passato e del futuro a-venire. Il sogno è multidimensionalità vissuta, coesistenza di spazi e tempi diversi che si ripresentano plasticamente nello spazio del sogno». Cfr. S. Resnik, Sul fantastico. Tra l’immaginario e l’onirico, cit., p. 18, 190, 192.

7 È necessario ricordare, nell’ambito degli studi sul cinema, il testo fondamentale del semiologo Christian

Metz che ha adottato la chiave di lettura psicoanalitica per capire la forma del film, la relazione tra stato filmico e stato onirico e il rapporto che esso intrattiene con lo spettatore: C. Metz, Le signifiant

imaginaire, Psychanalyse et cinéma, Paris, UGE, 1977, trad. it. Cinema e psicanalisi, Venezia, 2006.

soggiace alla modalità fantastica e lo determina, seguendo come linee guida, in prima istanza, gli approfondimenti e le scoperte legate all’ambito della psicoanalisi.

Ricordo che questa indagine verrà svolta alla luce del nucleo portante di questa tesi secondo la quale il fantastico riesce a rispecchiarsi e realizzarsi al meglio, nella propria natura e funzionalità, nell’immagine in video e nelle possibilità di elaborazione offerte dalle tecnologie audiovisive elettroniche.

Il sogno e il fantastico: il reale come materia. Primi punti di contatto

Provare a studiare il fantastico tentando una ricognizione sul terreno degli scritti freudiani, peraltro già scandagliato dalle più svariate prospettive di analisi, non è un compito facile. Mi sembra però che questa direzione di ricerca sia imprescindibile al tentativo di chiarire e delineare gli aspetti più reconditi e in qualche modo anche “tecnici”, che motivano l’esistenza di quella che ho descritto finora come modalità del fantastico.

Perché, dunque, ricorrere a Freud? Innanzitutto perché, a ben guardare, fantasia e creatività sono entrati a far parte di studi sistematici in epoca pressoché recente: è infatti grazie a L’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud8 che sono state poste le basi per una indagine scientifica della creatività, nonché per lo sviluppo della teoria e della pratica psicoanalitica.9

Potrei iniziare questo percorso di studio a partire da un verbo, phantasieren, che in tedesco mostra una pluralità di accezioni che si compenetrano e arricchiscono l’un l’altra: la parola significa al contempo riflettere, immaginare e fantasticare. Come sostiene lo psicoanalista Salomon Resnik, «Il phantasieren freudiano si svolge in un paesaggio interiore, in un ricettacolo somatico dove si costituisce e si incide la scenografia viva dell’uomo interiore. La fantasia è per Freud “rappresentazione psichica dell’istinto”, espressione biologica della pulsione».10

Resnik descrive questo paesaggio interiore dell’inconscio umano come luogo di raccolta di immagini, fantasie e riflessioni, il complesso universo personale e intimo in cui la relazione tra il soggetto e il mondo esterno è investita e determinata da pulsioni e moti

8 Da qui in poi si è fatto riferimento a: S. Freud, Die Traumdeutung, Leipzig-Wien, Franz Deuticke, 1900,

trad. it. L’interpretazione dei sogni, Roma, New Compton, 1977, p. 42. (Prima edizione New Compton 1970).

9 A tal proposito si confronti la sintesi del percorso storico critico sulla creatività delineata da Anna

Baruzzi nella sua Introduzione a: J. Chasseguet Smirgel, Per una psicoanalisi della creatività e dell’arte, Rimini, Guaraldi, 1973, pp. 7-12 (ed. or. Pour une psychanalyse de l’art et de la créativité, Paris, Payot, 1971).

di desiderio e che, secondo Freud, viene svelato al meglio delle sue articolazioni grazie allo stato del sogno e alla sua interpretazione.

Svolgendo un’attenta analisi de L’interpretazione dei sogni e piegando alcuni passi del testo alle finalità di studio di questa tesi, mi sembra emergano molte somiglianze procedurali tra il fantastico e la dimensione onirica.

Il primo punto di contatto che a mio parere offre una connessione tra il sogno e la modalità strutturale/espressiva del fantastico è riscontrabile nella “tipologia di materia” che entrambi vengono a trattare per definire la propria esistenza.

Freud stesso scrive: «La convinzione spontanea della persona che si è appena svegliata è che i suoi sogni, anche se non sono venuti essi stessi da un altro mondo, lo hanno comunque trasportato in un altro mondo».11 E, a spiegazione di tale fenomeno, aggiunge: «Tutto il materiale che costituisce il contenuto di un sogno è in qualche modo derivato dall’esperienza, cioè è stato riprodotto o ricordato nel sogno: questo almeno può essere considerato un fatto indiscusso. […] Può accadere che da svegli non riconosciamo come appartenente alla nostra conoscenza o esperienza parte del materiale che forma il contenuto di un sogno […] poi, finalmente, spesso dopo un lungo intervallo, qualche nuova esperienza richiama il ricordo che si credeva perduto, di un avvenimento lontano, rivelandoci, al tempo stesso, la fonte del sogno».12

Il sogno, dunque, attua una riappropriazione della complessità del vissuto in termini esperienziali, sia come derivato dei contatti che il soggetto ha stabilito con il circostante, sia recuperando e associando liberamente cose ed eventi vissuti in ogni epoca della vita, dalla più recente a quella più antica, ricorrendo frequentemente alle memorie dell’età infantile.

In sintesi, il sogno parla della nostra vita, che una volta vissuta entra a fare parte dell’archivio della nostra memoria nella sua interezza di eventi, fatti, emozioni, ricordi, dettagli.

Il riconoscimento della complessità del reale come dato di partenza del lavoro onirico evidenzia una essenziale analogia con la “materia” preziosa quanto eterogenea sulla quale, come abbiamo riscontrato più volte in diversi passi di questa tesi, il fantastico “interviene” estrapolando, plasmando e riorganizzando.

Non dobbiamo infatti dimenticare che, come è già stato riscontrato nei testi dei tanti studiosi finora citati che hanno sottolineato l’esclusività e la necessità di questa relazione, il fantastico può esistere unicamente laddove esiste una realtà di riferimento.

11 S. Freud, L’interpretazione dei sogni, cit., p. 42. 12 Ivi, pp. 45-46.

Come accade per il sogno, anche il fantastico si impossessa di tutto e lavora con tutto, travalicando ogni categoria spaziale, temporale e di importanza: ciò che risale alle stagioni più remote affianca quanto è riconducibile a momenti più recenti e ogni cosa, importante o insignificante, riaffiora alla mente rendendosi disponibile a essere rivissuta, riorganizzata, reinterpretata.

Riosservando quanto detto finora non è forse superfluo ricordare nuovamente che, nell’ottica delle tecnologie audiovisive elettroniche, questi procedimenti sono connaturati alle potenzialità del computer, luogo fisico nel quale poter conservare e archiviare materiali che poi potranno essere rivisitati, rielaborati e riassemblati secondo un montaggio non-lineare che ne ignora il decorso temporale.

Un altro elemento importante che emerge dal passo citato di Freud è individuabile nella sensazione che il sognatore ha di entrare a fare parte di un altro mondo. Questa deriva dal reale che si manifesta nei termini di uno scollamento del soggetto dal contesto circostante, così come per chi fa esperienza del fantastico attraverso le più svariate forme espressive, è riconducibile a diverse motivazioni: la prima ha a che fare con la momentanea incapacità di collocare dati e avvenimenti e l’impossibilità di individuare la rete dei rapporti che li tengono uniti, una eventualità che provoca una sensazione di disorientamento; la seconda ragione risiede nel fatto che le immagini visive delle quali sono fatte i sogni non sempre risalgono all’archivio della nostra memoria, ma spesso vengono affiancate da ulteriori immagini inedite che non ci appartengono e che sono prodotte dalle sollecitazioni provenienti da ogni sfera sensoriale.13

La complessità di questi stimoli e il lavoro di bricolage mentale che viene messo in atto fanno sì che vengano composte quelle “rappresentazioni”, così come descritte da Resnik, che forzano i limiti della percezione e dell’esperienza del reale. In questo senso Freud scrive: «Tralasciando tutte le argomentazioni, così note agli psichiatri, sulla natura delle allucinazioni, concorderemo con tutte le opinioni autorevoli sull’argomento nell’affermare che i sogni allucinano, che sostituiscono le allucinazioni ai pensieri. […] La trasformazione delle idee in allucinazioni non è il solo caso in cui i sogni differiscono dai corrispondenti pensieri della vita da svegli. I sogni costituiscono una

13 Riferendosi allo scarto che esiste tra la percezione originale del reale e l’immagine che viene

successivamente formata, lo psichiatra italiano Silvano Arieti ha individuato in tale traduzione i primi germi della creatività umana. Arieti scrive: «Se si può dire che le immagini deformano o distorcono, si può anche dire che le immagini ci liberano da una riproduzione puntigliosa della realtà e introducono qualcosa di nuovo: i primi elementi della creatività». S. Arieti, Creativity. The Magic Synthesis, New York, Basic Books, 1976, trad. it. Creatività. La sintesi magica, Roma, Il pensiero scientifico, 1979, p. 52.

situazione da queste immagini; essi rappresentano un avvenimento che sta realmente accadendo; “drammatizzano” un’idea […]».14

Il sogno viene descritto da Freud come un teatro del possibile dove prendono forma fatti e cose inesistenti,15 dove si animano disconnessioni ammissibili e contraddizioni legittime formate da traduzioni “audiovisive” che provengono dalle stimolazioni percettive più varie. È infatti da questo alveo di osservazioni che teorici e registi legati soprattutto all’ambito delle avanguardie surrealiste hanno individuato e teorizzato analogie strutturali e funzionali tra sogno e film.16 Ed è alla luce delle stesse considerazioni che mi sembra si stabilisca tra il sogno e il fantastico una relazione basata sull’importanza della suggestione di immagini e suoni non convenzionali, perché fuori dalle possibilità di percezione, che trovano il riscontro più naturale nell’immediatezza e nella fluidità consentita dalle tecnologie audiovisive elettroniche.

Condensazione e spostamento. Analogie

Percorrendo L’interpretazione dei sogni si incontrano altre analogie funzionali con quelle che, a più riprese nel corso di questa ricerca, abbiamo individuato essere possibili “strategie” di attuazione del fantastico. Infatti, nel capitolo denominato Il lavoro onirico, uno dei momenti fondamentali che stanno alla base del sogno è ravvisabile, secondo Freud, nel processo di condensazione.

Egli scrive in merito: «La prima cosa che diventa evidente a chiunque metta a confronto il contenuto del sogno con i pensieri del sogno è l’esistenza di un lavoro di condensazione di grande portata. I sogni sono brevi, miseri e laconici in confronto all’estensione e abbondanza dei pensieri del sogno».17 In sostanza, la condensazione si attua nei sogni attraverso una serie di omissioni e lacune che rendono la versione

14S. Freud, L’interpretazione dei sogni, cit., p. 75. Corsivo nel testo.

15 Commentando le considerazioni di Freud sulla relazione tra sogno e teatro, Resnik scrive: «Così, tra ciò

che è visibile e ciò che non lo è, tra il sogno e la veglia, l’occhio del sogno fa da alchimista: crea e trasforma le immagini, accende la luce o la luna, sole notturno svela le scenografie, illumina i personaggi e li piazza sulla scena, crea gli attimi, fondamenti del ritmo del gioco scenico. Così come la luna trasforma con il suo ciclo il paesaggio del mondo, anche le luci e i riflettori, “occhi magici”, nell’accendersi e spegnersi, trasformano la scena teatrale cambiando le scenografie esistenti. Il vero pensiero è cambiamento, creazione; la “fantasia” è per Freud la drammatizzazione creativa di uno spettacolo intimo che si svolge nel profondo dell’essere, muro sotterraneo dove le ombre proiettano le immagini delle allegorie platoniche. L’azione della fantasia diventa sogno e teatro e mostra quella parte dell’artista che abita in ognuno di noi». S. Resnik, Sul fantastico, cit., p. 152. Si faccia riferimento anche a: S. Resnik, Il teatro del sogno, Torino, Bollati Boringhieri, 1982.

16 Si faccia riferimento agli scritti teorici dei registi dell’avanguardia surrealista contenuti in: A. Martini

(a cura di), Utopia e cinema. Cento anni di sogni, progetti e paradossi, cit.; P. Bertetto (a cura di) Il

cinema d’avanguardia 1910-1930, cit.

manifesta dei pensieri contenuti nel sogno incompleta e frammentaria.18 Restano così delle tracce, composizioni irrisolte di frammenti di visioni, residui forti di una totalità troppo fragile e complessa per restare impressa nella sua “versione integrale” nell’alveo della memoria.

Il processo di condensazione occupa un posto di rilievo nel contesto di questo studio dove sto cercando di intessere fili che, a doppio nodo, possano connettere il fantastico all’immagine elettronica e viceversa.

Facendo un passo indietro e riportando alla memoria quanto scritto nel primo capitolo di questa dissertazione, si potrà ricordare l’ipotesi della analogia morfologica, da me avanzata, tra la natura dell’immagine elettronica e la dimensione fantastica: da un lato prendevo in considerazione la trama dell’immagine video, vibrante e non compatta, alternanza di pieni e di vuoti mentre, per quanto riguardava il fantastico, rilevavo la sua tendenza a connotarsi come struttura instabile, basata su un’alternanza di eccessi, di assenze e di ellissi (narrative, temporali, logiche) che determinano un senso di sospesa indeterminatezza, incertezza e suspense.

Riosservando quelle idee alla luce di queste ultime considerazioni in chiave psicoanalitica, a questo livello di avanzamento della ricerca mi sembra sensato ribadire l’esistenza di una nuova struttura che potremmo chiamare analogica, la quale recupera nella condensazione uno dei processi mentali che soggiacciono al fantastico e che individua la propria traduzione audiovisiva nella disomogeneità della trama elettronica. Procedendo nello studio del testo di Freud, considerazioni simili possono essere elaborate a proposito di un altro processo sul quale si basa il lavoro onirico, e cioè lo spostamento, che viene così descritto: «Abbiamo potuto vedere che gli elementi che risaltano come principali costituenti del contenuto manifesto del sogno, non hanno affatto lo stesso ruolo nei pensieri del sogno. E come corollario, si può asserire l’inverso di questa affermazione: ciò che costituisce l’essenza dei pensieri del sogno, non ha nessuna necessità di essere rappresentato nel sogno». 19 Ciò significa che: «La conseguenza dello spostamento è che il contenuto del sogno non assomiglia più al

18 «I pensieri del sogno ed il contenuto del sogno ci si presentano come due versioni dello stesso

contenuto in due lingue diverse. O, più propriamente, il contenuto del sogno sembra una trascrizione dei pensieri del sogno in un altro sistema di espressione, di cui spetta a noi scoprire i caratteri e le regole sintattiche, confrontando l’originale e la traduzione. I pensieri del sogno diventano immediatamente comprensibili appena li abbiamo scoperti. Il contenuto del sogno è invece espresso in una specie di geroglifico, i cui segni devono essere tradotti singolarmente nella lingua dei pensieri del sogno». Ivi, p. 248.

nucleo dei pensieri del sogno e che il sogno non dà altro che una deformazione del desiderio del sogno, quale esiste nell’inconscio».20

Se Freud individua nella censura il sistema applicato dalla mente per controllare, limitare, ristrutturare il materiale che consente la formazione del sogno nascondendone il pensiero originario, mi sembra lecito recuperare nello spostamento, a fianco della condensazione, una seconda struttura analogica che delinea una ulteriore logica funzionale che struttura e modella le possibilità espressive del fantastico.

Ritengo che questa idea possa essere riconducibile a un’altra ipotesi da me formulata nel primo capitolo, dove sostenevo che i processi di formazione e strutturazione del fantastico hanno qualcosa in comune con quello che in campo letterario viene realizzato grazie all’uso delle figure retoriche. 21 Metafore, allegorie, metonimie, iperboli, sinestesie, ossimori svolgono, a mio avviso, una funzione analoga rispetto a quella che viene garantita dal lavoro di spostamento nel sogno, poiché intervengono modificando, occultando, ritoccando, complicando il testo letterario al fine di arricchirlo. Allo stesso modo lo spostamento scompagina e destruttura i pensieri latenti del sogno e fa degli immaginari proposti delle “poesie” visive da decifrare,22 scenari di scoperta concepiti sulla base di una retorica del reale, piuttosto che sulla rappresentazione naturalistica di esso.

Di conseguenza mi sembra sensato poter dire che l’aspetto, per così dire, “manifesto” del fantastico è apparentabile a quello che Freud chiama contenuto onirico manifesto e

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