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T EORIA DELLA LETTERATURA : DERIVE E ARGINI DEL FANTASTICO

Nel capitolo precedente ho tentato, forse in modo ardito e con attitudine onnivora, di intessere una trama di incroci, contatti e legami che a mio avviso dimostrano e svelano al lettore un dialogo significativo tra i due fulcri oggetto di studio di questa ricerca: il linguaggio del video e il fantastico.

Avvalendomi di alcuni passi estrapolati dai testi della teoria della letteratura e di alcuni momenti significativi di elaborazione della teoria del video, ho provato a tracciare gli estremi di quella struttura morfologica e logica che, a mio avviso, fonda la particolare vocazione alla rappresentazione del fantastico che soggiace intrinsecamente nell‟immagine elettronica, nel suo “DNA”, così come in alcuni particolari procedimenti che possono essere intrapresi per la costruzione di un‟opera audiovisiva.

L‟obiettivo del capitolo che vado ora ad aprire è quello di compiere, in modo più specifico e approfondito, un percorso esplorativo all‟interno delle teorie della letteratura. Come ho già accennato in precedenza, si tratta infatti dell‟unico settore di studi che ha affrontato la tematica del fantastico in modo organico e frontale, suggerendo tentativi di interpretazione e organizzazione della materia a partire dall‟analisi di testi a esso riconducibili prodotti tra il Settecento e l‟Ottocento.

Il fantastico ha esercitato ed esercita tuttora un forte interesse di pubblico e di critica: il fatto che si tratti di un tema ancora aperto lo dimostra la massiccia presenza di contributi provenienti da tutto il mondo che, dagli anni Cinquanta del Novecento a oggi, hanno cercato di definire e arginare un tema ampiamente dibattuto e di vasto interesse. Provare a comporre una mappa esaustiva che offra al lettore il quadro totale delle varie proposte teoriche avanzate finora sarebbe certo una missione gravosa e onorevole, ma fuori dalle prospettive di studio proposte da questa ricerca. Né, tuttavia, il mio obiettivo sarà quello di stabilire un ordine gerarchico, o addirittura attribuire un primato per la più “appropriata e vincente” definizione di fantastico. La mappa che voglio provare a offrire, facendo riferimento al contesto della teoria della letteratura e a partire da un quadro che metterà in evidenza le differenze tra le interpretazioni elaborate intorno al fantastico, sarà utile a definire una griglia di sistematizzazione e di riferimento riguardo a quelli che a mio avviso sembrano emergere come i punti cruciali di esistenza del fantastico: l’altrove e l’altro. Questa tassonomia sarà di notevole aiuto nel momento in cui procederò con l‟analisi dei casi di studio. In questo capitolo passerò in rassegna ed

esaminerò alcuni tra i testi critici più rilevanti dedicati al fantastico prodotti nel Novecento, quelli che a mio avviso mostrano, o potrebbero rivelare, linee guida utili per il corpus di opere video adottato come campione di analisi.

Un percorso storico: tra testi e definizioni

Nel capitolo precedente ho parlato della difficoltà che molti studiosi hanno incontrato nell‟affrontare il fantastico, materia spesso inafferrabile e difficilmente contenibile negli argini delle definizioni. È anche vero però che l‟impervietà di questo territorio, più che un impedimento ineludibile, al contrario è stata spesso vissuta come linfa vitale per l‟ideazione di riflessioni e definizioni del tutto originali.

In questo paragrafo tenterò di fornire un quadro delle teorie principali inerenti al fantastico letterario che hanno segnato lo sviluppo del dibattito critico e che, nel loro insieme, possono fornire alcune importanti chiavi di lettura che in seguito riapplicherò allo studio della creazione audiovisiva.

Tra il fecondo corpus di studi sviluppati in area francese intorno alla letteratura fantastica, il primo contributo che vengo a citare è quello di Pierre-George Castex che, nel 1951, scrive così: «Il fantastico non va confuso con le storie d‟invenzione convenzionali sul tipo delle narrazioni mitologiche o dei racconti delle fate, che implicano un trasferimento della nostra mente [un dépaysement de l’esprit] in un altro mondo. Esso al contrario è caratterizzato da un‟intrusione repentina del mistero nel quadro della vita reale; è collegato in genere con gli stati morbosi della coscienza la quale, in fenomeni come quelli dell‟incubo o del delirio, proietta davanti a sé le immagini delle sue angosce e dei suoi terrori. “C‟era una volta” scriveva Perrault; Hoffmann, invece, non ci trasferisce di colpo in un passato indeterminato; egli descrive le allucinazioni crudelmente presenti di una coscienza disorientata e il cui carattere insolito si stacca in modo sorprendente su uno sfondo di realtà familiare».1

Come già avevo cercato di evidenziare nel capitolo precedente, Castex appartiene a quel gruppo di studiosi che concepisce la manifestazione del fantastico in una dimensione imprescindibilmente correlata al reale. Partendo dal rifiuto di mondi trascendentali, egli dipinge il fantastico dapprima individuandolo in un avvenimento intrusivo e misterioso che, nel suo essere indefinito, incrina la compagine della vita reale. Dopodiché, lo studioso riconduce questa interferenza nel reale come qualcosa di strettamente connesso alla sfera emotiva del singolo individuo, facendo ricorso a un apparato di riferimenti dal

1 P.-G. Castex, Le conte fantastique en France de Nodier à Maupassant, Paris, Corti, 1951, p. 8;

sapore freudiano – stati morbosi, incubo, delirio – con un chiaro riferimento finale al perturbante e alla sua connessione con la dimensione familiare.2

Un‟altra importante soluzione interpretativa è quella offerta da Roger Caillois, scrittore e critico letterario francese, il quale ha dedicato gran parte del proprio lavoro alla ricerca del fantastico nei settori più disparati: dalle arti figurative alla letteratura, fino a estendere la ricerca all‟ambito naturale, con trattazioni che riguardano anche le rocce e gli animali.

Tra le tante pubblicazioni, il testo a mio avviso più significativo e che ritengo opportuno citare in questa sede è Au coeur du fantastique,3 scritto nel 1965. In questo volume Caillois parte dal constatare la difficoltà nell‟individuare ciò che a suo dire è il vero fantastico, quello non «[…] riconducibile a una bizzaria locale, a un dato ignoto o a un‟intenzione deliberata», e che non deve includere «[…] tutto ciò che in qualche modo va contro il comune buon senso o la rappresentazione fotografica della realtà».4

Dopo una meticolosa delimitazione del campo dal quale scarta varie tipologie di fantastico “conclamato”,5 l‟autore viene a dare la sua definizione scrivendo: «[…], per

me, fantastico significa anzitutto inquietudine e rottura […]. È evidente, invece di un fantastico dichiarato, io cerco decisamente un fantastico insidioso che accade di incontrare nel cuore stesso del fantastico istituzionalizzato come un elemento estraneo e fuori posto: un fantastico secondo, un fantastico, per così dire, rispetto al fantastico». La tesi di Caillois si accosta e va oltre il concetto di intrusione avanzato da Castex, avanza con respiro più serrato. L‟autore, infatti, scrive: «Il fantastico è tale solo se appare scandalo, come inammissibile violazione alle leggi dell‟esperienza o della ragione. Se una qualche decisione irriflessiva o, circostanza aggravante, meditata, ne fa il principio di un nuovo ordine, esso è immediatamente annientato. Non è più in grado di provocare angoscia o sorpresa. Diventa l‟applicazione conseguente, metodica, di una volontà deliberata che non intende lasciare alcunché al di fuori del nuovo sistema. […]

2 Approfondirò il tema del perturbante in un paragrafo a parte di questo capitolo.

3 R. Caillois, Au coeur du fantastique, Paris, Gallimard, 1965, trad. it. Nel cuore del fantastico, Milano,

Feltrinelli, 1984.

4 Ivi, p. 9.

5 Con un tono tra il serio e il faceto, Caillois elenca tutto ciò che è determinato a eliminare dal suo campo

di ricerca. Scrive infatti di voler «[…] scartare ciò che chiamo il fantastico per partito preso, vale a dire le opere d‟arte create espressamente per sorprendere, per sconcertare lo spettatore con l‟invenzione di un universo immaginario, fiabesco, in cui niente si presenta o avviene come nel mondo reale. […] mi affrettai a ripudiare anche il fantastico istituzionalizzato, vale a dire il meraviglioso delle fiabe, delle leggende e della mitologia, l‟iconografia delle religione e delle idolatrie, i deliri della follia e perfino la fantasia nella sua forma più sbrigativa e disinvolta. […] Misi allegramente al bando anche i feticci e le maschere dell‟etnografia, i demoni tibetani, le metamorfosi di Visnù, le labirintiche magie delle epopee indiane. Parimenti rinunciai alle tentazioni di anacoreti, alle danze macabre medievali, ai trionfi della morte, ai supplizi degli Inferi o dell‟Inferno…». Ivi, pp. 10-11.

Ma l‟insolito non esiste, non appare, se non trasgredisce e non incrina all‟improvviso una regolarità ben stabilita e che sembrava imperturbabile».6

Successivamente, Caillois insiste sull‟importanza del referente reale: affinché il fantastico possa esistere egli propone il concetto di trasgressione, definendolo come rottura di una regolarità apparentemente imperturbabile, infrazione «[…] della inalterabile legalità quotidiana e non sostituzione totale di un universo esclusivamente prodigioso all‟universo reale».7

Il fantastico viene interpretato da Caillois come un evento, un‟apparizione che viene a rompere le leggi immutabili che consentono il mantenimento e la coerenza dell‟ordine universale. Scollegando il fantastico da una matrice di tipo psicologico-interiore, così come giustificato invece nelle tesi di Castex, l‟argomentazione di Caillois, pur mantenendo delle affinità con l‟idea di intrusione, prende un respiro più ampio proprio perché collocata nell‟ambito delle possibilità, rotture, infrazioni che possono alterare la nota e consolidata percezione della compagine del reale.8

Negli stessi anni della formulazione delle teorie di Caillois, prendono forma anche le riflessioni di Louis Vax, il quale avanza una visione del fantastico meno dirompente e giocata sui toni più cauti dell‟inesplicabilità. Lo scrittore mette in campo il concetto di ambiguità, a suo dire intrinseco alla natura delle cose che vengono espresse nei racconti fantastici, individuando in esso «[…] un artificio concepito per mantenere nel lettore la tensione e un procedimento per modificare la sua percezione del mondo. Se un oggetto mi turba non è perché non lo conosco, ma perché ho il sospetto che sia di natura equivoca».9

Il concetto di ambiguità che Vax introduce è strettamente connesso a un altro interessante aspetto, ovvero quello del fattore seduttivo. Scrive infatti: «Il fantastico non è tanto la descrizione del male, del falso e del bruto, quanto la compiacenza che si dimostra loro. […] Non c‟è da sorprendersi se, prendendosi gioco della distanza, dei

6 Ivi, pp. 22-23. 7 Ivi, p. 92.

8 «Quando Roger Caillois tenta di fare un suo percorso sul fantastico, verso il cuore del fantastico, inizia

dicendo che ciò che l‟attrae è il mistero e, senza dubbio, anche la spontaneità dell‟artista. Il fantastico per lui non può essere né programmato né forzato, ma, al contrario, è il risultato di un‟esperienza estetica. Tale esperienza non è comunque solo opera dell‟espressione formale, ma anche della natura, che può tradursi in fantasia. Ciò che dà più ricchezza è la possibilità di esprimere l‟ambiguità dell‟immagine, dei cui enigmi si fanno complici artista e spettatore. L‟arte fantastica, come la poesia, fa giocare la natura delle cose e risveglia la fertilità dell‟ambiguo». Cfr. S. Resnik, Sul fantastico. Tra l’immaginario e

l’onirico, Torino, Bollati Boringhieri, 1993, pp. 71-72

9 L. Vax, La natura del fantastico…, cit., p. 26. Dell‟autore sono da tenere in considerazione anche altri

due testi pionieristici sull‟argomento: L’art et la littérature fantastique, Paris, Presses Universitaires de France, 1960 e La séduction de l’étrange, Paris, Presses Universitaires de France, 1965.

muri e delle serrature, il mostro raggiunge così facilmente la sua vittima. Per non perdere l‟appuntamento con il seduttore, l‟innocente ha fatto la metà del cammino. Esso coltivava in seno la tentazione di cui fingeva orrore».10

All‟inammissibilità sconfortante e all‟indicibilità chiusa espressa da Castex e Caillois, Vax contrappone lo stupore seduttivo dell‟ambiguo, attribuendo al fantastico il beneficio di un‟apparizione meno violenta e più confortante: «Se la letteratura fantastica è generalmente ambigua, non è tanto perché ci lascia indecisi tra il prodigioso e il familiare […] ma piuttosto perché nell‟esperienza fantastica, come in ogni esperienza vissuta, c‟è qualche cosa di profondo, di opaco e di singolare, un non so che tanto più enigmatico in quanto sfugge a tutti gli sforzi riduttori della nostra intelligenza».11

Gli studi e le definizioni che ho indicato finora sono quelli che hanno mostrato, con l‟andare del tempo e con l‟incremento del dibattito critico, maggiore originalità e resistenza, offrendo delle letture che, pur muovendosi dall‟ambito letterario, ben si adattano ad altri contesti della creazione artistica. Si tratta peraltro di proposte interpretative del fantastico che si compattano intorno a un fulcro unico: affondando profondamente le radici nella dimensione quotidiana della realtà, tutto ciò che si presenta come sussulto misterioso e inspiegabile interferenza di un ordine conosciuto e teoricamente immutabile è traccia della presenza del fantastico.

Ma quando si decide di intraprendere un percorso di ricerca nell‟ambito del fantastico, generalmente il primo approccio avviene attraverso il celebre testo di Tzvetan Todorov, Introduction à la littérature fantastique, edito a Parigi nel 1970. Il libro, oltre a proporre una originale interpretazione del fantastico (nella quale mi sono già imbattuta nel primo capitolo, e che qui vengo a riprendere), rilanciava l‟attenzione degli studiosi e della critica verso la letteratura di modo fantastico, una delle espressioni tipiche della letteratura della modernità, provocando un fervido interesse nei confronti della materia e una ripresa di pubblicazioni inerenti all‟argomento.

Questo volume, nonostante il gran clamore e le reazioni scatenate nei termini del dibattito critico, si collocava, come abbiamo già in parte visto, in una tradizione di studi già consolidata e avviata.

Scrive infatti Remo Ceserani: «C‟erano stati, naturalmente, studi e libri sul fantastico prima di Todorov, da quelli di tipo accademico erudito (Joseph Retinger, P.-G. Castex, M. Schneider, L. Vax), a quelli di riflessione filosofica o artistica (M. Milner, M. Brion, R. Caillois, F. Hellens, J. Pierrot), a quelli già attenti alla pratica dei modi e dei generi

10Ivi, p. 121. 11 Ivi, p. 155.

letterari (J.-P. Sartre, P. Penzoldt, S.S. Prawer, W. Ostrowki), alle stesse illuminanti intuizioni di Freud; ma non c‟è dubbio che il libro di Todorov, uscito in un momento di forte rinnovamento degli studi letterari, sia stato percepito come “pionieristico”: primo esame sistematico e originale di una modalità letteraria fino allora poco studiata, o relegata fra i prodotti della letteratura di genere o di consumo».12

Rispetto agli studi presi affrontati finora, la proposta di Todorov sembra collocarsi a un passo immediatamente precedente, poiché incentrata sul concetto di esitazione, ovvero su quella fase rapidissima e immediatamente antecedente alle varie considerazioni che concernono le eventuali condizioni di inesplicabilità, di inammissibilità, di mistero presentate poco fa.

Prima di arrivare ad affrontare le definizioni elaborate da altri studiosi, Todorov propone una definizione di fantastico che suona così: «L‟ambiguità sussiste fino al termine dell‟avventura; realtà o sogno? Verità o illusione? Così penetriamo nel cuore del fantastico. In un mondo che è sicuramente il nostro, quello che conosciamo, senza diavoli, né silfidi, né vampiri, si verifica un avvenimento che, appunto, non si può spiegare con le leggi del mondo che ci è familiare. Colui che percepisce l‟avvenimento deve optare per una delle due soluzioni possibili: o si tratta di un‟illusione dei sensi, di un prodotto dell‟immaginazione, e in tal caso le leggi del mondo rimangono quelle che sono, oppure l‟avvenimento è realmente accaduto, è parte integrante della realtà, ma allora questa realtà è governata da leggi a noi ignote. […] il fantastico occupa il lasso di tempo di questa incertezza, non appena si è scelta una o l‟altra risposta, si abbandona la sfera del fantastico per entrare in quella di un genere simile, lo strano o il meraviglioso. Il fantastico è l‟esitazione provata da un essere il quale conosce soltanto le leggi naturali, di fronte a un avvenimento apparentemente soprannaturale».13 E, più avanti nel testo, Todorov chiarisce l‟evoluzione naturale di questo brevissimo lasso di tempo interessato dall‟esitazione: «[…] il fantastico dura solo il tempo di un‟esitazione: esitazione comune al lettore e al personaggio i quali debbono decidere se ciò che percepiscono fa parte o meno del campo della “realtà” quale essa esista per l‟opinione comune. Alla fine della storia, il lettore, se non il personaggio, prende comunque una decisione, opta per l‟una o l‟altra soluzione e quindi, in tal modo, evade dal fantastico. […] La vita del fantastico è irta di pericolo, essa può svanire in qualsiasi momento. Più che essere lui stesso un genere autonomo, pare che si ponga alla frontiera fra due generi, il

12 R. Ceserani, Il fantastico, cit., p. 12. Di fatto, Remo Ceserani dedica tutta l‟introduzione del suo testo

alla definizione di un panorama di riferimento storico per gli studi sul fantastico.

meraviglioso e lo strano. […] Niente ci vieta di considerare il fantastico come un genere sempre evanescente».14

Anche la proposta di Todorov che, come ricorda Ceserani, aveva suscitato oltre agli entusiasmi anche critiche durissime,15 proprio grazie alla sintesi operata tra prospettive di studio diverse – letteraria, filosofica e psicologica – si mostra particolarmente duttile a una possibile riapplicazione all‟ambito del video. Pur riducendo il campo di azione del fantastico, collocato su una linea di confine estremamente labile, Todorov costruisce una struttura di riferimento che, articolandosi da una parte nello strano e dall‟altra nel meraviglioso, presenta una ramificazione utile a definire e collocare le varie opere in una griglia di relazioni reciproche. Lo strano viene dunque descritto come la categoria in cui si collocano opere che «[…] narrano avvenimenti che si possono spiegare mediante le leggi della ragione, ma che in un modo o nell‟altro sono incredibili, straordinari, impressionanti, singolari, inquietanti, insoliti […]. È evidente che lo strano realizza una sola condizione del fantastico, e cioè la descrizione di certe reazioni, in particolare della paura».16 Il meraviglioso, invece, non solo a detta di Todorov non

genera alcuna particolare reazione nei personaggi né nel lettore implicito, ma viene suddiviso in varie sottocategorie: il meraviglioso iperbolico, l‟esotico, lo strumentale, fino ad arrivare al meraviglioso puro.

L‟autore, comunque, amplia nel corso del testo il raggio di azione del concetto di esitazione, delineando una serie di funzioni o effetti che il fantastico induce, chiamando così in causa sentimenti come la paura, l‟orrore o la semplice curiosità che, a suo dire, non possono essere suscitati da altri generi o forme letterarie. Inoltre, secondo Todorov, il fantastico è utile alla narrazione perché mantiene la suspense.17

Questo panorama di definizioni proposte finora, spesso accusate di essere troppo traballanti nella rispettiva indeterminatezza, all‟interno di questa ricerca compongono

14 Ivi, pp. 45-46.

15 Cfr. R. Ceserani, Il fantastico, cit., p. 53-54 e anche L. Lugnani, Per una delimitazione del «genere», in

R. Ceserani (a cura di), La narrazione fantastica, Pisa, Nistri-Lischi, 1983, pp. 37-73.

16 T. Todorov, La letteratura fantastica, cit., p. 48. Corsivi nel testo citato.

17 Vittorio Strada, studioso italiano di letteratura, elabora una teoria assai simile a quella proposta da

Todorov, sostenendo che il fantastico appare in una «[…] situazione intermedia di non piena conoscenza e non piena ignoranza, come presentimento di una realtà altra, come immagine dell‟indicibile, come cifra dell‟inconoscibile. Il fantastico è […] un‟invenzione ipotetica e un esperimento mentale dell‟impossibile, un paradosso spirituale necessario per capire il possibile. Il fantastico è la mitologia poetica di un mondo disincantato e demitologizzato, l‟apertura della realtà empirica a una surrealtà metafisica, la scoperta di una dimensione enigmatica e problematica della nostra umanità. […] Con una bella immagine Jean Paul (Richter) dice che il fantastico o il meraviglioso non deve volare come un uccello del giorno e neppure come un uccello della notte, ma come una falena, la farfalla del crepuscolo. Il fantastico vive in questa luce intermedia, lontana da quella cruda del meriggio e da quella fosca della notte, nella fascia in cui il chiarore si va spegnendo senza trapassare ancora nell‟oscurità o viceversa». V. Strada, Il fantastico e la

già una preziosa mappa di riferimento, contribuendo a fornire indicazioni di metodo per la selezione delle opere che saranno oggetto di analisi di questa ricerca.

Irruzione violenta, rottura inspiegabile, dato eccentrico e poi ancora esitazione, paura, curiosità, suspense: il fantastico si mostra come qualcosa che interferisce, che complica, spesso attraverso una seducente ambiguità, la compagine nota del reale.

Si tratta di un insieme di accadimenti e di reazioni emotive che si sviluppano a più

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