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CAPITOLO 6 Dido y Eneas

6.4 Da Virgilio a Guillén de Castro

Gli episodi chiave della vicenda di Didone ed Enea virgiliana sono tutti presenti anche nella tragedia di Guillén de Castro. Certamente nell’opera spagnola troviamo alcune differenze rispetto all’Eneide, dettate soprattutto dalle scelte drammatiche dell’autore valenzano.

Una prima importante differenza si nota confrontando gli incipit delle due versioni: in Virgilio assumono grande importanza gli dèi. Infatti la prima azione nell’Eneide è quella di Giunone, il cui risentimento verso i Troiani porta a far scatenare la tempesta che condurrà Enea e compagni sulle coste africane. In Dido

y Eneas l’inizio è completamente diverso: Guillén de Castro antepone al naufragio

troiano l’arrivo di Dido al cospetto di Hiarbas, la distruzione di Troia e la fuga di Eneas, l’inedita scena in cui Hiarbas contempla la bellezza di Dido in un ritratto e la sua decisione di sposarla, e lo stesso arrivo di Enea e compagni in Africa. La tempesta è solo accennata dal capo Troiano nel suo racconto a Dido. Gli déi non sono mai protagonisti, non sono neanche nominati.

Questa scelta dell’autore valenzano potrebbe essere spiegata con la sua volontà di neutralità nella diatriba che abbiamo visto nascere in Spagna per la rivendicazione di una Didone casta che si contrappone alla Didone meno integra di Virgilio. Lo scopo di Guillén de Castro è quello di trasformare il celebre episodio in una

138 tragedia di spicco del Siglo de Oro: ed è per questo, secondo me, che toglie potere agli déi, traslando il tutto sul piano del destino, tema principe del periodo in cui vive; così come per drammatizzare la vicenda ci presenta un Eneas che si fa piano piano travolgere dalla passione fino ad innamorarsi della regina, tanto da esitare, non poco, al momento della partenza. Nell’Eneide l’unico momento in cui si può pensare che anche il capo troinao sia sentimentalmente coinvolto è quando, dopo la discussione con Didone, torna alla flotta per i preparativi alla partenza e viene così descritto da Virgilio:

At pius Aeneas, quamquam lenire dolentem solando cupit et dictis auertere curas,

multa gemens magnoque animum labefactus amore, iussa tamen diuom exsequitur classemque reuisit.200

Inoltre Virgilio “assolve” pienamente Enea da una possibile accusa da parte del lettore di tradimento ed inganno nei confronti di Didone, proprio perché le sue mosse sono dettate quasi esclusivamente da decisioni divine.

Come già accennato, la tragedia spagnola presenta all’inizio due episodi che non fanno parte dell’Eneide: la prima scena, quella in cui Dido, arrivata in Africa, chiede l’aiuto e la comprensione a Hiarbas, al quale racconta anche la sua triste storia (scena che nel poema latino fa parte del resoconto che Venere fa ad Enea e compagni, I, 338-368); il secondo episodio, completamente “inedito”, è quello di Hiarbas che contempla la bellezza di Dido guardando un suo ritratto.

Nella tragedia queste due scene sono separate dall’episodio dell’assedio greco a Troia: curiosa è la scelta dell’autore di rappresentare solo la caduta e la fuga di Eneas, mentre la parte relativa a Sinón ed al cavallo costituisce parte del racconto del Troiano a Dido all’inizio della seconda giornata. Fatto sta che la presa della città e la fuga di Eneas e famiglia è una delle parti più fedeli all’Eneide. Manca un episodio importante come la tragica morte del re Priamo, solo accennata nella tragedia quando Acates dice ad Eneas:

200

Virgilio, op. cit., IV, 393-396: «Ma il giusto Enea, benché consolandola desideri lenire la dolente e distoglierla parlando delle sue angosce, molto gemendo e schiantato nel cuore dalla grande passione, pure dà seguito ai comandi divini e torna a vedere la flotta.»

139 Del viejo Rey troyano,

sin respetar sus canas y su alteza, vi, de Pirro en la mano,

de la barba pendiente, la cabeza (Jornada primera, p. 168)

Manca ancora una volta l’elemento divino, o meglio religioso, che nel poema virgiliano è rappresentato dalla presenza dei Penati e dalla protezione che Enea gli riserva per la loro importanza.

Ma sono presenti dettagli come: l’episodio di Corebo e Cassandra; la volontà di Enea di combattere, che si trasforma in desiderio di salvezza per lui, per la sua famiglia non appena si rende conto che tutto è perduto; la descrizione della celebre immagine di Eneas con il padre Anquises sulle spalle, il figlio per mano e la moglie che li segue.

Il discorso dell’ombra di Creusa ad Eneas traduce i versi latini, soprattutto per la parte che riguarda la profezia sul futuro di Eneas:

Errante y peregrino,

sigue tu estrella, que te irá guiando hasta el reino latino,

donde pujante y vencedor, triunfando, te darán otra esposa,

si no tan tuya, pero más dichosa201. (Jornada primera, p. 171) Veniamo adesso alla scena dell’arrivo dei Troiani sulle coste africane, che continua ad essere vicinissima ai versi virgiliani, ancor più della scena precedente: l’esplorazione del luogo, la caccia ai cervi e l’incontro con Venus, anche qui travestita da cacciatrice. Il racconto che Venus fa ad Eneas sulla storia di Didone è anch’esso una traduzione in spagnolo dei versi dell’Eneide:

La gran viuda de Siqueo, que la mano rigurosa

temió de su injusto hermano, que Pigmaleón se nombra, y huyendo de su rigor, con una pujante flota,

201

140 navegando incultos mares,

tomó tierra en estas costas, de Hiarbas se favorece, y humilde la tierra sola, que un cuero de buey ocupe, por pequeño precio compra; y buscando y escogiendo llanura tan espaciosa, que ni valles la suspenden ni montañas la congojan, donde el curso de los tiempos una península forman, de siete leguas de mar circuita a la redonda, con una de tierra firme, previniendo que las olas no le junten los extremos para tapalle la boca,

la piel del buey con sus manos con tal sutileza corta,

alargada y divida, en correas tan angostas, que infinita tierra mide, sin la península sola, donde fundó su ciudad para envidia de las otras, poniendo la primer piedra, principio de aquella obra, no donde halló la cabeza de un buey, cuya frente torba a los trabajos se aplica,

sino donde hallaron otra de un caballo, que a la guerra, con anuncios de vitoria,

los corazones anima y los ánimos mejora. Díole por nombre Cartago, y esta mujer milagrosa manda la tierra que pisas

y el cielo que miras honra. (Jornada primera, p. 175)

Sono presenti tutti i dettagli del racconto fatto dalla Venere di Virgilio: a parte la presentazione della regina, è presente sia l’episodio della pelle di bue, sia quello

141 delle due teste di bue e cavallo trovate durante gli scavi.202 De Castro riprende anche l’uso della metafora dei cigni che usa Venere nell’Eneide per indicare le dodici navi che Enea pensava aver perso:

¿No ves allí doce cisnes, a quien con soberbia pompa un águila los persigue,

los abate y los congoja?203 (Jornada primera, p. 176)

C’è una forte somiglianza anche nella disperazione di Eneas una volta riconosciuto che la cacciatrice era in realtà sua madre accusata di non essersi manifestata nelle sue reali fattezze.

Quello di Venus è l’unico intervento divino all’interno della tragedia, ed è un intromissione piuttosto neutra, visto che serve solo per fare un quadro della situazione ad Eneas.

Eneas e compagni arrivano al cospetto di Dido, la quale ha appena ricevuto, tramite un ambasciatore, la proposta di matrimonio di Hiarbas. Nel poema virgiliano si sa che Iarba è già stato rifiutato dalla regina, ed entra in azione solo nel quarto libro, quando la Fama lo informa della notte di amore appena trascorsa dai due protagonisti204. L’autore valenzano invece colloca l’interesse del re mauritano per Dido nello stesso momento dell’arrivo di Enea per accrescere la potenza tragica del triangolo amoroso che sta per nascere, triangolo amoroso che costituisce uno dei topos delle tragedie cinque e seicentesche.

Dopo che Eneas si è presentato alla regina, abbiamo la scena che chiude la prima giornata, e che costituisce, a mio avviso, la novità più importante nell’opera di Guillén de Castro rispetto all’Eneide: l’episodio di Celusia. Con la condanna della vedova, rea di frequentare un uomo ad un anno dalla morte del marito, Dido si autocondanna ancor prima di essersi innamorata di Eneas. Con questo avvenimento, anche chi non conoscesse la vicenda virgiliana potrebbe già intuire

202 Questi versi corrispondo ai latini 338-368. 203

Il latino recita: «Aspice bis senos laetantis agmine cycnos», ovvero «Guarda due volte i sei cigni», Virgilio, op. cit., I, 393.

204 Da ricordare ancora una volta l’importanza divina nell’Eneide rispetto a Dido y Eneas. Nel

poema virgiliano Iarba, informato dalla Fama, chiede al padre Giove di impedire l’unione tra Enea e Didone. Ed è questa supplica che comporta l’entrata in scena di Mercurio, inviato da Giove a redarguire Enea, che decide così di abbandonare velocemente Cartagine.

142 la tragica fine a cui va incontro la protagonista che, come vuole la maledizione che le manda Celeusia, sarà rea dello stesso peccato, meritando per questo la morte.

Con la seconda giornata si passa alla scena del banchetto, durante la quale assistiamo alle prime effusioni amorose che si scambiano i due protagonisti:

ENEAS Bastarà en confirmación desta segura hermandad la precisa obligación que tiene a tu Majestad nuestra troyana nación; y así la gente troyana, nunca en tu servicio ociosa, tendrá por divina hermana a tu mano poderosa y a tu imagen soberana. DIDO ¡Qué gradable cortesía! Aparte. ¡Qué amable naturaleza!

¡Qué valor! ¡Qué policía! (Jornada segunda, p. 180) In seguito Dido chiede ad Eneas di raccontarle della caduta di Troia. Il racconto del Troiano ha la funzione di spiegare l’antefatto della scena dell’incendio di Troia della prima giornata e nel mostrarci il reciproco interesse dei due protagonisti.205 Nell’Eneide l’episodio del banchetto e del racconto sono il preludio all’innamoramento di Didone, che viene solo anticipato dal verso «infelix Dido longumque bibebat amorem»206, mentre Enea non mostra alcun interesse verso la regina.

Nell’opera di de Castro manca la parte in cui Enea, nel poema latino, racconta i lunghi viaggi che lo hanno condotto fino in Africa, quindi l’intero terzo libro dell’Eneide. Questa è una chiara scelta dell’autore valenzano: il lungo vagare dei Troiani, per quanto reso affascinante da Virgilio, non è utile alla composizione di una tragedia basata sull’amore.

205

Il racconto in sé riporta tutti gli episodi rilevanti presenti nell’Eneide, tranne quello di Laocoonte e dei mostri marini che uccidono lui e i suoi figli.

206

143 Lo scrittore spagnolo, di contro, inserisce una scena inedita, ovvero il dialogo tra Eneas e Acates, durante il quale il capo troiano confessa di amare la regina.

Questa scena, oltre a costituire una novità, forma un parallelismo con quella successiva, ovvero la rivelazione di Dido alla sorella Ana del suo amore verso Eneas, e del suo stato d’animo combattuto tra la volontà di rimanere fedele al marito e il desiderio di lasciarsi trasportare dalla passione. Ana, così come in Virgilio, incoraggia la sorella a costruire un futuro con il Troiano:

Pero hermana, ¿por qué das tanto mal al bien que tienes? ¿Por qué tan sin vida vienes? ¿Por qué tan sin alma estás? Si ves que el valor profundo de este Príncipe troyano por heroico y soberano es ya lo mejor del mundo, ¿por qué, para no acabarte, no adviertes, mirando en ello, que te aflijes con aquello que debieras consolarte? ¿No eres Reina, moza y bella, con tan grande majestad? ¿No mandas esta ciudad fundada en tan buena estrella? Y el haber asegurado

los Reyes la sucesión de sus Reinos, ¿no es razón tan piadosa y tan de estado? Pues quizá al cielo piadoso por estas causas le plugo ofrecerte un blando yugo que venga a tu cuello hermoso. Resuélvete a ser esposa

de Eneas. (Jornada segunda, p. 184)

Da qui in poi, fino alla scene della caccia e della tempesta, si sussegue una serie di scene non presenti o lontane dalla versione virgiliana: mi riferisco a quella in cui Dido interroga il ritratto di Siqueo, il primo tentativo fallito di Eneas di rivelare a Dido che non è destinato a restare con lei, e quella del consigliere mauritano che

144 informa Hiarbas del rifiuto ricevuto dalla regina e della cordialità con cui quest’ultima ha accolto Eneas.

Le prime due scene sono inserimenti che rientrano nell’ottica della composizione di un’opera tragica. Con la scena di Dido ed il ritratto del marito abbiamo il manifestarsi dei segni funesti, l’apparizione della spada insanguinata al posto della figura di Sicheo, che costituisce un topos comune al Siglo de Oro.

Brillante espediente del genere drammatico è il richiamo ad esempi che ricordano e anticipano le colpe ed i peccati, quasi sempre di natura amorosa, di uno o più personaggi che vanno, non di rado consapevolmente, incontro al loro triste e spietato destino: Dido ed Eneas discutono su Paride ed Elena, e la regina condanna aspramente il loro comportamento: «fué Elena muy atrevida,descompuesta y mal mirada», «indiscreta, liviana, y de su nobleza indigna», «adúltera» sono le accuse di Dido, che presto ricadranno su lei stessa. La scena della furia di Hiarbas si distacca dall’Eneide per tre motivi: il primo è che l’episodio avviene prima dell’unione dei due amanti durante la notte tempestosa; il secondo è che non è la Fama ad avvisarlo, bensì il suo consigliere; l’ultimo è l’assenza dell’intervento divino in seguito all’invocazione di Hiarbas di suo padre Júpiter.

Ma è proprio in questa invocazione e nell’esprimere la sua rabbia che le parole del re mauritano riprendono fedelmente il poema latino:

Calla, no me destruyas; ¿que un troyano, que un hombre fugitivo y vagamundo merezca dalle la extranjera mano, y despreciando mi valor profundo, me dé la muerte a mí? ¿Yo despreciado, cielos? Aquí me pierdo y me confundo. ¿De Júpiter Amón no fuí engendrado? En varias tierras, por incultos mares, ¿no soy un Rey temido y respetado? Pues ¿cómo consentís que tenga brío una mujer para ofenderme tanto, ciega en su obstinación y desvarío? ¿Engañado y movido de su llanto, la tierra no le di, con que a los cielos causar pudiera admiración y espanto?

145 me abrasen otro Paris y otra Elena? (Jornada segunda, p. 189) Così scriveva Virgilio:

Iuppiter omnipotens, cui nunc Maurusia pictis gens epulata toris Lenaeum libat honorem, aspicis haec ? an te, genitor, cum fulmina torques, nequiquam horremus, caecique in nubibus ignes terrificant animos et inania murmura miscent? Femina, quae nostris errans in finibus urbem exiguam pretio posuit, cui litus arandum cuique loci leges dedimus, conubia nostra reppulit ac dominum Aenean in regna recepit. Et nunc ille Paris cum semiuiro comitatu, Maeonia mentum mitra crinemque madentem subnixus, rapto potitur : nos munera templis quippe tuis ferimus famamque fouemus inanem.207

A questa invocazione nell’Eneide segue l’intervento di Giove e Mercurio, mentre nella tragedia abbiamo la dichiarazione di guerra di Hiarbas contro Cartagine. Seguono, chiudendo la seconda giornata, le scene della caccia e della notte tempestosa che costringe Eneas e Dido a rifugiarsi in un grotta dove non sapranno resistere alla passione.

C’è una differenza significativa rispetto al poema virgiliano: la tempesta che si abbatte sui partecipanti alla caccia non è scatenata da Giunone, né da nessun’altra divinità. Questa scelta di de Castro è in linea con l’accantonamento di ogni condizionamento divino sulle scelte dei personaggi, ruolo affidato al destino che, come già detto, ha un’importanza considerevole nel teatro del Cinque e Seicento spagnolo.

207

Virgilio, op. cit., IV, 206-218: «Giove onnipotente, cui ora a banchetto su ricamati divani/il popolo maurusio liba l’offerta lenea,/tu vedi questo? O di te, genitore, quando lanci le folgori,/è vano il nostro timore e senza scopo i lampi nelle nuvole/spaventano i cuori, e vacua confusione è il loro strepito?/Una donna, che errante nelle terre nostre una piccola città ha fondato pagandone il prezzo, cui concedemmo sabbia/da arare e leggi di questo paese, il nostro connubio/ha respinto e quale padrone ha accolto Enea a parte del regno./E adesso quel Paride, col suo corteggio di mezzi uomini,/stretto con un sottogola il mento e i boccoli impomatati/a una mitria meonia, mette mano al bottino; e noi nel tuo tempio/facciamo intanto funzioni e alimentiamo una fama priva di senso.».

146 Nella terza giornata ci sono tre episodi significativi: l’apparizione di Anquises ad Eneas, il lungo dialogo tra Dido ed il Troiano, e il finale tragico.

Anquises si sostituisce a Mercurio apparso in sogno ad Enea nel poema latino (IV, 265-276), muovendo al figlio le stesse accuse che il dio alato gli rivolge nell’Eneide: non c’è tempo da perdere a Cartagine, non è lì che è destinato a fondare un nuovo regno, non è lì che suo figlio Ascanio potrà diventare il grande re «de la cabeza del mundo», ma «Italia te está aguardando»208.

Il dialogo fra Dido e Eneas è molto interessante: da un lato si distacca dall’Eneide perché qui Eneas è veramente dispiaciuto ed incerto, quasi costretto ad lasciare Dido e partire, al contrario della fermezza e dell’insensibilità dimostrata dall’Enea di Virgilio. Da esempio sono questi versi pronunciati dal Troiano:

Reina, negarte no puedo, si puedo, con alma ajena, oír muriendo de pena, hablar temblando de miedo

lo que tu lengua asegura; (Jornada tercera, p. 200) E poco più avanti:

¿Qué haré, mal lograda esposa, pues es mandamiento injusto de los dioses poderosos, más que de mi bien celosos

envidiosos de mi gusto? (Jornada tercera, p. 200) Infine:

A Italia mandan que vaya, sin mirar que si lo hago dejándote a ti en Cartago,

quedaré muerto en su playa. (Jornada tercera, p. 201)

208

Virgilio, op. cit., IV, 274-276: «Ascanium surgentem et spes eredi Iuli/respice, cui regnum Italiae Romanaque tellus/debetur.», «Ascanio che cresce e la speranza dell’erede Iulo/considera almeno, a cui il regno d’Italia e la terra romana/è dovuta.».

147 Sono parole d’amore di un Eneas che è davvero contrariato di dover abbandonare Dido; d’altro canto, le parole della regina, in particolare le accuse nei confronti dell’amato, sono pressoché uguali a quelle dell’Eneide: i modi in cui Dido chiama Eneas, ovvero prima «esposo», e poi «huésped», esattamente come in Virgilio e l’accusa di tradimento:

¡Traidor! ¿Con infame huída pensaste hacer tu jornada, de mi alma adevinada y a mis ojos escondida?

¡Traidor...! (Jornada tercera, p. 200)209

Nella serie di motivazioni con le quali la regina tenta di trattenere Eneas abbiamo, come nel poema virgiliano, il richiamo al matrimonio210, che non c’è mai stato, la paura di essere lasciata in balìa dei nemici, Hiarbas e Pigmalión211, il duro inverno che metterebbe in pericolo la vita di tutti i Troiani212, il desiderio di avere un figlio213.

Anche le offese pungenti della regina risalgono all’Eneide:

¿Tú tienes alma? ¿Tú tienes los pensamientos honrados? ¿Tú eres hijo de una diosa? ¿Tú de un dios eres hermano? ¿Tú de Anquises el Troyano tienes sangre generosa? ¿Tú eres pío? ¿Tú eres noble? No eres sino un monstruo airado, en algún monte engendrado

de las entrañas de un roble. (Jornada tercera, p. 201)214

209

Per i versi latini vedi paragrafo 3.4, pp. 51-52.

210 G. de Castro, op. cit., p. 200: «Mírame, por ser tu esposa» 211

G. de Castro., op. cit., p. 200: «de mi hermano amenazada/y de Hiarbas temerosa.»

212

G. de Castro , op. cit., p. 201: «Mira, piadoso troyano,/que sin límite y gobierno/tiene el peligroso invierno/el mar turbulento y cano.»

213

G. de Castro, op. cit., p. 201: «y más, si pudiera ser/que en mí otro Eneas tuviera,/aunque tan pequeño fuera/que estuviera por nacer.»

214

148 Infine abbiamo la scena del suicido, totalmente diversa da quella virgiliana, differenza dettata dalla necessità di Guillén de Castro di chiudere l’opera

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