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Dal Politecnico a Conversazione in Sicilia Un’amicizia difficile

Nel decennio che precede l’inizio della seconda guerra mondiale, a Fermo e nei paesi limitrofi, è attivo un gruppo di giovani intellettuali che vivono un esaltante momento di aggregazione culturale, con incontri o con una fitta corrispondenza epistolare, discutendo di pittura, di musica lirica, seguendo il dibattito letterario sulle riviste del periodo, scambiandosi volumi di poesia e narrativa. Ne fanno parte il giornalista e scrittore fermano-sangiorgese Gino Nibbi, che emigrerà in Australia nel 1928, Osvaldo Licini, il grande maestro dell’astrattismo italiano, nato in un paesino, Monte Vidon Corrado, sulle colline picene, dove era rientrato nel 1926, dopo le esperienze futuriste e parigine, Ubaldo Fagioli, critico d’arte, Ermenegildo Catalini (detto Checco), professore di italiano a Lucera, nativo di Grottazzolina, studioso della questione meridionale e collaboratore della gobettiana Rivoluzione Liberale, il poeta e melofilo Acruto Vitali, che farà conoscere agli amici la poesia di Rimbaud e Verlaine. Più tardi, verrà cooptato Franco Matacotta, il poeta di Fisarmonica rossa, ultimo amore di Sibilla Aleramo, che visiterà con frequenza il circondario fermano.

Vasco Pratolini, amico di Matacotta, nel 1940 inizierà a Fermo la stesura del noto romanzo Il Quartiere.

Accomuna i sodali un certo spirito di avventura intellettuale ma anche un confuso, almeno a livello ideologico, ribellismo antifascista che diventerà esplicito in seguito e che porterà Licini, eletto nella lista del PCI, ad essere sindaco di Monte Vidon Corrado nel 1946.

Questo cenacolo amicale e culturale costituirà la placenta che

alimenterà la formazione di un gruppo di intellettuali più giovani come Alvaro Valentini, poeta e docente universitario, Giuseppe Brunamon-tini, scrittore, Lugi Di Ruscio, poeta e narratore che emigrerà nel 1957 in Norvegia, lo scultore Gino Del Zozzo, il critico d’arte Luigi Dania che accoglieva gli amici nella sua bella casa di Porto San Giorgio, Gino Mecozzi, docente di francese e amico fraterno di Matacotta e di Sibilla Aleramo, Giancarlo Silvetti, commerciante appassionato cultore di ogni forma d’arte, e Luigi Crocenzi.

In una lettera del 24 aprile 1959, da Fermo, allo studioso di foto-grafia e critico cinematografico Giuseppe Turroni, Luigi Crocenzi così riassume il suo curriculum vitae:

“Sono nato nel 1923 a Montegranaro, vivo a Fermo. Ho fatto studi di ingegneria a Milano e poi il corso di regia al C.S.C. di Roma. Ho realizzato alcuni documentari cinematografici. Sin dal 1941 faccio fotografie e studio la fotografia, nel senso che è mio intendimento usare le immagini fotografiche come le parole scritte, per esprimermi.

Ciò ha naturalmente implicato per me studi sulla poesia, la lettera-tura, la pitlettera-tura, la narrativa, la recitazione, la psicologia, la semantica, la storia dei linguaggi, l’arte, la grafica, oltre che quelli sulla fotografia e il cinema. Nel 1946 ho pubblicato su «Il Politecnico» alcuni brani di documento e di narrazione fotografica particolarmente apprezzati da Craeybechx1 e da altri scrittori e studiosi: una visione poetica dello scorrere del tempo nei paesi dell’Italia Centrale in 8 foto: «Italia senza tempo» (n.28 del 6 aprile 1946); uno sguardo nell’animo della gente di Milano dopo la guerra e il tentativo di narrare gli umori, la sofferenza di vivere e la forza di quella gente in quell’anno «Occhio su Milano»

(n. 29, I° maggio 1946) - questo brano sarà ripubblicato insieme a

«Andiamo in Processione» dall’Editore C. M. Lerici nella Antologia di

1 Il regista e direttore della rivista fotografica «Photorama» Hermann Craybeck, autore del Manuel de photographie, edito nel 1949. Vedi Francisco Bernal Ros-so, Tecnicas de iluminacion en fotografia y cinematografia, Omega, Barcelona, 2003.

«Il Politecnico»; un tentativo quasi completo di narrazione per immagini in cui applicai molti dei principi elaborati nei miei studi (principi che poi esposi nel saggio «Storie Italiane» e in «Tecnica della sceneggiatura fotografica» (Ferrania n. 3 - 1957) e analisi del mondo di una piccola città visto traverso gli occhi di due donne «Andiamo in Processione» (n.

35, gennaio-marzo 1947); infine la interpretazione visiva del mondo di Franz Kafka in «Kafka city» (n. 37, ottobre 1947), un brano di montaggio di 36 immagini (5 sole pubblicate) che dovrò un giorno pubblicare per intero. Nel 1953 fu pubblicato «Conversazione in Sicilia» illustrato con mie fotografie, presso l’editore Bompiani. Il libro avrebbe dovuto essere, secondo le prime intenzioni, rinarrato per immagini ma poi si ripiegò su una illustrazione critica e di contrappunto poetico.[…] Ho diversi studi e racconti inediti. Dal 1946 ho costituito con Valentini, Danielli, Dania e altri un gruppo di studi fotografici tuttora attivo e che ha dato origine, nel 1954, al Centro per la Cultura nella Fotografia, sodalizio culturale che sta svolgendo opera di studio e di rinnovamento in diversi campi della cultura e della fotografia”.2

Nel 1942, Crocenzi si trasferisce a Milano dove, per volere del padre, si iscrive, senza entusiasmo, alla Facoltà di Ingegneria e conosce, già prima del dicembre, Elio Vittorini, come si evince da una lettera di Giaime Pintor del 31 dicembre 1942 da Vichy (“Saluti a Ferrata, a Crocenzi e a tutti gli amici”)3.

L’incontro è favorito da Giansiro Ferrata che nel settembre del 1939 era subentrato a Vittorio Sereni nella redazione della rivista «Corrente di Vita Giovanile», dove Elio Vittorini pubblicherà Nome e lagrime («Corrente di Vita Giovanile», II, 19, 31 ottobre 1939).

Il brano fu poi premesso a Conversazione in Sicilia nella prima edizione in volume dell’opera e dette, per motivi di censura, il titolo

2 Lettera dattiloscritta. Archivio Crocenzi. CRAF. Spilimbergo. Ringrazio il per-sonale del Centro per la cortese collaborazione offertami.

3 Elio Vittorini, I libri, la città, il mondo. Lettere 1933 - 1943, a cura di Carlo Minoia, Einaudi, Torino, 1985, p.232.

all’intero volume. (vedi Elio Vittorini, Nome e lagrime, Parenti, Firenze 1941, pp. 8 -13).

Negli anni 1940-1941 Vittorini è dedito alla compilazione di Ameri-cana: Raccolta di narratori (Bompiani, 1941), la cui prima edizione viene bloccata dalla censura fascista. Nell’antologia è presente un ampio apparato illustrativo, a corredo dei testi narrativi, impaginato dall’au-tore nel tentativo di trasmettere nel gioco semantico tra immagine e testo un messaggio socio-politico occultato nel non-detto, nel di più significante della dinamica icona-parola. Egli scrive:

“Con l’antologia Americana fu la prima volta che si videro delle fotografie (almeno a quanto mi risulta) accompagnare delle pagine narrative riferendosi alla realtà rielaborata in quelle pagine anziché agli autori loro e alla vita degli autori loro”.4

Il 29 settembre del 1945 esce il primo numero de « Il Politecnico ».

La poetica della rivista s’impernia sui temi della libertà e dell’impegno dello scrittore, alla ricerca, come scrive Lukàcs, del “rapporto oggettivo tra i suoi problemi creativi, di origine necessariamente soggettiva, e le leggi della realtà e il loro rispecchiamento letterario”5. Gli interessi della rivista, nata a pochi mesi dalla Liberazione e chiusa nel dicembre 1947, mirano alla acquisizione di una nuova coscienza popolare e democratica attraverso il concetto di una nuova socialità della cultura.

La crisi della cultura aveva colpito tutta l’Europa e i tentativi di rinnovamento portati avanti dalla rivista di Vittorini rappresentavano, nel clima successivo alla Liberazione, lo spirito di ripresa culturale ed esistenziale dell’Italia, a contatto con le vitali esperienze europee ed americane. Nel desiderio di una “cultura al potere” e nel conseguente

4 Elio Vittorini, La foto strizza l’occhio alla pagina, «Cinema Nuovo», III, 33, 15 aprile 1954, p. 200. Ora anche in: Id., Letteratura artesocietà. Articoli e interven-ti 1938-1965, Torino, Einaudi, 2008, pp. 701-708; Id., Lettere 1952-1955, a cura di Edoardo Esposito e Carlo Minoia, Torino, Einaudi, 2006,pp. 365-370.

5 György Lukács, Il marxismo e la critica letteraria, Torino, Einaudi, 1964, p.

454.

bisogno dell’artista di sentirsi “essenziale” Vittorini cerca di vincere il senso di isolamento in cui lo scrittore viene spesso a trovarsi. è significativo il fatto che nel numero 16 del «Politecnico» sia pubblicato l’editoriale di Sartre per la presentazione di «Lestempsmodernes». Nel saggio dal titolo Una nuova cultura come ‘cultura sintetica’ Sartre dichiara che “lo scopo finale che noi ci fissiamo è una liberazione”6: un’affermazione condivisa da Vittorini che fa premettere all’articolo una breve nota:

“Vi sono in queste parole di Sartre delle risposte molto prossime a quelle che noi stessi potremmo dare. In questo senso, e pur senza aderire a tutte le affermazioni di Sartre, il rapporto fra noi e quei giovani francesi, per la somiglianza dell’impegno, non può essere che di collaborazione”.

Lo conferma praticamente anche il fatto che, mentre quest’articolo di Sartre esce in Italia, l’articolo di Vittorini su Una nuova cultura, pubbli-cato nel primo numero del «Politecnico», esce in Francia.7

A partire da queste posizioni di politica culturale nel Politecnico si conduce una riflessione sui concetti di realtà e di realismo che proprio nel periodo di elaborazione del romanzo Conversazione in Sicilia (1937-1941) vengono dibattuti in Europa nelle diverse posizioni di Brecht e Lukàcs, nelle indagini sui rapporti tra formalismo e avanguardie pitto-riche e letterarie, nelle teorie sulla rappresentazione artistica.

Nel 1935 Walter Benjamin pubblica il saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.

In un’epoca caratterizzata dal bisogno di “rendere le cose, spazial-mente e umanaspazial-mente, piùvicine”8 e in cui “si fa valere in modo sempre più incontestabile l’esigenza di impossessarsi dell’oggetto da una distanza il più possibile ravvicinata nell’immagine, o meglio nell’effigie, nella

6 Jean-Paul Sartre, Una nuova cultura come ‘cultura sintetica’, «Il Politecnico», n.

16, 12 gennaio 1946.

7 «Il Politecnico», n. 16, 12 gennaio 1946.

8 Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Ei-naudi, Torino, 1966, p.25.