• Non ci sono risultati.

Storia di un Dio - Impero Romano - Il Mitraismo in età imperiale

Il volume che oggi presento è il quarto, ma non ancora l’ultimo, dell’opera Mithra: storia di un dio, alla quale mi sto dedicando da alcuni anni.

I precedenti tre volumi, relativi rispettivamente al culto mitraico in India, in Iran e nell’impero romano sotto il profilo dei luoghi di culto, i mithrei, sono stati presentati negli anni passati a questa Accademia a cura del suo Presidente, Prof. Sergio Sconocchia: mi è gradita l’occasione per ringraziarlo dell’attenzione che ha dedicato e continua a dedicare al mio lavoro. Quest’anno sarò io stesso a presentare il nuovo volume, anche perché è ancora in corso di stampa.

Nei precedenti tre volumi si è visto che, risalendo ad un lontano passato iperboreo, il dio persiano ebbe origine come divinità solare o, in realtà, fosse un aspetto dell’astro di fuoco divinizzato. La sua figura si diffuse nell’Asia centrale per diramarsi successivamente all’inizio del secondo millennio:

- ad est, verso l’India, il Khorasan, il Turkestan sino ad arrivare ai confini della Cina (precisamente nello Xinjang),

- ad ovest, verso l’altopiano iranico per sconfinare in seguito nella Mesopotamia e infine proseguire verso la penisola anatolica ove, una volta stabilitasi, si fuse con alcune divinità locali.

L’Anatolia, a partire a cavallo del II-I secolo a.C. in poi, e in parti-colare dalla fine del I e dal II secolo d.C., fu il trampolino di lancio per il culto di Mithra. La sua figura, che nel culto tributatogli in India e in Iran ebbe un ruolo importante ma tutto sommato secondario, venendo

a contatto con la cultura romana e quella estetica, misteriosofica e sapienziale ellenistica assunse inequivocabilmente quei caratteri i quali, confluendo, consentirono ad essa (specialmente nel periodo imperiale) di acquisire il suo aspetto/carattere definitivo (tanto che tale divinità risulta più romana che mazdea). In questo periodo, Mithra non fu soltanto un dio fra i mille che popolavano l’impero, esso godette di un proprio seguito tra i milites, imperatori e funzionari venendo infine accolto dalle élite dalle quali ottenne favori. Pur essendo un culto principalmente militare, il culto di Mithra fu popolare anche tra i commercianti e gli schiavi (provenienti in gran parte dall’Oriente asiatico antico). Tra il III e gli inizi del IV secolo d.C., raggiungendo il proprio apice durante il periodo di Diocleziano, eli venne istituito come divinità protettrice dell’impero e delle armate imperiali. Ma successivamente, dopo la morte dell’imperatore illirico, il suo culto, pur diffuso in tutto l’im-pero (come testimoniano i molti mithrei ritrovati), a causa del numero esiguo dei suoi adepti e con l’avanzare del Cristianesimo (di natura più popolare), conobbe una rapida decadenza. Dopo la morte nel 363 dell’imperatore Giuliano, che tentò di restaurare le antiche religioni, il dio persiano divenne oggetto di persecuzione sino al punto che, con l’Editto di Teodosio del 392, venne messo al bando insieme agli altri culti pagani. Pur resistendo strenuamente in forme spurie e nascoste sino al V secolo, il suo culto andò incontro alla sua definitiva deca-denza a seguito della vittoria dei soldati cristiani nella famosa battaglia del Frigido del 394. Tuttavia si potrebbe affermare che dati alcuni suoi aspetti e riti (come quello del battesimo che viene officiato nel secondo grado misterico di Nymphus ed il banchetto eucaristico a base di pane contrassegnato da una croce), il suo culto confluì nel cristianesimo (infatti a Roma le chiese cristiane di San Clemente e di Santa Prisca sull’Aventino sorgono su antichi mithrei); inoltre alcuni suoi caratteri si possono ritrovare tutt’ora nel culto di San Michele Arcangelo e di San Giorgio: tale diffusione del culto arriva fino alle coste occidentali delle due Americhe affacciantisi sul Pacifico.

Il presente quarto volume di questo studio, che si è avvalso di vari testi stranieri, tocca le più vaste e disparate fonti ma pur sempre atti-nenti a ciò che si sta trattando senza tuttavia volersi inoltrare in campi di ricerca ritenuti ufficialmente poco ortodossi. Il fine di tutto ciò è di stabilire quanto esse abbiano influito nel culto del dio persiano e in tale contesto come esse abbiano interagito tra loro.

La materia che viene trattata circa la sua figura verte sull’indagine e su una possibile, parziale interpretazione dei misteri del culto di Mithra (nato per ultimo) basandosi su fonti dell’epoca e sulle interpretazioni dei vari studiosi. In base all’analisi svolta, ai fini di una maggiore compren-sione, si è tentato (non si sa se il fine sia stato raggiunto) di far luce sulla misteriosofia del dio persiano partendo (sulla base degli studi compiuti dai precedenti studiosi) da alcuni elementi essenziali e in che modo essi abbiano interagito tra loro. Tali elementi sono:

- filosofici (Pitagora, Platone e il Neoplatonismo in genere);

- sapienziali (orfismo, dionisismo, ermetismo, gnosi);

- teurgici (Oracoli Caldaici, i Misteri degli Egizi).

Pur non volendo dare assolutamente un’interpretazione definitiva e ben sapendo che tale studio può venire messo in discussione ed essere superato, si è voluta fornire una possibile e parziale ipotesi sulla strut-tura di ciò che poteva essere e/o consistere il culto misterico del dio persiano, del quale è stato preso in particolare considerazione l’aspetto cosmogonico simboleggiato dal sacrificio del toro.

Tale lavoro finora svolto non pretende di essere la verità (o una fra le tante), in quanto è possibile che alcune interpretazioni presenti nel testo possano non essere condivise da altri studiosi, tuttavia il suo fine è di fornire spunti per ulteriori analisi e riflessioni circa la figura di Mithra.

Data l’opportunità che mi è stata data da questa Accademia di presen-tare questo studio, che potrà invogliare a una probabile sua ulteriore lettura, porgo al qualificato e stimato pubblico i miei ringraziamenti per la cortese disponibilità e l’attenzione prestata a questa relazione.

Gianfranco Romagnoli

I divini Argonauti negli Autos sacramentales