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I divini Argonauti negli Autos sacramentales Mitologici di Calderón De La Barca

Cosa sono gli Autos sacramentales

Nel teatro spagnolo del Secolo d’Oro il filone più significativo della drammaturgia sacra è rappresentato dagli Autos sacramentales, stretta-mente legati alla festa liturgica del Corpus Christi, istituita nel 1264 da Papa Urbano VIII e solennizzata al massimo dal Concilio di Trento per contrastare il rifiuto luterano del dogma della Transustanziazione.

In tale quadro controriformista, a partire dal secolo XVI, l’auto sacramental si configura come una pièce teatrale in un solo atto, rappre-sentata ogni anno in tutto il mondo della Hispanidad nel giorno della ricorrenza del Corpus Christi e nella sua ottava: in esso, personaggi e situazioni sono presentati secondo una rilettura allegorica cristiana volta all’esaltazione del Sacramento della Eucaristia, la cui apoteosi costituisce il finale dell’azione scenica.

I soggetti erano tratti dall’Antico Testamento, ma pure dalla storia e spesso anche dai miti classici: in quest’ultimo caso, si parla di autos mitologici, ed è di questi che si occupa la pubblicazione qui presentata.

Accanto ai personaggi umani, identificati in genere con Cristo e gli Apostoli, ve ne erano altri simbolici che incarnavano le virtù cristiane, ovvero le forze del male opposte al cristianesimo: una presenza imman-cabile era quella del Demonio, antagonista potente ma sempre sconfitto.

La rappresentazione avveniva in strada su carri, due o quattro a seconda delle disponibilità finanziarie. Questi carri, di notevole altezza e superficie, erano veri e propri palcoscenici mobili, creati da valenti architetti scenografi, sui quali erano installati complessi meccanismi scenici, come, fra tanti altri, monti, sfere o alberi che si aprivano e si

richiudevano per far apparire e sparire alcuni personaggi, o pedane che facevano discendere dall’alto e risalire al cielo esseri celesti.

Componente essenziale dell’auto sacramental era la musica, usata per suscitare adeguati sentimenti negli spettatori; le parti recitate erano spesso inframmezzate da parti cantate dal singolo personaggio o da un coro.

Frequente negli autos sacramentales, come già nell’antichità, era l’uso di etimologie, o per meglio dire, paraetimologie spesso non filologica-mente corrette, ma forzate in modo strumentale per dare ai personaggi dei miti pagani, attraverso l’interpretazione allegorica dei loro nomi, una caratterizzazione conforme al messaggio cristiano che si voleva trasmettere.

Essendo rappresentati in strada, gli autos si rivolgevano a un vasto pubblico popolare, in grado assai meglio dell’uomo d’oggi di coglierne i significati nonostante la sottigliezza dei concetti e il velo dell’allegoria, dato che la cultura di massa era allora la dottrina cristiana.

Molti commediografi del Secolo d’oro scrissero autos sacramentales, e tra essi tutti i più grandi, Lope de Vega, Tirso de Molina e Calderón de la Barca (1660-1681), il quale fu il più prolifico in questo genere, che portò alla perfezione.

Gli autos mitologici di Calderón de la Barca

L’auto sacramental mitologico è un modo di riuso allegorico del mito in chiave cristiana. Calderón de la Barca, in particolare, tra i tanti autos di cui fu autore, scrisse otto autos mitológicos.

Questo libro si occupa in particolare di quattro: El divino Jasón, El divino Orfeo, El Laberinto del Mundo e Andrómeda y Perseo, con la mia traduzione in italiano proposta nello stesso volume, accomunati dall’a-vere per protagonisti quattro argonauti, qualità ampiamente attestata nelle fonti classiche greche per Giasone, Orfeo e Perseo, mentre l’inclu-sione nell’elenco degli argonauti di Teseo, protagonista del Laberinto del mundo, la si trova soltanto in epoca romana nelle Fabulae di Igino (I sec. a.C).

Gli autos qui presi in esame sono elaborazioni «a lo divino» di prece-denti opere teatrali dello stesso Calderón o di altri autori: El divino Orfeo deriva dall’Orfeo di Lope de Vega; El Laberinto del mundo da El labe-rinto de Creta di Tirso de Molina mentre El divino Jasón e Andrómeda y Perseo derivano, rispettivamente, dalle commedie dello stesso Calderón Los tres mayores prodigios e Fortunas de Andrómeda y Perseo.

In questi autos Calderón usa temi, personaggi e motivi del mito greco-romano, presentando ciascuno degli eroi protagonisti come figura di Cristo considerato, di volta in volta, in uno tra i suoi molteplici attributi.

Una tale utilizzazione nel teatro religioso di personaggi e temi pagani come figura di Cristo o allegoria di misteri divini, pur riscuotendo grande successo, suscitò anche forti critiche nella cattolicissima Spagna: non mancò infatti chi sostenne che gli eroi e i fatti meravigliosi da esaltare erano gli angeli, i santi e i miracoli della religione cristiana, e non i perso-naggi pagani dei miti, riproposti dai letterati dell’epoca in omaggio alla moda corrente, per mero sfoggio di erudizione e ornamento letterario.

Però in Calderón l’impiego di temi e personaggi mitici non era un mero adeguarsi alla moda corrente: nel mito, da lui “assorbito” attraverso il teatro che si praticava nei collegi dei Gesuiti di cui era stato allievo e nel quale spesso gli eroi dell’antichità erano trasformati in Santi, egli vedeva, come San Paolo, una preparazione della vera religione attraverso

«verità nascoste nell’ombra» o «luci mal comprese».

I miti, argomento degli autos calderoni ani, simbolizzano non soltanto l’Eucaristia, ma più in generale le verità che si relazionano più diretta-mente con Gesù Cristo, spaziando dal peccato originale alla redenzione, anche nelle loro figurazioni precristiane e pregiudaiche.

Ogni auto era preceduto da una loa, breve composizione teatrale nella quale l’Autore, mediante personaggi simbolici, introduceva in funzione encomiastica l’argomento dell’auto la cui rappresentazione seguiva a continuazione.

El divino Jasón

L’Auto sacramental alegórico El divino Jasón appartiene al periodo giovanile di Calderón. In esso, l’identificazione allegorica dei personaggi è esplicitata nello stesso elenco delle Personas: Giasone è Cristo; il Re delle Tenebre è il Mondo; Ercole (un altro argonauta) è San Pietro;

l’Idolatria è Lucifero; Teseo è Sant’Andrea; Medea è l’anima; Argo è l’Amore divino; Orfeo è San Giovanni Battista.

La nave Argo è costruita dall’omonimo personaggio (che nell’iden-tificazione simbolica è Amore) per Giasone, perché con essa parta,

«sopra le acque del mondo, che sono le umane pene», alla conquista del Vello d’oro. La nave (che in quest’auto è allegoria della Chiesa), attraverserà un mare pieno di pericoli volti ad ostacolarne il cammino (metafora della vita), per raggiungere il vello, identificato con l’anima di un candido agnellino smarrito che, vinti i mostri posti a sua guardia, si metterà sulle spalle.

L’identificazione di Giasone con Cristo, annunciata già nell’elenco dei personaggi, si concreta dunque nell’immagine del Buon Pastore che, se di un gregge di cento pecore ne ha smarrito una sola, lascia le altre novantanove per correre alla sua ricerca.

Giasone, pur riconoscendo di avendo già una moglie (Israele) promette a Medea (la Gentilità), inizialmente a lui ostile, di sposarla, conquistan-dola: allegoria, questa, dell’universalità del messaggio di Cristo.

El divino Orfeo

In questo auto, nel quale è fondamentale il parallelismo tra la figura mitologica di Orfeo e Cristo, il Figlio di Dio è assunto nella sua qualità di Verbo: la simbologia infatti, oltreché sulla cetra come immagine della Croce si appunta sul canto di Orfeo come Parola di Dio, Verbo creatore e redentore. La trama ripercorre allegoricamente tutta la storia della salvezza, dalla creazione al peccato originale, fino alla redenzione. La Natura umana, simboleggiata da Euridice, pecca ed è rapita dal Demonio nell’Ade, ma Orfeo la riscatterà e lascerà a sua perenne difesa l’Eucaristia.

El Laberinto del Mundo

El laberinto del mundo è, tra quelli esaminati, l’auto più complesso per struttura e densità di contenuti ideologici. Il protagonista non è presentato come eroe, ma come galán (l’attor giovane amoroso, perso-naggio fisso del teatro spagnolo aurisecolare); inoltre, mentre i prota-gonisti degli altri tre autos sono designati con il nome loro attribuito dal mito greco, rivelandosi come immagine di Cristo sin dall’elenco dei personaggi oppure progressivamente o solo nel finale, qui il mitico personaggio è presentato sempre come Theòs, nome che, oltre a sotto-linearne la natura divina, è, in ogni caso, chiaramente assonante con quello di Teseo.

Il protagonista impersona il Christus patiens: l’auto infatti ripercorre sotto il velo dell’allegoria tutta la vicenda della Passione, citando circo-stanze e riportando frasi tratte letteralmente dai Vangeli. A differenza degli altri autos sui divini argonauti, la storia della caduta dell’uomo qui è soltanto accennata, mentre ha rilievo centrale e pressoché esclusivo il racconto allegorico del sacrificio redentore di Cristo.

I personaggi sono tutti incarnazioni di forze spirituali, positive e negative: tra quelle positive oltre alla Verità, compagna inseparabile di Theòs è l’Innocenza. A questi personaggi positivi si contrappongono quelli negativi: la Malizia, inseparabile dall’Uomo del quale si porta dietro gli Affetti; il Furore, di cui è ancella l’Invidia; la Menzogna, controparte dialettica della Verità; la Colpa; infine il Mondo che, dibat-tuto tra Verità e Menzogna, sceglie quest’ultima salvo, alla fine, gioire per la redenzione. Deus ex machina è un Bambino che appare nel finale dell’apoteosi eucaristica.

Andrómeda y Perseo

Andrómeda y Perseo è l’ultimo auto mitologico di Calderón: fu scritto nel 1680 ma rappresentato per la prima volta a Madrid soltanto un anno dopo la morte dell’autore, nel 1682.

La vicenda raccontata ripercorre in chiave allegorica la storia della

salvezza a partire dalla caduta. Andromeda, bellissima, anzi l’opera più perfetta del creato, vive in uno splendido giardino. Ad assisterla e cantarne le lodi concorrono quattro personaggi simbolici di natura spirituale che dominano i quattro elementi costitutivi della realtà fisica: la Grazia, di cui è ancella l’Acqua; l’Ignoscienza, da cui dipende il Fuoco; la Volontà che è servita dalla Terra; la Scienza da cui dipende l’Aria. Non è difficile intravedere subito in Andromeda la figura di Eva nel Paradiso terrestre, come sarà confermato dall’ulteriore sviluppo dei fatti. Altri personaggi simbolici sono il Centro (della terra) da cui ella è nata e, con un ruolo determinante, l’Arbitrio, che determinerà la libera espressione della volontà di Andromeda, purtroppo gravida di nefaste conseguenze.

Ai personaggi positivi si contrappongono quelli che rappresentano le forze del male: il Demonio, innanzitutto, al quale viene attribuito anche il nome di Fineo (da una pretesa etimologia finis-ero), che susci-terà il Drago, e Medusa, che sarà strumento della rovina di Andromeda, spargendo il suo veleno sull’albero dai frutti proibiti.

Infine, il protagonista: Perseo, un cavaliere errante che, con la purezza di un Don Quijote, gira il mondo per porre rimedio a torti e ingiustizie:

nell’identificazione allegorica è il Cristo Salvatore. Egli, accorso a salvare Andromeda dalla morte eterna cui la condanna il peccato, promette di sposarla, ma nella lotta contro il drago che vuole divorarla, pur riuscendo a uccidere il mostro, è ferito a morte: tuttavia, dopo essere scomparso, manterrà ugualmente la sua promessa di sposarla in una grande festa finale, offrendosi a lei e a tutta l’umanità sotto le specie eucaristiche del pane e del vino.

Alfredo Luzi