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Dalla sentenza Océano alla sentenza Mostaza Claro

CAPITOLO IV: La nullità di protezione nel panorama

4.2 Dalla sentenza Océano alla sentenza Mostaza Claro

La tappa più significativa di questo percorso è rappresentata certamente dall’orientamento giurisprudenziale che, iniziato con la sentenza Océano (27 giugno 2000 in cause riunite C-240/98 e C- 244/98), si è in seguito sviluppato nella sentenza Mostaza Claro (26

233 Art. 6 direttiva 93/13/CEE.

“1. Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive.

2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché il consumatore non sia privato della protezione assicurata dalla presente direttiva a motivo della scelta della legislazione di un paese terzo come legislazione applicabile al contratto, laddove il contratto presenti un legame stretto con il territorio di uno Stato membro”.

Art. 7 direttiva 93/13/CEE.

“1. Gli Stati membri, nell'interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l'inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori. 2. I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l'inserzione di siffatte clausole. 3. Nel rispetto della legislazione nazionale, i ricorsi menzionati al paragrafo 2 possono essere diretti, separatamente o in comune, contro più professionisti dello stesso settore economico o associazioni di professionisti che utilizzano o raccomandano l'inserzione delle stesse clausole contrattuali generali o di clausole simili”.

104 ottobre 2006, causa C-168/05). Ciò che accomuna entrambe le sentenze è l’analisi della sorte del contratto dopo l’eliminazione della clausola abusiva, tuttavia vi sono differenze tra le due: nella prima di queste la Corte si limita ad “affermare l’esigenza di impedire che il

consumatore fosse vincolato da una clausola abusiva”234 stabilendo

che, solo se si fosse riconosciuta al giudice nazionale la facoltà di valutare ex officio la nullità della clausola, allora si sarebbe garantita una tutela effettiva al consumatore-contraente debole. In particolare la sentenza in esame aveva ad oggetto l’interpretazione della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole vessatorie nei contratti stipulati con i consumatori; i convenuti nelle cause principali, tra il 1995 e il 1996, avevano concluso, ciascuno per suo conto, un contratto di acquisto a rate di un’enciclopedia, ed erano stati citati in giudizio dai venditori poiché gli acquirenti non avevano versato le somme dovute alle scadenze pattuite. I contratti contenevano una clausola di attribuzione della competenza alle autorità giudiziarie di Barcellona, città in cui non è domiciliato nessuno dei convenuti nelle cause principali ma in cui si trova la sede delle ricorrenti e, pertanto, questi ultimi “hanno promosso innanzi al Juzgado de

Primera Instancia n. 35 di Barcellona il procedimento detto "juicio de cognición" (procedimento sommario riservato alle controversie di valore limitato) chiedendo la condanna dei convenuti nelle cause principali al pagamento delle somme dovute”235.

Il Juzgado de Primera Instancia n. 35 di Barcellona, ritenendo che la soluzione della controversia richiedesse un’interpretazione della direttiva, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre la questione alla Corte domandando:

234 G. SPOTO, Rilievo d’ufficio della nullità, clausole abusive ed etero integrazione

del contratto nella giurisprudenza nazionale e della Corte di Giustizia, in Europa e Dir. Priv., fasc.1, 2016, 249.

235 Cfr. Corte di giustizia Comunità Europee, 27 giugno 2000, n. 240/98, pubblicato

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"Se la tutela assicurata al consumatore dalla direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole vessatorie nei contratti stipulati con i consumatori, consenta al giudice nazionale di pronunciarsi ex officio sul carattere vessatorio di una di dette clausole in sede di valutazione dell'ammissibilità di un'istanza proposta dinanzi

ai giudici ordinari"236.

Occorre precisare che l’art. 6 della direttiva sopra citata così dispone:

“1. Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non

vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le

clausole abusive.2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché il consumatore non sia privato della protezione assicurata dalla presente direttiva a motivo della scelta della legislazione di un

paese terzo come legislazione applicabile al contratto, laddove il contratto presenti un legame stretto con il territorio di uno Stato

membro”,

ed inoltre, nelle controversie di valore limitato come quella in esame, i costi legali possono essere superiori rispetto agli interessi in gioco al punto che il consumatore venga dissuaso dall’opporsi all’applicazione di una clausola vessatoria e, pertanto, ne discende che “una tutela

effettiva del consumatore può essere ottenuta solo se il giudice nazionale ha facoltà di valutare d'ufficio tale clausola”237.

Inoltre, “come osserva l'avvocato generale al paragrafo 24 delle

conclusioni, il sistema di tutela istituito dalla direttiva si basa sull'idea che la diseguaglianza tra il consumatore e il professionista possa

236 Ibidem.

237 Cfr. Corte di giustizia Comunità Europee, 27 giugno 2000, n. 240/98, pubblicato

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essere riequilibrata solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale.238

Per questi motivi l’art. 7 della direttiva sopracitata dispone, ai commi 1 e 2, quanto segue:

“1. Gli Stati membri, nell'interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l'inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un

professionista e dei consumatori. 2. I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano a persone o organizzazioni,

che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché

stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino mezzi adeguati

ed efficaci per far cessare l'inserzione di siffatte clausole”.

Infine come ha osservato il governo francese239, in un sistema in cui sono previste azioni volte ad eliminare pregiudizi lesivi degli interessi dei consumatori è difficile pensare che il giudice, chiamato a dirimere una controversia avente ad oggetto un contratto contenente una clausola vessatoria, non possa disapplicarla solo perché il cliente- consumatore non ne fa valere l’illiceità. Al contrario, la facoltà del giudice di far valere l’illiceità ex officio costituisce un mezzo idoneo per il perseguimento degli obiettivi previsti ex artt. 6 e 7 sopra menzionati.

Questo approccio della Corte di Giustizia al rilievo d’ufficio attribuisce un’assoluta centralità alle ragioni di giustizia, a cui abbiamo fatto cenno nel capitolo precedente, identificate con l’interesse del consumatore che, a “causa della sproporzione tra il valore della causa

238 Ibidem.

239 Cosi riporta la Corte di giustizia Comunità Europee, 27 giugno 2000, n. 240/98,

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e i costi della difesa, a causa della sua ignoranza, soprattutto in quei procedimenti nei quali [è] ammess[o] dai singoli ordinamenti nazionali a difendersi da sol[o]”, potrebbe, in mancanza dell'iniziativa

giudiziaria, non ottenere una piena ed effettiva tutela240. Per questi motivi la Corte stabilisce:

“La tutela assicurata ai consumatori dalla direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le

clausole vessatorie nei contratti stipulati con i consumatori, comporta che il giudice nazionale, nell'esaminare

l'ammissibilità di un'istanza propostagli, possa valutare d'ufficio l'illiceità di una clausola del contratto di cui

è causa.241

Nella sentenza Mostaza Claro, invece, la valutazione d’ufficio diventa un vero e proprio obbligo per il giudice, giustificato dal fatto che la nullità di protezione sarebbe a presidio di un interesse generale.

Nel 2002 era stato concluso un contratto di abbonamento tra la sig.ra

Mostaza Claro e una società di telefonia mobile contenente una

clausola compromissoria che sottoponeva qualsiasi controversia, eventualmente sorta circa tale contratto, all’arbitrato della Asociación

Europea de Arbitraje de Derecho y Equidad242. Poiché la sig.ra

Mostaza Claro non aveva rispettato la durata minima

dell’abbonamento, la Società aveva avviato un procedimento arbitrale dinanzi all’Associazione e quest’ultima, nel 2003, aveva concesso un

240 E. NAVARRETTA, Il contratto “democratico” e la giustizia contrattuale, op.

cit., 1262.

241 Cfr. Corte di giustizia Comunità Europee, 27 giugno 2000, n. 240/98, pubblicata

in Leggi d’Italia.

242 Associazione europea per l'arbitrato secondo diritto e secondo equità. Si tratta di

un’associazione finalizzata allo sviluppo e alla promozione dell’arbitrato come meccanismo di risoluzione dei conflitti. L’arbitrato è un meccanismo di risoluzione delle controversie alternativo alla giurisdizione ordinaria (disciplinato agli artt. 806 – 840 c.p.c), mediante il quale la risoluzione della controversia viene assegnata ad uno o più soggetti terzi (chiamati arbitri), indipendenti ed imparziali, che emettono la loro decisione tramite un giudizio, chiamato “lodo”, vincolante per le parti e suscettibile di essere eseguito anche in via forzata.

108 termine di 10 giorni alla Mostaza Claro per rifiutare l’arbitrato precisando che, in questo caso, sarebbe rimasta aperta la via giurisdizionale. La Sig.ra non solo non aveva rifiutato l’arbitrato ma non aveva neanche avanzato la nullità della clausola compromissoria e, pertanto, la controversia era stata decisa in senso a Lei sfavorevole. Successivamente la Mostaza Claro aveva impugnato il lodo arbitrale dinanzi al giudice del rinvio e solo allora aveva sostenuto che il carattere abusivo della clausola compromissoria comportava la nullità del lodo arbitrale. L'Audiencia Provincial de Madrid243 osservava che la clausola compromissoria fosse, senza dubbio, una clausola contrattuale abusiva e di conseguenza nulla; tuttavia, non avendo la Sig.ra fatto valere tale nullità nell’ambito del procedimento arbitrale, l'Audiencia Provincial de Madrid aveva deciso di sospendere il procedimento e di rivolgersi alla Corte di giustizia UE domandando:

“Se la tutela dei consumatori garantita dalla [direttiva 93/13/CEE], possa implicare che il giudice chiamato a pronunciarsi su un ricorso di annullamento di un lodo arbitrale rilevi la nullità del compromesso

arbitrale ed annulli il lodo, ritenendo che il detto compromesso arbitrale contenga una clausola abusiva pregiudizievole per il consumatore, quando tale questione è fatta valere nel ricorso di annullamento ma non è stata addotta dal consumatore nell'ambito del

procedimento arbitrale”244.

La Corte ha accertato il carattere abusivo della clausola compromissoria contenuta nel contratto e, richiamando vari passaggi della Sentenza Océano, sopra menzionata, ha stabilito al punto 25 che “il sistema di tutela istituito dalla direttiva è fondato sull'idea che il

consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il

243 Corte d'appello di Madrid.

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grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse”245, ed inoltre, nei punti successivi, “Una tale disuguaglianza tra il consumatore e il professionista può essere riequilibrata solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale . […]la facoltà per il giudice di esaminare d'ufficio il carattere abusivo di una clausola costituisce un mezzo idoneo al conseguimento tanto dell'obiettivo fissato dall'art. 6 della direttiva, che è quello di impedire che un consumatore individuale sia vincolato da una clausola abusiva, quanto dell'obiettivo dell'art. 7, dato che tale esame può avere un effetto dissuasivo e, pertanto, contribuire a far cessare l'inserimento di clausole abusive nei contratti conclusi tra un professionista e i consumatori . […]Questa facoltà riconosciuta al giudice è stata ritenuta necessaria per garantire al consumatore una tutela effettiva[…]”246.

Ha tuttavia precisato, infine, che siffatta tutela prevista dalla Direttiva si estende ai casi in cui il cliente consumatore si astiene dal dedurre l’abusività di una clausola compromissoria, contenuta nel contratto, poiché ignora i suoi diritti oppure poiché le spese derivanti da un’azione giudiziaria lo dissuadono dall’agire in giudizio247.

Per questi motivi la Corte conclude affermando quanto segue:

“La direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere

interpretata nel senso che essa implica che un giudice nazionale chiamato a pronunciarsi sull'impugnazione di un lodo arbitrale rilevi

245 Ibidem. 246 Ibidem.

247 Così aveva affermato la Corte nella sentenza Cofidis, Corte giustizia UE, sez. V,

21 novembre 2002, n. 473, pubblicata in De Jure.

Si veda anche C. MIGNONE, Rilevabilità ex officio contro la volontà del contraente

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la nullità dell'accordo arbitrale ed annulli il lodo, nel caso ritenga che tale accordo contenga una clausola abusiva, anche qualora il consumatore non abbia fatto valere tale nullità nell'ambito del procedimento arbitrale, ma solo in quello per l'impugnazione del

lodo”248.

Questo passaggio dalla facoltà all’obbligo del rilievo officioso, e quindi passaggio dal richiamo all’interesse particolare al riferimento all’interesse generale, ha creato le premesse per far ravvisare un potenziale conflitto tra giustizia ed efficienza. Tuttavia l’interesse generale sotteso al richiamo all’ordine pubblico non è quello all’efficienza, ma un interesse generale rivolto al piano della giustizia e quindi possiamo ravvisare una connessione fra l'interesse particolare alla giustizia e l'interesse generale all'uguaglianza sostanziale, che è il tramite per conseguire una maggiore efficienza nella regolamentazione del mercato249.

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