CAPITOLO IV: La nullità di protezione nel panorama
4.3 Dal dovere di rilievo ex officio al dovere di interpello
Un ulteriore passaggio è stato compiuto dalla Corte in due successive sentenze: sentenza Asturcom Telecomunicaciones SL (6 ottobre 2009, causa C-40/08) e sentenza Asbeek Brusse (30 maggio 2013 causa C- 488/11). I fatti e le vicende relativi alla prima di queste sentenze sono molto simili a quelli propri della sentenza Mostaza Claro precedentemente analizzata; nella sentenza Asturcom Telecomunicaciones SL , vi era stato un contratto di abbonamento per
la telefonia mobile tra la società Asturcom Telecomunicaciones SL e una cliente stipulato nell’anno 2004, il quale conteneva una clausola
248 Cfr. Corte giustizia UE sez. I, 26 ottobre 2006, n. 168, pubblicata in De jure. 249 E. NAVARRETTA, Il contratto “democratico” e la giustizia contrattuale, op.
111 compromissoria che sottoponeva, come nella sentenza Mostaza Claro, ogni controversia circa l’esecuzione del contratto stesso all'arbitrato
dell'Asociación Europea de Arbitraje de Derecho y Equidad250. Poiché la contraente non saldava alcune fatture e recedeva dal contratto prima dello scadere della durata minima dell'abbonamento, la Asturcom avviava un procedimento dinanzi all’Associazione; il lodo arbitrale emesso nel 2005 condannava la contraente-consumatrice. Quest’ultima non proponeva alcuna azione di annullamento del lodo arbitrale e pertanto questo diveniva definitivo e, nel 2007, l'Asturcom domandava l’ esecuzione forzata del suddetto lodo arbitrale dinanzi al Juzgado de
Primera Instancia251. Il giudice, nutrendo dubbi circa la compatibilità della normativa nazionale con il diritto comunitario, decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
“Se la tutela dei consumatori garantita dalla [direttiva 93/13] implichi che il giudice chiamato a pronunciarsi su una domanda di esecuzione
forzata di un lodo arbitrale definitivo, emesso in assenza del consumatore, rilevi d'ufficio la nullità della convenzione d'arbitrato e,
di conseguenza, annulli il lodo, in quanto la detta convenzione arbitrale contiene una clausola abusiva pregiudizievole per il
consumatore”252.
Effettuate tutte le considerazioni pregiudiziali già oggetto della sentenza Mostaza Claro, occorre rilevare che la causa in esame si distingue da quella che ha dato luogo alla citata sentenza Mostaza
Claro poiché, in questo caso, la contraente è rimasta completamente
passiva nel corso dei diversi procedimenti relativi alla controversia e, in particolare, non ha proposto un'azione diretta ad ottenere l'annullamento del lodo arbitrale emesso dall’Associazione invocando
250 Vedi nota n. 242.
251 Tribunale di primo grado spagnolo.
112 il carattere abusivo della clausola compromissoria, cosicché tale lodo ha ormai acquisito autorità di cosa giudicata.
Esaminata la questione la Corte stabilisce che “qualora un giudice
nazionale investito di una domanda per l'esecuzione forzata di un lodo arbitrale definitivo debba, secondo le norme procedurali interne, valutare d'ufficio la contrarietà di una clausola compromissoria con le norme nazionali d'ordine pubblico, egli è parimenti tenuto a valutare d'ufficio il carattere abusivo di detta clausola alla luce dell'art. 6 della direttiva 93/13, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine”253.
Tuttavia occorre precisare che il potere d’ufficio del giudice, anche quando sembra in apparenza svincolato da qualsiasi istanza della parte interessata, incontra pur sempre un limite invalicabile in funzione delle circostanze proprie del caso di specie; infatti il giudice dovrà tenere conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e di tutte le circostanze che materialmente hanno accompagnato la conclusione dello stesso254. Anche nella sentenza Eva Martìn Martìn (17 dicembre 2009, causa C-227/08) , la Corte di giustizia aveva affermato che il giudice nazionale ha il potere-dovere di rilevare d’ufficio la nullità di un contratto “anche qualora detta nullità non sia mai stata fatta valere
dal consumatore dinanzi ai giudici nazionali competenti”255, tranne
253 Ibidem.
Così aveva analogamente stabilito la Corte di giustizia UE nella sentenza Pannon GSM (4 giugno 2009, causa C-243/08) nella quale, al punto 32 stabiliva:
“Il giudice adito ha dunque il compito di garantire l'effetto utile della tutela cui mirano le disposizioni della direttiva. Di conseguenza, il ruolo così attribuito al giudice nazionale dal diritto comunitario nell'ambito di cui trattasi non si limita alla semplice facoltà di pronunciarsi sull'eventuale natura abusiva di una clausola contrattuale, bensì comporta parimenti l'obbligo di esaminare d'ufficio tale questione, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, incluso il caso in cui deve pronunciarsi sulla propria competenza territoriale”.
254 Così ha stabilito la grande sezione della Corte di giustizia UE nella sentenza
Pénzugyi Lìzing Zrt (9 novembre 2010, causa C-137/08).
113 nell’ipotesi in cui quest’ultimo, debitamente interpellato dal giudice, dichiari di non volere avvalersi della nullità256.
Per questi motivi il giudice dovrà verificare se l’inerzia del consumatore sia stata frutto di una scelta libera e consapevole o meno e, più precisamente, l’obbligo di intervento ex officio
“starebbe per mero dovere di interpellare la parte protetta per verificare che sia stata concretamente resa edotta dal regime protettivo spettantegli”257, ed il consumatore dal canto suo, potrà
paralizzare il rilievo ex officio della nullità258 mediante una manifestazione di volontà (espressa o tacita).
Analoga conclusione può essere tratta dall’analisi di un’altra sentenza sopra menzionata: la sentenza Asbeek Brusse (30 maggio 2013 causa C-488/11): in questo caso vi era stato un contratto di locazione, nel corso del 2007, concluso tra una società che si occupa della locazione di immobili ad uso abitativo e i sig.ri Asbeek Brusse e de Man Garabito avente ad oggetto un immobile sito ad Alkmaar (Paesi Bassi). Il contratto era stato stipulato sulla base delle condizioni generali stabilite da un'associazione di professionisti del settore immobiliare, il
Raad voor Onroerende Zaken (consiglio per i beni immobili) le quali
contenevano la seguente clausola penale:
”20.1 Il locatario è considerato inadempiente per la semplice scadenza di un determinato termine.
20.2 In ogni caso in cui il locatario sia inadempiente riguardo al pagamento puntuale e integrale di una somma di denaro, al locatario
è addebitato l'interesse dell'1% al mese sul credito principale, a
256 G. SPOTO, Rilievo d’ufficio della nullità, clausole abusive ed etero integrazione
del contratto nella giurisprudenza nazionale e della Corte di Giustizia, op. cit., 249.
257 C. MIGNONE, Rilevabilità ex officio contro la volontà del contraente
legittimato?, op. cit., 2014, 4.
258 G. SPOTO, Rilievo d’ufficio della nullità, clausole abusive ed etero integrazione
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partire dalla data della scadenza sino al giorno del saldo integrale del medesimo.
[...]
20.6 Il locatario deve corrispondere al locatore una penale immediatamente esigibile pari a EUR 25,00 al giorno per ogni obbligo, derivante dal presente contratto con le relative disposizioni generali, da lui inadempiuto o violato, salvo restando il suo dovere di
adempiere l'obbligo in parola e gli ulteriori diritti del locatore a risarcimento o altro [...]”.
Il canone previsto nel contratto di locazione veniva, pertanto, aumentato in applicazione della clausola di indicizzazione prevista in tale contratto; tuttavia i locatari non pagavano la somma corrispondente a detto aumento del canone e, di conseguenza, venivano citati in giudizio dalla Società in questione la quale domandava la risoluzione del contratto di locazione. Nel 2009 il
Rechtsbank Alkmaar259 accoglieva la domanda della Società e, successivamente, i locatari proponevano appello domandando la riduzione degli importi accordati a titolo di penalità; il Gerechtshof te
Amsterdam260 decideva di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
“1) Se un locatore professionista di immobili abitativi, che cede in locazione un'abitazione ad un privato, possa essere considerato come un venditore [di beni] o un prestatore di servizi ai sensi della direttiva.
Se un contratto di locazione tra un locatore professionista ed un locatario privato rientri nell'ambito di applicazione della direttiva.
259 È il Tribunale distrettuale di Alkmaar (città dei Pesi Bassi situata nella provincia
dell’Olanda settentrionale), uno dei diciannove tribunali presenti nei Pesi Bassi. A partire dal 1° Gennaio 2013 la Corte di Alkmaar è entrata nel nuovo Tribunale distrettuale dell’Olanda settentrionale, una fusione di Alkmaar e Haarlem (città dei Paesi Bassi, capoluogo della provincia dell’Olanda settentrionale).
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2) Se la circostanza per cui l'articolo 6 della direttiva deve essere considerato come una disposizione equivalente alle norme nazionali
che, nel sistema giuridico nazionale, sono norme di ordine pubblico comporti che, in un procedimento tra privati, la normativa nazionale
di trasposizione concernente le clausole abusive sia di ordine pubblico, di modo che il giudice nazionale, tanto in primo grado quanto in appello, ha il potere e l'obbligo di esaminare d'ufficio (e, pertanto, anche ultra petita) una clausola contrattuale alla luce della
normativa nazionale di trasposizione e di dichiararne la nullità se ritiene che la clausola sia abusiva.
3) Se sia conforme all'effetto utile del diritto [dell'Unione] che il giudice nazionale non disapplichi una clausola penale che deve essere
considerata come una clausola abusiva ai sensi della direttiva, ma si limiti a ridurre la penale applicando la normativa nazionale, quando un privato abbia effettivamente invocato il potere di moderazione del
giudice, ma non la possibilità di annullare la clausola”261.
La seconda questione, l’unica rilevante ai fini della nostra indagine, si compone di due parti: “la prima relativa all'obbligo del giudice
nazionale di rilevare d'ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale, la seconda vertente sulle conseguenze che il giudice nazionale deve trarre dall'accertamento di un siffatto carattere abusivo”262.
Per quanto concerne la prima di queste la Corte, dopo aver sottolineato che la situazione di disuguaglianza esistente tra il consumatore e il professionista può essere riequilibrata solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale, ha dichiarato quanto segue:
261 Cfr. Corte giustizia UE sez. I, 30 maggio 2013, n. 488, pubblicata in De Jure. 262 Ibidem.
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“il giudice nazionale, dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, è tenuto ad valutare d'ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale che ricade nell'ambito
di applicazione della direttiva e, in tal modo, a porre un argine allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista”263.
Ed inoltre:
“il ruolo attribuito al giudice nazionale dal diritto dell'Unione nell'ambito di cui trattasi non si limita alla semplice facoltà di pronunciarsi sull'eventuale carattere abusivo di una clausola contrattuale, ma comporta anche l'obbligo di esaminare d'ufficio tale questione, a partire dal momento in cui egli dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine. […]Occorre ricordare che siffatto
obbligo incombe del pari al giudice nazionale quando, nell'ambito del sistema giurisdizionale interno, dispone di una mera facoltà di valutare d'ufficio la contrarietà di una clausola del genere con le
norme nazionali d'ordine pubblico”264.
Per quanto concerne, invece, la seconda parte della questione in esame la Corte ha interpretato l’art. 6, paragrafo 1 della Direttiva nel senso che il giudice nazionale deve trarre tutte le conseguenze che, in base alla normativa di diritto nazionale, derivano dall'accertamento del carattere abusivo della clausola affinché il consumatore non sia vincolato da quest'ultima, ed ha precisato che, citando la sentenza
Pannon sopra richiamata, “qualora il giudice nazionale consideri una clausola contrattuale come abusiva, esso è tenuto a non applicarla, salvo che il consumatore vi si opponga”265.
263 Ibidem.
264 Cfr. Corte giustizia UE sez. I, 30 maggio 2013, n. 488, pubblicata in De Jure. 265 Ibidem.
117 Pertanto, alla luce di tali considerazioni, la Corte stabilisce che la Direttiva deve essere interpretata in tale modo:
“- qualora il giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi su un'azione proposta da un professionista nei confronti di un consumatore, vertente sull'esecuzione di un contratto, abbia il potere, secondo le norme interne di procedura, di valutare d'ufficio il contrasto tra la clausola che funge da fondamento alla domanda e le norme nazionali di ordine pubblico, detto giudice deve allo stesso modo, quando abbia accertato che detta clausola rientra nell'ambito di applicazione di tale direttiva, valutare d'ufficio l'eventuale carattere abusivo della predetta
clausola rispetto ai criteri enunciati dalla citata direttiva; - qualora il giudice nazionale abbia il potere, secondo le norme interne di procedura, di annullare d'ufficio una clausola contraria all'ordine pubblico o a una disposizione legislativa imperativa la cui portata giustifichi tale sanzione, esso deve, in linea di principio, dopo
aver dato alle parti la possibilità di un dibattito in contraddittorio, annullare d'ufficio una clausola contrattuale della quale abbia constatato il carattere abusivo rispetto ai criteri enunciati da detta
direttiva.”266.
Possiamo, quindi, evidenziare un diverso atteggiamento che la Corte di giustizia UE ha assunto negli ultimi anni rispetto a quello affermato nelle meno recenti sentenze Océano e Mostaza Claro; in particolare, dopo aver confermato il dovere del giudice di rilevare
ex officio la nullità di protezione, ha introdotto un ulteriore dovere
di interpello del contraente al fine di verificare l’origine della sua inerzia. Il giudice, quindi, dovrà arrestare la sua attività qualora vi sia una dichiarazione da parte del contraente debole il quale affermi di non volersi avvalere della nullità in questione. Nell’orizzonte
118 della Corte di giustizia vi è un unico interesse che è quello della protezione della parte debole del rapporto contrattuale, tuttavia il rischio di tale ricostruzione è pensare che il giudice debba mettersi nei panni del consumatore senza considerare che questi si trova di fronte ad un altro compito che è quello di rilevare all’occorrenza la nullità, senza però poterla dichiarare se la parte si opponga.
È lo stesso consumatore in contraddittorio che “dimostra” al giudice come in realtà non vi sia stato ingiustificato squilibrio dovuto ad una mancanza di informazione ai suoi danni , ed anzi, l’opposizione del consumatore introduce ulteriori elementi che il giudice non conosceva prima e che una volta appresi determinano una diversa valutazione della fattispecie267.