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Per questo lavoro sono stati utilizzati i dati di quattro satelliti: ERS 1/2, RADARSAT-1, Envisat e Sentinel-1. Lo European Remote-sensing Satellite (ERS) è stato il primo programma satellitare per l’osservazione della Terra lanciato dall’Agenzia Spaziale Europea (European Space Agency, ESA) su un’orbita polare. È consistito da due satelliti, ERS-1 e ERS-2. Il primo venne lanciato il 17 luglio 1991 con una serie di strumenti sviluppati per raccogliere informazioni sulla Terra tra cui un radar ad apertura sintetica operante in banda C (λ = 3,75 cm – 7 cm, in questo caso 5,66 cm). Si è spento il 10 marzo 2000. Il suo successore ERS-2 venne lanciato il 21 aprile 1995, anch’esso dotato di SAR. All’inizio i due condividevano la stessa orbita, e il secondo passava un giorno dopo il primo. ERS-2 è

41 stato spento il 5 settembre 2011. La risoluzione in azimut è di circa 5 m, quella in range circa 8 m. ϑ è mediamente pari a 23°. L’ESA ha scelto di rendere disponibili tutti i dati registrati a partire dal 1992, con un tempo di ritorno di 35 giorni (Fonte Web 12).

Lanciato il 4 novembre 1995, RADARSAT-1 è stato il primo satellite commerciale canadese. Era fornito di un radar ad apertura sintetica operante in banda C (5,66 cm) per ottenere immagini della superficie terrestre e monitorare il cambiamento climatico. È stato sviluppato dall’Agenzia Spaziale Canadese (Canadian Space Agency, CSA) in collaborazione con i governi provinciali canadesi e il settore privato, fornendo immagini sia per la ricerca sia per la vendita, con un tempo di ritorno di 24 giorni. La risoluzione nominale è di 30 m, ϑ è mediamente pari a 35°. Non acquisisce nuovi dati dal marzo 2013. I dati SAR sono disponibili gratuitamente (Fonte WEB 13).

Envisat (ENVIromental SATellite) è stato un satellite per l’osservazione della Terra lanciato dall’ESA il 1° marzo 2002. Si tratta del più grande satellite civile mai lanciato ed è anch’esso fornito di un radar ad apertura sintetica operante in banda C (5,63 cm). Il suo compito era quello di continuare ciò che era stato iniziato con ERS-1, con tecniche e strumenti più avanzati. Il suo sensore SAR, infatti, usava una serie di antenne che potevano lavorare a diverse polarizzazioni e diversi angoli di incidenza (compresi tra 15° e 45°) con conseguente variazione della dimensione delle scene e della risoluzione (tra 30 e 1000 m). Il tempo di ritorno è pari a 35 giorni. Tutti i dati sono disponibili gratuitamente. (Fonte WEB 12).

Sentinel-1 è la prima costellazione di satelliti del Programma Copernicus condotto dall’ESA. La missione è composta da due satelliti, Sentinel-1A e Sentinel-1B, che condividono lo stesso piano orbitale. Entrambi hanno un radar ad apertura sintetica in banda C (5,66 cm). Il primo satellite, Sentinel-1A è stato lanciato il 3 aprile 2014, mentre Sentinel-1B è stato lanciato il 25 aprile 2016. Lo strumento ha una risoluzione spaziale fino a 5 m e ϑ è compreso tra 18.3° e 46.8°. La costellazione ha un tempo di ritorno pari a sei giorni. Tutti i dati sono disponibili gratuitamente (Fonte Web 12).

Tutti i dati utilizzati sono stati elaborati da TRE Altamira, che suddivide il suo lavoro in due fasi principali: il processing e l’omogeneizzazione. Nella prima vengono elaborati tutti i datastack (in geometria ascendente e discendente) a disposizione, dividendo in più “unità di processing” i frame satellitari originali, che coprono un area di circa 100 km2. Tutte le unità vengono determinate in modo da avere una sovrapposizione di almeno 5 km con

quelle adiacenti (ove disponibili). L’individuazione dei punti di misura tramite la tecnica PSInSAR avviene selezionando i punti con le caratteristiche elettromagnetiche più idonee per misure di spostamento all’interno di celle di circa 40 km2. Il processing dei dati tramite algoritmo SqueeSAR, invece, è ampiamente descritto in Ferretti

et alii 2011 e consiste in: (I) applicare un primo algoritmo per identificare, per ogni pixel, la famiglia di Pixel Statisticamente Omogenei (SHP – Statistically Homogeneous Pixel), (II) definire DS tutti quei pixel il cui numero di SHP è maggiore di una certa soglia, (III) stimare quindi la matrice di coerenza campione per ogni DS utilizzando le famiglie di SHP identificate in precedenza, (IV) applicare un algoritmo di triangolazione della fase (PTA – Phase Triangulation Algorithm) ad ogni matrice di coerenza associata a ciascun DS, (V) selezionare i DS che mostrano un valore di bontà del modello (riferito al PTA) maggiore di una certa soglia e sostituire i valori di fase delle immagini SAR originale con i loro valori ottimizzati. Successivamente i DS selezionati vengono processati con i PS per la stima della deformazione superficiale e l’estrazione delle serie storiche per ogni punto di misura. Il filtro sulla coerenza è stato impostato a 0,5 per entrambe le tecniche.

42 Al termine delle elaborazioni interferometriche operate sulle varie unità di processing, si esegue un’omogeneizzazione su larga scala dei risultanti PS (e DS) che sono assimilabili a reti geodetiche indipendenti, ognuna con un suo punto di riferimento indipendente (reference point, REF), un PS il cui moto è per ipotesi considerato uguale a zero e rispetto al quale tutte le altre velocità vengono calcolate. Le misure di velocità, quindi, sono di tipo differenziale: non esprimono un valore assoluto di spostamento di un punto a terra, bensì, come in una rete geodetica, le velocità dei PS rilevati in relazione al REF. Rispetto al punto di riferimento sono calcolate anche le deviazioni standard della velocità dei PS, parametro di qualità della misura. Il punto di riferimento viene scelto in fase di elaborazione senza che informazioni sul comportamento geologico dell’area in cui si trova o sul suo specifico moto siano note a priori. Può accadere che il punto sia di per se in moto, ma, nonostante questo, sia scelto come punto di riferimento e la sua velocità posta per costruzione uguale a zero. In casi particolari, in fase di post-processing, è possibile spostare il REF: questa operazione può essere comoda nei casi in cui si disponga di qualche informazione sul moto dell’area di interesse (ad esempio grazie a stazioni GPS). L’operazione consiste nello scalare tutte le velocità di una costante pari alla velocità del punto scelto come nuovo REF (Giannico e Fontanelli, 2007).

Durante l’omogeneizzazione si utilizzano le zone di sovrapposizione tra unità di processing per essere in grado di: (I) individuare i REF che minimizzano le differenze tra i valori di velocità media di spostamento nelle zone di sovrapposizione (secondo un criterio operativo) e (II) selezionare, ove una data area è presente su due frame adiacenti, i risultati migliori, soprattutto in termini di densità di punti di misura. Il dato finale consiste in una serie di cluster indipendenti di punti di misura, che sono stati però calibrati in modo da minimizzare le differenze su zone coperte da più dataset relativi alla stessa geometria di acquisizione (sia essa ascendente o discendente). Le serie storiche vengono quindi generate, usando un modello lineare che tende a ridurre, se non ad eliminare, la stagionalità. Ciò viene fatto per individuare meglio eventuali cambiamenti di trend della deformazione non dovuti alla stagionalità e quindi in ultima istanza al contenuto di umidità del suolo (Solari, 2013).

I dati ottenuti con queste elaborazioni consistono in un database di punti appartenenti all’area d’interesse con registrati tutti i valori di deformazione misurati nell’intervallo di tempo tra la prima e l’ultima acquisizione scelta. I parametri disponibili per ciascun punto sono: (I) la velocità media di deformazione totale e annuale, (II) la posizione del bersaglio (coordinate geografiche e quota), (III) la deformazione registrata per ogni acquisizione e (IV) parametri che indicano la qualità del dato (deviazione standard, totale e annuale, e coerenza). Essendo la velocità di ogni PS relativa ad un punto preso come riferimento, è fondamentale considerare anche come si propaghino le incertezze di misura man mano che ci si allontana da esso. Per tenere in considerazione questo effetto viene fornito per ciascun PS un valore denominato deviazione standard (σ) che indica di quanto vibra la stima della differenza di velocità del punto in analisi rispetto al riferimento. Tale deviazione standard è dunque relativa a una coppia di punti (il PS considerato e il punto di riferimento). Questo significa che due punti vicini (distanti tra loro meno di un chilometro) saranno affetti dallo stesso errore e pertanto la differenza tra le loro velocità non risulterà da esso influenzata. Tutte le misure di deformazione sono rilevate lungo la LOS, con il segno che indica spostamenti in avvicinamento (se negativo) e in allontanamento (se positivo). Viene successivamente valutata la soglia di stabilità per i punti.

La soglia di stabilità dei PS è stata decisa in base alla velocità delle frane individuabili (frane Lente e Molto Lente) e alla deviazione standard della popolazione della velocità di deformazione (σm), ossia la deviazione standard di

43 velocità definita in precedenza è che quella appena descritta è calcolata rispetto alla media della velocità di deformazione di tutti i PS e da informazioni sulla variabilità della popolazione di dati, mentre la precedente è calcolata rispetto al REF e indica la precisione della misura. Si considera quindi l’intervallo ± σm come l’intervallo

di stabilità dei punti nel dataset (Cigna et alii, 2013; Ciampalini et alii, 2014; Solari et alii, 2018). Se σm è minore di

2,0 la soglia è ±2,0 mm/anno a scopo cautelativo, σm è compresa tra 2 e 3 è ±3,0 mm/anno e così via. Non vi sono

dataset con valori di σm superiori a 5.

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