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L’interpretazione visiva delle fotografie aeree (aerofotointerpretazione) è una tecnica di telerilevamento passivo che permette di riconoscere caratteristiche del terreno non facilmente percepibili tramite un’indagine sul territorio attraverso fotogrammi scattati da una fotocamera posta su un aereo. Fotografie scattate con asse ottico del sensore perpendicolare alla superficie terrestre permettono, se vi è una sovrapposizione di almeno il 60% tra due scatti successivi, di recuperare la tridimensionalità tramite una tecnica nota come stereoscopia. Nonostante le significative innovazioni tecnologiche, in molti casi l’interpretazione delle fotografie aeree rimane uno dei metodi più comuni per riconoscere e cartografare gli elementi del territorio. Ciò si applica all’individuazione e alla mappatura dei fenomeni di frana perché: (I) un geologo allenato può riconoscere e cartografare velocemente le frane presenti sulle fotografie aeree, anche grazie all’esagerazione verticale introdotta dalla visione stereoscopica, (II) per un geologo allenato l’interpretazione delle fotografie aeree è un processo semi-intuitivo che non richiede l’utilizzo di mezzi tecnologici sofisticati, (III) la dimensione (tipicamente 21 cm x 21 cm) e scala (da 1:5.000 a 1:70. 000) delle fotografie aeree garantisce la copertura di grandi territori con un numero ragionevole di immagini, (IV) gli enti governativi locali e nazionali, gli istituti di ricerca e gli enti privati si sono spesso serviti di immagini aeree per una grande varietà di scopi, in molte aree a partire dagli anni ’50, fornendo un archivio storico per cartografare le frane (Guzzetti et alii, 2012).

Il riconoscimento delle frane attraverso l’analisi visiva delle fotografie aeree è una tecnica empirica e incerta che richiede esperienza, allenamento, una metodologia sistematica e dei criteri d’interpretazione ben definiti (Speight, 1977; Rib e Luang, 1978; van Zuidam, 1985; Antonini et alii, 2002a, 2002b). Non esistono standard e l’interpretatore individua e classifica le frane in base alla sua esperienza e all’analisi di una serie di caratteristiche (la cosiddetta “firma morfologica”) che possono essere identificate nell’immagine. Queste includono forma,

37 dimensione, colore, tono, tessitura, disposizione degli oggetti e posizione topografica. La forma si riferisce a quella della superficie topografica ed è la singola caratteristica più utile alla classificazione di una frana tramite una fotografia aerea. La dimensione descrive l’estensione areale di un oggetto ed è raramente sufficiente per la sua classificazione, ma può essere utile per ricavare altri parametri come la profondità. Il colore, il tono e la tessitura dipendono dalla luce riflessa dalla superficie e possono essere usati per ricavare il tipo di roccia, di suolo e di vegetazione, quest’ultimo un indicatore dell’umidità. La tessitura misura anche la scabrezza del terreno e può essere usata per identificare le tipologie di superficie e la dimensione del detrito (Figura 27). La disposizione degli oggetti può essere ripetuta o con una forma o un ordine caratteristico ed è utilizzata per individuare il tipo di roccia, la resistenza all’erosione e la presenza di fratture, giunti, faglie, strati e altri lineamenti tettonici o strutturali. La posizione topografica è importante per identificare le frane, tipicamente legate ad anomalie topografiche locali, in quanto esprime le caratteristiche regionali e locali che permettono di riconoscere il tipo e la struttura delle rocce, l’assetto dei piani di stratificazione e la presenza di faglie o altri elementi strutturali o tettonici, importanti per individuare le frane e risolvere errori nella classificazione dovuti alla convergenza geomorfologica, come nel caso dei depositi glaciali che presentano talvolta caratteristiche molto simili a quelli di frana (Ray, 1960; Miller, 1961; Allum 1966; van Zuidam, 1985; Antonini et alii, 2002b).

Figura 27 - Porzione di una fotografia aerea in bianco e nero alla scala nominale di 1:33 000 che mostra un deposito di talus (linea nera continua) in un'area delle Alpi. Tono, tessitura e scala di grigi permettono di individuare e

mappare il detrito in base alla dimensione media (line di separazione tratteggiate).

Il tipo, l’altezza e la densità della vegetazione in combinazione con i cambiamenti a lungo termine della copertura vegetale, influenzano la capacità di individuare e cartografare le frane nelle analisi di terreno e tramite l’utilizzo di fotografie aeree o immagini satellitari (Rib e Liang, 1973). Dove la vegetazione è scarsa (e.g. in zone aride e semi- aride o in paesaggi extra-terrestri; Cardinali et alii, 1990; Quantin et alii, 2004), l’aspetto morfologico delle frane non è nascosto dalla vegetazione. Dove la vegetazione cresce rapidamente (e.g. nelle aree equatoriali e tropicali) la “firma” delle frane può essere, soprattutto nel caso di piccole frane superficiali, obliterata completamente in pochi mesi o stagioni. Nelle aree coltivate alle medie latitudini (come l’Italia centrale) le pratiche agricole,

38 principalmente l’aratura, possono facilmente cancellare la “firma” morfologica dei movimenti franosi (Fiorucci et alii, 2011). Nelle stesse zone, però, la coltivazione dei cereali, soprattutto del mais, facilita l’individuazione delle frane superficiali stagionali (Cardinali et alii, 2000). In inverno i campi coltivati formano motivi lineari le cui alterazioni prodotte dalle frane sono facilmente individuabili e cartografabili (Guzzetti et alii, 2012).

A causa della grande variabilità dei fenomeni di frana (Cruden e Varnes, 1996) non tutti sono chiaramente e facilmente riconoscibili sul terreno, tramite fotografie aeree o immagini satellitari. Immediatamente dopo l’evento le singole frane sono “fresche” e tipicamente ben riconoscibili. I limiti tra le aree di rottura e il terreno non interessato dal fenomeno sono generalmente distinti, rendendo l’identificazione e la mappatura della frana relativamente facile. Ciò è particolarmente vero per piccole frane superficiali, in quanto per i dissesti più grandi il limite è tipicamente transizionale o di difficile identificazione, specialmente in aree urbane e vegetate. I limiti delle frane diventano sempre più indistinguibili con il passare del tempo, a causa di aggiustamenti locali della stessa alla nuova configurazione morfologica, a nuove frane, all’erosione e ai cambiamenti della copertura del suolo (Malamud et alii, 2004).

Ortofotografie

Un’ortofotografia (ortofoto o ortoimmagine) è una fotografia aerea o immagine satellitare geometricamente corretta (ortorettificata) in modo che la scala sia uniforme: la foto o l’immagine segue una specifica proiezione cartografica (vedi Figura in introduzione). Al contrario di una fotografia aerea non corretta, un’ortofoto può essere usata per misurare le distanze reali, trattandosi di un’accurata rappresentazione della superficie della Terra, essendo stata corretta per il rilievo topografico, la distorsione delle lenti e l’oscillazione della fotocamera. Per creare un’immagine ortorettificata accurata è necessario un DEM perché le distorsioni nell’immagine causate dalla distanza variabile tra sensore e i diversi punti sul territorio devono essere corrette. Non è possibile utilizzare le ortofoto per la tecnica stereoscopica. Un ortofotomosaico è un’immagine raster ottenuta unendo numerose ortofoto tra loro. Le ortofoto vengono tipicamente usate nei sistemi informativi geografici come immagini di sfondo.

LIDAR

LiDAR (Light Detection and Ranging o Laser Imaging Detection And Ranging) è una tecnica di telerilevamento attivo che permette di calcolare la distanza di un oggetto o di una superficie dal sensore utilizzando un impulso laser. Il suo funzionamento è molto simile a quello del radar, dove invece di utilizzare le microonde il LiDAR utilizza radiazioni elettromagnetiche appartenenti allo spettro del visibile, dell’ultravioletto o dell’infrarosso vicino. Per calcolare le distanze, anche in questo caso, viene misurato il tempo trascorso tra l’emissione dell’impulso e la ricezione del segnale retrodiffuso. Viene tipicamente utilizzato per ottenere rappresentazioni digitali della superficie topografica per aree che vanno da pochi ettari a migliaia di chilometri quadrati (Shan e Toth, 2009). La tecnica utilizza un sensore laser montato su un aeroplano o un elicottero per misurare la distanza tra lo strumento e molteplici punti sul terreno (possono essere misurati più di 100 punti per metro quadrato, a seconda delle caratteristiche del sensore, la quota e la velocità di volo e la geometria del terreno; Razak et alii, 2011). La posizione geografica dello strumento viene ricostruita accuratamente usando un sistema GPS e le informazioni sulla navigazione aerea, al fine di ottenere rappresentazioni digitali della superficie con accuratezza sub-metrica. In terreni vegetati, il LiDAR può penetrare le chiome, fornendo descrizioni quantitative della superficie topografica di dettaglio ineguagliabile (Slatton et alii, 2007). Questa caratteristica è particolarmente importante allo scopo di

39 individuare e cartografare le frane in aree boschive (Haugerud et alii, 2003; Schulz, 2007; Van den Eeckhaut et alii, 2007; Booth et alii, 2009; Razak et alii, 2011; Guzzetti et alii, 2012). DEM ad elevata risoluzione ottenuti da dati LiDAR sono stati quindi utilizzati per individuare, cartografare e monitorare frane (e.g. Ardizzone et alii, 2007; Razak et alii, 2011).

L’applicazione più comune del LiDAR all’analisi, individuazione e mappatura delle aree di frana è l’interpretazione visiva della superficie topografica tramite l’utilizzo di DEM ad altissima risoluzione (e.g. Haugerud et alii, 2003; Ardizzone et alii, 2007; Schulz, 2007; Van den Eeckhaut, 2007). Il metodo è direttamente comparabile all’interpretazione di una fotografia aerea stereoscopica in bianco e nero (Haugerud et alii, 2003; Schulz, 2007). Quando si utilizza un DEM LiDAR l’effetto tridimensionale tipico della visione stereoscopica è sostituito da un’immagine in rilievo ombreggiato dell’area di studio (Figura 28), spesso supportata da altre tipologie di immagini come le carte di acclività, di curvatura o della scabrezza topografica. In molti casi vengono usati rilievi ombreggiati ottenuti illuminando da più direzioni e angoli per massimizzare le informazioni morfometriche catturate dai DEM ad altissima risoluzione (Guzzetti et alii, 2012).

Figura 28 - Confronto tra un'immagine in shaded relief ottenuta tramite la tecnica LiDAR (in alto) e un immagine scattata dal satellite di Google (in basso). è possibile notare come lo shaded relief rappresenti perfettamente la

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