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L’obiettivo di questo lavoro di tesi è l’aggiornamento della CIF della Provincia di Prato tramite i dati interferometrici satellitari (Figura 30). La CIF estratta dal Database Geomorfologico è stata caricata sul sistema QGIS, un sistema informativo geografico multipiattaforma gratuito che permette di visualizzare, modificare e analizzare i dati geospaziali. L’inventario era stato aggiornato negli anni precedenti da numerosi enti (e.g. Autorità di Bacino del Fiume Arno, la stessa Regione Toscana), che, seguendo le linee guida per l’aggiornamento, inserivano nella CIF tutte le frane identificate e nel caso queste fossero già presenti nell’inventario venivano semplicemente sovrapposte a quelle degli aggiornamenti precedenti. Per prima cosa, quindi, l’inventario è stato snellito di modo che mostrasse per ogni singolo fenomeno solamente i risultati del suo ultimo aggiornamento. In seguito a questa operazione erano presenti 1296 frane. Sullo stesso sistema sono stati caricati gli shapefile già processati dei dataset satellitari, i dati LiDAR e gli ortofotomosaici. Successivamente i PS sono stati classificati in base alla loro velocità. Una classe rappresenta la soglia di stabilità (e.g. ± 2 mm/anno), mentre per le altre sono stati utilizzati valori comuni in questa tipologia di lavoro, scelti per evidenziare meglio i punti che si muovono più velocemente,

46 in particolare quelli sopra i 10 mm/anno (e.g. Notti et alii, 2010; Cigna et alii, 2013; Solari et alii, 2018; Figura 29).

Figura 29 – Classificazione dei PS per il dataset SENTINEL ASCENDING. Le velocità sono espresse in mm/anno.

Si è quindi proceduto all’analisi dei PS sull’intero territorio provinciale. In letteratura è indicata una densità di punti all’interno del perimetro di frana pari a circa 20-30 PS/km2 perché il dato sia considerato rappresentativo, tenendo

conto della risoluzione delle immagini SAR processate e delle caratteristiche dei dataset satellitari. In questo lavoro la maggior parte delle frane analizzate ha estensione inferiore a 0,05 km2, per cui si è scelto di considerare un

minimo di 3 PS per frana, in quanto un numero inferiore potrebbe essere dovuto, più che ad un dissesto, a singoli elementi del terreno instabili, come un edificio in assestamento, ma per molti fenomeni non è possibile avere un numero maggiore a causa della loro area ridotta (Meisina et alii, 2008; Notti et alii, 2010). Lo stesso approccio è stato utilizzato per l’individuazione e la mappatura di nuovi fenomeni di frana, con l’individuazione di gruppi di PS instabili, seguita dall’analisi dell’andamento delle loro serie temporali e, se queste avessero mostrato caratteristiche riconducibili ad un dissesto, l’analisi delle caratteristiche del sito. I dati LiDAR e gli ortofotomosaici sono stati usati, quindi, allo scopo di supporto dei dati interferometrici satellitari durante l’intero processo di aggiornamento, soprattutto per l’individuazione dei nuovi fenomeni e la loro mappatura e allo scopo di modificare i perimetri di frane già presenti nell’inventario. Questi dati di supporto hanno anche permesso di identificare i gruppi di PS instabili non dovuti a dissesti, grazie ad evidenze visive morfologiche e geomorfologiche. Al termine di questo processo l’inventario presenta 1349 frane. Inoltre, tali dati sono stati utilizzati per confermare o aggiornare il perimetro delle frane non individuate dai satelliti.

Il passo successivo nell’aggiornamento di un inventario è la valutazione dello stato di attività dei dissesti. Per questa operazione è stato utilizzato il metodo delle “matrici di attività”, introdotto da Cigna et alii (2013), che utilizza le stime multitemporali della deformazione superficiale ottenute dai PS come indicatori dell’attività e dell’intensità dei fenomeni di frana. Questo approccio utilizza una versione semplificata degli stati di attività definiti nel glossario internazionale delle frane (WP/WLI, 1993) e distingue queste quattro classi di attività: • “Stabilizzata” (S), frana non più interessata dalle sue cause originali;

• “Quiescente” (Q), frana che può essere riattivata dalle sue cause originali; • “Attiva” (A), frana attualmente in movimento;

• “Riattivata” (R), frana di nuovo attiva dopo essere stata inattiva.

Le prime due classi fanno parte di quella inattiva, che comprende tutti i fenomeni che non si sono mossi negli ultimi 12 mesi. La classe “Stabilizzata” include sia le frane artificialmente stabilizzate (protette dalle loro cause

47 originali da misure di stabilizzazione) che quelle naturalmente stabilizzate (protette dalle loro cause originali) e relitte (sviluppate in condizioni geomorfologiche o climatiche considerevolmente diverse da quelle attuali). Le frane sospese (mosse entro l’ultimo ciclo stagionale, ma non attive) sono incorporate nella classe “Attiva” (Cigna et alii, 2013).

L’unico requisito per poter applicare questo metodo è la disponibilità di due o più dataset di PS acquisiti in intervalli diversi, in quanto ciò permette l’analisi dell’evoluzione della deformazione dei fenomeni osservati tramite la comparazione delle loro velocità e dei trend nei differenti archi di tempo. Considerando la disponibilità di dati sulla deformazione recenti e passati, è possibile considerare diversi periodi di tempo per l’analisi: gli intervalli storici e quelli presenti, le cui rispettive coperture temporali possono essere definite come [DH1-DH2] e [DP1-DP2]. In questo

lavoro è stato scelto di usare [DS1-DS2] per l’intervallo presente per segnalare l’utilizzo dei soli dati Sentinel-1

nell’analisi di tale arco temporale, al contrario di quello passato che utilizza i dati degli altri tre satelliti. Per valutare VH e VS, le velocità di deformazione dei fenomeni nei rispettivi intervalli, viene eseguita una semplice media della

deformazione lungo la LOS dei differenti PS che si trovano all’interno del singolo fenomeno. A seconda della frana oggetto di studio potrebbe essere preferibile utilizzare la velocità di picco, VHP e VSP, la più alta registrata dai PS,

piuttosto che la media, se questa descrive meglio il fenomeno analizzato; questo secondo approccio segue i criteri suggeriti da Cruden e Varnes (1996), che propongono l’utilizzo della velocità di picco di parti considerevoli dei dissesti per la valutazione della loro intensità (Cigna et alii, 2013). Avendo a disposizione per quasi tutti i satelliti i dati sia in geometria ascendente che in discendente, questi sono stati valutati separatamente e, seguendo un criterio cautelativo, se il numero di dati in entrambe le geometrie era sufficiente, è stata scelta come velocità rappresentativa quella più alta tra le due. Lo stesso approccio è stato utilizzato per valutare quale satellite avrebbe determinato VH,. Durante l’analisi è risultato evidente che i dati ERS 1/2 non fossero densamente distribuiti nel

territorio, risultando, nella maggior parte dei casi, assenti o inferiori a tre punti per dissesto. Per questo motivo è stata data una rilevanza maggiore ai dati Envisat e RADARSAT-1, che avendo registrato le deformazioni in intervalli di tempo in gran parte sovrapponibili sono stati valutati scegliendo ogni volta come velocità rappresentativa quella maggiore, a meno che la coerenza del dato o l’andamento delle serie temporali non facessero preferire l’altro dataset. Per le frane in cui non erano presenti i dati satellitari sono stati utilizzati i dati a supporto (LiDAR e ortofotografie) per individuare eventuali variazioni dello stato di attività (Figura 30 - Metodo di aggiornamento della Carta Inventario delle Frane della Provincia di Prato.

Sono stati quindi selezionati due siti interessati da movimenti franosi per effettuare indagini di terreno allo scopo di confrontarne i risultati con il dato satellitare. Il primo nella frazione di Migliana, comune di Cantagallo, è stato scelto perché: (I) il fenomeno di frana che lo interessa ha danneggiato, talvolta gravemente, le infrastrutture e gli edifici del paese, (II) all’interno del perimetro di frana sono presenti 143 PS, (III) la velocità di deformazione media della frana è di 5,6 mm/anno e (IV) è attivo un sistema di monitoraggio tramite inclinometri; vi sono state svolte due indagini di terreno che si sono concentrate nell’individuare i danni subiti dai manufatti e valutarne l’entità. Il secondo nella frazione di Gavigno, comune di Cantagallo, è stato scelto perché: (I) il fenomeno di frana che lo interessa ha danneggiato le infrastrutture e gli edifici del paese, (II) all’interno del perimetro di frana sono presenti 117 PS e (III) la velocità di deformazione media della frana è di 8,4 mm/anno; vi è stata svolta un’indagine di terreno concentrata nell’individuare i danni subiti dai manufatti e valutarne l’entità. I danni presenti sugli edifici in entrambe le località sono quindi stati confrontati con la deformazione registrata dai PS.

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RISULTATI

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