III. LA RAPPRESENTAZIONE DELLA SOGGETTIVITÀ NEL XVIII
1.1 La declinazione sempre più stringente tra corpo e scrittura nel XVIII
Nel XVIII secolo, il processo di vicendevole adattamento di corpo e scrittura avviene attraverso un percorso lungo e mai del tutto concluso, costellato di vittorie e sconfitte da entrambe le parti. Alla fine del processo, il corpo, semiotizzato prima dalla ricerca scientifica poi dalla rappresentazione artistica, incarna quella dialettica dell'Illuminismo teorizzata da Francesco Orlando277. Questa dialettica fornisce un esempio delle resistenze che la forza pulsionale istintuale, appena riscoperta nel corpo, esercita sulla tendenza alla sistematizzazione della Ragione illuministica che rispetta e professa la natura sensibile del corpo.
L’oggetto del discorso del romanzo, ancora ingabbiato in una concezione fisiognomica di stampo sempre meno idealistico, individua la corrispondenza dinamica di un microcosmo interiore con un macrocosmo esteriore di ampio significato. L’autore è adesso sollevato da qualsiasi giudizio morale, facendo trasparire talvolta il sorriso ironico e ammiccante del philosophe, capace di esperire il reale attraverso le proprie facoltà sensoriali messe in azione da un autore-letterato cosciente che vive e scrive nel corpo dell'essere umano.
La presenza del corpo-soggetto che esprime le proprie passioni, i propri istinti e sentimenti, può provocare svariate forme di censura imposta dall'esterno. Gli stessi autori sono costretti a esercitare sulle proprie opere una sorta di auto-censura, forse
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non sempre consapevole. Sarà il genere del romanzo che, attraverso tutto il XVIII secolo, andrà riabilitandosi dalle accuse di falsità, immoralità e futilità. Così da divenire uno spazio privilegiato dell'espressione del corpo che si manifesta con evidenza clinica agli occhi di un lettore, che si fa spettatore indispensabile della vitalità e della seduzione del movimento somatico.
Nei vari autori, il corpo ogni volta assume significati e funzioni differenti. Nell’opera Histoire véritable di Montesquieu, per esempio, il corpo appare come vuoto e intercambiabile contenitore di un’anima che, attraverso la metempsicosi, vive numerose vite e può raccontarle278. Secondo questa concezione, se i corpi possono essere molteplici e quindi cambiare senza avere alcuna incidenza sull'anima, quest'ultima resta sempre la stessa e accumula esperienza. Tuttavia, il tono dell'opera è ironico e l'ambientazione esotica, la vicenda si svolge in un mondo concepito come irrazionale, facendo pensare alla volontà di negare, di fatto, questa concezione dualistica.
Nel Settecento l’attenzione ai personaggi si risolve anche nell’accento posto sull’aspetto fisico e sul corpo. Si tratta di un elemento del tutto nuovo, in quanto l’importanza dell’immagine fisica diventa uno strumento d’azione. Denis Diderot per esempio, per spiegare l’importanza del romanzo, fa riferimento a una filosofia sensista, sostenendo che le idee apprese dal lettore possono penetrare nello spirito attraverso immagini sensibili. In quest’epoca, la critica a un modello astratto che
278 Gianni Iotti, Il corpo del filosofo. Concezione e rappresentazione del corpo nella letteratura dei
lumi. In: Il Corpo e la Sensibilità Morale. Letteratura e teatro nella Francia e nell’Inghilterra del
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non funziona più mette in luce il paradigma sensista, attribuendo al romanzo una carica significativa, in quanto al corpo è strettamente connessa la dimensione emotiva dell’essere umano.
Nel Periodo della Reggenza, il maggiore esponente di un uso nuovo o comunque più attento del corpo è certamente individuabile in Montesquieu, che lascia intravedere, nelle sue opere, un corpo ancora inserito in una dimensione arcaica in cui l'anima risulta essere un'entità scissa, indipendente e superiore. Nel saggio
l'Essai sur les causes qui peuvent affecter les esprits et les caractères (1736-1743)
si può recuperare una concezione del corpo più complessa, concepita da Montesquieu. Il corpo non è un semplice recettore sensoriale influenzato dal mondo esterno, ma un prodotto delle relazioni interpersonali, delle influenze sociali e dello sguardo altrui279, infatti tutto il nostro essere concorre alla formazione delle idee, corpo compreso, e allo stesso modo le idee e le opinioni possono condizionare la conformazione fisica dell'individuo. Montesquieu dunque insiste sulle radici organiche e emotive delle idee:
Ce n’est pas l’esprit qui fait les opinions, c’est le cœur. Toutes nos idées se lient entre elles, et se lient à nous. Si l’on savait par combien de côtés un sentiment tient dans le cerveau d’un homme, on ne serait plus étonné de son opiniâtreté à le défendre280.
279 Gianni Iotti, Il corpo del filosofo. Concezione e rappresentazione del corpo nella letteratura dei
lumi. In: Il Corpo e la Sensibilità Morale. Letteratura e teatro nella Francia e nell’Inghilterra del
XVIII secolo, a cura di Gianni Iotti e Maria Grazia Porcelli, 2011, p. 116.
280 Montesquieu, l'Essai sur les causes qui peuvent affecter les esprits et les caractères, citato da Gianni Iotti in Il corpo del filosofo. Concezione e rappresentazione del corpo nella letteratura dei
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L'articolazione dell'opera letteraria e filosofica di Montesquieu offre non pochi spunti alla costituzione, al movimento e allo sviluppo della tematica della corporeità, diventando un luogo dei tentativi di definizione di una soggettività dialogica, variabile e dai confini mai definiti.
Nelle Lettres persanes, «la sublimazione cosmica della metempsicosi diventa funzione di un pensiero materialistico e anti-antropocentrico»281. Viene ribadita la possibilità di reincarnazione dell'anima e stavolta in chiave del tutto seria, senza veli ironici, quando, nella lettera LXXVI, il protagonista Usbek scrive282:
Pensez-vous que mon corps devenu un épi de blé, un ver, un gazon, soit changé en ouvrage de la nature moins digne d'elle?283
Il corpo diventa per l’autore284 l’elemento materico che pesa lo spirito che lo anima.
Ma se in Voltaire e in Montesquieu il corpo è veicolato quasi sempre da una funzione strumentale atta a dimostrare una determinata teoria del philosophe, in Prévost diventa espressione di una poetica larmoyante, mentre è in Marivaux che è possibile scorgere gli elementi di una descrizione del corpo che avrà poi pieno
281 Gianni Iotti, Il corpo del filosofo. Concezione e rappresentazione del corpo nella letteratura dei
lumi. Cit., p. 128.
282 Ibid.
283 Montesquieu, Lettres persanes. Édition présentée établie et annotée par Jean Starobinski, Gallimard, 2003, Lettre LXXVI, p. 188.
284 Lo stesso autore, nel libro XIV del suo De l'esprit des lois (1748), recupera le istanze di una fisiognomica determinista di stampo etnografico secondo la quale corpo e anima risulterebbero strettamente interdipendenti e quindi la mente degli esseri umani sarebbe passibile di influenza da parte del clima e del luogo geografico in cui questi vivono, determinandone i caratteri. Certamente l'azione del clima e del luogo geografico non può che esercitarsi sul corpo degli individui il quale poi, attraverso complessi e svariati meccanismi, influenzerà la mente. Compito delle leggi sarà, in parte, quello di opporsi alla natura delle cose perché questi condizionamenti sui caratteri non vengano assecondati.
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sviluppo lungo tutta la seconda metà del XVIII secolo285. Nelle Lettres persanes, come nel Paysan parvenu di Marivaux, troviamo una «sovrapposizione conflittuale tra il dato ideologico e la sua trasposizione narrativa»286.
Le Lettres persanes di Montesquieu sono uno dei testi che mettono più brillantemente in scena la coabitazione del corpo e del pensiero, nel quale alla
fiction orientale si aggiungono la teoria politica, il libertinaggio romanzesco e
l’interrogativo filosofico287. Questo tipo di rappresentazione del corpo evidenzia la
funzione semiotico-psicologica di una fisicità che, dialettizzata con il tempo, fa del corpo un organismo vitale che manifesta in ogni suo gesto l'interiorità dell'individuo e le passioni della sua anima. Il corpo, luogo di angoscia e di incomprensione della
285 Interessante in un romanzo come Le Paysan Parvenu di Marivaux, è infatti l’analisi della caratterizzazione fisica dei personaggi, indice di una trasformazione in atto molto forte. Nel protagonista Jacob, ad esempio, spiccano la bontà e la bellezza tipiche del popolo e della campagna. La bellezza contadina, il cui volto è alla mercé dell’abbronzatura e del lavoro dei campi viene esaltata, oltre alla fisionomia e alla presentazione fisica dei protagonisti. La narrazione è tutta orientata verso l’attenzione del corpo. Il protagonista Jacob, piacendosi, è contento di se stesso, perciò si assiste a una fisionomia che è progettata nel futuro, chiara esemplificazione di un ottimismo di classe che sta avanzando, che si trasforma, che agisce. Inoltre, il dialogo tra i personaggi è fissato sullo sguardo, che è un’abdicazione della parola. In questa nuova concezione è il corpo il vero protagonista e veicolo dell’essere umano; la verità della natura si mostra passando per la relazione corporale. I personaggi muti si ergono contro i caratteri artificiali tipici dei codici mondani. La descrizione fisica un personaggio, pertanto, in Marivaux non è affatto neutra, ma ha delle conseguenze narrative e fornisce delle informazioni essenziali sull’articolazione del racconto, attraverso un rapporto tra interno e esterno. Il personaggio descrive se stesso attraverso un lungo monologo interiore che rispetta una perfetta simmetria tra esteriorità ed interiorità. Inoltre, nel romanzo di Marivaux La Vie de Marianne, i due protagonisti Marianne e Jacob sono consapevoli della loro gradevolezza fisica e la usano per farsi strada nel mondo. Un’altra particolarità di quest’opera che si discosta dalla tradizione è che il soggetto che parla nel romanzo è una donna. Per la prima volta la rappresentazione dei caratteri di un personaggio non è più sistematizzata. L’accento di insistenza sulla fisicità dei personaggi è importante da molti punti di vista. Essi sono in primo luogo singoli soggetti e singoli individui. Perciò se tutto quello che caratterizza l’essere umano è avere un corpo, la fisicità istituisce le reti di relazione tra individui. Questo è un corollario della nuova concezione del romanzo e del suo modo di rapportarsi al mondo.
286 Gianni Iotti, Il corpo del filosofo. Concezione e rappresentazione del corpo nella letteratura dei
lumi. In: Il Corpo e la Sensibilità Morale. Letteratura e teatro nella Francia e nell'Inghilterra del XVIII
secolo, a cura di Gianni Iotti e Maria Grazia Porcelli, 2011, p. 130. 287 Ivi, p. 69.
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teoria politica, si introduce nel cuore del romanzo, affrontando il problema della sessualità e della sua resistenza all’ordine sociale288. La sessualità femminile sarà
al centro del romanzo come nei romanzi di Prévost in Francia e di Defoe in Inghilterra. La fiction289 dunque si occuperà di trovare delle risposte alla collocazione del desiderio dell’individuo nella società con una riflessione che non può essere scissa dal pensiero filosofico e dalla scrittura romanzesca.
Con la ricomposizione del dualismo anima-corpo e la rivalutazione della vita materiale, il diritto dell'essere umano alla felicità diviene una prerogativa fondamentale nel XVIII secolo.
288 Ourida Mostefai, Dall’immaginario libertino alla filosofia politica: la presenza del corpo nelle
Lettres Persanes di Montesquieu In: Il Corpo e la Sensibilità Morale. Letteratura e teatro nella
Francia e nell'Inghilterra del XVIII secolo, a cura di Gianni Iotti e Maria Grazia Porcelli, 2011, p. 67.
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1.2 L’Io di Usbek: Individuazione per separazione
La rivalutazione della sensibilità acquisisce nell’opera delle Lettres persanes funzionalità differenti: il sentire rappresenta una modalità degradata del conoscere e diventa la localizzazione corporea della soggettività e condizione necessaria alla sua individuazione. La sensibilità appare come il luogo del desiderio, un luogo dove agisce il principio di individuazione della soggettività in quanto separata.
Il tema dell’alterità comincia a emergere sin dalle prime pagine delle Lettres
persanes, attraverso una teorizzazione dell’idea di separatezza e distanza, che sorge
parallelamente al suo sviluppo assumendo modalità espressiva particolari.
Così la categoria della separazione costituisce la chiave ermeneutica fondamentale per la delineazione dell’alterità e della trascendenza d’altri, la stessa soggettività umana nelle Lettres persanes viene pensata in termini di radicale e originaria separazione.
Per analizzare come il corpo possa influire sulla soggettività del protagonista del romanzo, è necessario iniziare dalle riflessioni di Usbek, poiché le sue idee filosofiche e religiose espresse nelle lettere altro non sono che una variabile dipendente della costituzione fisica, come si può riscontrare nella lettera LXXV:
[…] mes opinions dépendent absolument de la constitution de mon corps : selon que j'ai plus ou moins d'esprits animaux, que mon estomac digère bien ou mal, que l'air que je respire est subtil ou grossier, que les viandes dont je me nourris sont légères ou solides, je suis spinoziste, socinien, catholique, impie ou dévot290.
290 Montesquieu, Lettres persanes. Édition présentée établie et annotée par Jean Starobinski, Gallimard, 2003, Lettre LXXV, pp. 185-186.
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Il polo soggettivo si registra attraverso un soggetto che sembra descriversi proprio come l’evento della soggettivazione, in una sorta di fenomenologia dell’Io presentata in termini ontologici come «psichismo»291 ovvero separatezza attraverso gli eventi in cui si esplica.
Rovesciando il cartesiano rapporto corpo-coscienza, la descrizione dell’Io di Usbek si appoggia sul fondamento della materialità come concretizzazione esistenziale, che sottrae il cogito al piano della rappresentazione e, nel coglierlo come movimento di «contrazione», costituisce l’inversione dell’intenzionalità.
Un esempio della possibilità di intervenire sul corpo da parte di un elemento esterno che modifichi l'influenza somatica sull'anima è fornito da Usbek nella lettera XXXIII, dove si asserisce che l'uso di liquori e droghe è raccomandabile qualora contrasti l'influenza negativa e perniciosa che gli stati del corpo possono avere sull'anima, mentre diventa fortemente negativo qualora faccia perdere la ragione292. È la voce di Usbek che parla rivolgendosi a Rhédi:
L'âme, unie avec le corps, en est sans cesse tyrannisée. Si le mouvement du sang est trop lent ; si les esprits ne sont pas assez épurés; s'ils ne sont pas en quantité suffisante, nous tombons dans l'accablement et dans la
291 Si fa riferimento al termine Psychisme concettualizzato da Emmanuel Lévinas in Autrement
qu’être ou au-delà de l’essence. Egli scrive nella sezione Sensibilité et proximité : «Dans la
transcendance de l’intentionnalité, se reflète la diachronie - c'est-a-dire le psychisme même où, en guise de responsabilité pour autrui, s'articule, dans la proximité, l’inspiration du Même par l' Autre. […] L'interprétation de la signification sensible par la conscience […] c'est-à-dire précisément altérité-dans-le-même, trope du corps animé par l'âme, psychisme sous les espèces d'une main qui donne jusqu'au pain arrache à sa bouche. Psychisme comme un corps maternel». Citazione estratta da E. Lévinas, Autrement qu’être ou au-delà de l’essence, Nijhoff, La Haye 1974, 2ᵃ ed. 1978, Livre de Poche, LGF, Paris 1990, p. 84-85.
292 Gianni Iotti, Il corpo del filosofo. Concezione e rappresentazione del corpo nella letteratura dei
lumi. In: Il Corpo e la Sensibilità Morale. Letteratura e teatro nella Francia e nell'Inghilterra del XVIII
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tristesse. Mais, si nous prenons des breuvages qui puissent changer cette disposition de notre corps, notre âme redevient capable de recevoir des impressions qui l'égaient, et elle sent un plaisir secret de voir sa machine reprendre, pour ainsi dire, son mouvement et sa vie293.
Montesquieu si avvicina alla blasfemia quando sostiene che l’anima può essere influenzata dal corpo: la nozione di anima viene completamente screditata. Per questo motivo il romanzo viene scritto in maniera anonima proprio in quanto le tesi espresse sulla religione potevano risultare pericolose.
Dalle Lettres persanes emerge una riflessione che coinvolge direttamente il
protagonista, l’idea che la natura umana sia suscettibile ai cambiamenti che riguardano la fisiologia del corpo e che proprio questi cambiamenti concorrano a influenzare la natura stessa del pensiero. Usbek è la rappresentazione «della necessità ineluttabile dei tropismi fisici, della impossibilità di opporsi efficacemente ai condizionamenti radicati in ogni singola esperienza»294.
Se la soggettività di Usbek è legata alla corporeità, ne è prova la lettera XXVII dove Usbek scrive a Ispahan al proprio amico Nessir:
Mais, pour moi, je ne me porte pas bien : mon corps et mon esprit sont abattus ; je me livre à des réflexions qui deviennent tous les jours plus tristes ; ma santé, qui s'affaiblit, me tourne vers ma patrie et me rend ce pays−ci plus étranger295.
In questa lettera si comprende quanto in Usbek il pensiero e il corpo siano correlati: « mon corps et mon esprit sont abattus ». Egli non comprende il motivo della sua
293 Montesquieu, Lettres persanes. Édition présentée établie et annotée par Jean Starobinski, Gallimard, 2003, Lettre XXXIII, p. 107.
294 Gianni Iotti, Il corpo del filosofo. Concezione e rappresentazione del corpo nella letteratura dei
lumi. In: Il Corpo e la Sensibilità Morale. Letteratura e teatro nella Francia e nell'Inghilterra del XVIII
secolo, a cura di Gianni Iotti e Maria Grazia Porcelli, 2011, p. 129.
295 Montesquieu, Lettres persanes. Édition présentée établie et annotée par Jean Starobinski, Gallimard, 2003, Lettre XXVII, p. 97.
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tristezza, che è legato alla separazione dalla propria patria e dai propri affetti. Della stessa lettera riportiamo:
Mais, cher Nessir, je te conjure, fais-en sorte que mes femmes ignorent l'état où je suis : si elles m'aiment, je veux épargner leurs larmes, et, si elles ne m'aiment pas, je ne veux point augmenter leur hardiesse296.
In questo passo, che sintetizza brillantemente la descrizione dell’Io separato e il senso dell’ambiguità di fondo che lo connota, Montesquieu insiste sulla questione dell’alterità per poi arrivare alla caratterizzazione corporea della soggettività di Usbek. La separazione fisica tra ciò che è vicino e ciò che è lontano si trasforma nel personaggio di Usbek in una dimensione interiore che deve essere analizzata. Lévinas a questo proposito scrive nella sezione Le même et l’autre:
L'altérité, l'hétérogénéité radicale de l'Autre, n'est possible que si l'Autre est autre par rapport à un terme dont l'essence est de demeurer au point de départ, de servir d'entrée dans la relation, d'être le Même non pas relativement, mais absolument. Un terme ne peut demeurer absolument
au point de départ de la relation que comme Moi297.
Usbek nell’alterità vive dunque un’antitesi con il proprio Io che non è risolvibile nella separazione. Si insiste sul tema della separazione quale principio di individuazione dell’Io. Per comprendere questa dialettizzazione della psiche del protagonista delle Lettres persanes, facciamo riferimento ai due movimenti opposti implicati nella soggettività secondo Emmanuel Lévinas: il raccoglimento, ovvero il
296 Ibid.
297Emmanuel Lévinas, Autrement qu’être ou au-delà de l’essence, Nijhoff, La Haye 1974, 2ᵃ ed. 1978, Livre de Poche, LGF, Paris 1990, p. 24.
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movimento di contrazione e di ripiegamento dell’Io, e l’insinuarsi di un’apertura, preludio all’interiorità soggettiva ai fini dell’incontro con altri298. Egli scrive:
Egoïsme, jouissance et sensibilité et toute la dimension de l'intériorité- articulations de la séparation- sont nécessaires à la relation avec Autrui qui se fraie à partir de l'être séparé et fini. [...] Tout comme l'intériorité de la jouissance ne se déduit pas de la relation transcendante, celle-ci ne se déduit pas, en guise d'antithèse dialectique, de l'être séparé, pour faire pendant à la subjectivité, à la manière dont l'union fait pendant à la distinction entre deux termes d'une relation quelconque. Le mouvement de la séparation ne se trouve pas sur le même plan que le mouvement de la transcendance. [...] Il faut que l'intériorité assurant la séparation produise un être absolument fermé sur lui, ne tirant pas dialectiquement son isolement, de son opposition à Autrui. Et il faut que cette fermeture n'interdise pas la sortie hors de l'intériorité, pour que l'extériorité puisse lui parler, se révéler à lui, dans un mouvement imprévisible que ne saurait susciter, par simple contraste, l'isolement de l'être séparé. Il faut donc que dans l'être séparé, la porte sur l'extérieur soit à la fois ouverte et fermée299.
Con le parole « chez soi »300, l’analisi levinasiana rievoca l’immagine metaforica della porta, come punto di cerniera tra due dimensioni e due tendenze opposte e ambiguamente intrecciate. « Chez soi » per Usbek rappresenta quella cerniera che va ad aprire e chiudere due mondi: quello orientale, della patria lontana e soprattutto del mondo del serraglio e quello della realtà parigina.
Nella lettera XXVII si avverte la correlazione dei termini apertura-chiusura quale cifra della tensione che abita la soggettività tenendola in movimento tra i due poli.